[CONCLUSA] Rincontro, tra memorie passate e rimorsi presenti

Solitaria

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    Immagini sfocate, indistinte, confuse. Incubi che si ammassano nella sua mente cercando di dilaniarne l'animo. Cerca di scappare, vuole svegliarsi, perché ha paura di quei sogni, ma ancora di più ha paura di ciò che potrebbe succedere nella realtà a causa sua.


    Si sveglia. È a letto, sudato, il cuore che gli batte all’impazzata.
    Respira affannosamente, cercando di tornare alla realtà. Tutto sembra alieno.

    Hai fatto un brutto sogno, Haiiro?

    Si gira. La porta della stanza è aperta, in controluce appare una figura.
    Chi è? Non può vederla per la luce, ma la sua voce suona famigliare.

    Si avvicina, lentamente, con movimenti aggraziati.

    Stai bene?

    Ora riesce a vederla. Ora può riconoscerla. Sono passati tre anni, ma non può dimenticarla.

    Sei tu…?

    Lei sorrise, si siede sul suo letto. Capelli neri e fluenti le sfiorano le spalle, limpidi occhi verdi lo osservano preoccupati.
    Una mano si posa sulla sua rincuorandolo. Haiiro sente il profumo della sua pelle.

    È tutto a posto, ora ci sono io con te.

    Gli sfiora la guancia con le dita e avvicina il viso al suo. Haiiro ne sente il respiro. È allora che capisce.

    Muove la sua bocca in avanti e la porta a fianco della guancia di lei. Le sussurra piano all'orecchio: Sparisci.


    È solo ora, in mezzo ad un enorme spiazzo scuro. Indossa la divisa della scuola Hakoniwa.

    Te ne sei accorto presto, eh? Che lei era solo un sogno…

    Una voce dietro di lui, una sagoma alle sue spalle. Un volto famigliare.

    Se qualcuno possiede un’abilità come la mia, deve imparare presto a distinguere cosa è sogno e cosa non lo è, senpai.

    Sarà, ma se fossi stato in te, avrei cercato di godermelo più a lungo quel sogno.
    Fa una piccola pausa, durante la quale assume un’espressione fintamente perplessa.
    Certo, considerando che quella era tua sorella posso comprendere che…

    Non è mia sorella, è *tua* sorella.

    Sì, ma tu sei il nostro *fratellino* che abbiamo salvato tre anni fa, quindi è come se fossimo una famiglia, quindi quello di prima è puro e semplice inces…

    Senpai, questo era un sogno serio, prima che tu comparissi.

    Il problema è che tu sei una persona troppo seria, caro il mio fratellino…

    Haiiro sospira. Neanche in sogno è cambiato di una virgola, sempre a fare battute ben oltre il limite del cattivo gusto.

    Stai pensando che non sono minimamente cambiato, vero?

    Cos…?

    Questo è un sogno, è il minimo che io sappia cosa stai pensando. Quindi, più di dire che non sono cambiato, sarebbe corretto dire che nella tua mente io non sono cambiato.



    Hai forse paura Haiiro?
    Il tono ora è serio, completamente diverso da poco fa.
    Paura di incontrare me e mia sorella e di scoprire che non siamo più quelli di tre anni fa? Paura di scoprire che il tuo sogno di tornare a vivere tutti e tre assieme è ormai solo una pura illusione?

    L’immagine, il sogno che lui stesso ha creato, seppur inconsciamente, sogghigna.

    Haiiro prende un respiro, chiude gli occhi un attimo, riflette. E poi risponde.

    Io… io ho paura di molte cose: di non riuscire a controllare il mio potere, di danneggiare le persone a me vicine, di essere un peso per gli altri, di comportarmi da stupido, di sbagliare e di molto altro ancora.

    Ma, tra tutte queste paure, non c’è quella che voi siate cambiati. No, io non ho paura che voi siate cambiati. Ciò che mi spaventa veramente è che io non sia cambiato, che non sia diventato in grado di stare insieme a voi.
    Questa è la mia più grande paura.


    Allunga la mano verso la figura, come se volesse afferrarla. Sente il controllo che ha sopra il sogno e chiude la mano a pugno.
    La figura si dissolve in tanti piccoli pezzi bianchi, simili a fiocchi di neve. Prima che scompaia Haiiro vede disegnato sul suo volto un sorriso triste.



    Si sveglia, stavolta sul serio.

    È solo un sogno.
    Subito dopo averlo pensato, sorride, un sorriso amaro.
    Sarebbe bello se una simile frase si potesse applicare a me.

    Accende la luce della camera e si guarda attorno, controllando se qualcosa è cambiato, ma tutto è al suo posto. Sospira di sollievo, sembra che il suo sogno non abbia affetto la realtà.
    La sveglia sul comodino segna le 5.43. Haiiro sa che per quella notte non dormirà più.

    Si veste ed esce, dirigendosi fuori dal complesso scolastico. Quel giorno, dopo molto tempo, finalmente avrebbe rincontrato quei due.
     
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    Nei tre anni di vita solitaria e disordinata che aveva passato, Haiiro aveva preso una serie di abitudine e misure da adottare una volta giunto in un nuovo posto. Una delle prime consisteva nell’informarsi su tutti i caffè e i locali presenti nelle vicinanze e neanche adesso che era arrivato all’Hakoniwa l’aveva cambiata (e poi doveva pur verificare se davvero il maid caffè preparava “il miglior caffè della zona”).
    Tra i vari locali, uno in particolare aveva attirato la sua intenzione: si chiamava “La casa dei pupazzi” ed era dedicato ai bambini più piccoli. Haiiro stava già per buttare via il dépliant, quando una frase attirò la sua attenzione. Parlava di giocattoli e pupazzi “così veri da sembrare vivi”; appena l’aveva letto aveva pensato a *lui*. Certo, poteva essere solo una casualità, ma voleva controllare di persona.

    Ora si trovava là, di fronte a quel locale.
    Le luci erano ancora spente, cosa normale vista l’ora, e fuori c’era una statua in peluche a forma di orso alto circa un metro e mezzo recante un insegna con scritto “Benvenuti”.
    Haiiro si avvicinò per vedere l’orario di apertura. Apriva alle 7.00, mentre adesso erano le 6.36. Pur prendendosela comoda, aveva ancora quasi mezz’ora da aspettare.

    Pazienza, mi farò una passeggiata nel frattempo…
    Stava già per avviarsi quando qualcosa gli toccò la spalla. Si girò di scatto, ma l’unica cosa che vide fu il pupazzo, immobile nella stessa posizione di prima. Per Haiiro era abbastanza.

    Sei stato tu, vero? Guarda che lo so, conosco l’anormalità del tuo creatore.
    Sono… un suo vecchio amico,
    – mai e poi mai si sarebbe qualificato come “il suo fratellino” – sono venuto qui per rivederlo.

    Aspettò un movimento in risposta, ma quello restò completamente immobile. Si stava chiedendo se si era sbagliato quando…

    Benvenuti!

    … una voce metallica lo fece sobbalzare di nuovo. Era stato senza dubbio il peluche, ma quella voce sembrava registrata e poteva anche dipendere da un dispositivo elettronico. Oppure c’era davvero in mezzo l’anormalità di quella persona e il pupazzo condivideva la sua stessa personalità? Quasi quasi avrebbe preferito la prima…

    Cosa devo fare? Parlarci di nuovo probabilmente non servirà a molto e non vorrei che qualcuno mi vedesse, potrebbe fraintendere… In effetti la figura di uno studente delle superiori che parla con un pupazzo normalmente non denota una gran sanità mentale…

    Stava così pensando, quando una mano si posò sulla sua spalla. Per la terza volta nel giro di pochi minuti, Haiiro sussultò sorpreso.

    Ehilà!

    Alle sue spalle, un ragazzo di poco più grande di lui gli sorrideva spensierato.

    S-senpai?

    È tanto che non ci vediamo, fratellino.
     
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    Tre anni fa.
    Erano passati alcuni giorni da quando Haiiro era scappato di casa. Non aveva un posto dove stare e i soldi presi prima della fuga erano quasi finiti. Da diversi giorni non dormiva e si sentiva sul punto di crollare.
    Ma, soprattutto, era divorato dalla paura. Paura di essere ricatturato, paura di essere notato dalle altre persone, paura di finire i soldi con cui mangiare, paura di morire sul ciglio della strada e, più di tutte le altre, paura di scatenare nuovamente i suoi poteri.

    E così giaceva là, presso i resti di una stazione abbandonata, senza sapere cosa fare e senza avere le forze per reagire.
    A tirarlo fuori da questa situazione, fu lui.

    Oh, ma allora era vero quello che mi aveva detto! C’è davvero un ragazzo che vive qui tutto solo!

    Forse aveva chiuso gli occhi per un attimo o forse era a causa del suo stato di tracollo nervoso, in ogni caso Haiiro non si era minimamente accorto dell’arrivo di un’altra persona.

    Chi… chi sei?!
    Di scatto si alzò in piedi, prendendo le distanze dall’intruso.

    Buono, buono, non ti voglio far male!
    Per sottolineare la sua frase alzò le mani mostrando i palmi vuoti.

    Tu… vattene via! Vattene, non puoi stare insieme a me!
    E perché? Ti da forse fastidio la mia presenza? Il suo tono di voce, in netto contrasto con la situazione, era piuttosto normale.

    Non… non sei tu il problema. Sono io… il problema sono io…
    Non richieste, lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi di Haiiro.
    Io… sono io che ho qualcosa che non va… io sono una persona terribile…

    Di fronte a quella confessione da parte di un ragazzino di prima media, il nuovo venuto sorrise: non un sorriso di derisione, né di arrogante indulgenza, ma un sorriso di piena comprensione.

    In questo caso, tu sei come me.
    Cosa…?
    Guarda.

    Mise la mano in tasca e ne tirò fuori un giocattolo di legno, poi ci soffiò sopra. In quel momento il giocattolo si mise a muovere, agitando braccia e gambe con le giunture di legno che sbatacchiavano.

    Buono, buono, non devi agitarti tanto. Subito il giocattolo si calmò.
    Ma che…? Haiiro aveva assistito al tutto a bocca aperta.
    Visto? Anch’io posso fare cose che per le altre persone sono impossibili. Quelli come me e te, sono chiamati “anormali”.

    Haiiro rimase ancora lì a fissarlo con gli occhi sgranati per qualche istante, prima di scuotere la testa.
    È diverso. Il mio potere non è come il tuo… È un potere terribile che può solo danneggiare le persone vicino a me.

    Per un attimo il sorriso scomparve sul volto del suo interlocutore e un’espressione seria lo attraversò.
    Davvero credi che il tuo potere sia più terribile del mio?

    Parole sussurrate così piano che Haiiro non era sicuro di averle veramente sentite. Come non era sicuro di ciò che aveva visto, poiché subito il ragazzo tornò alla sua espressione sorridente.

    Va bene, allora facciamo un patto!

    Un… patto?

    Sì, un patto! Vista la situazione, credo che tu non abbia più una casa a cui tornare, vero?
    Il silenzio di Haiiro fu una risposta soddisfacente.
    Bene, allora viene a vivere con me e mia sorella. Anche noi non abbiamo più un posto a cui fare ritorno e, come te, siamo degli anormali. Vivrai con noi per un po’ di tempo, prima di decidere cosa vuoi fare. Saremmo come una famiglia, ti va bene?

    Io…

    E non preoccuparti del tuo potere, troveremmo un modo per tenerlo sotto controllo.

    Io… io posso veramente vivere insieme a voi? Tremava mentre pronunciava quelle parole. Tremava per il sollievo, per la gioia, per la speranza di aver finalmente un posto in cui poter stare.

    Certo.
    Il sorriso era scomparso e la sua espressione seria testimoniava l’autenticità delle sue parole.
    Te lo prometto.

    Insieme si incamminarono verso quella che per quattro mesi fu la loro casa.



    A proposito, non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami!
    Ah, sì… sono Haiiro, Haiiro Kugatsu.
    Io invece mi chiamo Hiroshi Natsui. Però, visto che ora siamo una famiglia, puoi chiamarmi fratellone! Si batté la mano sul petto, apparentemente orgoglioso di quella qualifica.
    No.
    Cosa?! Rifiuti subito senza starci neanche a pensare?! La cosa sembrava averlo davvero dispiaciuto…
    Ho già un fratello maggiore… però se vuoi posso chiamarti senpai. In fondo, mi hai spiegato la mia natura di anormale.
    Hm, mi sembra un buon compromesso. Allora da oggi sarò il tuo senpai!
    Sì!
    Bene, allora andiamo, fratellino!
    Eh?! Hai appena detto che…
    Che per te io sono senpai, no? Mentre tu, per me, sei il mio fratellino. Mi sembra un buon compromesso, come ho detto.
    No, io intendevo che…
    Svelto, non abbiamo tempo da perdere, a casa c’è nostra sorella che ci sta aspettando.
    Sì ma…
    Dai, le discussioni a dopo, andiamo!
    E per qualche motivo si mise a correre, subito seguito da Haiiro che gridava di aspettarlo.

    Quello fu il primo incontro che Haiiro ebbe con la stravagante personalità di Hiroshi, nonché l’inizio di tutta la sua storia.

     
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    Così l’aveva incontrato, più di tre anni fa. E, dopo il loro distacco, non l’aveva più visto. Durante quel periodo aveva spesso riflettuto, chiedendosi se ciò che aveva fatto era giusto, se non c’era un’altra via, e come fare per rincontrarlo…

    Entra, entra. C’è ancora un po’ di casino ma intanto tu accomodati pure. Ah, per caso vuoi un caffè? Te lo faccio subito, dopotutto siamo in un bar… Così magari mi dici come ti stai trovando in questa scuola, va bene?

    …ma sembrava che fosse stato l’unico a preoccuparsene.

    Senpai, non è che non apprezzi questo tuo entusiasmo, ma, visto le circostanze, questa tua reazione così normale non è un po’… anormale?

    Hm? Lo guardò spaesato, poi il suo visto si illuminò come se avesse avuto una rivelazione.
    Ah, capisco. Visto che non ci vediamo da qualche anno avrai pensato che il nostro rincontro sarebbe stato una scena drammatica alla “Via col vento”, con tanto di abbracci, lacrime e musica finale strappalacrime.
    Oppure avevi pensato di trovarmi morente, mia sorella scomparsa e di doverti imbarcare in una qualche avventura per recuperarla, trovandoti immischiato nel frattempo in qualche intrigo internazionale o in un oscuro segreto del passato.
    Capisco, capisco.


    Prese ad annuire continuando a ripetere quelle due parole. Sembrava veramente soddisfatto della sua deduzione.
    Già in passato Haiiro l’aveva visto compiere scene simili… e non era mai riuscito a capire se fosse serio o lo stesse solo prendendo in giro!

    Non è che mi aspettassi proprio qualcosa del genere, però…
    Però effettivamente ha ragione, pensavo di sicuro a qualcosa di più drammatico!
    Va beh, considerando la sua personalità è inutile star qui a discutere, meglio entrare.


    Con permesso… Haiiro varcò la porta del locale, ritrovandosi in una sala dai colori vivaci e piena di giocattoli e pupazzi, presenti praticamente in ogni angolo. Ad un lato c’era un tavolino per bambini, con vicino un comodino con fogli, penne, colori e giochi da tavolo. Ovviamente era anch’esso pieno di pupazzi.
    Il primo pensiero del ragazzo fu che quel locale, stravagante e esageratamente infantile, era perfetto per la personalità di Hiroshi. Tuttavia c’era una cosa che l’incuriosiva…

    Questi pupazzi, sono tutti…
    Lasciò la domanda in sospeso, sicuro che lui avrebbe comunque capito.

    No, no, la maggior parte sono normali pupazzi oppure giocattoli meccanici, ma ce n’è qualcuno di… diverso.
    A conferma di ciò Haiiro vide in un battito di ciglia un orsacchiotto di peluche, in mezzo ad altri cinque, alzare la mano come per salutarlo. L’attimo successivo erano tutti di nuovo immobile; il ragazzo non avrebbe saputo dire quale tra i sei fosse stato a muoversi.

    Ma siediti, dai. Ti avevo detto che ti avrei offerto un caffè, per celebrare il nostro rincontro. Come lo vuoi?

    Liscio senza zucchero.

    Sentendo la risposta senza esitazione del ragazzo, Hiroshi non poté trattenere una breve risata.

    Che hai?
    Haiiro non riuscì a nascondere la sua irritazione.

    Niente, niente, non devi offenderti, è solo che… mi è tornato in mente il nostro primo incontro, quanto giunti a casa ti offrii il caffè.

    Ah sì…
    Anche Haiiro si lasciò andare a un piccolo ma sincero sorriso, ricordando quell’evento.

    Tua sorella…
    Nostra sorella.
    Tua sorella – Haiiro fece finta di non averlo sentito – non c’era e così, vedendo le mie condizioni…
    Ossia quasi morto dal sonno.
    …mi offristi un caffè. Era la prima volta che ne bevevo uno. Il sorriso di Haiiro si allargò al ricordo.
    Certo che potevi metterci dentro dello zucchero, almeno per le prime volte.

    Ehi, ehi, un caffeinomane come te non dovrebbe dire certe cose. Il vero caffè, bevuto dai veri uomini, è solo quello senza zucchero.
    Dicendo ciò posò sul bancone le due tazze di caffè, una per lui e l’altra per Haiiro, e versò platealmente nella sua tre bustine di zucchero.

    Il sognatore sospirò, ma in cuor suo era tutt’altro che infastidito.
    Devo dire che questo suo modo di irritarmi in qualche modo mi è mancato.

    Ad ogni modo, ti ricordi cosa successe subito dopo?
    E come potrei dimenticarlo?
    Subito dopo…
    …Arrivò lei.

    La porta si aprì con un tintinnio del campanello.

    Una figura in controluce, capelli neri che le scendevano fino alle spalle, occhi verdi così chiari da poter sembrare azzurri.

    Haiiro…?

    …Kasumi.


     
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    Di nuovo tre anni fa.

    Allora? Com’è?
    Com’è? Fa schifo, fa proprio schifo!

    Hiroshi si lasciò andare a una breve risata.
    Che esagerato. Al massimo è un po’ amaro, tutto qua.

    Amaro? Questo va ben oltre l’essere amaro, è proprio immangiabile.

    Un’altra breve risata.
    Beh, ci credo, è una bevanda, è ovvio che sia immangiabile.

    Volevo dire imbevibile. Arrossì imbarazzato. Comunque la sostanza non cambia.

    Dai, è solo una questione di abitudine. Scommetto che tra tre anni non potrai farne a meno…

    Ma figurati! Per quanto mi riguardo ho chiuso con questa insulsa brodaglia nera. Haiiro spinse via con disgusto la tazza ancora mezza piena di caffè.

    Ah, la gioventù… Hiroshi sospirò, ma anche uno come Haiiro si rendeva conto che in realtà si stava divertendo come un matto.

    Visto che la sorella di Hiroshi in quel momento non era a casa (e dire che mi ha fatto anche correre per arrivare prima!), il suo nuovo senpai gli aveva proposto di bere un caffè, assicurandogli che l’avrebbe aiutato a rimanere sveglio. Sì, peccato che quella brodaglia nera fosse qualcosa di indecente!
    Per distogliere la mente dal sapore che ancora gli appestava la bocca, il ragazzo si mise a osservare nuovamente la sua nuova casa.

    Era un posto particolare, pieno di cianfrusaglie ad ogni angolo, sedie sparse in giro, mobili ammucchiati e rovesciati, così ingombro di roba che da quando era entrato aveva rischiato di inciampare per ben tre volte. Non c’era energia elettrica né gas, anche solo per fare il caffè avevano dovuto usare un fornello da campeggio. L'unica luce di cui disponevano era quella che passava dalle finestre.
    Ma l’aspetto più caratteristico erano i numerosi giocattoli e pupazzi che correvano qua e là. Sì, correvano veramente, come se fossero vivi… e in effetti lo erano, anche se Haiiro non ne era ancora pienamente consapevole all’epoca.
    Stava per chiedergli spiegazioni in merito, ma prima che potesse aprire bocca fu interrotto dal rumore della porta che si apriva.

    Sono tornata, fratel… e lui chi diavolo è?!

    Haiiro si voltò. Di fronte a lui c’era una ragazza all’incirca della sua età, occhi verdi e capelli scuri che lo guardava dritto negli occhi… e il suo sguardo non era certo accogliente!

    Ah, lui… te ne avevo parlato, no? È il ragazzino che sono andato a trovare. Si chiama Haiiro e da oggi è il nostro nuovo fratellino.
    Dopo quella breve presentazione Hiroshi si fece in disparte e si mise a fissare Haiiro. Il messaggio era chiaro: ora tocca a te.

    Ehm, sì, ecco… Haiiro osservò nervoso gli occhi della nuova arrivata farsi sempre più sottili, fino a diventare due piccole fessure. Il senpai… cioè tuo fratello… mi ha chiesto se volevo vivere qui insieme a voi e… beh, io ho accettato.
    Era nervoso. Non che ciò fosse una novità, ma si trattava di un nervosismo diverso dal solito, dato non dalla paura di scatenare il suo potere, ma dallo sguardo acuminato della ragazza. Sembrava pronta a saltargli addosso in ogni momento.
    Quindi… molto piacere di conoscerti! Concluse in modo affrettato, sperando che quel dialogo finisse il più presto possibile.

    Immobile come una statua, lei continuava a fissarlo. Infine gli parlò.
    Haiiro, hai detto che ti chiami, no? Quanti anni hai?

    Eh? Ne ho dodici…

    Bene, io sono Kasumi e di anni ne ho tredici, quasi quattordici. Visto che sono più grande e che questa è casa mia, in cui, per buona volontà di mio fratello, sei stato accolto, da oggi obbedirai a tutti i miei ordini.

    Eh?! Ma… io…

    Niente ma! Noi ti offriamo ospitalità e cibo, quindi anche tu devi contraccambiare. Mi pare giusto.

    Si, ma obbedire a tutti i tuoi ordini è eccessivo!

    Cosa?! Guarda che questo è il minimo! Dimmi, se non stessi qui, dove altro potresti andare?!

    In effetti non aveva nessun’altro posto dove andare, ma non voleva arrendersi a quella ragazza altezzosa e tirannica. Era insolito per lui, ma si stava davvero arrabbiando.

    Ma tu cosa c’entri?! È stato tuo fratello a invitarmi, non tu!
    In un gesto istintivo si alzò in piedi e si diresse verso la ragazza, che a sua volta si era avvicinata a lui.

    Qua io ci abito! È casa mia e finché sarai qua obbedirai alle mie regole! Non uscirai da qua senza permesso, non causerai problemi a me e a mio fratello, sbrigherai le commissioni che ti ordiniamo di fare e per ultimo…

    Haiiro aprì la bocca per replicare e tese la mano verso di lei come per fermarla, ma prima che potesse agire, successe qualcosa di strano. Ebbe l’impressione che la figura della ragazza scomparisse davanti a lui, per scivolare lateralmente e arrivare alle sue spalle. Da lì continuò a camminare verso le scale.

    …non devi mai avvicinarti a me a più di mezzo metro.

    Haiiro si immobilizzò. A farlo fermare non era stato il movimento della ragazza, ma il tono delle sue ultime parole, venato da una irrimediabile tristezza. Vedendo la sua figura di spalle che si allontanava, avvertì che anche lei era dotata di una anormalità che la faceva soffrire, un peso forse superiore a quello che gravava su di lui.

    In quel momento ebbe l’impressione che la distanza tra lui e quella ragazza fosse incolmabile.
     
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    Già, all’epoca aveva pensato che quella distanza fosse incolmabile, però a suo confronto la distanza che avvertiva ora non era neanche paragonabile.
    Quando prima aveva incontrato Hiroshi, era stato come ritrovarsi senza che fosse passato un giorno, ma con Kasumi era diverso. Lei non poteva lasciar correre ciò che era successo…

    È passato molto tempo, vero Kasumi? Per quanto patetica, quella fu l’unica frase che riuscì a mormorare.
    Hai ragione…

    Un lungo silenzio seguì queste parole. La mente di Haiiro cercava disperatamente qualcosa da dire, ma era come un motore che girasse a vuoto. Kasumi lo fissava immobile sulla soglia, guardandolo con un’espressione stranita, pure lei incapace di rompere quel silenzio. L’unico rumore era provocato da Hiroshi che si stava dando da fare per mettere a posto il locale, ma tutt’e due sapevano che non avrebbe detto nulla: era un problema che riguardava loro due e lui non sarebbe intervenuto.

    È davvero passato molto tempo. Con uno sforzo che gli sembrò immenso, il ragazzo riprese il discorso.
    Kasumi, perché non ti siedi qui così parliamo un po’ di quello che è successo da quando… un altro nodo alla gola lo colse. Annaspò per qualche secondo, in cerca delle parole più innocue che potesse usare.
    …da quanto ci siamo persi di vista.

    Persi di vista? Haiiro avvertì chiaramente nelle sue parole rabbia e dolore. Lo sapevo, dovevo evitare l’argomento.
    Io non userei questo termine. Non è stato esattamente un “perderci di vista”. L’espressione indecisa della ragazza era svanita completamente, il volto che lo stava fissando era ora pervaso da una rabbia sorda.
    Haiiro istintivamente si tirò in piedi, tutto il suo corpo teso e pronto a reagire, nonostante non sapesse a cosa precisamente dovesse reagire.
    Tuttavia fu solo uno spreco di energie, perché subito la rabbia di Kasumi lasciò posto a quella che sembrava una specie di stanchezza, quasi apatia.
    Ma va bene. Non ho voglia di perdere tempo su questo argomento. Sediamoci e parliamo un po’.

    Nel sogno di quella mattina, gli era stato detto (ma forse bisognerebbe dire che “si era detto”, trattandosi di un suo sogno) che aveva paura di trovare quei due cambiati. Ma, parlando francamente, c’erano aspetti della personalità di Kasumi che avrebbe davvero voluto fossero cambiati.

    Lei era imprevedibile come il mare che da quieto, quasi immobile, si ingrossa a tal punto da far temere una tempesta spaventosa, per poi ritrarsi nuovamente e scorrere placido, sempre però pronto a scatenarsi nuovamente.
    Quella imprevedibilità era l’aspetto che più rendeva difficile approcciarsi a Kasumi e che Haiiro detestava maggiormente. Eppure, allo stesso tempo, non poteva non pensare che senza di esso lei non sarebbe stata la stessa persona.

    Allora Haiiro, io e Hiroshi avevamo provato a cercarti durante il primo giorno, ma non ti abbiamo trovato da nessuna parte. Dove ti eri nascosto?
    Mi avevano cercato?
    Non mi ero nascosto da nessuna parte, semplicemente non c’ero. Sono entrato all’Hakoniwa solo da qualche giorno.
    Capisco.
    Detto ciò rimase a osservarlo in silenzio, guardandolo con i suoi occhi verdi. Haiiro si mosse a disagio nella sua sedia; c’era di nuovo silenzio, ma stavolta gli sembrava di essere solo lui a sentirsi in imbarazzo. Peggio, sentiva come se Kasumi stesse giocando al gatto e al topo con lui.

    E dimmi… dopo un tempo che era parso infinito la ragazza riprese a parlare. Sei riuscito a raggiungere il tuo obiettivo? A controllare il tuo potere?
    Una domanda apparentemente innocua che però nascondeva, Haiiro non poteva non saperlo, una carica di rimpianti e dolore.
    Sì. Ancora non posso controllarlo mentre dormo, ma ho imparato a usarlo coscientemente.
    Allora, ne è valsa la pena?
    Haiiro si sentì scuotere da un brivido. Sapeva che si sarebbe giunti a quello, ma avrebbe voluto evitarlo a tutti i costi.
    Io…
    No, lascia perdere, era una domanda senza senso. Piuttosto, mi fai vedere come funziona la tua anormalità ora che è sotto controllo?
    Non so se è il caso… Preso in contropiede dal brusco cambio di soggetto, Haiiro si trovò incapace di reagire in modo appropriato.
    Se è per il locale non preoccupatevi. La voce del suo senpai per la prima volta si unì alla discussione. Abbiamo ancora un po’ di tempo.
    D’accordo…

    Pur esitante, Haiiro si preparò ad usare la sua anormalità. Si adagiò sul bancone, mettendosi il più comodo possibile, e chiuse gli occhi. Le immagini arrivarono subito e il loro contenuto non lo stupì.
    Le proiettò sui due, in modo che si sovrapponessero a ciò che stavano vedendo in quel momento. Pur non potendo sapere quale fosse la loro percezione esatta, sentì le loro esclamazioni di sorpresa. Aspettò dieci-quindici secondi, poi interruppe il suo stato di dormiveglia.
    Allora, come è stato?
    È stato… particolare. Un interessante salto nel passato potrei dire.
    Già, è vero. La voce di Kasumi si unì a quella del fratello. Ho una domanda da farti, sei tu a scegliere cosa proiettare o il sogno si sviluppa autonomamente?
    È la seconda.
    Ah, allora era come immaginavo…
    La voce di Kasumi era ora venata da una tristezza profonda quanto il mare. Haiiro non replicò alle sue parole.
    Ciò che stavi sognando in quel momento eravamo noi tre, io te e Hiroshi, quando vivevamo ancora insieme.

    No, non solo in quel momento, con tutta probabilità sei venuto qui serbando quel sogno nel tuo cuore, sperando che potessimo tornare di nuovo assieme.

    Ancora una volta Haiiro stette in silenzio. Cosa avrebbe potuto dire? Kasumi stava solo dicendo la verità, con impietosa accuratezza; Haiiro lo sapeva, come sapeva ciò che avrebbe detto dopo. Ma, anche sapendolo, non poteva farci niente.

    Però, si tratta di un sogno irrealizzabile. Anche per te, che puoi rendere reale i sogni, è impossibile. Perché sei stato tu a infrangere questo sogno tre anni fa. Tre anni fa, quando dopo che ti avevamo accolto, tu tradisti la nostra fiducia.
    Tre anni fa, quando tu ci abbandonasti.
    Parole pervase da sordo rancore e profonda amarezza. Parole acuminate e taglienti come la verità che celavano. Parole a cui era impossibile replicare.

    Kasumi si alzò e si diresse verso la porta. Haiiro non la vide, teneva gli occhi bassi, senza il coraggio di guardarla, sentendosi un’altra volta impotente, ma udì i suoi passi rimbombare sul pavimento, il suono della porta che prima si apriva e poi si chiudeva.
    Era il rumore di qualcosa che finiva per sempre.
     
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    C’era di nuovo silenzio nel locale, un silenzio che per Haiiro era gravido di colpa e rimorsi. Un silenzio che non poteva sopportare.
    Senpai, io… se tre anni fa me ne andai fu solo perché…

    Haiiro. La voce di Hiroshi era calma ma decisa, priva della solarità che solitamente la contraddistingueva. Non è a me che devi spiegare le tue ragioni. Io non giudico le tue scelte, come non giudico le scelte di qualsiasi altro essere vivente. Non ne ho nessun diritto.
    Non era la prima volta che Haiiro sentiva quelle parole. Molte persone all’apparenza sostengono idee simili, ma la tranquillità e l’umiltà nelle parole di Hiroshi facevano capire come lui ci credesse totalmente.

    Anche in passato, quando ti ho, per usare le tue parole, “salvato”, non ho mai pensato di doverti obbligare a stare insieme a noi. Semplicemente ti ho mostrato che era possibile un’altra via, oltre a quella di autodistruzione e miseria che stavi percorrendo. Se seguirla, tornare alla tua vecchia strada, o cercarne una nuova, era una tua scelta, nella quale io non avevo diritto di intromettermi.
    Hiroshi fece una pausa, poi lo guardò dritto negli occhi.
    Tuttavia, non posso neanche obbligare mia sorella a pensarla come me. Se tu non farai niente, lei non ti perdonerà.

    Capisco.
    Capiva sul serio. Andare là e sperare che tutto si potesse risolvere subito era stata una pia illusione, come era stato inutile e codardo cercare di esporre le sue ragioni solo a Hiroshi. Se voleva cambiare la situazione, doveva agire.
    Hai detto di esserti limitato solo a mostrarmi una via da percorrere, eppure molte volte, senza il tuo aiuto, io mi sarei perso. Per questo ti ringrazio.
    Haiiro fece un piccolo inchino e uscì dal locale. Il rumore della porta che si chiudeva era il suono di una decisione presa.


    Hiroshi rimase solo nel locale vuoto.
    Ah, come sempre è esageratamente formale su questioni di questo tipo.
    Ma anche Kasumi da questo lato è simile, non sanno mai prendere niente alla leggera e, cercando di essere gentili, mi danno sempre un sacco di cose a cui pensare.
    Eppure, ho sempre la sensazione che non riescano mai a capire fino in fondo ciò che voglio dire.


    Hiroshi, in modo apparentemente casuale, prese un pupazzo tra quelli ammucchiati e cominciò a giocherellarci, facendolo passare da una mano all’altra.
    Una vita allegra, una vita desolata. Una vita solitaria, una vita in compagnia. Una vita di rimorsi, una vita senza preoccupazioni. Una vita di egoismo, una vita di altruismo. Una vita piena, una vita vuota.
    Nessuna di esse è superiore alle altre, tutte sono sullo stesso piano, equivalenti come valore. Sono solo le persone a decidere come la vogliono vivere, cosa accettare e cosa rifiutare. Nulla conta, all’infuori di questo.


    Avvicinò il pupazzo alla sua faccia e ci soffiò sopra. La sua anormalità, il Life Breath, il potere di concedere il soffio vitale agli oggetti inanimati.
    Il pupazzo si mise a muovere, confuso dalla vita che aveva appena acquisito. Hiroshi sorrise.
    Anche tu dovrai scegliere. È il dovere e il cruccio di ogni essere vivente.
    Poi, rivolgendosi a tutti e insieme a nessuno, disse:
    Su, avanti, sono davvero curioso di vedere quale sarà la vostra scelta.
     
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    Haiiro stava compiendo un’azione che eseguiva di rado: stava correndo.
    La sua andatura normale era un curvo camminare senza preoccuparsi delle persone intorno a lui, senza neppure guardarle negli occhi, lo sguardo rivolto verso il basso.
    Ma stavolta stava correndo, lo sguardo che scrutava i dintorni, alla ricerca di quell’unica persona.
    E alla fine la vide.
    Kasumi!

    La ragazza si girò verso di lui. Era dall’altro lato della strana, si stava muovendo a passo sostenuto e volto basso. Qualcosa di simile a delle lacrime scintillava nei suoi occhi.
    Quando lo vide, si mise subito a correre via. Senza pensarci o perdere tempo, Haiiro si lanciò al suo inseguimento.
    Di norma non sarebbe stato un confronto alla pari: la sana, agile e scattante Kasumi avrebbe sicuramente dato pista all’insonnolito, goffo e lento Haiiro. Non questa volta.
    Il ragazzo attraversò la strada senza curarsi del traffico. Una macchina suonò il clacson e gli urlò dietro improperi, ma il ragazzo non la sentì nemmeno.
    Accelerò il passo, il cuore che batteva all’impazzata, i muscoli non abituati a quello sforzo che gridavano, l’adrenalina nel suo corpo che per una volta gli faceva dimenticare il sonno. Non sapeva dove la ragazza si stesse dirigendo, ma non gliene importava, voleva solo raggiungerla e parlarle ancora una volta.

    La corsa finì all’interno di un piccolo parco vuoto. Giunti là, Kasumi si fermò. Anche Haiiro per riflesso smise di correre. Entrambi ansimavano pesantemente e si guardavano, calcolando la distanza che li separava. Doveva essere di qualche metro appena.
    Perché mi insegui?
    E perché tu scappi?
    Perché? Dovresti averlo capito! Io ti odio! Te ne sei scappato, ci hai abbandonato lasciandoci solo una lettera piena di misere scuse e ora te ne torni qua, come se non fosse successo niente! Ma tu hai idea di come mi sia sentita io in questi tre anni?!
    Erano lacrime – Haiiro non poteva avere più dubbi adesso – quelle che le scendevano dagli occhi.

    Kasumi… La sfuriata della ragazza lo lasciò per un attimo incapace di rispondere, ma quello di crogiolarsi nel rimorso era un lusso che non poteva concedersi.
    Hai ragione, tre anni fa me ne andai senza pensare a quanto ti avrei ferita. Tradii la fiducia che avevi in me e che mi avevi faticosamente concesso.
    Sapevo che le cose non sarebbero mai più state come prima, ciò nonostante oggi sono venuto da voi sperando che in qualche modo tutto si potesse aggiustare.

    Tuttavia! Incominciò ad avanzare, la distanza che lo separava da Kasumi ridotta a un paio di metri.
    Io non voglio abbandonarvi ora che vi ho ritrovato! Per questo, per quanto sia egoista, voglio poter nuovamente passare il tempo insieme a voi, parlare assieme, divertirci insieme, discutere e arrabbiarsi, soffrire e ridere!
    Ciò che desidero non è tornare a tre anni fa, ma costruire un nuovo rapporto tra noi tre!

    La distanza dalla ragazza era ora di solo un metro.
    Anche questo è un sogno irrealizzabile.
    Allora io lo renderò possibile. È questa l’essenza della mia anormalità, no?
    La distanza ora era di mezzo metro; mezzo metro, la lunghezza del braccio di Haiiro, ma anche il limite tra vita e morte.

    Stai indietro, altrimenti userò il mio Breath-Taker. Non mi farò scrupoli, nonostante si tratti di te. Anzi, sarebbe corretto dire che non li avrò proprio perché sei tu.
    Ah già, la tua anormalità, l’opposto speculare di quella di tuo fratello. Lui concede il soffio vitale, tu lo togli. Ma la sua forza dipende dalla distanza tra te e il tuo bersaglio, solo da vicino è realmente efficace.
    Dove vuoi arrivare? Kasumi era sulla difensiva: di solito era lei a stuzzicare il ragazzo, ma ora che le situazioni si erano invertite non sapeva come reagire.
    Niente, stavo solo pensando al soprannome che tuo fratello ti ha dato: Death Kiss, il bacio della morte che comporta l’uccisione istantanea. Eppure, tu hai detto di non averlo mai sperimentato.
    Mi credi una ragazza così facile? O forse vuoi provare sulla tua pelle se è vero o no? La voce di Kasumi era sprezzante, ma nascondeva dietro una nota di preoccupazione.
    Haiiro sorrise. Esattamente la seconda.
    Poi con un passo annullò la distanza tra lui e la ragazza e, in un impeto di coraggio – o era follia? – si chinò verso di lei.

    L’anormalità di Kasumi consiste nel togliere il soffio vitale, ossia l’energia che sorregge le persone. Tuttavia ha effetto solo a corte distanze e, nella quasi totalità dei casi, non comporta la morte ma sono la perdita delle forze. Nonostante ciò, quello che Haiiro stava facendo era oltremodo avventato.
    E le conseguenze non tardarono ad arrivare: l’istante successivo il ragazzo cadde riverso a terra.
     
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    No, Haiiro non era morto. Anzi, i danni derivati dalla sua azione quasi suicida erano esigui: nient’altro che un evidente segno rosso sulla guancia segnalava cos’era successo.
    Mi hai fatto male…
    Kasumi sbuffò e abbassò la mano con cui l’aveva schiaffeggiato.
    Per ciò che hai fatto, è anche poco.
    Guarda che io ho rischiato la vita…
    Questo solo a causa della tua stupidità. Ma lo sai che nei momenti di confusione rischio di perdere il controllo della mia anormalità e di attivarla inconsapevolmente? Se fosse successo saresti potuto morire.
    Lo so, però dovevo fare qualcosa…
    Ah sì? E dimmi, cosa volevi dimostrarmi di preciso con questa tua azione?
    Beh… che ero pronto a tutto pur di non lasciarti andare via?
    E provare a baciarmi è il tuo modo di dimostrarlo? Il sarcasmo nella voce di Kasumi era più tagliente di una lama.
    Haiiro distolse lo sguardo imbarazzato.
    C’ero andato così vicino… Neanche lui avrebbe saputo dire se si stava riferendo alla sua morte o al bacio mancato.
    La ragazza sospirò. Sei sempre così stupido, mi metti sempre nei guai.
    Scusa se sono uno stupido… Prima aveva mostrato una grande determinazione, ma ora Haiiro si sentiva umiliato, era come se fossero tornati ragazzini e Kasumi lo stesse rimproverando come faceva sempre.

    Ti scuserei se la smettessi di provocare danni con questo tuo atteggiamento, invece… Anche tre anni fa, quando te ne andasti…
    Me ne andai proprio per evitare di creare problemi. Perché la mia anormalità era incontrollabile e non potevo rischiare di ferirvi. Su questo punto Haiiro non aveva intenzione di retrocedere.
    E tu credi di non averci ferito con la tua partenza? Credi che ci abbia fatto piacere ricevere la tua “pietà”? Andartene senza dirci niente… ma ci ti credi di essere?! La sua voce, all’inizio normale, si era gradualmente alzata di tono, fino a diventare un urlo.
    Io… non potevo rischiare di farvi del male!
    Farci del male?! Non prendermi in giro, il motivo per cui te ne sei andato non fu perché non volevi ferirci, ma perché avevi paura che, dopo aver scatenato il potere, non ti abbandonassimo come avevano fatto le altre persone! Avevi paura di essere lasciato solo dalle uniche persone che ti avevano accolto e, per evitarlo, hai agito preventivamente.
    No! Non è assolutamente vero questo! Io…

    È la verità! Lo so bene, perché… perché anch’io condivido questa tua paura. Aveva smesso di gridare ora e la sua voce usciva piano.
    Sono stata abbandonata da tutte le altre persone a cui volevo bene. Solo Hiroshi mi è rimasto accanto e mi ha teso la sua mano, solo su di lui potevo contare.
    E poi, un’altra persona è comparsa accanto a me. Nonostante all’inizio la disprezzassi e ne fossi infastidita, pian piano mi è diventata sempre più famigliare. E quando stavo iniziando a pensare che forse era possibile anche per me stare vicino ad altre persone, proprio in quel momento se n’è andata.


    Stava tremando ora. Com’è possibile che una persona forte come lei, che era sempre così decisa e sicura di sé, tremasse in quel modo?
    No, piuttosto ciò che dovrei chiedermi ora è quanto sia stato terribile il mio gesto, per ferirla così in profondo? Non sapevo che l’avrei colpita così… però forse l’avrei dovuto immaginare. Anch’io come lei sono stato rifiutato, eppure l’ho abbandonata così come le altre persone hanno fatto con me. E io non l’ho mai capito fino a ora.
    Si sentiva orribilmente colpevole, ma proprio per quello doveva agire. Perché restare là immobile non sarebbe servito a niente.

    Con un passo in avanti Haiiro si portò vicino a Kasumi e l’abbracciò, con un gesto molto più delicato e consapevole dell’avventato tentativo di bacio precedente. La sentì cercare disperatamente di fermare i singhiozzi che le uscivano incontrollati dalla bocca.
    Il ragazzo aprì la bocca, ma poi si fermò.
    Cosa posso dirle? “Non me ne andrò mai più?” oppure “ti starò sempre accanto?”. Ma posso dirle queste frasi dopo averla tradita così?
    La risposta ovviamente era no. Ciò che poteva dirle era solo quello che sentiva in quel momento.
    La prima cosa che disse fu: Scusami. La seconda: Vorrei starti di nuovo vicino.
    La risposta, o meglio l’urlo, della ragazza fu una sola parola: Stupido!
    Era un grido liberatore.

    ***



    Quando Kasumi si fu ripresa, i due si incamminarono insieme verso scuola. Non si scambiarono quasi nessuna parola, entrambi raccolti in un silenzio di riflessione, in cui comprendere le parole e la posizione dell’altro.
    Arrivati all’edificio scolastico si separarono, ognuno diretto alla rispettiva aula, salutandosi con un semplice saluto.

    Chissà cosa accadrà d’ora in poi…
    Haiiro non lo sapeva, aveva molto su cui riflettere. Si rendeva conto che serviva tempo affinché le cose tra lui e Kasumi si sistemassero, eppure sentiva di essere ora un po’ più vicina a lei, di riuscire a comprenderla un po’ meglio. Era una consapevolezza dolorosa, perché lo rendeva cosciente di quanto l'aveva ferita, ma proprio grazie a essa poteva aspirare a riallacciare un nuovo rapporto con la ragazza.
    Con molti pensieri ancora in testa e un pizzico di ottimismo per il futuro, Haiiro si diresse verso la sua classe.
     
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    È così questa prima parte relativa al passato del sognatore e al rincontro con i suoi vecchi compagni è finita. Avete visto come si sono incontranti e per quale motivo si sono lasciati. Ma ancora non conoscete i dettagli di quest’ultimo eventi e ignorate completamente ciò che è successo lungo quei quattro mesi di convivenza.

    Forse questi fatti saranno spiegati meglio in futuro, o forse resteranno sospesi nella mente di chi li ha immaginati. Forse vi verranno narrati da chi li ha vissuti o forse li vedrete come frammentari flashback. Forse non vi importa nemmeno, o forse sì.

    In ogni caso, per adesso è tutto. La storia di Haiiro Kugatsu non finisce certo qui, come non finisce la storia di Hiroshi e Kasumi Natsui, aka I Fratelli Life & Death. Entrambe proseguiranno sotto nuove forme e con nuovi sviluppi, ma non è questo il tempo.

    Per oggi, ciò che mi rimane da fare è augurarvi un sentito arrivederci e ringraziarvi per la vostra attenzione.

    Hiroshi si prodigò in un inchino e con passo teatrale si diresse oltre.


    Ma, compiuto un solo passo si fermò con l’espressione stupita di un bambino colto a rubare la marmellata.

    Oh… ehm, Kasumi? Non mi ero accorto che fossi qui… per curiosità, da quanto sei arrivata?
    Da abbastanza tempo.


    Per caso, hai sentito…?
    Già.


    Per evitare malintesi non stavo facendo nulla di strano. Non è che stessi, ehm, parlando da solo. Puoi verificare anche tu: guarda là, c’è Quentin.

    Kasumi si girò verso il pupazzo che reggeva in mano una telecamera. Quentin alzò la mano come per salutarla ed eseguì un primo piano della ragazza.

    Quentin?
    Già, è nato oggi, l’ho chiamato così in onore di Quentin Tarantino.

    Diceva di voler fare il registra e quindi mi sono offerto per questo piccolo monologo.

    Come vedi non è nulla di strano, solo una piccola prova cinematografica.
    Sorrise cordiale.




    Hiroshi, una volta continuavo a chiedermi cosa ci fosse dentro la tua testa. Ma ormai ho capito che è meglio non saperlo.
    Dopo aver detto ciò, Kasumi si diresse alla porta che dal locale porta al loro appartamento al piano superiore.
    Appena Hiroshi sentì la porta chiudersi, tirò un sospiro di sollievo.
    Ci è andata bene, Quentin. Non se le presa più di tanto.

    Click!

    Era il rumore di una chiave che veniva girata. La chiave della porta che Kasumi aveva chiuso. La chiave per accedere all’appartamento. La chiave di cui non c’era altra copia.

    Ehm, Kasumi, credo che, sicuramente per sbaglio, tu abbia chiuso la porta senza accorgerti che io ero ancora qua. Che ne dici di aprirla e farmi salire?

    Kasumi, dai, non puoi essertela presa così tanto per una roba simile. Sii brava, apri la porta.

    Kasumi! Ehiiii! Sei ancora qua?! Dai, sorellina! Fammi salire!

    ***



    Haiiro era in camera sua, la sera dopo aver rincontrato Hiroshi e Kasumi, quando gli arrivò un messaggio.
    Incuriosito guardò per vedere chi glielo aveva mandato. Era di Hiroshi.
    Aiuto! Mi serve accoglienza per una notte! Mi potresti ospitare?

    Lo osservò perplesso chiedendosi cosa potesse essere successo.
    Poi chiuse il messaggio e mise via il suo cellulare.
    Di sicuro sarà un suo qualche tipo di scherzo - pensò mettendosi a letto.
    Quella notte dormì insolitamente bene, senza sogni a disturbarlo.

    Fine

     
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    Che dire, eccoci alla fine della tua prima privata e devo dire che mi è piaciuta molto e l'ho seguita post dopo post :sisi: Il più divertente è l'ultimo, molto creativo :asd: Anche perché hai elencato le parti mancanti della storia di Haiiro che mi interessa conoscere :asd: Sono un affamato di storia :fresh:
    Ma, ehi, questo post di valutazione sta durando anche troppo, quindi ecco gli exp:

    EXP: 16
     
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