Fate/All Fiction

The War for the Holy Grail

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    Si erano seduti in salotto sul divano – il suo servant aveva insistito per lasciare lo studio e sistemarsi lì dove avrebbero “potuto stare comodi” in modo da avere “una discussione franca”; così si era espresso – e stavano, per l’appunto, discutendo.
    «Allora, master, come intendi procedere?»
    «Innanzitutto voglio che tu mi riveli le tue abilità. Io, allo stesso modo, ti spiegherò quale magia padroneggio. Senza conoscere di cosa siamo capaci, non possiamo elaborare una strategia valida.»
    Il servant annuì.
    «Sono d’accordo. Del resto non potrei combattere a fianco una persona in cui non ho riposto la mia fiducia.»
    Era una risposta ideale, eppure lasciò Haiiro titubante.
    “Nessuna incertezza… Avevo sentito che certi servant sono poco propensi ad ascoltare i loro master se non li ritengono all’altezza. Lui, al contrario, pare fin troppo alla mano e franco. Sarà un bene o un male…?”
    Ma quella era la “pedina” che gli era toccata in sorte: non poteva cambiarla. Senza dar peso ai pensieri del suo master, il servant intanto aveva preso a parlare. Quello che disse, in merito alle sue capacità, lasciò Haiiro ancora più pensieroso.
    «…Sì, è qualcosa che possiamo usare. Se giochiamo bene le nostre carte… No, è meglio se per ora non ci lasciamo andare alle supposizioni.»
    Il suo servant annuì e si portò la tazza di caffè – che Haiiro aveva preparato per sé ma che lui aveva voluto provare a tutti i costi, costringendo il suo master a dargliela – alla bocca. Subito una smorfia si dipinse sul suo volto.
    «Preferivo del vino. O della birra.» Passò la tazza ad Haiiro, il quale non era propriamente entusiasta di adoperarla, dopo che un altro ci aveva bevuto.
    «Sono un minorenne rispettoso delle leggi. Non ho alcolici in casa.» Inoltre non amava le bevande che inebetivano la mente, ma solo quelle che la stimolavano.
    «E una persona rispettosa delle leggi parteciperebbe a una guerra come quella del Graal?» Anche se obbediente, non mancava una certa ironia nel tono del suo servant.
    «Se è l’unico modo per ottenere il mio desiderio, sì.» Replicò non senza un certo fastidio.
    «Ah, giusto! Visto che l’hai nominato, qual è questo tuo desiderio tanto importante da mettere in pericolo la tua vita, in questa terra pacifica?»
    Haiiro sorrise. Non vedeva l’ora che arrivasse quella domanda.
    «Voglio la padronanza sul mio tempo. Per la precisione voglio poterlo distendere o restringere a mio piacere. Voglio poter scegliere che un attimo duri un’infinità e un anno passi con la velocità di uno schiocco di dita.»
    Non nascose il suo orgoglio mentre pronunciava quelle parole. A suo modo di vedere non era solo il suo desiderio, ma era Il desiderio, quello che qualsiasi persona, dotata di anche solo un briciolo di intelligenza, avrebbe dovuto formulare.
    Ma, di fronte a esso, il suo servant si mise a ridere.
    «Questo è il tuo desiderio? Master! Per una cosa simile metti a rischio la tua vita?» E rideva. Rideva tanto da tenersi le mani sullo stomaco. Rideva tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. E Haiiro lo guardava, così sorpreso, così arrabbiato, che per un certo tempo non riuscì neppure a rispondere.
    «Perché diavolo ridi?! Non capisci il valore di questo desiderio?! È qualcosa di irrealizzabile, a meno di non disporre di uno strumento come il Graal! Questa è l’unica mia possibilità di vederlo realizzato, di liberarmi dalla tirannia del tempo!»
    «Non è per deriderti, è solo che…» Smise di ridere e la sua faccia assunse un’espressione più severa.
    «Vedi, Haiiro, io ho vissuto più di te. Non tanto, ma un po’ sì. E non voglio farti il predicozzo, sono io il primo a odiarli, ma non è così che si sfugge dal tempo.»
    «Se non così, come allora? Svelami, o anima eroica dei tempi andati, questo arcano mistero.» Le sue parole erano solenni, ma il tono beffardo. Il servant non ne fu impressionato.
    «È semplice: devi imparare a godere del tempo di cui disponi. Ogni attimo, ogni secondo: devi custodirlo come un gioiello. Se non riesci a fare questo, puoi allungare il tempo quanto vuoi, ma non riuscirai mai ad apprezzarlo.»
    «Che sciocchezza.» Haiiro si era alzato e percorreva a passi nervosi la stanza, tamburellando con le dita sulla propria gamba.
    «È proprio per potermi godere ogni singolo attimo che sto facendo questo. Per poterlo utilizzare al meglio.
    Il nostro tempo è limitato. Le ore al giorno sono solo 24. Cosa c’è di male, quindi, a voler disporre di più tempo? E a non dover sottostare a impegni, obblighi, scadenza e orari che ci legano e intrappolano?!»

    «Chi vuole realizzare qualcosa si mette d’impegno e lo fa. Persone di ogni era e luogo l’hanno sempre fatto, pur disponendo di “solo” 24 ore al giorno. Prendi me ad esempio.» E sorrise, per nulla modesto.
    «Già, tu… La tua vita, il tempo che hai potuto spendere… non avresti voluto disporne di più? O allungare quei giorni felici, perché sembrassero senza fine?»
    Il servant scosse la testa. Non c’era esitazione in lui.
    «Ho accettato il mio destino. E mi sono goduto i miei giorni finché sono durati. Non rimpiango nulla.»
    «E allora, cosa desideri?»
    «Dal Graal? Nulla.»
    Haiiro, infine, si fermò, spiazzato.
    «Non è possibile. Ogni servant evocato per la guerra…»
    «Ha un suo desiderio da realizzare; so anch’io che si dice così.» Alzò le spalle in un gesto vago.
    «Mah, in un certo senso è vero pure per me. Ma il mio desiderio si realizzerà combattendo, non attraverso il Graal.»
    Haiiro lo guardò fisso a lungo, prima di mormorare: «Non ti capisco.» Il servant si limitò a sorridere.
    «Vado a letto. L’evocazione mi ha sfiancato. Domani mattina… no, è inutile parlarne adesso, giusto?»
    «Esatto. Buona notte, o mio master.»
    Di pessimo umore Haiiro andò a dormire.


    Si svegliò senza sentirsi più riposato di quando era andato a letto. Forse per il mana che doveva condividere col suo servant, forse per i postumi della conversazione avuta. Fece colazione, poi si preparò per uscire. Prima di farlo, però, lancio un incantesimo su di sé. Il ragazzo dai capelli scompigliati e gli occhi cerchiati scomparve, per far posto a un giovane di vent’anni, piuttosto alto, dagli occhi verdi e i capelli di un verde smunto, vestito con una semplice camicia bianca.

    Immaginatevelo senza coperta e cuscino.

    «Bene. Per prima cosa, andiamo a fare compere.»
    Il suo servant - ancora non si era abituato alla sua nuova presenza - lo guardò sorpreso.
    «Compere? Cos’hai in mente, master?»
    «Semplice: comprare. Vestiti, per la precisione. Per te. Non puoi mica andare in giro con l’armatura e tutto.»
    «Posso sempre spostarsi in forma spirituale.»
    «Vero. In alternativa posso usare la mia magia per darti un altro aspetto. Ma… non si sa mai. Ci potrebbero essere situazioni in cui sarà più utile averti in forma corporea e in vesti che non destino sospetti. Situazioni in cui potrei non utilizzare la mia magia. Visto che non abbiamo idea di cosa ci aspetti, è meglio preparare più armi possibili. Magari alla fine non le utilizzeremo. Ma, nel caso, preferisco averle a mia disposizione.»
    Il servant annuì con un gesto secco.
    «Ho capito. Però, è prudente uscire ora che è iniziata la guerra? Anche col tuo travestimento, c’è il rischio di essere individuati da un mago nemico.»
    «Sì, questo è vero. Tuttavia…»
    «Tuttavia?»
    «Non è stando chiusi al sicuro in casa, aspettando che qualcosa accada, che vincerò questa guerra.»
    «Master, applaudo questa tua affermazione» una pausa «tuttavia preferirei se ti esponessi per qualcosa di meno stupido di “fare delle compere”.»
    «Certo che anche tu non ti risparmi mica su certe affermazioni… rischi di trafiggermi il cuore con simili parole, altroché.»
    Si fermò a pensare un attimo. Quello che aveva detto non era poi sbagliato, però… però non poteva mica darla sempre vinta al proprio servant!
    «Nondimeno ho deciso di andare. Verrai con me?»
    Sentì un profondo sospiro. Poi sentì le parole che voleva.
    «È una decisione stupida e imprudente. Ma io sono il tuo scudo e la tua spada. Verrò.»
    Haiiro cercò di non mostrare la sua soddisfazione. Per fortuna la sua magia gli permetteva di coprire il largo sorriso che si stendeva sulle sue labbra.
    «Ottimo. Ora vieni qui: se dobbiamo comprarti dei vestiti, non possiamo mica farlo mentre sei in forma spirituale. Né puoi andare in giro con l’armatura.»
    Con riluttanza tale che per poco Haiiro non se ne offendeva, il servant si avvicinò al suo master. Lui sporse in avanti la mano, chiuse gli occhi concentrandosi e mormorò qualche parola.
    Una volta riaperti gli occhi guardò la figura di fronte a lui.
    «Perfetto.»
    Il suo servant, a giudicare dalla sua faccia, non pensava lo stesso, ma rimase in silenzio.
    «Su, forza, è ora di andare.»
    Haiiro uscì, seguito dalla recalcitrante figura femminile dal volto austero, i capelli biondi come il grano d’estate e gli occhi dall’insolita colorazione acquamarina, vestita con una gonna nera, una maglietta bianca e sopra una leggera giacca jeans.

    Immaginatevela con i vestiti descritti sopra
     
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    «Qual è il tuo desiderio?»
    La domanda giunse improvvisa alle orecchie di Akiko mentre, chinata a terra dinnanzi al cerchio magico, si adoperava a ripulire ogni cosa. In circostanze normali non si sarebbe presa tanto disturbo, se si fosse trovata in qualsiasi altro posto dove difficilmente avrebbe avuto bisogno di tornare, ma trovando in un appartamento in affitto aveva deciso per la prudenza rimuovendo ogni traccia dell’evocazione appena avvenuta; non poteva sapere quando la padrona di casa avrebbe deciso di farle una “sorpresa” dopotutto.
    Tossì sentendo la saliva che le andava di traverso, fermandosi e volgendo lo sguardo verso la figura appoggiata alla parete della stanza. Le braccia conserte del Servant appena si intravedevano sotto il mantello da viaggio, lasciando scorgere solo quelli che sembravano bracciali di cuoio (o almeno una parte di essi) e le mani nude di una carnagione ambrata dove spuntavano alcune piccole cicatrici. Il volto, complice la maschera che lo celava, non lasciava trasparire molto del suo stato d’animo ma il tono di voce era fermo e accentuato da quello che la giovane maga ipotizzò fosse un pizzico di curiosità.
    Kamiya Akiko si rialzò, guardando il dorso della propria mano sulla quale spuntavano i segni rossi delle Magie di Comando, sorridendo. «Sono tanti i desideri di una persona, e sceglierne uno solo non è poi così facile. C’è chi vuole fama, ricchezza, potere… Chi vorrebbe rivedere una persona casa o migliorare un proprio aspetto di se stesso.»
    La Servant annuì con un cenno della testa staccandosi dal muro e dirigendosi verso la sua Master. Trovandosi una di fianco all’altra, la differenza di altezza tra le due era ancora più lampante. «Per caso vuoi diventare più alta?» chiese lei con voce sarcastica e mettendole una mano sulla testa.
    Akiko arrossì, scansandola e indietreggiando di un passo. «E non prendermi in giro! Sono pur sempre il tuo Master, lo hai dimenticato?»
    «No, ma non credo tu voglia sprecare una Magia di Comando per evitare le mie battute e questo non mi impedisce di divertirmi un po’!» Leia rise per un po’ prima di tornare seria. «E dunque cosa vuoi più di ogni altra cosa? Se il Graal ti ha scelta devi avere un desiderio nel profondo del tuo cuore.»
    Akiko sospirò. «Quando ho scoperto di essere una Master in questa guerra è stato un giorno incredibile; la mia vita fino a oggi è sempre stata anche fin troppo tranquilla con la scuola, gli allenamenti di kendo… E nonostante i miei genitori siano separati non si può dire io abbia avuto una vita difficile, ci sono persone a cui è andata molto peggio di me.»
    «Penso di capire perché sei una Master, dunque.»
    L’affermazione di Leia lasciò Akiko senza parole. Neanche lei sapeva esattamente cosa avrebbe chiesto al Graal, dunque come poteva una Servant appena conosciuta intuire il desiderio che si celava nel suo cuore? «E secondo te perché sono una Master?» riuscì infine a chiedere spezzando il silenzio che si era formato tra lei due.
    «Hai ragione quando dici che i desideri, e aggiungerei anche i rammarichi, delle persone sono molti. “Voglio questo, voglio quello, potevo fare così, se tornassi indietro farei…”, sono pensieri comuni l giorno d’oggi e lo erano anche in passato.» Leia sorrise. «Ciò che davvero desideri nel tuo cuore… È qualcosa da desiderare.»
    Akiko scrollò le spalle. «Cosa vuoi dire?»
    «Una vita senza desideri equivale a una vita senza ambizioni, vuota e con poco significato. Nel tuo caso, per tua stessa ammissione hai alcuni desideri ma di questi non riesci a perseguirne uno solo non perché non vuoi ma perché non sai scegliere quale sia il più importante per te, cosa realmente vuoi. Questo è il desiderio che ti ha reso una Master, e devo dire che potrebbe rendere il tutto più interessante.»
    Akiko pensò di capire cosa volesse dire la Servant, dunque non obiettò trovando una certa logica in quelle parole. Ma rimaneva ancora un quesito irrisolto. «E il tuo desiderio qual è?» chiese un po’ tentennante.
    «Io…» Gli occhi di Leia sembrarono intristirsi, così come il tono della voce. «In passato commisi un terribile errore, uno sbaglio che ancora oggi mi perseguita e per il quale gli dei mi hanno punita. Ciò che voglio è porre rimedio a quell’errore, riparare a ciò che è già stato fatto. Mi aiuterai, Master?»
    Akiko annuì. «Qualunque sia stato il tuo errore, puoi contare su di me!»

    La determinazione di Akiko era stata piuttosto elevata quando aveva offerto il suo aiuto a Leia, ma ben presto si ritrovò a fare i conti con la realtà. In una guerra per il Santo Graal partecipavano 7 Master accompagnati da altrettanti Servant, e togliendo lei e Leia rimanevano 6 coppie che presumibilmente non si sarebbero separate; insomma, trovare una singola coppia non sarebbe certo stata una facile impresa.
    «Ah, dove possiamo iniziare a cercare!?» urlò esasperata.
    «Già stai gettando la spugna?» La voce di Leia proveniva da un punto non ben definito alla sua sinistra, invisibile agli occhi altrui grazie all’aver assunto la sua forma spirituale per evitare di disperdere sin troppe energie per una semplice perlustrazione.
    «Non è che mi sono arresa, ma è come cercare un ago in un pagliaio senza avere un misero indizio.» Ormai giravano senza meta da circa un’ora senza aver avuto risultati degni di nota, e la cosa era abbastanza frustrante per la giovane Kamiya che non sapeva proprio da dove cominciare. La guerra era appena iniziata e non c’erano stati casi eclatanti di esplosioni, uccisioni, sparizioni o simili, cosa che lasciava presagire che ancora nessuno si era mosso.
    «È plausibile pensare che gli altri partecipanti stiano attendendo una mossa da parte di qualcuno, proprio come noi, e ciò causa uno stallo che terminerà solo quando qualcuno si deciderà a entrare in azione.»
    Akiko ascoltava Leia attentamente continuando a camminare per le strade avvolte nella luce della luna e dei lampioni. «E questo cosa significa?»
    «Questa è la guerra, Master. Tanto l’attesa quanto l’azione fanno parte di quest’arte che viene chiamata guerra; in questo momento ci troviamo in mezzo a un conflitto “psicologico” nell’attesa che qualcuno sicuro delle proprie capacità si decida a muoversi con più decisione attaccando per primo.»
    «E se fossimo noi? Non sei sicura delle tue capacità?»
    «Lo sono, Master, e non è detto che il primo ad attaccare sia mosso da un’avventatezza tale da farlo finire sconfitto.» Una breve pausa, durante la quale Akiko si fermò voltandosi alla sua sinistra, come per accertarsi che Leia fosse ancora là anche se non poteva realmente vederla con i propri occhi. «Ciò che però mi interessa scoprire prima di fare la nostra mossa è un’altra cosa.»
    «Che vuoi dire?» Akiko non riusciva a capire dove Leia volesse arrivare con quel discorso.
    «Pur senza sapere il Vero Nome di un Servant si può trarre vantaggio da quel che si riesce ad apprendere dalle sue azioni. Il primo ad attaccare sarà presumibilmente il più impaziente tra i partecipanti o il più sicuro di sé, e questo anche può essere un nostro vantaggio.»
    La Servant non aggiunse altro, e così fece anche Akiko che continuò a camminare senza più voltarsi nella direzione dalla quale proveniva la voce di Leia, una domanda lasciata in sospeso che continuava ad aleggiare tra loro due, come se entrambe non avessero voluto affrontare di proposito quell’argomento. Andava anche bene attendere che qualcuno facesse la prima mossa, ma come avrebbero reagito se i primi bersagli fossero stati loro?
     
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    La Luce

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    Non so nemmeno dove sono ora, figuriamoci se posso ricordare da dove provengo

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    Tra le mura di quella casa che si univa al bosco, Master e Servant iniziavano a costruire la loro intesa. Il cerchio rituale era ancora sul pavimento, sbiadito come se l’uso l’avesse esaurito, addentrandosi sempre più nella notte, dovevano mettere in chiaro quali fossero le loro qualità e l’esperienza che avevano accumulato, il Master nella sua pur breve carriere di mago, il Servant nella sua leggenda. Alle cinque del mattino dovettero arrendersi ed accettare che non avevano fatto progressi. Riuscivano a comprendersi piuttosto bene, si sentivano abbastanza simili e probabilmente su un comune campo di battaglia, da compagni in armi, avrebbero rappresentato l’unità più forte di un esercito, forse era proprio per questo che continuavano a sentirsi incompatibili.
    Il servant entrò in forma spirituale, per dare un po’ di tregua alle riserve di mana del suo master, ed uscì per verificare che i dintorni fossero sicuri e non ci fossero famigli di altri master a tenerli sotto controllo, se ne avesse trovati avrebbe significato che quel posto non era sicuro e si sarebbero dovuti spostare, trovare una vera fortezza o comunque un’abitazione più adeguata al loro rango. Sembrava quasi che sperasse di trovare qualcosa in quella sua ricognizione.
    Tatsuya chiuse gli occhi e si accasciò sul tavolo. Era stanco, aveva sonno, quella casa era troppo silenziosa e non aveva ancora pulito il pavimento. Come se non bastasse, quel servant era capace di tenergli testa e di ribattere con eloquenza.
    « Spegniti e lasciami dormire! È stata una serata già abbastanza stressante e non voglio continuare a pensarci. »
    Implorato di lasciarlo in pace, il suo cervello iniziò ad elaborare con ancora maggiore velocità, a ripercorrere tutta la discussione con quello spirito eroico, la frustrazione nel non riuscire a prevalere dialetticamente ed anche alcune cose imbarazzanti che aveva fatto un decennio prima, solo per un piacere autolesionista di aumentargli il disagio.
    Le cose non potevano riuscire alla perfezione, non era mai così ed aver sperato che quella volta potesse essere diverso aveva solo alimentato di illusione destinata fin dall’inizio a crollargli addosso.
    « Per come siamo partiti, dovrò pensarci io a cercare di non farmi ammazzare, da lui non posso aspettare che mi protegga. »
    Attanagliato da un pessimismo sempre più grande e pesante da sopportare, ma non tanto grande da cercare di annegarsi nell'abbeveratoio degli uccelli, riuscì finalmente ad addormentarsi ed a dormire per quelle quattro ore che gli avrebbero massacrato il collo.



    «… Master? »
    « Non avevamo detto che mi avresti chiamato Tatsuya? »
    « Mi spiace, è un nome troppo barbaro perché possa pronunciarlo »
    « È un nome giapponese. Significa “li mortacci di tu mà”. Che vuoi? »
    « Ma hai capito perché sono qua? »
    « Perché ti ho evocato con una reliquia trafugata. »
    « E perch- » « Senti non me ne importa niente. Che vuoi? »
    « Sapere perché mi hai fatto mettere questa roba minacciandomi con un rastrello. »
    « Perché eri impresentabile con quell'altra roba. Non potevo certo portarti in giro. »
    « E perché dovresti portarmi in giro? »
    « Deve essere una rottura leggere in dialogo così. Perché devo comprarti qualcosa di decente da mettere. »
    « Va bene. E perché…? »
    « Perché dovrei comprarti qualcosa da mettere? Primo perché qui mi conoscono ed ho una reputazione da difendere, credo. Secondo, perché fino a prova contraria qua il master sono ancora io. Terzo, perché se non hai qualcosa di buono da metterti questa sera non possiamo andare per locali a trovarci qualche ragazza bona. Dopo tutto questo tempo avrai anche tu i tuoi bisogni. »
    « E voglio anche almeno due cambi e qualcosa per il brunch di domani. »
    « Spocchiosetto il principino. Vedrò di accontentarti. »
    I due, ignorando completamente quale fosse la natura del rituale nel quale avrebbero dovuto combattere, uscirono di buon ora per avventurarsi nella loro prima missione insieme: comprare un abito al servant. Normalmente non è qualcosa per cui in master si preoccupa, il servant è per lui uno strumento, una specie di famiglio che deve solo occuparsi di eseguire gli ordini e dare voce alla volontà di chi lo comanda. Per muoversi senza dare nell’occhio, un servant poteva assumere la forma spirituale che lo rendeva praticamente invisibile agli occhi altrui, individuabile solo da altri servant con le giuste caratteristiche o comunque tramite dei sistemi magici anche piuttosto raffinati. Tipicamente nemmeno lo spostarsi era una preoccupazione per un master: gironzolare per la città avrebbe rappresentato un invito ad attaccare per i suoi nemici, ed anche se quella non era una guerra da combattere alla luce del Sole, se gli accordi prevedevano di tenere il tutto nella massima segretezza ed evitare che qualcuno di esterno ai giochi potesse venire coinvolto, non c’era garanzia su quale fosse la statura morale degli altri partecipanti. Per quel che ne potevano sapere, uno dei master sarebbe potuto essere un assassino ed avrebbe anche potuto aver evocato un servant molto pericoloso che ben si adattava al suo stile e quindi essere sempre pronto ad attaccare di sorpresa per sbarazzarsi rapidamente dei contendenti.
    Nel caso dei nostri due, non solo si erano mossi con tanta leggerezza, ma pianificavano di ripeterlo la sera stessa, esponendosi ancora di più, e lo avrebbero fatto anche la mattina dopo. E la sera dopo. E così di seguito per i giorni a venire.
    Entrarono in svariati negozi sempre più ricercati per trovare qualcosa che non solo stesse bene al servant ma che mostrasse la dignità che si era meritato in vita e nella morte, e, al contempo, non lo facesse apparire completamente fuori luogo. Una missione praticamente impossibile.
    Dopo aver visitato otto negozi, aver fatto girare la testa ad una quindicina di commesse, tre commessi, predisposto le possibilità di cinque route con tratti potenzialmente adatti a ad un gioco rientrante nell’immensa schiera che costituisce la categoria degli eroge, riuscirono a trovare qualcosa che si avvicinasse abbastanza all’idea di abbigliamento che avevano in mente, pur senza rinunciare a qualche stravaganza.
    « Bene. Ora sei presentabile. »
    Gli fece Tatsuya, tutt'altro che scoraggiato dall'esborso che gli era appena costato quell’impeto sulla via della moda ed anzi determinato ad ampliare un po’ anche il proprio guardaroba.
    Il servant si guardò per un po’ nello specchio, ammirando la sua nuova immagine più contemporanea.
    « Mi donano abbastanza. Certo, si può fare di meglio ma mi accontenterò. »
    « Dì la verità, non vedi l’ora di metterti quello elegante. »
    « È così. Spero solo di avere l’occasione giusta. »



     
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    Durante la notte in cui tutti gli altri Servant si sono mossi, Komiko decise di uscire per la città, per cercare quell'ombra oscura che aveva lasciato il suo tempio. Lasciò le sue shikigami a guardia dell'altare e del parco, in cui erano conservati tutti i preparativi per la grande guerra del Graal. Ciò fatto, in poco tempo iniziò a girare per la città, facendo attenzione a possibili energie negative. "La notte sembra così calma e rassicurante.... Eppure, credo che i partecipanti si stiano già muovendo". La sacerdotessa lasciò libero spazio ai suoi pensieri, e si fermò a fissare il cielo. In attesa. In poco tempo aveva raggiunto il tetto di un edificio nel centro città.

    Dato che non è successo niente di che, continuate pure a scrivere senza alcun mio intervento. Il Ruler è in città: chiunque veda una Miko per strada può scegliere di avvicinarsi e parlarle. Consiglio: io tenterei un approccio pacifico. Attualmente, come ho scritto, si trova su un edificio nel centro città (il più alto fra quelli visibili se volete descrivere un eventuale incontro).
    A a voi la prossima mossa e buona fortuna!
     
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    "Master", esordì la ragazza dopo un paio d'ore, che fino a quel momento aveva continuato a fare avanti e indietro per la stanza, lamentandosi di non avere nulla da fare e chiedendosi perché fosse lì se il suo mago non si decideva a darle un ordine. Tuttavia, non ricevette risposta.
    "Master!", riprovò, questa volta aumentando il tono della voce.
    Enma era troppo assorto nel suo lavoro alla scrivania per accorgersi dello scontento di quella fanciulla così impaziente, e continuava ad armeggiare serenamente con le carte che aveva di fronte. Il Servant allora gli si avvicinò cercando di comprendere cosa avesse davanti, ma quando si accorse che lui la stava ignorando tossì sonoramente in modo seccato, prima di riprendere. "Se posso permettermi, quanto tempo dovrò restare confinata qui? Te l'ho già detto che è umido e polveroso, odio l'umidità e ho passato intere generazioni a soffrire il peso della polvere, comincio a seccarmi... Ma poi, si può sapere che cosa stai facendo lì seduto da così tanto tempo?"
    Questa volta Enma sollevò lo sguardo per risponderle, ma fu sorpreso di vederla già distratta a osservare il riflesso nello specchio dall'altro lato della stanza, dietro di lui, facendo delle smorfie come se... no, stava decisamente ammiccando alla propria immagine. Decise che sarebbe stato meglio evitare commenti sarcastici, almeno nel primo periodo, rimandando le battutine. "Ho appena finito di creare le mie armi per questa guerra. Penso che le troverai molto utili quando ci troveremo in difficoltà. Intanto, che ore sono?". La domanda era rivolta più a sé stesso che a qualcun altro in quella stanza, ma come fece per verificare l'ora sull'orologio da polso il Servant lo interruppe. "È sera inoltrata, quasi notte, la luna è già alta e noi siamo ancora qui!"
    Dicendo questo si accasciò sulla sedia lasciata libera dal suo evocatore, la testa le cadeva languidamente sulle braccia, appoggiate sulla scrivania mentre le gambe vibravano vistosamente, sintomo che a stare confinata lì si stava stufando, ma non poteva fare altrimenti se non voleva venire costretta con una magia di comando. Enma intanto si domandava come facesse a sapere che la luna era già alta dal momento che erano nel seminterrato della vecchia casa polverosa, ma non fece domande. Invece di risponderle si mise la giacca nera, il cappello dello stesso colore e le fece cenno di seguirlo, al che lei sembrò come rivitalizzarsi e lo seguì allegramente fino in città.
    Già aveva capito che tipo fosse la ragazza che aveva evocato, a ripensare alla sua storia non lo avrebbe mai pensato, ma in fin dei conti poteva comprendere il suo stato d'animo se visto nella giusta ottica. Era sicuro che si sarebbe potuta rivelare più difficile del previsto, ma lui aveva dalla sua parte l'autorità delle magie di comando, e anche solo la minaccia di usarle sortiva gli effetti desiderati col vantaggio di preservarle.


    * * *






    Ci misero poco meno di un'ora ad arrivare in città, la strada dalla foresta non era tanta ma dovettero fare molta attenzione a non essere seguiti fin dall'inizio, non sarebbe stato carino venire eliminati dai giochi appena questi sono iniziati.
    L'aria era ferma, le luci tutt'intorno illuminavano di rado le strade sicché queste restavano per lo più in penombra e vista l'ora tarda non vi era nessuno in giro se non le coppie in gita romantica o le comitive di amici. Enma le aveva sempre trovate molto fastidiose, e vedendole anche in quel momento intente a disturbare chiunque gli capitasse a tiro con urla e fischi molesti si augurava che finissero nel mezzo della Guerra insieme a loro.
    Notò però che ogni volta che passavano di fianco ad una coppia il suo Servant cominciava a fremere e ansimare, come fosse agitata. Non sembrava adirata, ma ad ogni suo respiro i suoi occhi si facevano incandescenti e il suo desiderio era così opprimente che lo avvertiva persino quando lei era in forma spirituale. Era la prima cosa di cui lo ha avvertito quando si sono incontrati quella sera, ma non pensava che avrebbe davvero avuto un effetto tanto potente, e ciò lo preoccupava perché avrebbe potuto essere una variabile in più da tenere in conto nelle strategie a venire - come se già non ce ne fossero abbastanza in una guerra normale, agli squilibri già dimostrati dal suo Servant si doveva aggiungere anche questo.
    "Cerca di contenerti." Il suo ordine, deciso e perentorio, piombò grave sulla fanciulla che si lasciò strappare un gemito.
    "Master..."
    Non perdere la concentrazione. Ricorda che ora siamo in ricognizione."
    "Non ce la faccio, se non posso averle almeno lascia che io..." Incapace di trattenersi, la ragazza si lasciò scappare un gemito, ma il languore e la bramosia erano ben percepibili da parte di Enma, e non solo per il rossore di cui era soffuso il suo volto.
    Non qui e non ora!
    I presenti, un gruppo di cinque ragazzini e tre estranei si voltarono a guardarlo: non potevano avvertire un'entità in forma spirituale e tutto ciò che vedevano era un ragazzo che parlava da solo e borbottava contro il vento. Stavano attirando troppo l'attenzione, se quelli avrebbero potuto prenderlo come un matto o uno adirato contro un messaggio nel cellulare poichè è stato scaricato dalla fidanzata, qualcun altro avrebbe potuto invece vedere oltre la maschera, e in questo modo gli avrebbe dato il vantaggio di sapere che era un master e allo stesso tempo la copertura che invece avrebbe voluto Enma.
    Si abbassò il cappello sugli occhi e corse dietro ad un vicolo. Dietro di lui, sempre impercettibile, la ragazza dal lungo vestito in pizzo lo seguiva, sembrava quasi una bambola mentre correva, ma solo lui poteva vederla e visto lo stato in cui versava era meglio così. Quando si fermarono, dopo aver girato per diversi vicoli, Enma la riprese per il suo comportamento "poco professionale", e perché oltre a perdere la concentrazione la toglieva a lui esponendoli come un bersaglio. "Questo è l'ultimo avvertimento, non costringermi ad usare una di queste." La ammonì indicando il sigillo che portava sulla mano destra.
    Fecero entrambi due respiri profondi, lui per recuperare le energie dalla corsa e lei perché così gli aveva imposto il suo Master, il quale sperava che questo la riportasse coi piedi per terra. Si guardò intorno: dovevano essere piuttosto lontani dal posto di prima, perché non riuscivano a scorgere nessun punto familiare o già visto. La nuova area era abbastanza ampia, le strade qui erano più illuminate per la luce che proveniva da qualche negozio ancora aperto, e da lì riuscivano a vedere meglio la gigantesca costruzione che torreggiava su tutta la città. Aguzzando la vista potevano vedere in cima una sagoma risaltare contro la luna, sembrava esserci una persona, ma era molto difficile dirlo e poteva essere solo il frutto della sua immaginazione che scambiava un uccello per un essere umano, dopotutto solo un volatile avrebbe potuto raggiungere quel punto. Poi un'idea gli balenò in mente, e accelerando il passo si incamminò lungo la via senza destare sospetto, o almeno cercando di rimanere in incognito il più possibile. E se invece non mi sbagliassi e fosse davvero una persona? Non un essere umano magari, ma per un Servant con l'occhio lungo quello sarebbe il luogo ideale dove stare. Tu che ne pensi?
    Il collegamento mentale tra Master e Servant gli permette di interloquire psichicamente se sono ad una distanza contenuta, e così non avrebbe rischiato di mostrare il movimento delle labbra. Penso che sto avvertendo delle presenze molto forti intorno a noi. Non so quanti, ma ci sono dei Servant in città.
    Sembra che non siamo stati gli unici ad avere avuto l'idea di venire in città, eh? Sapresti indicarmi almeno una direzione approssimativa?
    La ragazza si concentrò per un minuto intero prima di potergli dargli una risposta definitiva, il che gli fece supporre che il suo radar non era molto affinato e che non ci poteva fare affidamento. La direzione verso cui puntava col dito portava verso una coppia, un uomo ben piazzato e dai capelli lunghi e canuti che gli cadevano su un lato, ed un ragazzo che sembrava avere la sua stessa età oltre che una corporatura molto simile. Un Master e un Servant che camminano così apertamente lungo le strade cittadine? Direi che se sono loro stanno facendo di tutto per attirare l'attenzione degli altri... beh, possiamo cancellare Assassin dalla lista delle sue possibili classi, oltre alla tua naturalmente. Sono entrambi vestiti in modo... normale, ma questo non mi stupisce, chissà da quale epoca lo avrà tirato fuori e con che vestiti bizzarri! Un cambio di look sarebbe il minimo, ma quello che mi lascia più stranito è che non saprei dire chi dei due sia il Master e chi il Servant. Quello grosso, o il giovane? Hm...
    Nell'analizzare quella strana coppia si accorse di un altro particolare, del tutto estraneo ai suoi due obiettivi: il suo Servant appariva stranamente calmo e pacato, e rispetto a poco prima quando stava quasi sudando dal calore che emanava per l'eccitazione il cambiamento era notevole.
    Decise allora di sfruttare la stessa confusione con cui l'avevano colpito loro due e di nascondersi dietro ad un vicoletto lì vicino da dove poteva osservarli senza essere notato, e di mandare davanti a loro - già materializzata - il suo Servant con l'intento di intavolare una discussione diplomatica. Ci sono mille controindicazioni ad una strategia simile in generale, e ancora mille nella sua posizione, ma aveva un valido motivo per cominciare in questo modo, più di uno in realtà, inviando telepaticamente i messaggi alla ragazza così che lei potesse ripeterli.
    Davanti ai due si ergeva una giovane fanciulla dai lunghi capelli di paglia, le gambe piegate in modo precario ma la gonna di pizzo copriva tutto fino poco oltre le ginocchia, le lunghe calze che indossava facevano sì che non fosse scoperto un centimetro quadrato in più di pelle di quello che occorreva, ma quella che mostrava era pallida e contrastava terribilmente con il bagliore scarlatto sprigionato dalle piccole parti dei suoi occhi che i capelli lasciavano intravedere. Questo luogo è un po' troppo affollato, che ne dite se ci spostiamo da qualche parte dove attireremo meno l'attenzione?
    Sperava in una discussione dalla quale avrebbe potuto ricavare qualche informazione, combattere fin da subito sarebbe potuto risultare in un inutile spreco di energie, uno sprint iniziale che porta via risorse senza arrecare troppi benefici, ma non poteva nemmeno passare per remissivo. Nel caso in cui avessero accettato li avrebbe fatti condurre in un luogo un po' più isolato per discutere ed eventualmente attirare altri avversari, in caso contrario avrebbe ascoltato le loro eventuali contro proposte.

    Approccio SasoRi e il suo Servant.

    Edited by Darkdesire.em - 16/7/2019, 12:33
     
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    Hitler, sempre in forma spirituale, si stava aggirando per la città in cerca di possibili tracce dei suoi nemici, ma non stava avendo troppa fortuna.
    La vita notturna del posto sembrava essere ben più attiva rispetto a quella dei suoi tempi, cosa abbastanza ovvia una volta fatti due conti.
    Bah! Chi me lo fa fare di restare in forma spirituale?
    Raggiunse un vicolo e riprese forma materiale, ma non senza prendere qualche precauzione.
    Thurisaz
    Con un rapido movimento della mano destra, Hitler disegnò una runa a mezz'aria e poi la portò sul suo petto con altrettanta rapidità e abilità.
    Adesso, a meno che non mi avvicini troppo a dei Servant o Master, dovrei essere più difficile da rintracciare.
    Protezione "indossata", con qualche rapido balzo sulle pareti dei due edifici che formavano il vicolo, andò a posizionarsi sopra il tetto di un palazzo di media grandezza, così da avere una visibilità migliore sulle strade cittadine e sui tetti.
    Spesso e volentieri, i Servant sono entità così teatrali, cercano sempre i modi più strani per muoversi e cercare...Unsinn!
    Lui era ovviamente un'eccezione, visto che lo stava facendo per trovare tali "attori".
    Con rapidità e agilità, il Führer iniziò a muoversi saltando da un tetto all'altro, capacità che in vita non avrebbe avuto neanche per sbaglio.
    Certo che essere un Servant ist sehr gut! Mai in vita sarei stato in grado di fare cose del genere.
    Dopo qualche minuto passato a girare fra i tetti, Hitler sentì la presenza di un Servant, uno potente per giunta.
    Al mio Master non piacerà quello che sto per fare.
    Iniziò a muoversi in sua direzione, voleva vedere di chi si trattava.
    Arrivò ad un palazzo più alto della media, ma non solo, era anche al centro della città.
    Un po' in bella vista come posto per nascondersi...sempre che sia quella l'intenzione.
    Andò sul tetto dell'edificio più alto nei paraggi di quello dove si trovava l'altro Servant e saltò con tutta la sua forza per arrivare il più vicino al tetto del palazzo.
    Uhm...non abbastanza, eh?
    Fece un balzo considerevole, anche per un Servant, ma non arrivò proprio dove voleva e fu costretto a fermarsi su un balcone; mentre pensava ai suoi prossimi movimenti, un ragazzino si affacciò alla porta a finestra di quel balcone e iniziò a fissarlo.
    ...Nessuno ti crederà mai, gute nacht.
    E riprese a saltare, o meglio, scalare in questo caso, finché non raggiunse la cima...ora non restava altro che fare una buona prima impressione. Con la stessa agilità mostrata fin'ora, saltò sul tetto e si mise dritto, petto in fuori e con le mani incrociate dietro la schiena, occhi puntati sul Servant davanti a lui.
    Guter abend, mein fräulein.
    Si presentò col migliore dei suoi sorrisi, sentiva di sapere con che tipo di Servant stesse per conversare, ma voleva che fosse lei a dirlo.

    Se non s'è capito, approccio Matte in maniera pacifica u.u
     
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    Kuro Kamishini
    Mentre stavamo passeggiando tranquillamente parlando del più e del meno, io e il mio servant stavamo tenendo gli occhi bene aperti, così come i sensi, per cercare di percepire la presenza di altre personalità scomode o di volenterosi combattenti pronti ad attaccare per primi il servant più forte di tutti.
    Riuscii a percepirne alcuni, di probabili master nelle vicinanze, ma senza capirne con estrema precisione la locazione ne tanto meno le intenzioni. Proprio mentre ero intento a discuterne con Meito ci avvicinò una strana signorina vestita in maniera piuttosto singolare e stravagante. Le parole da ella pronunciate non lasciavano spazio ad alcun dubbio: si trattava di un servant. Perché non un master? Beh, sarebbe stupido presentarsi così di fronte ad un servant sconosciuto senza un minimo di precauzioni.
    Mi piace la tua intraprendenza, Ermenegilda. Direi di recarci in periferia per non attirare attenzioni indiscrete... commentò Meito, senza nemmeno darmi il tempo di pensare ad una strategia.
    Ma! Potrebbe trattarsi di una trappola. Non dovresti accettare così gli inviti di altri partecipanti! E tutto il discorso fatto poco fa a casa?
    Non ti preoccupare, so il fatto mio. Affidati al mio istinto e vinceremo questa guerra ad occhi chiusi!
    Sembrava forse un po' troppo convinto della sua forza ma non mi andava di contraddirlo in presenza del nemico per cercare di avvalorare la sua affermazione e incutere paura o comunque recalcitranza [cit.] ai propri avversari.

    Detto ciò, senza più pronunciare alcuna parola, Meito si avviò verso la zona di periferia a nord est della città, in prossimità del bosco, controllando sempre con lo sguardo la signorina che li aveva invitati. Io invece controllavo i dintorni nel tentativo di individuare il master.

    Una volta giunti sul posto, Meito rivolse di nuovo la parola alla ragazza.
    Allora! Quali sono le tue ultime parole? disse, con sguardo determinato e un ghigno sornione. Naaah, scherzo! Ma neanche troppo... Quali sono le tue intenzioni, Esmeralda?
    Proprio non riusciva a non comportarsi in maniera strafottente. Si stava persino inventando dei nomi da solo, ogni volta diversi, per altro...
    Io rimasi vicino a lui, pronto a reagire in caso di attacchi a sorpresa.



     
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    Sono quasi sicura di abitare a casa mia...

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    Hai una vaga idea di quanta energia ti ciucci, tu?!
    A quel punto era inutile negarlo: Mei stava morendo di fame. Se non le avessero trovate seguendo la traccia magica, sicuramente avrebbero sentito il suo stomaco brontolare.
    Lo dici come se fosse colpa mia, ma sei tu che hai dimenticato di portare la cosa più importante in questo rifugio...
    Sospirarono entrambe. La veste sul petto del Servant si sollevò leggermente, mettendo - anche se solo per un momento - in risalto il suo seno, decisamente più prosperoso rispetto a quello di Mei (non che ci volesse molto).
    Mei se ne accorse ma cercò di non darci troppo peso, dato che in quella guerra non poteva lasciare spazio a certe sciocchezze (ricordatevi di questo dettaglio, tornerà utile dopo).
    Per sua sfortuna, però, fu proprio l'altra ragazza a tirar fuori l'argomento.
    Ehi, Master, io mi sento leggermente a disagio vestita in questo modo...
    Teneva le braccia conserte, posa che sicuramente non aiutava a metterle meno in rilievo. Lei non se ne rendeva minimamente conto.
    Dopo quella affermazione, Mei non poté più ignorare l'argomento.
    Nessuno ti costringe a restare in forma materiale, sai? Non avrei così tanta fame se tu fossi rimasta in forma spirituale...
    Mei aveva un tono decisamente seccato, che veniva accentuato dai brontolii sempre più frequenti.
    Poi non riuscì più a contenersi.
    E comunque non serve che tu mi sbatta quei due galleggianti in faccia continuamente!
    Il Servant sembrava più confuso che alterato.
    Non so di cosa tu stia parlando, Master, io non ho fatto nulla del genere... non di proposito, almeno.
    Osservò per un momento il proprio petto, poi continuò.
    Certo che è strano, non ricordavo che fossero così grandi quando ero in vita... dev'esserci stata qualche anomalia durante l'evocazione.
    Sono davvero un disastro, come Master!
    Mei si lasciò cadere su una sedia, in rassegnazione.
    Il tonfo sul legno scricchiolante echeggiò per i corridoi vuoti del tempio e si sollevò una nuvoletta di polvere da sotto la sedia.
    Prima mi dimentico di portarmi del cibo e poi sbaglio anche l'evocazione...
    Si sentiva dalla sua voce tremante che non stava bene. Forse per via della fame o forse perché il suo stress per la guerra del Graal era arrivato alle stelle nonostante non fosse ancora successo niente: non avrebbe saputo dirlo neanche lei.
    Ehi, Master...
    Il Servant le si avvicinò con fare premuroso e la abbracciò.
    Io non credo che tu sia un disastro.
    Lo pensi davvero?
    Certo! Ci hai portate in questo luogo sicuro dove non si farà male nessun civile, il che è stato molto saggio.
    Aveva un sorriso dolce in volto, si percepiva a pelle che le sue parole erano sincere.
    Mei arrossì. Quello che aveva detto l'aveva fatta sentire molto meglio.
    Dobbiamo comunque spostarci... se io muoio di fame qui, evocarti sarà stato inutile.
    Si alzò.
    Guardandosi intorno, sembrava che quel posto potesse cadere a pezzi da un momento all'altro. Una meta sicuramente allettante per dei teppisti, come indicavano i graffiti sulle pareti esterne. Accortamente, avevano reso quel luogo impercettibile all'occhio umano.
    Un altro brontolio riempì il silenzio che si era creato.
    È giunto il momento. Andiamo a prendere del cibo in città!
    Gli occhi di Mei bruciavano con la scintilla riaccesa della speranza - e della fame.
    Evvai! Stavo iniziando a fare la muffa in questo posto.
    Comunque, se può contare qualcosa...
    Mei era molto rossa in viso, ma aveva un tono decisamente più calmo rispetto a poco prima.
    I-Io credo che quella veste ti stia molto bene.
    Sul volto del Servant si riaccese lo stesso sorriso paziente.
    C-Comunque, credo che sia meglio andare ora, il sole sta calando.

    ***



    Usando il collegamento mentale, le due si misero d'accordo su quale fosse il percorso migliore per prendere ciò che serviva senza dare nell'occhio e fare presto.
    Dovrebbe esserci un supermercato h24 in questa zona.
    Conosci bene questa città, Master?
    Non è proprio come casa, però mi sono ambientata.
    Continuarono a camminare ancora per un po'.
    Il viso di Mei era illuminato dalle insegne colorate dei locali. Era una stradina secondaria, non molto grande, c'era solo qualche bar e un night club. Ogni tanto incrociavano qualche vecchio ubriaco che cercava di adescare quella ragazzina da sola di notte. Uno addirittura le chiese se voleva andare a prendere un caffè. Mei rifiutava tutte le proposte senza troppi giri di parole.
    Proseguendo, le due ragazze iniziarono a sentire della musica e delle voci che si facevano sempre più forti man mano che camminavano. Mei ipotizzò che provenissero dal night club e le ignorò.
    Master.
    La voce del Servant si fece all'improvviso molto più seria, cosa che fece fermare di colpo Mei.
    Che succede?
    Percepisco diverse entità. Forti.
    Sono degli altri Servant?
    Sicuramente.
    Come fai ad esserne sicura?
    La mia percezione magica è molto affinata, Master. Sono ancora lontani, ma camminando in quella direzione andremo proprio da loro.
    In quella direzione c'è il cibo.
    Poteva sembrare un’affermazione simpatica, però Mei era molto, molto seria.
    Master, è pericoloso...
    Anche morire di fame è pericoloso. E poi, un po' di spionaggio non fa male, no?
    Master, questa mia abilità nel percepire la magia è un'arma a doppio taglio. Io posso percepire molto bene loro, ma loro percepiranno molto vividamente me.
    Uhm... per qualche motivo, non credo sarà un problema...
    Svoltato l'angolo, Mei indicò la strada davanti a loro: una fiera.
    Mei sogghignò.
    Con tutte queste persone, nessuno saprà chi sei tu. Passeremo inosservate in mezzo alla folla.
    Che fortuna, Master!
    E sai qual è la cosa migliore della fiera? Le bancarelle con il cibo! (Ricordate quando ho detto che Mei non avrebbe dovuto lasciare spazio a certe sciocchezze? Ecco.)
    Neanche fece in tempo a finire la frase che già aveva tre spiedini di polpo in mano e una polpetta in bocca.
    Afcolta *gulp* visto che siamo qui e tutti hanno dei vestiti tradizionali, forse potresti materializzarti.
    Ma sarebbe ancora più pericoloso!
    Ho letto da qualhhe parhe he follevare il moale dei phhophi foldahi phima di una bahhaglia omenha le pohhibilihà i vihhohia.
    Un discorso da vero generale... soprattutto con quelle polpette di pesce in bocca. Aspetta, come fanno a starcene 3?!"
    *gulp* allora, vuoi goderti la festa o no?
    Il Servant si rassegnò, scuotendo la testa.
    Va bene, ma solo perché così sarò già pronta nel caso ci attaccassero.
    Le due si nascosero dietro un vicolo, dove il Servant riprese la forma materiale.
    Master, più ci addentriamo nella folla più sento nitide le presenze degli altri Servant. Dobbiamo stare all'erta.
    Aherha, capiho!
    Master, dovresti smettere di parlare con la bocca piena.

    ***


    Uno stomaco pieno più tardi, Mei e il suo Servant erano ormai arrivate in fondo al viale dove si svolgeva la fiera.
    Ragazzi, credo di non aver mai mangiato così tanto in vita mia.
    Con lo stomaco pieno dovresti riuscire a concentrarti un po’ di più, Master.
    Io sono concentratissima! Piuttosto, senti ancora la presenza di quei Servant?
    Sì. Prima ne percepivo circa quattro, ora ne sento due molto vicini mentre gli altri due sembra che si siano allontanati.
    Sai darmi indicazioni più precise? Vicini quanto?
    Abbastanza affinché ci possano percepire anche loro.
    Sai dove sono?
    Il Servant alzò lo sguardo e indicò la cima del grattacielo che si ergeva proprio davanti a loro.
    Proprio lì.

    In men che non si dica, le due ragazze erano sulla cima del palazzo. Davanti a loro c’erano due figure a dir poco… singolari. Una era una donna dall’aspetto solenne conferitole da un abito tradizionale giapponese che le calzava a pennello, l’altro era un uomo imponente con i capelli neri e lucidi; era voltato di spalle, quindi le due ragazze non riuscirono a vederlo subito in faccia.
    Era inutile nascondersi, sulla cima di quell’edificio non c’erano nascondigli e l’aura magica del Servant di Mei le aveva già smascherate da un pezzo. Di tacito accordo, le due decisero di mettersi in gioco e si avvicinarono agli altri due.
    Buonasera.
    Il Servant parlava in modo calmo e aveva un’espressione, se pur rilassata, seria. Come se sapesse esattamente cosa fare e cosa dire.
    Il suo comportamento gentile di qualche ora prima aveva lasciato spazio a un’aria regale e austera.
    Mei era paralizzata: il cuore le batteva fortissimo per la paura. Sembrava anche essere l’unico Master presente, cosa che la mise ulteriormente a disagio.
    Dopo l’esitazione iniziale, si concentrò sulla ragazza che le stava accanto: la sua veste bianca con i ricami dorati sventolava nella notte e i suoi capelli corvini riflettevano le luci della luna e della città intorno a loro. Una figura così maestosa che la lasciò in ammirazione.
    Dev’essere comodo per i vostri Master non presentarsi a questa piccola riunione amichevole.
    Il suo tono e la sua espressione si fecero talmente seri da dare i brividi.
    Un vero leader guida chi lo segue e chi gli è fedele.
    Mei non capiva il senso di quel discorso che si era messa a fare così, dal nulla, però per il Servant il senso ce lo aveva eccome.
    Quindi deduco che o siete Servant infedeli, oppure che i vostri Master siano dei codardi. Non so quale delle due opzioni mi disgusti di più.
    Perché non lasci la diplomazia a me?
    A quel punto, Mei si sbloccò e riuscì a fermare il suo Servant, facendo un passo avanti. Se avesse continuato a parlare in quel modo non avrebbe sicuramente convinto gli altri due a non attaccarle.
    Vogliamo solo parlare. Non abbiamo intenzione di combattere.
    Si voltò e guardò il suo Servant, che aveva ancora la stessa espressione seria, ma si fece da parte.
    Mei aveva racimolato il coraggio sufficiente per impedire che si aprissero le ostilità, però era ancora più agitata di prima. Le sudavano le mani e il cuore sembrava che volesse sfondarle il petto per uscire.
    Paralizzata ancora una volta, non le rimaneva che aspettare la risposta degli altri due Servant.


    Approccio Matte e il Servant di Cello
     
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    La mia lezione trascorse noiosa, l'essere una studentessa mi permetteva di passare inosservata ma sempre protetta poiché il mio servant era sempre accanto a me in forma spirituale. Dovevamo assicurarci che il nostro piano filasse liscio come l'olio o non avremmo avuto alcun vantaggio in questa guerra, il mio scopo era vincere e schiacciare i miei avversari a qualunque costo. Il mio servant sembrava essere sulla mia stessa linea di pensiero, dunque quando fu ora di recarmi fuori con il mio spirito eroico cercai di mantenere un abbigliamento ed un comportamento consono in modo da non dare nell'occhio. Avevo fatto in modo che la presenza mia e quella del mio servant non venisse rilevata, bisognava usare la massima attenzione: la magia qualcosa lo poteva fare, ma non era assoluta.
    Avevamo seguito la traccia del Ruler per tutta la città, finché ella non si fermò sulla cima di un palazzo. Peccato perché purtroppo arrivarono altre quattro entità magiche, che sfortunatamente rovinarono il nostro piano perfetto.
    Due servant.
    Due maghi.
    Sentii la rabbia ribollire dentro di me, come si permettevano di rovinare i nostri piani?
    Li avrei uccisi, li avrei uccisi seduta stante.
    "Non essere precipitosa, mia master!" fu quando quei pensieri mi guizzarono alla mente che il mio servant mi parlò telepaticamente con il suo solito tono pacato e calmo "E' pericoloso affrontare due master assieme a due servant, oltretutto potremmo cogliere l'occasione per creare degli alleati. Se non te la senti di parlare con queste persone, puoi lasciare la diplomazia a me."
    "No, meglio se vengo anche io. Potrebbero pensare male. Spero con tutto il cuore che non scoppi un combattimento."
    Il mio servant aveva ragione, come ho potuto essere così ingenua?
    Sono troppo emotiva, troppo instabile quando le cose mi vanno male.
    Devo prendere quest'occasione per crescere e capire come effettivamente stanno le cose. Se i due master avessero attaccato, io non avrei esitato ad attaccare a mia volta.
    Di sicuro non avrei perso.
    Raggiungemmo la cima dell'edificio, il mio servant era al mio fianco e ci avvicinammo alle figure di tre donne e di due uomini. Uno dei due aveva un'aria terribilmente familiare, devo aver visto il suo volto da qualche parte ma non saprei dire con esattezza dove.
    Lo sguardo del mio servant venne inglobato dallo stupore quando vide quella che doveva essere Ruler, anche se dietro la sua maschera anti-gas che aveva deciso di indossare era impossibile da decifrare. Il mio sguardo invece si posò su quella che sembrava essere una Miiko "I miei ossequi, ero venuto per interloquire con voi ma a quanto pare dovrò attendere."
    Il mio servant girò la testa, verso gli altri e tornò a parlare.
    "Buonasera a voi, Master e Servant. Non sono in cerca di guai, così come la mia master. So che vorreste vedere il mio volto, ma per il momento gradirei tenerlo nascosto. Se vi fa piacere, mi piacerebbe poter interloquire anche con voi. Immagino che anche voi siate qui da Ruler per poterle parlare, giusto?"


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    Siamo da Matteo, Cello e Aly per fare quattro chiacchere

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    Andarono al centro commerciale, provarono alcuni vestiti e, acquistati quelli di loro gusto, se ne andarono. Sì, certo, come se potesse essere così semplice andare a far shopping con una donna.
    Eppure erano partiti bene. Lei non pareva aver indecisioni. Una volta accettata, pur con recalcitranza ritrosia, la decisione del suo master aveva preso a camminare con passo marziale, rischiando di distanziare il povero Haiiro che per starle dietro dovette mettersi a correre. Anche una volta giunta al centro commerciale, con una naturalità tanto strana per un essere che giungeva da un’epoca lontana, aveva preso a girovagare per i negozi, per poi tirare fuori senza esitazioni i vestiti che le interessavano. Da lì era iniziata la tragedia.
    «Troppo stretto in vita. In battaglia rischia di rallentarmi di 0,1 secondo.»
    «Un po’ troppo lungo.»
    «Pareva più bello prima che l’indossassi.»
    «Bello il colore, ma non si intona con i miei capelli.»

    E così via. Per un’ora e più. A un certo punto Haiiro – che aveva già acquistato dei vestiti maschili – si accorse di qualcosa. O meglio, era più un presentimento. Il servant non gli era parso il tipo di donna che facesse tante storie per un abito. E allora perché si comportava a quel modo?
    «Qual è il problema? Pensavo ti bastasse un vestito adeguato per muoverti in questo mondo e che non ti ostacolasse in battaglia.»
    Il servant si fermò e, nei suoi occhi solitamente fermi, il ragazzo vide un’ombra di incertezza.
    «Certo che è così! Perché dovrebbe essere differente?»
    «Se lo è, perché non riesci a deciderti? Perché non prendi il primo vestito che ti risulta comodo?»
    La pelle del servant, di norma di un bianco alabastro, si tinse di un rossore acceso di vergogna. Haiiro distolse lo sguardo, senza aver capito ma imbarazzato e sorpreso dalla sua bellezza, che a causa del comportamento solitamente imperturbabile non aveva notato prima.
    «Volevo apparire al meglio, nel caso l’avessi rivisto…»
    «Ma… sai che…»
    «Lo so! Lo so meglio di chiunque altro! Però… è così strano sperare, pur sapendo che è impossibile?!»
    E di fronte a quell’animata e insieme innocente protesta, Haiiro non poté replicare nulla. Calò un silenzio imbarazzato.
    «Ehi master… ora che ci penso…»
    «Sì?»
    «…Tu sei un maschio, no?»
    Quell’affermazione era così inaspettata da lasciarlo per un attimo senza parole, a chiedersi se stesse dicendo sul serio. Ma i suoi occhi, fissi e decisi, non lasciavano dubbi. Era seria.
    «…Lo sai che potrei offendermi per una simile domanda? E comunque sì, sono un maschio.»
    Lei annuì. Era tornata la solita statua di fredda e marziale decisione.
    «So di maschi che paiono donne, quindi ho pensato che potesse avvenire pure il contrario. Per evitare brutte figure ho preferito domandare.»
    «Quello capita negli anime… ma cos’è, il Graal ha ritenuto pure questa un’informazione essenziale da darvi con tutti gli usi e costumi della nostra epoca? Comunque perché questa, evitabile, domanda?»
    «Pensavo che se anche tu sei un maschio potevi darmi dei consigli su come questi abiti mi stanno da un punto di vista maschile… no, lascia perdere. Era un pensiero stupido. Tu sei troppo lontano come buon gusto da lui. Non hai la minima idea di cosa sia elegante o cosa no.»
    «Ehi! Ho un fragile kokoro [cit.], io! Se continui con osservazioni così aspre cadrò in depressione prima che inizi la guerra!»
    «Stavo solo constatando l’ovvio. Chiunque abbia anche la pur minima nozione di eleganza potrebbe dirlo, solo osservando i vestiti che hai scelto.»
    «Cosa?! Non mi pare di aver acquistato nulla di così brutto!»
    «No, non l’hai fatto. Non hai preso nulla di orrendo, né di particolarmente bello. Hai schivato le pessime combinazioni di colori e abbigliamento, ma non sei stato in grado di cogliere quelle migliori. In pratica rimani nell’anonimato, nella mediocre piattezza della maggioranza delle persone, privo del buon gusto necessario elevarti al di sopra del volgo fino all’eccezionalità degli spiriti sublimi.»
    “Ok, ne ho ufficialmente le balle piene.”
    Se ne sarebbe subito andato via, ma un fatto lo tratteneva… beh, due per l’esattezza. Primo: preferiva tenersi vicino al proprio servant. Secondo era piuttosto sicuro che, a lasciarla lì da sola, non sarebbe riuscita a decidersi e sarebbe arrivata l’ora di pranzo.
    «Beh, allora perché non ti metti nei suoi panni? Prova a pensare a cosa lui direbbe vedendoti.»
    “È la banalità più banale a cui potessi pensare, ma forse l’aiuterà”.
    Lo fece. In dieci minuti avevano finito le compere.
    «Ok, ora che abbiamo fatto mi vuoi spiegare da cosa dipende questo cambiamento?»
    «Ho semplicemente fatto come lei mi ha suggerito, master. Ho pensato a cosa mi avrebbe detto vedendomi. “Ogni cosa se indossata da te, anche un semplice straccio, si colma di una divina bellezza”… Una volta pensato così, scegliere è diventato facilissimo.»
    «…Bene, sono contento per te.» Era troppo stanco mentalmente per commentare in altro modo.
    «Ora direi di trovare un luogo dove possiamo parlare ed elaborare una strategia.»
    «Ritengo che questa avrebbe dovuto essere la nostra prima azione, invece di perdere tempo in una frivola attività quale lo shopping, ma plaudo alla sua pur tardiva decisione di far qualcosa per questa guerra, master.»
    «Già, già… intanto chi è che ha perso ore di tempo in questa ‘frivola attività’?»
    Non gli diede la soddisfazione di una risposta.

    ***



    Era passato mezzogiorno e stavano mangiando in un ristorante non troppo lontano dal centro commerciale, seduti a un tavolo appartato.
    «Individuare i nostri avversari, servant e preferibilmente master, determinare le loro classi e le loro capacità. Questa direi che è la base.»
    Il suo servant annuì e si portò alla bocca un boccone di riso con carne di manzo.
    «Ricorda solo, master, che individuare un avversario significa con ogni probabilità essere individuato. È raro ottenere informazioni senza darle. Tranne in un caso.»
    «Quale?»
    Il servant sollevò il bicchiere contenente il sakè e se lo portò alle labbra. Quando abbassò il capo vi era qualcosa di ferino nei suoi occhi.
    «Nel caso in cui si riesca a sconfiggere il servant nemico, ovviamente.»
    «Tu stai parlando di una battaglia, non di ricognizione. Hai così tanta voglia di combattere?»
    «Ovvio. Siamo qui per questo. È una guerra in fondo.»
    «Non ti posso dare torto… Immagino dipenderà dalla situazione in cui ci troviamo. Argh, ecco perché odio star a pensare a strategie su strategie, quando tutto può variare a seconda della situazione!»
    Prese a scompigliarsi i capelli, mentre il servant lo guardava con un ironico sorriso, continuando a mangiare e bere. Haiiro lo fissò, invidioso della sua calma.
    «Mi pare che ti stia godendo la cucina locale.» Disse caustico.
    «In effetti è così.» Rispose senza scomporsi. «Certo, mi ci vorrà un po’ per abituarmi a tutto questo riso e niente pane. Come anche al sakè, questo vostro "vino di riso". Cioè, scorre giù per lo stomaco che è un piacere, ma gli manca sapore e intensità rispetto ai vini a cui sono abituato.»
    «Sai che, anche se siamo in Giappone, si trovano vino e piatti occidentali?»
    «Se andassi in Occidente, proveresti a mangiare in uno dei loro ristoranti di sushi?»
    «Hai un punto a favore…»
    Mentre parlavano il servant aveva finito il suo piatto. Haiiro, abituato a mangiare solo un veloce spuntino o un bento per pranzo, gli diede pure quanto avanzava della sua soba fredda. In poco tempo il piatto era vuoto.
    «Se ti è piaciuto il riso, la prossima volta potresti provare il katsudon. È simile al piatto che hai preso oggi, ma al posto della carne di manzo ha una cotoletta di maiale impanato. Ti dovrebbe riempire a sazietà.»
    «Ti ringrazio master, ma di norma evito la carne di maiale. Sai com’è, abitudini… Piuttosto, hai notato?»
    «Notato cosa?» Si mise subito all’erta, aguzzando lo sguardo e tenendosi pronto all’azione. «C’è un servant qui vicino?»
    «Hai notato che abbiamo parlato più del cibo che della nostra strategia?»
    «Ugh… questo era il tuo appunto? Mi farai venire un crepacuore…»
    «Ah ah, se ti preoccupi per una cosa del genere, non andrai molto avanti in questa guerra. Essere rilassati è la base per vincere una battaglia.»
    «Sarà…»
    «Bene, mio comandante» non poté non pensare che quel ‘comandante’ fosse ironico. «Cosa si fa ora?»
    «Si torna a casa a parlare seriamente di strategia.»
    «Per caso qualcuno se l’è presa per quanto ho detto?» Di nuovo quel tono sbarazzino, di celia.
    «Avanti, andiamo. Ordini del tuo comandante.»
    «E chi sono io per disubbidire al mio signore?» Il suo tono non era cambiato, il passo ritmato ma leggero dei suoi piedi sul pavimento lo seguiva.

    ***



    Era sera. Appoggiato mollemente a una sedia all’esterno di un bar, un ragazzo vestita di nero si beveva il caffè, godendosi la brezza serale. Almeno all’apparenza: se qualcuno gli si fosse avvicinato avrebbe notato il continuo muoversi degli occhi e il rigirare incessante della tazzina tra le sue mani. Queste eventuale astante avrebbe potuto spiegare il suo nervosismo con una discussione che pareva fonte di ansia. Il giovane infatti confabulava in tono basso, un auricolare all’orecchio. Di certo questo osservatore non avrebbe potuto sapere che l’auricolare era spento, né che costui stava parlando con un eroe in forma spirituale giunto da un passato più o meno lontano, evocato per una guerra che in quel momento si stava svolgendo nella città e che metteva in palio uno strumento esaudisci-desiderio denominato Graal. Ed era decisamente meglio che non lo scoprisse, quantomeno per conservare intatta la sua salute psicofisica.
    Quando ad Haiiro, non dubitava della sua sanità mentale: già da tempo aveva deciso che la lotta per il suo desiderio era giusta. Le parole del suo servant l’avevano irritato, ma non l’avevano smosso. Quindi sedeva bevendo un caffè di cui a stento sentiva il sapore. Il servant al suo fianco lo informava di quanto stava avvenendo.
    «Sento tracce di più servant assieme. In una zona rilevo un certo numero di servant, più di un paio. Da un’altra ho avvertito due presenze, ma si sono allontanate.»
    «Non hanno perso tempo gli altri master… Riesci a riconoscere la loro classe o a distinguerli in qualche modo?»
    «No, mi è impossibile. Ma lo stesso vale per loro.»
    Il viso di Haiiro si piegò in una smorfia. Se avesse potuto distinguerli, avrebbe ricavato informazioni su possibili alleanze.
    «Non stanno combattendo?»
    «No. Non per il momento almeno.»
    «Peccato.» La lotta di due o più servant forniva due vantaggi ai master che non prendevano parte ai combattimenti: indeboliva gli altri partecipanti e dava l’occasione di ricavare informazioni su di essi.
    «Uno dei servant potrebbe essere il Ruler, quindi dovremmo contare sulla sua neutralità. Il problema sono gli altri. Se si creassero delle alleanze noi ne saremmo esclusi e ci potremmo ritrovare a dover lottare contro più di un servant.»
    «È il rischio della guerra.»
    Quell’affermazione così serafica invece di calmarlo lo irritò ancora di più. Lo sapeva. Sapeva dei rischi di quella guerra. Ma anche conoscendoli, non riusciva a stare calmo. Invidiava la serenità del suo servant. E la detestava, perché lo faceva sentire inadeguato come master.
    «Master. Quali conseguenze avrebbe il nostro unirsi a uno dei due fronti?»
    «Nel caso si fosse già stabilita un’alleanza, dovremmo combattere noi soli contro gli altri servant. In caso contrario sarebbe possibile stabilire un contatto, ma come si evolverà è impossibile da dirsi. Combattere potrebbe essere inevitabile. All’opposto si potrebbe creare pure un’alleanza temporanea. Ma simili accordi non sono privi di rischi: c’è sempre la possibilità di tradimenti.
    Inoltre più servant ci sono, più è difficile che si crei un’alleanza univoca. È difficile mettere assieme persone diverse, figuriamoci orgogliosi eroi di epoche differenti. Aumentano anche le probabilità di ritrovarsi in una lotta confusa… sinceramente vorrei evitarlo, almeno all’inizio.»

    «Quali sono invece se rimaniamo qui?»
    «Rimanere esclusi da alleanze e trovarsi in disparità numerica. Non acquisire alcuna informazione sui nemici. In pratica rimanere fermi al blocco di partenza mentre gli altri concorrenti sono già partiti.»
    Si accorse di essersi calmato. Capì che il suo servant gli aveva posto apposta quelle domande per farlo riflettere e schiarire la sua mente. E l’aveva fatto con una discrezione tale da non recargli malumore. Anzi, semmai ne era ammirato.
    «Dunque cosa scegli di fare, master?»
    Si prese qualche secondo per decidere. Non fu tempo buttato via.
    «Rimaniamo qui. Gli altri master possono partire in quarta, ma noi non siamo costretti a stare al loro ritmo. Possiamo anche prendercela con calma. Quindi stiamo qui, teniamo gli occhi aperti e rizziamo le antenne per osservare cosa succede.»
    «Sai che da un momento all’altro, se non oggi domani, potremmo essere costretti a combattere contro uno o più servant?»
    Il tono di voce era freddo come il tocco dell’acciaio sulla carne. Ogni apparenza di gentilezza era svanita. Haiiro prese un profondo respiro. La fronte era imperlata di sudore, ma per la prima volta in quella serata si accorse della fresca brezza che soffiava.
    «Allora combatteremo.»
     
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    Non sembrava dovesse accadere niente fuori dall’ordinario quella sera. Akiko e Leia avevano camminato per diversi isolati, la prima semplicemente girovagando e guardando di tanto in tanto qualche raro passante mentre la seconda scrutava tutto dalla propria forma spirituale, vigilando sulla possibile presenza di altri Servant o Master.
    Akiko doveva ammettere che non erano una brutta coppia, dopotutto. Lei, vestita in maniera piuttosto casual con jeans, scarpe da ginnastica e maglietta blu e rossa, non spiccava troppo quella sera e riusciva a guardarsi intorno senza alcun problema; Leia, di contro, nella sua forma spirituale non si faceva notare per quel suo abbigliamento non proprio contemporaneo e la maschera, potendo vigilare sulla propria Master, tenerle un po’ di compagnia con la sua sola presenza e cercare di percepire altri Servant. Messa da parte la complicità che stavano aumentando in quella loro ricerca, però, tanto nell’aspetto quanto nel carattere non erano poi così simili e più punti del carattere dello Spirito Eroico rimanevano incognite per la maga. Sicura di sé, sembrava avvezza alla tattica e non del tutto estranea alla guerra, mostrando un modo d’essere forte e deciso, di chi aveva già visto altri campi di battaglia; Akiko fino a quel giorno si era sempre vantata di non avere vere e proprie insicurezze, era stata un maschiaccio sin da bambina e la risolutezza nelle proprie convinzioni non le mancava, ma al confronto di Leia si sentiva decisamente più piccola e insicura, e lo dimostrava il fatto di non aver ancora ben capito come si sarebbe dovuta comportare all’incontro con la prima coppia di Master e Servant che avrebbero dovuto affrontare; sapeva, però, che più il tempo passava più quell’incontro si avvicinava.
    «Domani dovremmo pensare anche a comparti dei vestiti» disse d’un tratto Akiko rivolgendosi alla Servant.
    «Non ne vedo l’utilità» rispose la voce di Leia proveniente da un punto indefinito alla destra della Master.
    «Non posso portarti in giro sempre nella tua forma spirituale, mi sembra di parlare da sola, e con quegli abiti di certo non passi inosservata.»
    «Non passerei inosservata neanche con vestiti moderni, ricordi la maschera?»
    Akiko dovette dare ragione a Leia. «E allora come possiamo fare?»
    «Fermati.»
    Al perentorio e inaspettato ordine di Leia, Akiko arrestò il proprio passo davanti la serranda abbassata di un negozio di telefonia. Per strada non sembrava esserci nessuno e Leia riapparì al suo fianco, lo sguardo che non lasciava trasparire alcuna emozione fissato sulle vetrine.
    «Che intenzioni hai?» Akiko le si avvicinò di più per poter seguire la linea dei suoi occhi, puntati su una scatola sulla quale erano raffigurati un paio di auricolari Bluetooth.
    «Questi potrebbero fare al caso nostro» concluse la Servant alzando la mano chiusa a pugno.
    «A-aspetta!» sibilò la maga afferrandole il braccio, pur sapendo che in uno scontro di forza bruta Leia le sarebbe stata sicuramente superiore sia per la differente stazza sia per la sua stessa natura di Spirito Eroico.
    «Hai detto che ti sembrerebbe di parlare da sola, ma con questi potresti fingere di stare al telefono, no?»
    «È vero ma possiamo aspettare anche domani che il negozio sia aperto, non c’è motivo di rubarli!»
    «Tu voltati dall’altra parte, la colpa del furto sarà solo mia.»
    «Ma così io sarei tua complice!» Akiko non riusciva a capire come Leia potesse parlare così facilmente di rubare qualcosa.
    La Servant sospirò. «In tempi di guerra bisogna sapersi arrangiare e prendere quel che si puù, di norma, ma se proprio dobbiamo aspettare fino a…»
    Akiko non si rese subito conto che lo sguardo di Leia si era spostato in un’altra direzione, chiudendo gli occhi sollevata. «Rubare è comunque sbagliato, e qua stiamo parlando di un conflitto tra sette coppie non certo Stati o Popoli come sarai abituata tu.» Senza sapere il Vero Nome della Servant, il suo passato o cosa raccontava la sua leggenda, non poteva parlare in maniera più specifica, però era sempre più convinta che la sua compagna avesse affrontato almeno una guerra nel proprio passato; quale, però, non avrebbe saputo dirlo. «Ma mi stai ascoltando?» chiese poi rendendosi infine di Leia che aveva diretto la propria attenzione altrove.
    La Servant si portò un dito davanti la maschera, in corrispondenza di dove si sarebbero dovute trovare le labbra, come a indicarle di fare silenzio.
    «Ero troppo presa dalle nostre discussioni e non me ne ero accorta, ma sembra che le acque si stiano smuovendo finalmente. Abbiamo almeno tre gruppi diversi di Master e Servant.»
    Akiko si fece più attenta. «Vuoi attaccarli?»
    «Non ancora e non prima di aver stabilito le nostre possibilità di vittoria. Non riesco a distinguere le loro classi, ma un gruppo è piuttosto numeroso, mentre un altro sembra essere composto solo da due coppie.»
    «Sono consentite le alleanze nella Guerra?» chiese dunque Akiko cercando di capire dove i gruppi si trovassero seguendo gli occhi di Leia, ma Akiko non vedeva proprio niente se non i palazzi dall’altro lato della strada. La Servant doveva averli solo percepiti e non visti direttamente.
    «Nella Guerra ci sono poche ma semplici regole, come il non farsi scoprire dagli umani o il non attaccare Ruler, il Servant che amministra e regolamenta la Guerra; nulla vieta di stringere alleanze provvisorie con altre coppie, è pur sempre una strategia di battaglia.»
    «Provvisorie?»
    «Anche se ci si allea, alla fine la coppia che ottiene il Graal e solo una, per questo le alleanze possono essere un’arma a doppio taglio. Forse ti danno un vantaggio contro chi non vuole allearsi, ma il rischio di essere pugnalati alle spalle è alto e la fiducia è difficile da ottenere o dare in simili circostanze.»
    Akiko annuì, capendo cosa Leia volesse dire. In effetti, allearsi con altri Master e Servant poteva essere un rischio sia per la possibilità di affezionarsi troppo all’altra coppia sia per la non remota possibilità di un tradimento per ottenere il Graal. «E del terzo gruppo che mi dici?»
    «L’ho chiamato tale, ma in realtà è solo una coppia. Gli altri però non stanno combattendo, quindi potrebbe esserci qualcuno che sta mascherando la propria presenza anche se in tal modo… Un attimo!» Leia sgranò gli occhi, come colta da una strana consapevolezza. Per la prima volta, comunque, Akiko notò un qualche stupore in lei.
    «Che succede?»
    «Niente, devo essermi sbagliata» concluse rapidamente lei con un tono che non ammetteva repliche, lasciando la Master palesemente perplessa.
    Akiko però non aggiunse altro, cambiando in parte discorso. «Cosa facciamo?»
    «In un gruppo di Servant le possibilità di finire in inferiorità numerica sono troppo alte, e va calcolata anche l’ipotesi di arrivare e ritrovarsi nel fuoco incrociato di una battaglia; le due coppie non sappiamo che intenzioni abbiano, possono volersi alleare o combattere, e i rischi sono gli stessi che ho detto poco fa. La scelta più logica sembra scontata, dunque, no?»
    Akiko annuì. «E cosa dovremmo fare, poi?»
    «Lasciamo che siano gli eventi a deciderlo, ma credo che conoscere il proprio nemico sia essenziale ora.» Leia le porse una mano. «Se dovremmo combattere, combatteremo; se dovremmo fuggire, fuggiremo; intanto, andiamo a conoscere uno dei nostri avversari e vediamo che tipi sono Master e Servant»

    Per un attimo il vuoto allo stomaco le aveva fatto perdere i sensi e quando riaprì gli occhi urlare venne naturale alla maga nell’osservare il vuoto sotto i propri piedi e l’asfalto avvicinarsi sempre di più, finché l’impatto con la terra non parve inevitabile. Smise nuovamente di guardare, preparando all’impatto che… Non arrivò come si aspettava.
    Sentendosi improvvisamente tirare per collottola della maglia, i piedi si adagiarono dolcemente sull’asfalto senza produrre quasi alcun suono. Tornata a guardare, Akiko non si rese subito conto di dove si trovava e si voltò di scatto verso la sua Servant. «La prossima volta potresti anche avvertire! Credevo di morire!» le inveì contro urlando.
    Leia incrociò le braccia. «Se tu non ti fossi agitata dopo il salto non saresti caduta.» Il tono di voce era derisorio, come si stesse prendendo gioco di Akiko.
    «Quando hai detto che dovevamo muoverci rapidamente certo non mi aspettavo il dover da un teto all’altro! Chiunque si sarebbe agitato!»
    «Non mi dire che soffri di vertigini.» La Servant sembrava stare per ridere.
    Akiko arrossì. «Non soffro di vertigini! Solo non mi aspettavo di saltare così in alto e…»
    «E hai avuto talmente tanta paura che prima ti sei dimenata come una neonata e poi quando sei caduta per il tuo dimenarti hai anche perso i sensi per lo spavento, l’ho notato.»
    Ormai Akiko era diventata più rossa di un pomodoro maturo. Non disse altro, voltandosi di scatto e camminando a passo sostenuto, continuando a “tenere il broncio” per tutta quella situazione, ma si arrestò immediatamente notando come Leia non la stesse seguendo.
    «Comunque siano andate le cose, abbiamo raggiunto la nostra destinazione» sentenziò Leia, raggiungendo infine la Master. Entrambe stavano guardando nella stessa direzione, l’ingresso di un bar ancora aperto con alcuni tavoli all’esterno dove stava seduto un ragazzo con un auricolare all’orecchio e un caffè davanti.
    Akiko avrebbe voluto chiedere a Leia come doveva comportarsi, ma non voleva neanche mostrarsi insicura dinnanzi a qualcuno che poteva essere un nemico pronto ad attaccarle all’istante, quindi non parlò. Il rossore, però, anziché diminuire per la scoperta del Master, non fece altro che aumentare sulle guance di Akiko poiché tutta la scenetta di poco prima era avvenuta proprio davanti ai suoi occhi.
    «Bene, la prima figuraccia di questa Guerra è mia dunque» sussurrò avvilita.
    «Buonasera, ti dispiace se prendiamo un caffè con te?» esordì invece Leia con sicurezza, avvicinandosi al Master.
    Akiko si chiese dove fosse il suo Servant, sentendosi quasi come se avesse un bersaglio dipinto dietro la schiena.

    Arrivo un po' burrascoso (?) da Tab e il suo Servant XD
     
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    Nell'incessante trascorrere delle ore anche la sera era giunta portando con sé l’atmosfera giusta per un agguato. Una preoccupazione molto strana che poteva in quel momento provare solo chi si trovava in una situazione già di per sé rischiosa, magari per qualche ruolo particolare che ricopriva, o qualche evento in cui stava prendendo parte.
    Un ragazzo dai lunghi capelli biondi sollevava la testa verso il cielo e la scuoteva lentamente per la delusione.
    « Ci sarà anche più luce, ma per averla abbiamo barattato i lumi che ci guidavano dal cielo. »
    « Secondo te perché preferisco casa mia? Da lì ho nel cielo tutte le sole luci che mi servono. »
    A rispondergli era stato un altro ragazzo, questo dai capelli neri e lo sconcerto sul volto perché il suo servant gli stava diventando tutto d’un tratto sentimentale.
    « Se avessi voluto guardare le stelle sarei rimasto lì e di certo non l’avrei fatto con te, non ti pare? »
    « Quindi tu il cielo lo guardi. »
    « Ogni sera, anche quando non si vede niente. »
    « Mi addolora pensare alla moltitudine che trascorre la propria vita guardandosi i piedi. »
    « Nell’oblivione dell’infinito che la sovrasta. »
    Sorpresi per le parole che avevano iniziato a fluire, i due si guardarono e scoppiarono a ridere attirando l’attenzione dei passanti.
    « Forza Master, ricordati perché siamo qui. »
    « E secondo te lo dimentico? Questa è la serata del nostro debutto. »
    « Diciamo anche notte, vista l’ora. »
    « Un’altra battuta così e come ti ho dato l’orologio così te lo tolgo. »
    I due, in completo sprezzo del pericolo, della cautela che ogni fibra del loro essere avrebbe dovuto consigliare, del buonsenso che avrebbero dovuto già aver sviluppato alla loro età, si trovavano in città per dedicarsi ad una attività ricreativa di grande nobiltà: andare per locali ad abbordare ragazze.
    « Ma Master, hai l’età per entrarci? »
    « Ho l’età di Schrödinger »
    « Finché non la dici puoi sia averla che non averla? »
    « A voi servant vi fanno intelligenti, vedo. »
    Entrambi ben agghindati e vestiti, facendo sfoggio anche eccessivo, al limite dell’esibizionismo, e non limite inferiore, della loro eleganza, erano ben più che disposti a cercare di attirare il giusto tipo di attenzione e far si che la serata – notte, per evitare al biondo di correggerci – potesse prendere la giusta piega, ossia quella che li avrebbe portati a guadagnarsi la compagnia femminile che cercavano e magari ottenere anche quel qualcosa di più, obiettivo che in un ipotetico sondaggio di preferenze su ciò che si desidererebbe ottenere dopo il primo incontro raggiungerebbe con grande semplicità la prima posizione e la consoliderebbe con un distacco enorme sul secondo posto.
    E che questo sproloqui sia sufficiente a rendere l’idea di che razza di caos stesse affollando la loro testa, un misto di anticipazione, desiderio, idealizzazione, fancazzismo e scarsa lucidità semi poetica ed artistica, uno stato raggiungibile o essendo loro oppure ricorrendo allo stratagemma della chiave. Se solo qualcuno avesse avuto l’intuizione di piazzarli davanti ad una tela.
    Camminando senza fretta per le strade, cercando di decidere la propria meta in base all'ispirazione del momento, ebbero modo di sentire fin troppe cose strane.
    « Servant. »
    « Non siamo stati gli unici ad uscire questa sera. »
    « Sono in gruppo e non ci sono campi magici, questo li rende più facili da individuare. »
    « E noi andremo per un’altra strada. »
    Un incontro tra servant, prima dell’inizio della guerra, senza che nessuno avesse ancora dato il via alle ostilità. Quindi quello era un incontro pacifico che mirava a restare pacifico, fare la prima mossa dopotutto poteva essere un rischio che in pochi volevano correre: in caso di vicinanza di altri servant, o peggio presenza dei famigli di altri master, i servant che combattevano per primi erano anche quelli che avrebbero fornito maggiori informazioni su di sé, sulle proprie caratteristiche e, nel caso avessero usato il proprio Noble Phantasm, anche indizi sulla propria identità e quindi una base sulla quale un master esperto avrebbe potuto formulare una strategia adeguata alla neutralizzazione del servant. E se avessero fatto alleanze? Avrebbero significato che avevano fatto tardi e si sarebbero dovuti nascondere fino alla fine dei tempi.
    Entrambi fecero spallucce e continuarono per la loro strada, facendo tanta strada, anche un po’ casualmente, fino a percepire altre presenze nei pressi di un bar. Altro momento di riflessione sul da farsi. Si erano imbattuti in troppa gente “interessante”, dovevano mantenere un basso profilo, magari il servant sarebbe dovuto passare in forma spirituale per cercare di nascondersi meglio. La cosa certa era che non si sarebbero avvicinati a nessuno per il momento, ma sarebbero rimasti abbastanza vicini a quel locale dove si stava tenendo la seconda riunione, così per scrupolo, per assicurarsi di riuscire ad avere le spalle coperte nel caso la situazione fosse degenerata. Queste motivazioni ebbero un forte ruolo di giustificazione per quel che stavano per fare: approcciare due ragazze che li stavano guardando con grande insistenza.
    Forse avrebbero avuto un gran bisogno di rivedere le loro priorità.
     
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    Komiko sapeva che esporsi a quel modo non era certo privo di pericoli, ma in quanto Ruler non poteva permettersi di rimanere nascosta troppo a lungo dato che il suo compito principale era vegliare sul buon esito di quella guerra, così come il dover fare da garante al rispetto delle regole. E poi quella cenere nera l'aveva inquietata parecchio - era tutt'altro che un buon segno, quello era certo. Ma ancora non era riuscita a determinare se si trattasse di qualche strana creatura, una sorta di essere in grado di muoversi nel tempo e che aveva raggiunto la loro dimensione, oppure solamente un simbolo di sfortuna. Per quanto credesse nelle energie buone e malvagie e nella necessità di avere sempre un bilancio perfetto fra le due, questa volta le era sembrata una cosa piuttosto diversa. Quella fonte di energia era riuscita addirittura a passare attraverso la sua barriera e ad uscire indisturbata. Il che voleva dire che nemmeno il tempio era un posto sicuro. La vera domanda rimaneva, però, un'altra: che cosa cercava quell'ipotetica presenza? "Se avesse voluto impossessarsi del tempio o della mia energia, o anche delle magie di comando, avrebbe per lo meno dovuto provare ad attaccarmi", disse mentre guardava il cielo dalla cima dell'edificio. "A quanto pare c'è parecchio movimento in città questa sera" aggiunse con un sorriso: i Servant avevano iniziato a muoversi. E alcuni sembravano diretti verso la sua posizione. In effetti, non c'era da stupirsi.
    Dopo qualche istante, infatti, uno di loro apparve sul tetto dell'edificio: il suo aspetto poco rassicurante quanto peculiare. "Benvenuto, sei il primo che si presenta qui, anche se altri e altre stanno arrivando" fu la risposta di Komiko, che si mosse di qualche passo verso di lui. "Tu devi essere ****, e non penso sia necessario commentare la tua classe" aggiunse ancora, sfruttando il potere del True Name Discernment - cosa che, con la piena consapevolezza di Komiko, rivelò la sua classe - "io sono Komiko, la Ruler prescelta per questa guerra".

    Scambiati i primi convenevoli, e mentre Komiko stava cercando di valutare se il nuovo arrivato avesse intenzioni amichevoli o no, un'altra servant si aggiunse alla riunione: il suo aspetto era a dir poco incantevole! Komiko rivolse uno sguardo a quella che doveva essere la sua master, rispondendo alla sua affermazione: "Io non ho bisogno di alcun master, come la tua Servant sa perfettamente: come ho appena finito di dire, io sono Ruler. Ma sì, possiamo anche dire che esistono Servant e Master codardi, se proprio vogliamo metterla su questo piano". La sua autorevolezza era fin troppo esplicita, nonostante il tono di voce gentile e pacato. "Ma credo sia meglio aspettare ancora un secondo prima di iniziare la conversazione, come potete vedere". Un altro Servant era comparso sulla scena, e Komiko ripeté nuovamente la sua presentazione (anche se stava iniziando a stancarsi di riferire il suo nome). Per il momento, però, non c'erano altre presenze in quell'edificio. Proprio mentre si rivolgeva all'ultimo arrivato, due foglietti di carta li avevano raggiunti in cima al tetto e si erano messi a svolazzare intorno a Komiko: qualche istante dopo, si trasformarono in due Miko, vestite allo stesso modo del Ruler ma dotate di un arco a testa. "Lady Komiko siamo arrivate appena abbiamo sentito la presenza di questi individui!" Dissero le due nuove sacerdotesse all'unisono, come se parlassero come un'unica persona. Komiko sorrise alla loro preoccupazione, per tranquillizzarle. Una leggera brezza si era appena sollevata, facendo muovere nell'aria il kimono indossato dalla donna.
    "Bene, se mi avete raggiunta penso sia per pormi delle domande o parlare direttamente con me: vi ascolto molto volentieri" aggiunse infine. Nonostante non fossero servant, le due sacerdotesse dietro di lei tenevano gli occhi puntati su tutti i presenti, con gli archi pronti a scattare e una freccia già incoccata ciascuna. Sicuramente erano solo presenze spirituali, ma sembravano guerriere discretamente capaci e attente a proteggere la loro padrona. Quest'ultima, del resto, sembrava in apparenza non temere nulla dai Servant che aveva di fronte - essere la Ruler della nuova guerra non era certo sinonimo di onnipotenza o di presunzione, soprattutto nel caso di Komiko. Era in ascolto, ma ciò non significava che non fosse pronta a un eventuale scontro diretto.
     
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    Mentre un gruppo di forti energie si raggruppava a qualche decina di metri sopra le loro teste, Enma e il suo Servant avevano approcciato altre due persone dalle quali promanava la stessa energia, e queste avevano risposto. Erano due uomini abbastanza normali, un ragazzo bruno approssimativamente della stessa età di Enma e un uomo molto più grande e grosso che avrebbe potuto essere suo nonno vista la barba e il colore dei capelli.
    Avrebbero potuto essere due persone qualsiasi, e non avrebbero destato il sospetto di nessuno - se non forse per l'affanno provato dal Master nel mantenere in forma fisica il suo guerriero così a lungo -, ma si tradirono con l'energia che emanavano. Come lei stessa aveva sottolineato, la sua percezione lasciava molto a desiderare; c'era solo da sperare che avesse avvertito il mana nella direzione giusta.
    "Mi piace la tua intraprendenza, Ermenegilda. Direi di recarci in periferia per non attirare attenzioni indiscrete...", rispose l'anziano, dimostrando una spiccata forza d'animo e di spirito, probabilmente possedeva la skill Charisma. Una risposta simile non potè che rincuorare Enma, che già si immaginava uno scenario in cui quei due erano davvero “nonno e nipote” e il Servant che aveva captato lei gli piombava alle spalle mettendo fine ai loro sogni di gloria.
    L'altro master, che adottò una strategia differente da quella dei nostri, era in piena vista e sembrava piuttosto turbato dalle parole dell'uomo al suo fianco. Forse anche lui faticava a tenere a bada uno spirito eroico così importante, e al pensiero di non essere l'unico Enma ne fu rincuorato. Il suo Servant, d'altro canto, non aspettandosi un nomignolo simile, inclinò la testa da un lato, gemendo sommessamente con fare interrogativo. “Uuuugh...?”.
    Non ti preoccupare, so il fatto mio. Affidati al mio istinto e vinceremo questa guerra ad occhi chiusi!”. Ancora una volta il vecchio sembrò fin troppo arzillo, doveva essere davvero sicuro delle proprie capacità per dire qualcosa del genere in un momento dove qualsiasi parola poteva far partire uno scontro mortale.
    Lasciarono che li portassero loro in un luogo riparato dalle persone comuni, così da far sembrare meno sospetto il nostro incontro con loro - se li avessero guidati loro avrebbero potuto pensare che si trattasse di una trappola, quando in quel momento sarebbe stato più saggio studiare gli altri partecipanti piuttosto che attaccare alla cieca -, e arrivarono in una zona di confine dove il caos e la frenesia della città incontrano la quiete del bosco. Erano luoghi che la gente frequentava poco, soprattutto in una notte come quella in cui l'ambiente cittadino offriva stimoli ben più appaganti della zona boschiva. Enma li seguii da molto lontano, facendo bene attenzione a non farsi scorgere, e rimase dentro alla zona della città dando solo uno sguardo alla piazzetta selvaggia; a rimandargli le sensazioni e le loro parole ci avrebbe pensato il suo collegamento con la ragazza.
    Allora! Quali sono le tue ultime parole? Naaah, scherzo! - Ma neanche troppo... - Quali sono le tue intenzioni, Esmeralda?”.
    La ragazza inclinò ancora la testa da un lato, e con la stessa vacua espressione interrogativa emise un verso simile al precedente. “Uuuuh... Esmeralda...?”. Era visibilmente a disagio in quel momento, tremava tutta corpo e animo, ma Enma sorvolò su questo dettaglio senza soffermarsi a capire dove stesse il problema.
    Su, su, non indugiare; sta solo cercando di confonderti. È la nostra occasione per raccogliere informazioni e forse anche stringere un'alleanza, o per lo meno un patto di non aggressione. Proponigli un dialogo.
    Il Servant farfugliò qualche verso, le labbra erano l'unica cosa visibile sotto la cascata di capelli ora che aveva la testa protesa in avanti, ma da esse uscivano solo frasi sconnesse, talvolta incomprensibili e altre volte di senso appena percettibile. I due ragazzi avrebbero capito - forse, e comunque non senza difficoltà - che stava cercando di porgergli domande su di loro, sul fatto che partecipassero alla Guerra del Graal e se volessero fare una tregua a momentanea con lei e il suo Master: loro non li avrebbero attaccati, e in cambio nemmeno “nonno e nipote” avrebbero dovuto farlo, inoltre in caso di necessità poter contare su un'altra forza per evitare di perdere immediatamente il diritto alla Coppa poteva tornare comodo ad entrambi. Un patto tra maghi va rispettato fino alla fine, e la tregua era in ogni caso destinata a sciogliersi ad un certo punto, in quel tempo però contava che avrebbero entrambi tenuto fede alla promessa, se ve ne fosse stata una.
    Ah, no. Non dovevi fargli domande così superflue, non serviva... mi pare ovvio che siano uno un mago e l'altro un eroe da molto lontano... va bene, non importa. Cerca di concentrarti ora.
    Lasciarono ora che parlassero i due, ascoltando le loro risposte, ma ancora una volta Enma non potè non notare la distrazione nella mente del suo famiglio visto il collegamento psichico che avevano instaurato.
    Ehi? Tutto bene? Non abbassare la guardia davanti al nemico, nemmeno se stai negoziando!
    Uuuuh.. M-master...”, pensò lei, ma il pensiero si tradusse senza che lo volesse in sussurri sommessi, in risposta ad Enma.
    Prima non ti comportavi così, che succede?
    Mentre “nonno e nipote” gli rispondevano, Enma poteva sentire il suo Servant volgere lo sguardo verso di lui. Aveva ricominciato ad ansimare, le era venuto il fiato corto ed era diventata talmente calda che i suoi respiri si dissolvevano nell'aria in nuvolette. Per un attimo temette che lo stesse per fare scoprire, ma poi si accorse che stava solo “guardando” verso la sua direzione, mentre il suo sguardo si era posato su altro: all'estremo limite della città una coppia di fidanzati aveva deciso la notte sbagliata per mettersi a pomiciare. Allora Enma si accorse da dove proveniva la sensazione di disagio che sentiva in lei, e capì che non si trattava affatto di disagio.
    Lui era appoggiato con la schiena alla portiera della loro macchina rossa, lei gli stava addosso premendogli il seno sul suo petto, lui l'abbracciava e con le mani le accarezzava la schiena mentre le loro labbra si incontravano. Le mani di lui si spostavano lungo la sua schiena come serpi e strisciarono piano fino ai suoi glutei, dove si fermarono per prenderli con forza. A questo il Servant evocato da Enma non riuscì a resistere: già li stava guardando con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca, e un'immagine colpì la mente di Enma così forte che la potè vedere e sentire come l'avesse descritta lui. “Quei glutei così sodi... quel corpicino così minuto... quelle gambe... le voglio, voglio tutto, è bella! È una donna bellissima!”.
    Quando si accorse che quelle non erano solo parole descrittive di un'immagine, ma lo stato d'animo della creatura cui era collegato, era ormai troppo tardi e gli gelò il sangue nelle vene il modo con cui lei si leccava le labbra mentre si avvicinava con passo incerto verso la coppia, barcollando ma mai fermandosi, il desiderio più vivo che mai.
    No, no no no! Che cosa fai!? Se ti avvicini a quella coppia salta tutto, e loro saranno costretti a intervenire per fermarti!
    Master... la voglio... è così bella, l'hai vista? La voglio per me, voglio essere anche io come lei, voglio quel corpo!
    Prima che potesse balzargli addosso, Enma si ritrovò costretto a intervenire: uscì dal proprio nascondiglio e si parò davanti a lei. Recitò una formula di ammonimento e riuscì a tenerla ferma qualche secondo, il tempo necessario a distoglierle lo sguardo dai due giovani e ricordarle che gli sarebbe bastato utilizzare una magia di comando per fermarla, ma che ciò li avrebbe messi in un grosso svantaggio nei confronti delle altre squadre fin da subito.
    Ci siamo intesi?
    ... sì, Master..., rispose lei, abbassando lo sguardo ma mostrando di nuovo la luce della ragione negli occhi. Nel frattempo, con somma gioia e sommo gaudio di Enma, i due ragazzi avevano deciso che era il momento di ritirarsi in luoghi più intimi.
    Si schiarì la voce, posò una mano sul capo del suo Servant sussurrandole le parole che voleva sentirsi dire, e ai due con cui fino ad allora aveva parlato tramite lei rivolse un inchino un po' seccato. È un piacere fare la vostra conoscenza. Io sono il Master di questa qua, e volevo porgervi le mie scuse per la scena a cui avete appena assistito.. Si rialzò in piedi, constatando per l'ennesima volta che non sarebbe stata affatto una passeggiata andare in guerra con un compagno come lei, e continuò a parlare, questa volta prendendo lui stesso le redini della discussione. Come, spero, avrete intuito vi stiamo offrendo di collaborare con noi, una tregua momentanea per assicurarci di non essere eccessivamente colpiti all'inizio della guerra. Vi offriamo una sorta di alleanza: noi non attacchiamo voi e voi non attaccate noi; se avete bisogno di supporto non esiteremo a concedervelo, a patto che siate disposti a riservarci lo stesso trattamento. In questo modo avremo un avversario in meno e un compagno in più, un'ottima economia di guerra direi; ciò significa che per un po' dovremo preoccuparci di un numero inferiore di nemici, fino a che non saremo rimasti in pochi.
    Si avvicinò lentamente a loro, tenendoli ben d'occhio e fermandosi comunque ad una distanza di sicurezza, per entrambe le squadre.
    Tutti e quattro abbiamo un motivo per desiderare quella Coppa, o non saremmo qui. Siete tra i primi partecipanti che abbiamo incontrato e mi sembrate un buon gruppo con cui fare squadra. Se ci alleiamo, anche con un semplice patto di non aggressione, avremo tutti più possibilità di ritrovarci fra gli ultimi sfidanti, che ne dite?
    Naturalmente il suo Servant era appena dietro di lui, pronta a difenderlo in caso di un attacco, ma sotto ordine di Enma non dimostrava alcun intento di uccidere. Non erano lì per questo, e voleva che almeno le transazioni fluissero senza problemi.
     
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    Come poteva immaginare, le Skill fornitele dalla classe le fornivano tutto quello che c'era da sapere su di lui, niente di nuovo da quel punto di vista.
    Io sono Komiko, la Ruler prescelta per questa guerra
    Non serviva il nome per capire che era uno spirito di origine giapponese, soprattutto visto che li conosceva dal tempo in cui era in vita.
    Fece per presentarsi, una questione più di educazione più che di necessità, visto che sapeva già tutto di lui, ma venne interrotto dall'arrivo di altri Servant e Master, proprio come aveva detto lei.
    Ah, scheisse, e io che speravo in una conversazione pacifica...
    La ragazza Servant fu la prima a proferire parola e, ragazzi, che caratteraccio!
    Dev’essere comodo per i vostri Master non presentarsi a questa piccola riunione amichevole.
    Un vero leader guida chi lo segue e chi gli è fedele.
    Quindi deduco che o siete Servant infedeli, oppure che i vostri Master siano dei codardi. Non so quale delle due opzioni mi disgusti di più

    Hitler, ancora senza voltarsi, alzò lo sguardo annoiato, poi si voltò verso le due, mostrandosi molto apertamente per chi era.
    Guter abend anche a te, mein fräulein.
    Un sorriso da schiaffi gli si dipinse sotto i baffi.
    Lascia che ti spieghi brevemente il funzionamento di una "guerra" come questa.
    Lui non la vedeva come una guerra, appunto lo fece sentire pronunciando la parola quasi con disgusto.
    Dei leader come i nostri, prima di sapere con cosa hanno a che fare, sarebbe meglio restassero al sicuro finché possibile, visto che proprio in questo momento potrei far esplodere il cranio della tua dolce Master da almeno cinque direzioni diverse prima che tu possa fare qualcosa, ma come dimostra l'integrità della sua preziosa testolina, io sono qui con intenzioni pacifiche, come potrà anche confermare la qui presente Ruler.
    La indicò con un gesto della mano.
    Per quanto riguarda il mio livello di esperienza con la leadership, tu stai parlando con il Führer, Adolf Hitler, dunque ti prego di tenere le tue sciocchezze su "leadership qui" e "leadership lì" per chi ne ha bisogno, fräulein.
    Si sistemò la cravatta, portò le mani dietro la schiena e alzò lo sguardo, giusto per lasciare intuire chi tra i due stesse più in alto.
    Fece per voltarsi verso la Ruler, ma gli venne in mente un ultimo avvertimento.
    Ah, quasi dimenticavo. Un leader sa quando combattere e quando non farlo, di conseguenza voglio sperare che tu sappia cosa comporterebbe un combattimento tra noi due; piccolo indizio, io non devo proteggere nessuno.
    Quando fu la sua Master a prendere la parola, quasi si sentì in colpa per averla usata come esempio in quel modo.
    Spero mi perdonerai per averti usata come esempio in un modo tanto cruento, ma la maleducazione della tua Servant mi ha fatto un po' storcere il naso, spero che questo non ci impedisca di passare una splendida serata tutti insieme.
    Ancora una volta, il suo sorriso voleva essere amichevole, ma dietro c'era un male e una crudeltà degni della sua fama.
    Fu appena dopo le sue scuse che arrivarono gli altri due ospiti, questa volta una ragazza e un uomo.
    Salutò per prima cosa la Ruler, cosa normale, poi si voltò verso gli altri.
    Buonasera a voi, Master e Servant. Non sono in cerca di guai, così come la mia master. So che vorreste vedere il mio volto, ma per il momento gradirei tenerlo nascosto. Se vi fa piacere, mi piacerebbe poter interloquire anche con voi. Immagino che anche voi siate qui da Ruler per poterle parlare, giusto?
    Finalmente una persona ragionevole, erano rare tra i Servant.
    Hai ragione, ragazzo. Almeno io posso confermare di essere qui per scopi pacifici.
    Fece un cenno di assenso con il capo, soprattutto alle due servitrici della Ruler appena arrivate.
    Quanto può essere facile pensare male di noi Servant, mi chiedo?
    Ora che erano finalmente tutti presenti, Hitler prese l'iniziativa e, dopo le parole di Komiko, decise di presentarsi in maniera formale.
    Primo arrivato, primo a presentarsi, come è giusto che sia. Sono il Führer Adolf Hitler, evocato in questa guerra del Graal per farlo mio.


    Edited by CellO_o - 3/9/2019, 00:22
     
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