[CONCLUSA] Il divoratore

Solitaria

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    Haiiro parlato
    Haiiro pensato
    Kasumi parlato
    Hiroshi parlato
    Shirai parlato
    Suzuka parlato

    Erano ormai le sette di sera, il sole al tramonto gettava sul mondo una luce crepuscolare che andava via via affievolendo. Sulla strada due giovani stavano avanzando, i loro movimenti un misto di titubanza, ansia ed eccitazione. La loro meta era un Love Hotel alla fine della strada. Per loro sarebbe stata la prima volta.

    Sei sicuro, Shirai?
    I passi della ragazza, una liceale dai capelli castano chiari e dai tratti delicati, erano deboli e recalcitranti. Nonostante in precedenza si fosse detta d’accordo, ora esitava.

    E dai, Suzuka, l’avevamo già deciso, no?
    Il ragazzo al contrario camminava a grandi ed energetiche falciate, ma non era difficile scorgere dietro la sua apparente determinazione un crescente nervosismo. Il suo volto, piuttosto ordinario, era cosparso di un leggero sudore che cercava di dissimulare passando la mano tra i suoi capelli neri.

    Si, ma…
    Senti. Shirai si fermò e guardò in faccia Suzuka.
    Facciamo così: arriviamo là davanti, poi se vuoi entrare va bene, altrimenti ce ne andiamo. Io non ti dirò niente in ogni caso, ok?


    Suzuka esitò un attimo, poi annuì. Strinse la mano del ragazzo e si fece più vicina a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla. In quel momento Shirai ebbe la conferma che la ragazza non si sarebbe ritratta.


    Dentro al Love Hotel non c’era una reception, ma tutto era gestito in modo elettronico, per preservare la privacy dei clienti. I due scelsero, non senza tentennamenti e qualche imbarazzo, una delle stanze tra le molte disponibili e vi si diressero.
    Prima di entrare Suzuka si rivolse al ragazzo.
    Non fare… niente di esagerato, ok?
    Oh, non ti preoccupare. Mi limiterò… a divorarti! Dicendo così mordicchiò scherzosamente il collo della ragazza.
    Stupido! Rise, entrando nella camera.
    Il ragazzo la seguì, il suo sorriso che lentamente si trasformava nel ghigno affamato di un lupo.


    ***

    Diversi giorni dopo...


    Kasumi si alzò dal letto e, dopo essersi preparata per andare a scuola, scese le scale che conducevano al locale.
    Nonostante non fosse ancora orario di apertura, nella sala c’era un’altra persona accanto a suo fratello Hiroshi. Sedeva con gli occhi bassi, bevendo il suo caffè.

    Buongiorno Hiroshi. Haiiro, sei di nuovo qua? Certo che ne hai di tempo libero per recarti, una mattina sì e una no, qui da noi.
    Sai com’è, se non si può dormire la notte il tempo disponibile si dilata in modo incredibile. Dovresti provarci qualche volta.
    Vedendo come sei messo – qua la ragazza indicò le pesanti occhiaie del ragazzo - preferisco evitare.
    Avete finito di civettare? Se è così…
    Civettare? La voce incredula di Haiiro si levò inascoltata.
    …lasciatemi guardare il telegiornale.

    Kasumi sbuffò. Tanto non fanno altro che parlare di politica o di cronaca nera. Dai Hiroshi, quanto scommetti che si tratta di uno dei due?
    Non ha senso, vinceresti sicuramente. Piuttosto si potrebbe scommettere su quali delle due verrà fuori.
    Politica.
    Cronaca nera.
    Le voci di Kasumi e Haiiro si sovrapposero quasi contemporaneamente.
    Certo che siete cinici, io stavo solo scherzando… Comunque ha vinto Kasumi. Parlano della scomparsa di una ragazza del liceo… aspettate, è della stessa nostra scuola!

    Al centro dello schermo campeggiava la foto di una studentessa dell’Hakoniwa, una giovane ragazza dai capelli castano chiari e i tratti delicati.
    Questa è la foto della studentessa scomparsa. Mormorò la voce dal telegiornale. Il suo nome è…
    Suzuka… Yasuda…!



    Edited by Tabris_17 - 25/6/2014, 18:05
     
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    Haiiro e Kasumi stavano camminando diretti a scuola. Il sole si era già levato e con i suoi timidi raggi rischiarava la mattina. Ma lo sguardo dei due non era diretto a osservare il panorama mattutino.
    Kasumi camminava a occhi bassi, immersa nei suoi pensieri, mentre Haiiro, non capendo il motivo di questo suo insolito comportamento, le gettava fugaci occhiate. Era così da quando avevano visto quel servizio alla Tv e aveva mormorato qualche parola che il ragazzo non era riuscito a cogliere. Alla fine Haiiro si mise a parlare, sperando di riuscire a scuotere un po’ la ragazza.

    Certo che… è strano sentire al telegiornale una notizia riguardante la propria scuola.

    Beh, alla fine è sparita solo per pochi giorni, quindi immagino non sia nulla di troppo grave, probabilmente finirà tutto in una bolla di sapone…

    Del resto se viene dalla nostra scuola potrebbe essere un’anormale, quindi chissà in che situazione assurda si è cacciata.


    La ragazza continuava a non reagire. C’era decisamente qualcosa di strano.
    Kasumi, è tutto a posto?

    Lei, quella ragazza, Suzuka Yasuda… frequenta il club di arte come me. In effetti non l’ho vista in questi ultimi giorni.

    Ah…
    Haiiro si sentì uno stupido. Aveva parlato così tranquillamente, senza capire la fonte del disagio di Kasumi.
    È molto brava soprattutto nel modo in cui usa la luce nei suoi dipinti. Sa raffigurarla in un modo realistico e allo stesso tempo etereo. Spesso, più del soggetto dipinto, sembra la luce il vero protagonista dei suoi quadri.
    Sembra che ti piaccia parecchio…
    Non proprio, in realtà i suoi quadri non incontrano i miei gusti, tutti protesi a una bellezza ideale e, a mio parere, artificiale. Però ammiro la sua maestria nell’uso della luce, quello sì.
    Un giorno devi farmi vedere i tuoi dipinti, è passato troppo tempo da quando ne ho visto uno.
    Finalmente Kasumi levò lo sguardo e lo fissò, sorridendo. Un giorno lo farò.

    Meno male, è stata una buona idea parlare di questo. Haiiro conosceva bene la passione di Kasumi per la pittura, in fondo era stata quella a farli avvicinare per la prima volta tre anni fa.
    Però sono preoccupata. Mi chiedo che fine ha fatto Suzuka. Non sembrava tipa da colpi di testa…
    Non ti preoccupare, vedrai che la ritroveranno. Haiiro sorrise cercando di sembrare rassicurante, ma qualcosa, nel suo tono o nel suo sorriso, dovette sembrare strano, tanto che la reazione di Kasumi non fu esattamente positiva.
    Quando avrò bisogno delle tue vuote rassicurazioni, ti avvertirò, ma fino ad allora evitale, per favore. La ragazza accelerò l’andatura lasciando così indietro Haiiro.
    Il ragazzo guardò la sagoma di Kasumi farsi a poco a poco più piccola, con una sola certezza in mente.
    Non la capirò mai…
    Ma quello – aveva deciso durante il loro precedente rincontro – non era un buon motivo per arrendersi.
    Accelerò leggermente l’andatura, in modo da raggiungerla dopo qualche minuto, quando la sua rabbia fosse sbollita.
    Però, forse a causa della sua disattenzione, andò a sbattere contro un passante.

    Ah, scusami…
    Quando vide la persona con cui era andato a sbattere, non poté fare a meno di ammutolire. Haiiro, con le sue pesanti occhiaie e tutto, non avrebbe dovuto rimanere sorpreso, ma quel ragazzo, perché di un ragazzo si trattava, sembrava stare ben peggio di lui.
    Indossava una felpa con cappuccio consunta e aveva una ferita, simile a un graffio, sotto l’occhio. I suoi capelli erano scompigliato, ma ciò che impressionava di più erano i suoi occhi. Sembrava che avessero perso ogni luce e non vedessero che tenebre.

    Io ho già visto questi occhi… Così pensò, eppure allo stesso tempo era certo di non aver mai incontrato quella persona.
    Senza quasi curarsi di ciò che era successo, quello riprese a camminare per la sua strada. Haiiro lo guardò chiedendosi cosa fare, finché non si ricordò di Kasumi che lo stava rapidamente distanziando. Così prese a correre per raggiungere la ragazza.

    Solo più tardi, quel pomeriggio dopo lezione, si ricordò dove aveva visto quegli occhi. Erano gli stessi suoi occhi di quando aveva bruciato la sua casa, gli stessi occhi di Kasumi quando una volta aveva inavvertitamente usato il suo potere.
    Erano gli occhi di chi aveva compiuto qualcosa di imperdonabile.


    ***



    Era sera, il sole era ormai tramontato e gli ultimi clienti se n’erano andati.
    Tempo di chiudere insomma.
    Hiroshi aveva lavorato duramente quel giorno. Più persone del solito erano passate per il locale, per parlare della scomparsa di quella ragazza, Yasuda, e scambiarsi informazioni. Inoltre non c’era Kasumi ad aiutarlo.
    Era stato lo stesso Hiroshi a dirle di non venire. Aveva notato come si era irrigidita alla notizia della scomparsa e, con qualche telefonata, aveva scoperto che le due si conoscevano. Così le aveva detto che non serviva che venisse quel giorno. Nonostante le iniziali proteste della ragazza, alla fine era riuscito a convincerla.

    Si stava già dirigendo a chiudere la porta quando avvertì qualcosa di insolito. Hiroshi poteva percepire la forza vitale degli esseri viventi; in quel momento ce n’era una che si stava avvicinando al locale. Era però diversa dal normale: sembrava contenere il doppio dell’energia normale di un essere umano, come se al suo interno ci fossero due persone.
    Incuriosito Hiroshi restò a guardare mentre la porta del locale si apriva, svelando la figura di un ragazzo dall’aria smunta e persa.

    A differenza di Haiiro, lui riconobbe subito quello sguardo. Del resto era lo sguardo che sua sorella e il suo “fratellino”, come amava chiamare Haiiro, avevano mostrato più di una volta. Ed era stato anche il suo sguardo, tanto tempo fa. Non ci voleva una gran fantasia per capire che quello sguardo doveva essere collegato alla sua forza vitale anomala.
    Cosa poteva fare Hiroshi per lui? Non molto, quasi niente a dire il vero. Qualsiasi cosa avesse fatto, era il suo peso, la sua colpa, e toccava a lui affrontarla, non a Hiroshi. Egli poteva solo sorridere e rivolgerli parole amichevoli. Parole: erano quelle le uniche cose che aveva da offrirgli. A seconda dei casi potevano essere un aiuto irrisorio oppure indispensabile.
    Benvenuto. Stavo per chiudere, ma visto che è arrivato in tempo non sarà un problema servirla. Cosa desidera?
    Il ragazzo lo guardò con aria persa, come se neppure lui sapesse perché era venuto lì e cosa desiderasse. Infine parlò.

    Ho fame.

     
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    Quel ragazzo aveva davvero fame. Mangiò tre toast e due sandwich, poi ne chiese un altro. Hiroshi gliene servì altri due, dicendo che il secondo era offerto dalla casa. Shirai, così aveva detto di chiamarsi, li divorò entrambi con gran appetito.
    E, quando non rimase più niente davanti a lui da mangiare, si mise a piangere.

    Questo sì che è inaspettato… Pur avendo capito dall’inizio che qualcosa non andava, un simile comportamento sorprese Hiroshi. Si avvicinò per chiedergli come stava e se aveva bisogno di aiuto (domande, bisogna ammetterlo, piuttosto retoriche), ma il ragazzo lo precedette.
    Io… l’ho divorata.
    Eh?
    L’amavo, eppure l’ho divorata. No, in qualche modo sento di averla divorata proprio perché l’amavo.
    Un brivido scosse la schiena di Hiroshi.
    Di chi stai parlando?
    Shirai non rispose, ma alzò la mano per indicargli lo schermo della televisione, su cui stava passando l’ennesimo servizio sulla ragazza scomparsa.
    Suzuka Yasuda, allora è di lei che si tratta…
    L'ho divorata tutta. La carne, il sangue, persino le ossa. Di lei non è rimasto nulla… nulla se non la carne che ora è in me.
    Shirai non stava più guardando Hiroshi. Non lo considerava neanche, era come se non esistesse più, come non esisteva più il locale in cui si trovava. Aveva tagliato ogni ponte con la realtà, per ripercorrere ciò che aveva fatto. I suoi occhi stralunati guardavano nel vuoto.
    Io… perché l’ho fatto? Non capisco… non capisco più nulla.

    Allora è così che sono andate le cose... Non era possibile che una persona nel suo stato mentale mentisse. Per quanto assurdo, tutto quello che gli aveva detto doveva essere vero.
    Hiroshi sentì tristezza e cordoglio per la ragazza morta, pur sapendo che ora quei sentimenti erano inutili. E pietà verso quel ragazzo, sull’orlo della follia per il suo stesso gesto. Ma anche quel sentimento era inutile. La pietà non l’avrebbe aiutato. Shirai non se ne rendeva conto, ma si trovava ad un bivio. Tutto quello che Hiroshi poteva fare, era renderlo consapevole delle sue azioni e prepararlo a quella scelta.
    Io non so dirti i motivi del tuo gesto. Solo tu li conosci, forse. Però una cosa è chiara: lei è morta, tu l’hai uccisa. Questo fatto è irreversibile e non cambierà, qualsiasi cosa tu faccia.
    Nonostante le parole dure, Hiroshi non mise nessuna avversione in esse. Non lo stava giudicando, ma solo esponendo un fatto. Hiroshi Natsui non riteneva di avere il diritto di giudicare una persona, per quanto le sue azioni potessero essere giudicate abominevoli dagli altri.
    Lei… è morta?
    Sì, è proprio così. Non c’è più.
    No! Gli occhi spalancati del ragazzo esprimevano tutto il suo rifiuto verso quella realtà. Lei non è morta! Ora… lei vive in me, la sua carne è la mia carne. Siamo legati, in un modo che tu non potrai mai capire! Corpo e anima, in un vincolo indissolubile!

    Corpo e anima… lei vive in lui… che sia questo ciò che intendeva quando a detto che l’ha divorata perché l’amava?
    Ma Hiroshi non ebbe l’opportunità di esternare i suoi interrogativi. Shirai sembrava aver recuperato un minimo di contatto con la realtà e guardava Hiroshi come si guarda a un pericolo.
    Spinto da un senso di estraneazione dalla realtà e dal bisogno estremo di venire a patti con quanto fatto, Shirai aveva compiuto una vera e propria confessione del suo crimine, qualcosa che se fosse stato in possesso della ragione non avrebbe mai fatto. Adesso però aveva capito il rischio di tale atto e voleva estirparlo alla radice.
    Tu… credo di averti detto troppe cose. Non posso permettermi che tu vada a raccontarle in giro… Mi dispiace, ma ti devo uccidere. E poi ti divorerò, così i telegiornali parleranno di due ragazzi scomparsi e non di uno solo…
    Impossibile, non lo puoi fare. A dispetto della situazione, la voce di Hiroshi suonava calma.
    Non mi credi in grado di ucciderti? Il ragazzo sorrise in modo inquietante.
    No no, quello lo puoi fare benissimo. Ciò che non puoi fare è divorarmi. L’hai detto tu prima, no? Tu l’hai divorata perché l’amavi, perché lei vivesse in te come tua carne. Ma verso di me non provi nessun sentimento particolare, né odio né amore. Pertanto, non puoi divorarmi.
    Shirai aprì la bocca per replicare, ma prima che un singolo suono venisse fuori la richiuse. Hiroshi capì di aver visto giusto nell’interpretare il suo gesto e che questo gli aveva probabilmente salvato la vita.
    Infatti, compreso che non l’avrebbe potuto divorare, la voglia di ucciderlo del ragazzo scomparve. Lentamente, senza distogliere lo sguardo da Hiroshi, si diresse verso l’uscita e, raggiuntala, corse fuori, nella notte ormai priva di ogni luce.


    Hiroshi tirò un sospiro di sollievo.
    Stavolta c’è mancato davvero poco… Non era la prima volta che si trovava vicino alla morte per mano di un anormale, e probabilmente non sarebbe stata l’ultima, ma ciò non significava che fosse abituato a quelle situazioni.
    Chissà perché tutti questi individui dalla mente contorta capitano a me… Qualcuno là in alto deve volermi male.
    Alzò lo sguardo. Sulla televisione campeggiava ancora l’immagine della ragazza, che ora Hiroshi sapeva morta. Guardandola, aveva come l’impressione che anche lei lo fissasse e sussurrasse queste parole: “vendicami, vendicami…”
    Se davvero è così, hai scelto la persona sbagliata a cui chiedere…
    Hiroshi Natsui non credeva nella vendetta per i morti. I morti non chiedono vendetta, non desiderano la morte dei loro assassini. Questo perché i morti non chiedono, i morti non desiderano. Semplicemente, i morti non sono.
    La vendetta per i morti in realtà è qualcosa che facciamo per noi stessi, per sfogare quei sentimenti di rabbia e odio che proviamo, perché nel momento in cui una persona a noi cara viene uccisa, noi percepiamo tale atto come un’enorme ingiustizia che deve essere ripagata in qualche modo. La morte dell’assassino non serve per la persona uccisa, ma per convincere noi stessi che esiste una giustizia in questo mondo, per quanto manchevole e difettosa. Ma, va da sé e quasi non c’è bisogno di dirlo, l’idea che esista una giustizia in questo mondo è del tutto arbitraria e priva di fondamento.
    Per cui, qualsiasi cosa dovessi fare, io non dirò mai che lo faccio per Suzuka Yamada, ma solo per me stesso. E ciò che farò è ciò che ho deciso di fare sempre: offrirò cibo a chi ha fame, parole a chi cerca conforto, informazioni a chi ricerca la verità.
    Hiroshi aveva deciso di vivere come un personaggio secondario che non agisce mai in prima persona, non importa quanto le altre persone l’avrebbero tacciato di ignavia o codardia. Ovviamente tale sua decisione, come e più dell’idea di giustizia, era del tutto arbitraria. Ma, anche così, andava più che bene. Perché tutto nel mondo è precario e aleatorio. Hiroshi accettava ciò e viveva di conseguenza.


    Sono tornata… Preceduta dal rumore della porta sul retro che si apriva, Kasumi entrò nella stanza, dandosi una rapida occhiata intorno. Hiroshi, non hai ancora pulito il locale?
    Bentornata Kasumi. Ho avuto un cliente dell’ultima ora e ho fatto un po’ tardi, adesso metto a posto.
    Vuoi una mano?
    No, è meglio se tu vai a letto, ma prima manda un messaggio a Haiiro. Digli di venire qua domani mattina. Ho qualcosa da dire a voi due.
    Hiroshi… Alla ragazza non sfuggì il tono diverso dal solito usato da suo fratello. Cos’è successo?
    Vi dirò tutto domani mattina, non serve essere impazienti.
    Hiroshi, se riguarda Suzuka…
    Domani, ho detto.
    Kasumi indugiò presso la porta. Il suo carattere e la situazione la portava a ribellarsi a quell’imposizione, ma aveva il sentore che stavolta non sarebbe servito a niente. A dispetto del suo usuale comportamento, sapeva che Hiroshi poteva dimostrarsi molto fermo nelle sue decisioni.
    D’accordo, come vuoi tu. Ma devi promettermi che mi dirai tutto.
    Lo prometto.
    Kasumi, dopo un ultimo sguardo, se ne andò, lasciando Hiroshi da solo nel locale vuoto.

    Certo che è duro. Il cammino di chi sceglie di far scegliere gli altri… a parole sembra comodo, ma nei fatti è un fardello grave.
    Hiroshi si avvicinò al ripiano in cui teneva vari pupazzi. Tra quelli ne prese uno seminascosto nell’ombra, raffigurante una ragazza dai capelli castani lunghi fino alle gambe e racchiusi da due fiocchi e un cerchietto sulla fronte.
    Però questo è il sentiero che io ho scelto di percorrere e non mi tirerò indietro. Non ho intenzione di farlo. In fondo, in questa assurda vicenda qualcuno deve pur rivestire un ruolo del genere. Non lo pensi anche tu?
    Il pupazzo a cui si era rivolto non rispose. Stava lì immobile e anche per Hiroshi era impossibile dire se fosse vivo o meno. Del resto, per lei la vita e la morte avevano lo stesso valore.
    Senza più attendere una risposta che non sarebbe arrivata, Hiroshi mise giù il pupazzo e si avviò alla sua camera.
     
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    Incubo.
    Frammenti del passato vorticavano incessanti davanti ai suoi occhi. Avrebbe voluto poter distogliere lo sguardo, ma non gli era permesso. Ciò che vedeva era ciò che più di ogni altra cosa avrebbe voluto dimenticare. Un passato recente, così vicino che sembrava di poterlo toccare. Di poter toccare “lei”. Ma lei non c’era più. Lui l’aveva uccisa e poi divorata.

    No! Lei non è morta! Ora lei vive in me!

    Lei è morte, morta, morta… Gridò un’altra voce. Una voce identica alla sua.

    E lui ricordò. Ricordò ciò che era accaduto qualche giorno fa. Ricordò quel letto nel Love Hotel, ricordò la sensazione provata toccando la pelle nuda di lei, ricordò l’attimo di esaltazione quando i loro corpi si erano uniti. E poi ricordò come i suoi baci sul collo di lei andavano trasformandosi piano piano in morsi affamati, ricordò il suo urlo di dolore, ricordò come lei gli avesse gridato di fermarsi. Ma lui l’aveva ignorata e aveva continuato. E ricordò ciò che aveva pensato in quel momento:

    Io ti divorerò. Mi nutrirò della tua carne, assaporerò il tuo sangue, frantumerò le tue ossa, finché di te non rimarrà nulla. E allora potrò dire che sei solamente mia.

    Si svegliò, tutto ansimante. Le primi luci illuminavano già il cielo, nonostante il sole non si fosse ancora levato.
    Era l’inizio di una nuova giornata. L’inizio di una brutta giornata.

    ***



    Allora Hiroshi? Adesso puoi dirci quello che è successo ieri?

    Si trovavano riuniti tutt’e tre, per la seconda mattina di seguito, nel locale di Hiroshi. Haiiro e Kasumi sedevano dal bancone dei clienti, mentre dall’altra parte sedeva Hiroshi.

    Haiiro era preoccupato, la sera precedente Kasumi gli aveva detto di recarsi là, senza specificare il motivo. Ma anche lui poteva capire che riguardava la ragazza scomparsa… e probabilmente non era nulla di buono.

    Kasumi era rabbuiata, sembrava un mare in procinto di trasformarsi in tempesta. Non c’era dubbio che quella notte era stata per lei una notte di attesa snervante. Ora voleva risposte.

    Hiroshi, dietro un’apparenza di calma, sembrava insieme tormentato e rassegnato. Anche chi ha scelto la neutralità conserva comunque dubbi e desideri. Ma sapeva che ora doveva parlare.

    Suzuka Yamada è morta. Inoltre il suo corpo è stato divorato.

    Non usò giri di parola. La notizia colpì i due come un fulmine a ciel sereno. Se la prima parte, per quanto dolorosa, era già stata presa in considerazione dai due, la seconda appariva del tutto fuori dal mondo.

    Divorata...? Hiroshi, sei sicuro? Come è possibile fare una cosa del genere? E perché…?

    Lascia stare Haiiro, non è questo l’importante. La voce della ragazza risuonò bassa e traboccante di una furia gelida.
    Voglio sapere solo una cosa: chi è stato? Chi l’ha uccisa?

    Kasumi…
    Il ragazzo non l’aveva mai vista così adirata e non poté evitare di provare paura guardandola. Sembrava in tutto e per tutto una furia vendicatrice. Hiroshi invece non si scompose e rispose alla domanda.

    Il suo nome è Shirai. Ha capelli neri e occhi marroni, il classico giapponese quindi, ma non dovresti aver problemi a riconoscerlo. Ti basterà vedere il suo sguardo, ne sono certo. È molto simile a quello che hai tu adesso.

    Ah… Haiiro si ricordò del ragazzo contro cui aveva sbattuto, il giorno precedente. Possibile che fosse lo stesso? Accanto a lui anche Kasumi aveva reagito a quelle parole.

    Shirai hai detto? Deve trattarsi di Shirai Yamamoto, il suo ragazzo. Dunque è stato lui. Era lui al locale ieri sera, giusto? Il cliente ritardatario di cui mi hai detto.

    Esatto.

    Non ti chiederò perché non me l’hai riferito subito quando sono tornata, adesso non è importante. Ciò che importa è dove lo posso trovare.

    Aspetta Kasumi, prima abbiamo bisogno di altre informazioni, su ciò che può fare, sul perché del suo gesto…
    Haiiro si fermò. La ragazza non aveva minimamente reagito alle sue parole. Non l’aveva degnato di uno sguardo, come se le sue parole non l’avessero raggiunta.

    Non so dove si trova, ma c’è un luogo dove potrebbe andare.

    E dove?

    Hiroshi sorrise.

    Qui, in questo locale.

    ***



    Cosa posso fare? Shirai si sentiva al limite ormai. I sogni la notte, i ricordi il giorno, lo stavano lentamente consumando. Provava disgusto verso se stesso, verso ciò che aveva fatto. Spesso pensava di consegnarsi alla polizia oppure di uccidersi. Allo stesso tempo aveva paura di farlo. Ma ciò che più l’atterriva e l’esaltava, era il sentimento di eccitazione che aveva provato divorando la ragazza. Se da un lato pensava di essere un mostro, dall’altro non poteva dimenticare l’esaltazione e il senso di appagamento che aveva provato.

    Non c’è qualcuno che mi possa aiutare? Qualcuno a cui chiedere aiuto? Qualcuno con cui parlare?

    Il pensiero subito andò alla persona che l’aveva accolto in quel locale. Nonostante gli avesse svelato ciò che aveva fatto, egli non aveva mostrato segni di disgusto. Forse era perché non gli aveva creduto, ma doveva controllare, doveva sapere se c’era almeno una persona con cui poteva parlare.
    Si alzò e si diresse verso la porta, ma prima di abbassarne la maniglia, un altro pensiero lo colpì.

    Ma cosa sto dicendo? Andarci a parlare? In modo che lui abbia più elementi da riferire alla polizia? No, ciò che devo fare è diverso. Devo andare da lui, ma per un altro motivo. Devo andare per ucciderlo.
     
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    Lui verrà qui a cercarmi. I motivi possono essere due: per parlare con me e cercare conforto, oppure per uccidermi e farmi tacere per sempre.

    I tre erano ancora davanti al bancone a parlare del loro piano e delle mosse di Shirai.

    Ne sei sicuro?

    Sì. Shirai ha paura che io possa confessare a qualcuno ciò che ha detto. Però è anche sbandato, senza punti di riferimento, a un passo dalla follia. Una persona del genere desidera più di ogni altra cosa qualcuno che l’aiuti e lo conforti.
    Non lo disse ad alta voce, ma sembrava voler comunicare questo: “anche voi lo sapete, perché ci siete passati prima”.

    Bene, allora l’aspetteremo qui.
    La ragazza sembrava risoluta. Fin troppo, a dire il vero.

    Kasumi, credo che ne dovremmo parlare…

    Lui ha ucciso e poi divorato una mia amica. Cos’altro che da discutere? Io l’ucciderò, non importa cosa.
    I suoi occhi, la sua voce, tutto comunicavano una cosa sola: non ascolterò nessuno e non mi tirerò indietro.

    Beh, è una reazione comprensibile. Sarebbe normale anche se l’avesse solo uccisa, ma in questo caso l’ha anche divorata. In fondo, per l’umanità il cannibalismo è uno dei tre grandi tabù, insieme all’incesto e all’uccisione dei propri consanguinei.
    Hiroshi qui fece una pausa e guardò fisso i due ragazzi che aveva davanti.

    Però allo stesso tempo non posso fare a meno di pensare che pure tu, come anche Haiiro, sei stata vicina a infrangere uno di questi tabù.

    Hiroshi, se è un’altra delle tue stupide battute, io…

    Tu hai quasi ucciso i tuoi genitori. E Haiiro ha messo in pericolo la vita di tutta la sua famiglia. O forse ve lo siete dimenticati?

    Non se l’erano dimenticati. Non era una cosa che si poteva dimenticare. Però non l’avevano mai vista in quel modo.

    È… diverso.
    Per la prima volta da quando la conversazione era iniziata, la voce di Kasumi mostrava segni di incertezza.

    Certo, è diverso. Eppure, finché non conoscerai i motivi del suo gesto, non potrai dire perché è diverso, se non per il fatto che tu non sei arrivata a ucciderli… e sai bene quanto ciò sia dipeso più dal caso che dalla tua volontà.

    La ragazza era riluttante, ma alla fine annuì.
    Va bene, ti ascolterò. Ma dimmi, credi che, dopo averti ascoltato, cambierò idea?

    No, direi di no. Però vorrei che comprendessi. Comprendessi che chi vuoi uccidere non è un mostro, non una bestia che non fa più parte del genere umano. Chi vuoi uccidere è un essere umano, come me e te.

    Per fortuna, è riuscita a farla ragionare. Haiiro era contento che Hiroshi fosse riuscito a riportarla alla calma, ma insieme provava una punta di invidia vedendo che egli era riuscito dove lui aveva fallito. Ma ora non c'era tempo per quei pensieri.

    Ciò che Shirai mi ha detto era molto disconnesso, quindi potrei sbagliarmi, ma credo che il suo scopo non fosse ucciderla, bensì divorarla. La sua morte è stata quindi solo una conseguenza di ciò, non il fine.

    Ma perché voleva divorarla? C’erano forse dei contrasti tra i due?

    In quel caso si sarebbe limitato a ucciderla. No, lui l’amava, ed è per questo che l’ha divorata.

    L’ha divorata perché l’amava? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? O forse sei impazzito anche tu?

    Di fronte all'invettiva di Kasumi, Hiroshi rispose con calma.
    Anche nella pazzia ci può essere una logica, per quanto contorta. Del resto, l’atto di divorare una persona è ben connotato simbolicamente. In un sogno indica di norma un forte desiderio sessuale, a volte distruttivo, verso la persona divorata.
    Ma divorare qualcuno ha anche un altro significato, più pertinente a questo caso: significa far proprio quella persona, acquisirne le caratteristiche, farlo diventare parte di sé. In pratica, l’averla divorata significa per lui “essere legati corpo e anima, uniti nella stessa carne”.


    È… assurdo.

    Quindi, lui crede che Yamada viva dentro di lui?

    Su questo punto direi che si è verificata una spaccatura. Razionalmente capisce che lei è morta, ma un’altra parte di lui non ci crede e pensa che in qualche modo sia ancora viva in lui. Per questo ritengo che si trovi ad un bivio.

    Un bivio?

    Sì. Può convincersi che davvero lei ora viva in lui e che quindi non ha fatto nulla di male. Se così fosse, potrebbe fare altre vittime, divorando persone a lui care per “farle vivere in lui”.

    È davvero possibile una cosa del genere?

    Sì, credo sia possibile.
    Haiiro si ricordò del suo dialogo con Kuruki. Le circostanze erano diverse, ma anche lei era convinta di agire secondo giustizia e di non star facendo nulla di sbagliato.

    L’altra possibilità è che capisca d’averla davvero uccisa e di aver compiuto un crimine orrendo.
    Ma ciò non significa che non possa uccidere altre persone. Se per lui divorare è un atto d’amore incontrollato, potrebbe rifarlo, anche contro la sua volontà. In quel caso vivrà una vita piena di rimorsi, cercando continuamente di tenere a bada i suoi impulsi.


    Haiiro esitò. Ciò che il ragazzo aveva appena detto...
    Hiroshi, ma questa che hai descritto… non è anche la mia situazione? Una vita di rimorsi, cercando di controllare il mio potere…

    Non lo è. Tu non hai ucciso nessuna persona.
    La voce dura di Kasumi si levò a sua improbabile difesa.

    Però potrei farlo. Anzi, prima o poi è probabile che succeda. Non posso resistere al sonno per sempre. Alla fine crollerò e allora…

    Ci penseremo quando capiterà. Per ora tu non hai fatto male a nessuno.

    Era un argomento fragile, che non lasciava soddisfatto Haiiro, ma il ragazzo non insistette.

    C’è un’ultima cosa che dovrei dirvi. Come detto da Haiiro, Shirai si trova in una situazione simile alla vostra. Per questo è possibile che abbia anche lui un’anormalità.

    Quindi dobbiamo affrontare un nemico che possiede un potere sconosciuto?
    La cosa si stava facendo più ardua di quanto inizialmente avesse pensato.

    Uhm, è solo un’ipotesi, ma se il mio ragionamento precedente è corretto, credo di poter sapere di cosa si tratta.

    Davvero?!

    Sì. L’anormalità è collegata a ciò che ha fatto, ossia al nutrirsi della carne di un’altra persona e farla propria. Inoltre, quando l’ho incontrato ho sentito una forza vitale maggiore del normale, cose se avesse inglobato quella di un’altra persona; anche questo deve essere collegato alla sua anormalità.
    Dunque la risposta è una sola: Shirai Yamamoto ha il potere di far propria la persona divorata, assorbendone l’energia e, forse, i ricordi e l’anormalità. Real Devourer, questo ne sarebbe il nome.


    Anormalità? Ma Yamada ne aveva una?
    Haiiro guardò Kasumi, ma la ragazza scosse la testa.
    Questo… non lo so proprio.

    È probabile che solo una persona sappia se la mia ipotesi è giusta e se Yamada avesse davvero un’anormalità.
    E questa persona è…
    Shirai Yamamoto.


    ***



    Shirai prese un respiro.
    Calma, calma.

    Era combattuto, tra l’andare in quel locale e il non andare, tra l’andare per il parlarci oppure per l’ucciderlo. Inoltre nella sua testa vedeva immagini confuse e sfocate. In alcune compariva lui, in altre suoi conoscenti e in altre ancora completi sconosciuti. Spesso sentiva pronunciare il nome di Suzuka. Erano delle allucinazioni? Forse era davvero impazzito…

    Così non va, devo ritrovare la calma e ragionare.

    Si ricordò di un trucco per rilassarsi che Suzuka gli aveva fatto vedere un paio di volte. Ripensando alla ragazza sentì delle lacrima formarsi al margine degli occhi, ma riuscì a trattenersi.
    Chiuse gli occhi e portò le mani davanti a sé. Sempre a occhi chiusi, cominciò a muovere le mani disegnando nell’aria e insieme nella sua mente una figura ben definita. La figura era ovviamente quella della ragazza.

    Se fosse stato Suzuka a farlo, aprirei gli occhi e vedrei… Ma non è stata lei. Io non posso fare ciò che lei faceva.
    Aprì gli occhi, certo di non vedere nulla di insolito. E invece si sbagliava.

    Davanti a lui c’era l’immagine della ragazza. La luce che filtrava dalla finestra si era come deformata e scissa nei sette colori per costituire l’aspetto della ragazza.

    Impossibile, questo è Light Play, la capacità di Suzuka!

    L’aveva vista più di una volta. La ragazza aveva detto che si trattava della sua capacità, un qualcosa che solo lei era capace di fare. Ciò che la rendeva unica. E allora come aveva fatto Shirai a replicarlo?
    Il ragazzo si mise a ridere.

    Ma certo, ma certo! È come ho detto a quel tizio al bar: ora Suzuka vive in me, è diventata parte di me. Siamo uniti, in un tutto indivisibile. Anche le immagini che vedevo prima… ora capisco, sono i suoi ricordi.

    È per questo che l’ho fatto, Suzuka cara. Divorandoti, ti ho fatto mia per sempre.

    Già, non c’era nessun bisogno di provare colpa. Tutto ciò che aveva fatto, l’aveva fatto per amore.

    Stasera andrò da quel ragazzo e gli parlerò. Se capirà ciò che voglio dire e prometterà di non rivelare nulla lo lascerò stare. Altrimenti… beh ci sono altri modi di far scomparire un corpo, oltre a divorarlo.
     
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    Bene, se abbiamo finito, direi di prepararci.
    Dicendo questo, Hiroshi si alzò guardando i due davanti a sé.

    Abbiamo finito?

    Certo, due post di preparazione, per altro piuttosto lunghi, mi sembrano sufficienti. Quanto vuoi far annoiare i lettori?

    No, non è questo… Lettori? Post? Di che sta parlando?
    Volevo sapere, qual è il mio ruolo? Perché hai voluto che ci fossi anch’io?

    Ho semplicemente pensato che la cosa riguardasse anche te, per il legame che hai con Kasumi. Riguardo al tuo ruolo… ovviamente sei tu a scegliere. Però ti consiglio di andare a scuola e passare una giornata normale; del resto anche volendo non puoi stare qui tutto il giorno…

    Cosa…? State scherzando, vero?!

    Haiiro si girò sbalordito prima verso Hiroshi e poi verso Kasumi. Il primo continuava a guardarlo come se stessero chiacchierando davanti alla televisione, come se non ci fossero le loro vite in gioco. La seconda lo guardava con indifferenza, del tutto disinteressata alla sua presenza.

    No, c’era qualcosa che non andava. Non poteva averlo chiamato solo per dirgli questo. E non poteva neanche credere che non avrebbe fatto nulla sapendo quale rischio i due stavano correndo.
    Deve esserci qualcosa che posso fare. Vorrei stare vicino a Kasumi, in modo da poterla assistere, e vorrei che Hiroshi non corresse il pericolo di incontrare Shirai. Come fare per realizzare questi due obiettivi?

    Insieme alla domanda, venne anche la risposta. C’era un modo, ed era anche piuttosto semplice.

    Hiroshi, non è che oggi potresti farmi lavorare al posto tuo? Avrei bisogno di soldi, anche pochi, e un lavoro del genere sarebbe l’ideale. Inoltre tu potresti prenderti un giorno libero, visto che di solito sei occupato tutta la settimana.

    Cosa stai dicendo?
    Kasumi era a dir poco sorpresa, al contrario Hiroshi assunse un’aria pensosa, come se ci stesse pensando su.

    È un’irregolarità e se il proprietario del locale lo venisse a sapere sarei nei guai. Inoltre, per quanto non abbia dubbi sulla tua capacità di preparare un buon caffè, non posso dire di fidarmi altrettanto delle tue capacità di intrattenere i clienti.
    D’altronde non mi dispiacerebbe avere un giorno libero…


    Dopo aver rimuginato così un altro po’, Hiroshi si decise.

    Va bene, ti darò questa opportunità. Di paga non posso garantirti tanto, spero che ti accontenterai.

    Certo, mi va bene qualsiasi cifra.

    Hiroshi, sei davvero sicuro che…

    È la sua scelta in fondo. A me va bene così.

    Nel silenzio che seguì quelle parole Hiroshi si diresse con tutta calma verso la porta.

    Beh, io vado. Visto che è passato molto tempo dall’ultima volta, credo che mi recherò a scuola. Ah, non preoccupatevi che Shirai mi possa seguire. Se fosse qui vicino me ne accorgerei.
    E con un saluto se ne andò, uscendo dal locale e da questa storia. Fino alla sua fine non ricomparirà.




    Haiiro e Kasumi sedevano in silenzio, guardandosi l'un l'altro come se fosse una qualche specie di sfida. Alla fine la ragazza si decise a parlare.

    Sembra che, grazie a quell'inutile pagliacciata, tu sia riuscito a ottenere ciò che volevi. Non so cos’hai in mente di fare, ma non riuscirai a fermarmi. Shirai Yamamoto deve morire.

    Non ti preoccupare, non ho alcun interesse a salvarlo.

    Era vero, la vita di Shirai non interessava a Haiiro. Ma lo stesso si poteva dire della sua morte. Sia Suzuka che Shirai erano per lui degli sconosciuti, persone lontane a cui non era interessato. Il crimine del ragazzo era abominevole, ma non riguardava Haiiro.

    No, lui aveva deciso di rimanere per un motivo diverso. Quando Kasumi aveva detto di voler uccidere Shirai, i suoi occhi erano diventati freddi, privi di luce. Gli aveva fatto paura, non perché temesse per la sua vita, ma perché in quel momento la ragazza gli era parsa una completa estranea. Non voleva vederla in quelle condizioni. Non voleva perdere la ragazza che conosceva, rimpiazzata da un'estranea che lo spaventava. Per evitarlo avrebbe fatto di tutto, fosse anche salvare Shirai dalla morte.
    Fosse anche ucciderlo con le sue mani.
     
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    Kasumi lanciò un’occhiata all’orologio. Un’altra. Nel corso di un’ora, doveva averlo fatto almeno milleottocento volte.

    Kasumi, guarda che non è detto che Shirai venga oggi…

    Lo so benissimo, non serve che me lo dici.

    A dispetto delle sue parole, sembrava pensare tutt'altro, come dimostravano le sue continue occhiate all'orologio.
    I due, Haiiro e Kasumi, avevano dovuto badare al locale per tutto il giorno. Nonostante l'inesperienza di Haiiro e la deconcentrazione di Kasumi, erano riusciti egregiamente nell'impresa, giostrandosi tra il servire i clienti, intrattenere i bambini e rispondere alle domande degli habitué sull’assenza di Hiroshi.
    Ovviamente avevano osservato con cura ogni avventore, alla ricerca di Shirai, ma senza fortuna. Ormai non mancava molto all’orario di chiusura e le probabilità che il ragazzo si facesse vedere erano sempre più basse.
    Haiiro ne era insieme sollevato e preoccupato. Sollevato perché il problema veniva rimandato, preoccupato perché temeva che potesse farsi vivo un altro giorno, quando lui non c’era. Ma i pensieri di Kasumi andavano in ben altra direzione e la sua impazienza era evidente.
    Gli ultimi clienti rimasti, una donna con il figlio e l’amico di quest’ultimo, si alzarono dal loro tavolino e, dopo aver pagato, se ne andarono. Il locale ora era vuoto.

    Sembra non sia venuto… che dici, chiudiamo qua?

    Era evidente dalla faccia di Kasumi che tutto voleva, tranne quello. Eppure non aveva altra scelta. Aprì la bocca per rispondere e…
    La porta si aprì.
    La figura di un ragazzo dai capelli neri si stagliò all’entrata. Haiiro lo riconobbe subito: era Shirai Yamamoto.

    È entrato proprio quando sono usciti gli ultimi clienti. Non può essere un caso…

    È lui? Sussurrò piano Kasumi.

    Sì. È lui.

    Non sapeva se dire la verità alla ragazza fosse la cosa giusta, ma sul momento non seppe mentire. Osservò lo sguardo della ragazza cambiare, i suoi occhi ridursi a due sottili fessure.
    Shirai nel frattempo si stava guadando attorno, come se stesse cercando qualcosa… o qualcuno.

    Buonasera, le serve qualcosa?

    Ah, sì. Mi servirebbe un’informazione.
    Ieri sera sono venuto in questo locale e… devo essermi dimenticato qualcosa. Forse il ragazzo che era qui l’altro giorno, un tale dai capelli biondo chiari, ne sa qualcosa…


    L’oggetto smarrito era di sicuro una scusa, ma Haiiro fece finta di nulla.

    Può essere. Purtroppo Hiroshi oggi non c’è, quindi…

    Se cerca Hiroshi – si intromise Kasumi, lo sguardo rapace di poco fa coperto da una maschera di cordialità – si trova nell’appartamento al primo piano, sopra a questo locale. Sta poco bene e ha preferito non venire a lavorare, ma se deve solo chiedergli qualcosa, posso portarla da lui.

    Oh… allora se non è un disturbo per lei, facciamo così.

    Nessun disturbo, glielo assicuro.

    Kasumi sorrise. Dall’esterno poteva sembrare un normale sorriso di cortesia, ma Haiiro lo riconobbe per quello che era realmente: un ghigno di soddisfazione.

    La ragazza aveva pensato a un piano insieme semplice ed efficace. Con la scusa di portarlo da Hiroshi (che in quel momento poteva essere dappertutto tranne al piano superiore), l’avrebbe attirato in una stanza vuota per poi ucciderlo col suo potere. Il suo Breath-Taker, la sua anormalità che sottraeva l'energia vitale delle persone, era letale, ma funzionava solo a corta distanza: un attacco a sorpresa in un luogo chiuso era la migliore strategia per adoperarlo.

    Ah, vi accompagno…

    No, non serve. È meglio se badi al locale e cominci a riordinare.

    Però…

    Haiiro. Resta qui.

    Il tono della risposta impediva ogni obiezione. Il ragazzo decise di far finta di obbedire, per poi raggiungerli subito dopo. Si mise quindi a raccogliere le tazzine e a pulire i tavoli. La porta per il piano superiore, dove si trovava l’appartamento in cui vivevano Hiroshi e Kasumi, si aprì per poi chiudersi poco dopo. Una chiave scattò.
    Solo allora Haiiro capì di essere chiuso lì e di non poter più raggiungere Shirai e Kasumi.

    ***



    Sicura che vada bene?

    A cosa si riferisce?

    Shirai con un gesto indicò la porta alle loro spalle.

    Ha chiuso la porta, per far in modo che il suo collega non possa raggiungerci. Perché?

    Oh, non si preoccupi. È solo una precauzione.

    Shirai la guardò ancora un attimo, poi fece spallucce.

    Allora, andiamo?

    Con molto piacere.

    Kasumi sorrise, assaporando il momento in cui avrebbe sottratto la vita a quell’individuo.
    Era così presa a immaginare la scena che non presto attenzione al modo in cui Shirai stava muovendo le mani, come a disegnare qualcosa.
     
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    Hiroshi è qui dentro.
    Kasumi indicò la camera da letto di Hiroshi.

    Shirai annuì e poi abbasso la maniglia per entrare.

    È permesso…
    Subito si immobilizzò. La stanza era vuota.

    Che cosa…?

    Si girò verso la ragazza, ma lei lo afferrò per le spalle prima che potesse reagire e lo spinse contro il muro, avvicinando il suo volto a quello di Shirai. Se qualcuno li avesse visto avrebbe pensato a qualche scena tra fidanzati, ma la realtà era ben diversa.

    Lo senti? La tua vita, che pian piano se ne va… Sei fortunato, per quanto terribile il mio Breath-Taker non provoca dolore, la tua sarà una morte dolce, soprattutto confrontata a quella di Suzuka.

    Suzuka… allora sai quello che è successo?
    Nonostante stesse perdendo le forze Shirai non si trattenne dal rispondere.
    Però temo che hai capito male. Suzuka non è morta, lei ora è qui con me.

    Mi spiace, ma non ho né tempo né voglia per sentire le tue assurdità.
    Il volto di Kasumi era sempre più vicino a quello di Shirai.

    Oh, non le dovrai sentire ancora a lungo. Per mia fortuna mi ero premonito di fronte agli imprevisti prima di salire.

    A fianco di Shirai comparve una copia del ragazzo che tirò un pugno a Kasumi. La ragazza, agendo d’istinto, lasciò la presa su Shirai per bloccare il colpo, ma il pugno, invece di colpirla, si dissolvette insieme alla falsa immagine del divoratore, la quale non era nient’altro che un gioco di luce per ingannarla e farle lasciare la presa.
    Shirai tuttavia usò quel momento per allontanarsi dalla ragazza. Kasumi provò a riavvicinarsi, ma, davanti ai suoi occhi, le immagini del ragazzo si triplicarono. Ora fronteggiava tre ragazzi, tutti uguali. Due dovevano essere delle copie, ma uno era quello vero. Come distinguerli?

    Sei confuso? Sai almeno cos’è questo? È il Light Play, la capacità di Suzuka! Sai cosa vuol dire? Te l’ho detto prima, Suzuka non è morta, ma è diventata una parte di me!

    E io ti ho già risposto: non sono interessata alle tue farneticazioni!

    Kasumi osservò attentamente le immagini di fronte a sé, accorgendosi che due di esse erano strane: a ogni loro movimento poteva scorgere uno strano sfarfallio, come se si stesse guardando una televisione non perfettamente sincronizzata.

    Dunque sono loro le copie.

    Senza aspettare altro, Kasumi si lanciò verso Shirai, quello vero, con l’intenzione di afferrarlo per poi finirlo col suo potere.
    Nonostante la sorpresa di essere individuato, Shirai riuscì comunque a reagire: schivò il braccio proteso della ragazza spostandosi di lato e, allo stesso tempo, usando una mano più simile a l’artiglio di un animale che a quella di un uomo, lacerò la pelle della ragazza all’altezza del bicipite.
    Kasumi non riuscì a trattenere un urlo di dolore.

    Hai un buon spirito di osservazione, ragazza. Dimmi, in che rapporti eri con Suzuka?

    Era una mia compagna e un’amica.

    Davvero? Se è così – Shirai prese il lembo di pelle di Kasumi che teneva in mano e, portatolo alla bocca, lo leccò – ti farò l’onore di divorare la tua pelle e bere il tuo sangue, affinché tu faccia compagnia a Suzuka.

    Grazie – nonostante il dolore Kasumi sorrise – ma ne faccio volentieri a meno.


    ***



    Haiiro sentì un grido.
     
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    Un grido. Era di Kasumi, Haiiro ne era sicuro. Doveva andare a salvarla, porta chiusa o no. Si mise a cinque metri della porta e, partendo alla carica, le si buttò addosso con tutto il suo peso. O almeno ci provò, poiché la porta si aprì un attimo prima di venire colpita. Come risultato Haiiro si trovò a caracollare sulle scale, riuscendo a mantenere l’equilibrio per pura fortuna.

    Ma cosa…

    La porta era dietro di lui, aperta, e si muoveva avanti e dietro sui suoi cardini. Com’era possibile? Era come se… fosse viva.

    Ah, adesso capisco. Però, Hiroshi, avresti potuto avvertirmi…

    Ma non c’era tempo per recriminare. In fretta, Haiiro salì le scale fino al piano superiore. Ciò che vide giunto lì fu Kasumi, ferita al braccio da un lato, mentre dall’altro c’erano Shirai e… altri due Shirai?!

    Sono delle illusioni oppure sono reali?

    Haiiro non ebbe tempo di fermarsi a esaminare le alternative, perché Shirai, trovandosi in minorità numerica, decise di scappare. Con un gesto fece in modo che le sue due copie si gettassero ognuna contro uno dei suoi avversari.
    Haiiro, come aveva fatto Kasumi poco prima, si fece prendere dall’istinto ed evitò l’attacco del falso Shirai spostandosi di qualche passo a destra. In questo modo tuttavia lasciò libero il passaggio che conduceva alle scale, su cui subito il vero Shirai si precipitò, scendendo in fretta e furia le scale.
    L’altro Shirai, semplice immagine creata da un gioco di luce, si era buttato contro Kasumi solo per distrarla, ma la ragazza era riuscita a capire il trucco e, senza perdere tempo, si era gettata all’inseguimento del vero Shirai.

    Muoviti!
    Gridò a un Haiiro ancora intontito mentre gli passava davanti.
    Paradossalmente, quel grido rincuorò il ragazzo. In qualche modo, sentì che Kasumi l’aveva accettato come alleato e non più come un fastidio da rimuovere.

    Anche lui si gettò all’inseguimento del ragazzo per le scale, sperando che la porta li aiutasse a trattenere Shirai. Speranza vana: Shirai l’aveva già varcata e si stava dirigendo fuori dal locale. Kasumi l’inseguiva, ma Shirai sembrava possedere un’energia superiore al normale. In effetti Hiroshi aveva accennato a qualcosa del genere.
    Se fosse riuscito a uscire, inseguirlo lungo le strade sarebbe stato più difficile. Accortasi di ciò, Kasumi rallentò e si mise a fianco di Haiiro.

    Devi usare il tuo potere per fermarlo, ora, prima che ci sfugga.

    Ma non so se…

    Devi! Per favore!
    Il tono della sua voce era un misto tra un ordine e una supplica. Agli angoli dei suoi occhi, Haiiro vide luccicare delle lacrime. Aveva deciso di fare di tutto affinché Kasumi non uccidesse Shirai, eppure davanti a quella scena non seppe rifiutare.

    Chiuse gli occhi, entrando nello stato di dormiveglia. Mentre la sua coscienza si ritraeva sentì il suo corpo cadere a terra sulla dura superficie.
    Spinto dall’urgenza, senza neanche provare a decifrare il sogno che era giunto alla sua mente, lo inviò a Shirai, scongiurando che avesse effetto.
    Rimase così per una trentina di secondi, prima di aprire gli occhi. Se il suo sogno non aveva avuto effetto lungo quel lasso di tempo, non ne avrebbe avuto neppure dopo.
    La stanza era vuota. A fatica Haiiro si alzò in piedi, il corpo che gli doleva per la botta che si era procurato cadendo. Dalla porta che dava all’esterno, comparve una sagoma. Il cuore di Haiiro perse un colpo.
    Era Kasumi.

    Come… come è andata?

    La ragazza lo guardò, gli occhi spenti, privi della benché minima emozione.

    L’ho perso.

    ***



    Kasumi camminava avanti e indietro per la sala. Dopo essersi lasciata sfuggire Shirai, ciò che aveva provato era stata un’enorme vacuità, come se fosse rimasta svuotata da ogni emozione. Ora però tale vuoto doveva essere colmato e il sentimento più immediato per farlo era la rabbia. Ovviamente, ricettacolo di tale rabbia non era altro che Haiiro.

    Ti rendi conto? Se non fossi piombato di sopra, sarei riuscito a ucciderlo io stessa! E invece è scappato! Ed è scappato perché tu ti sei intromesso! Lo sapevo che non dovevo lasciarti restare. Hiroshi non aiuta mai in queste cose, ma almeno non mi ostacola. Tu invece…

    In silenzio Haiiro sopportava tutte le ingiurie, consapevole che alla ragazza serviva uno sfogo. Ma un simile atteggiamento non poteva essere accettato da Kasumi. Infuriata si diresse verso di lui e l’afferrò per il colletto della giacca.

    Vuoi continuare a stare tutto il tempo zitto?! Se hai qualcosa da dire a tua discolpa, parla!

    Haiiro sentì le sue energie che calavano; spinta dalla rabbia e senza neppure rendersene conto, Kasumi doveva aver attivato il suo potere.

    È vero che se non fossi intervenuto, forse saresti riuscita a uccidere Shirai.
    Haiiro cercò di restare calmo, nonostante la crescente debolezza. Non voleva che Kasumi capisse di aver perso il controllo sulla propria anormalità.
    Però è anche possibile che tu fossi uccisa da lui. E questo non posso permetterlo, in nessun caso.

    Si liberò dalla presa della ragazza e si allontanò di qualche passo.

    L’avrai capito, ma io ho deciso di rimanere non per uccidere Shirai, ma per salvare te. Lo farò, anche se tu dovessi odiarmi.

    Ma che eroe!
    La voce di Kasumi grondava di sarcasmo.
    Peccato che l’unica mostra del tuo valore è stata il lasciar fuggire via Shirai. Un gran bel risultato, vero?

    Ehi, dove stai andando?

    Fuori, prendo una boccata d’aria.

    Fuori?! Con Shirai che potrebbe essere chissà dove, magari sta aspettando solo il momento giusto per attaccarci, tu vuoi andare fuori?!

    Haiiro non replicò, ma continuò a camminare.

    Bene! Fai quel che vuoi, resta pure ucciso da Shirai. Io di certo non verrò a cercarti.

    Parole dettate dalla rabbia, quel genere di frase che a mente fredda ferisce in primo luogo chi l’ha pronunciate, ma Haiiro sarebbe stato contento se Kasumi l’avesse mantenuto, non venendolo a cercare.
    Prima di uscire passò dalla cucina e prese un oggetto dal tavolo, stando attento che la ragazza non lo vedesse.

    ***



    Crepuscolo: è il periodo di tempo che segue il tramonto. Nonostante il sole non sia più visibile, permane ancora una debole luce. Fu sotto quella luce che Haiiro uscì dal locale e si incamminò per la strada. Mentre camminava continuò a guardarsi intorno, alla ricerca di una persona. Alla fine la trovò. Si avvicinò, premurandosi di farsi riconoscere. Le fece segno di tacere e, messosi davanti, la guidò verso un’area disabitata.

    Era un ex cantiere edile, ormai abbandonato, che Haiiro aveva trovato lungo le sue insonni camminate notturne alla ricerca di bar aperti la notte. Ci si accedeva da una stradina secondaria, non illuminata dai lampioni e piena di buche. Probabilmente in passato si era progettato di farne un’area residenziale, ma il progetto era stato interrotto poco dopo l’inizio dei lavori. Tutto ciò che rimaneva era lo scheletro di due edifici mai completati e, più in là, due lotti di terreno ora ricoperti da erbacce. In quel posto non sarebbero stati disturbati. Finalmente Haiiro si rivolse al suo accompagnatore.

    Sono felice che sei riuscito a capire il messaggio che ti ho mandato prima. Non era un sogno facile da interpretare. Comunque, per evitare fraintendimenti, te lo dirò chiaramente.

    Nello stesso momento in cui diceva ciò, Haiiro tirò fuori l’oggetto preso dalla cucina: un grosso e affilato coltello.

    Shirai Yamamoto, ti ho condotto qui per ucciderti.

    A circa cinque metri di distanza da lui, Shirai sorrise.

    Che coincidenza, anch’io sono qua per ucciderti.
     
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    Nonostante Haiiro si fosse messo in posizione di attacco, con il coltello stretto nella mano destra portato avanti rispetto il corpo, Shirai era ancora immobile, le braccia distese lungo i fianchi.

    Lasciamelo chiedere, tanto per curiosità… perché non sei venuto insieme alla ragazza? In due avreste avuto di sicuro più possibilità.

    Era vero, forse più di quanto Shirai stesso pensasse. Grazie alle illusioni di Haiiro sarebbe stato molto più semplice per Kasumi avvicinarsi e usare il suo potere. Al contrario, ora che Haiiro era da solo non poteva utilizzare la sua anormalità, in quanto lo lasciava indifeso e non aveva poteri d’attacco. Per questo doveva affidarsi a quel coltello, un’arma con cui non aveva alcuna dimestichezza.
    Per Haiiro, che non aveva mai combattuto in quel modo, era una mossa quasi suicida. Eppure era l’unica che potesse accettare. Non poteva permettere che Kasumi combattesse.

    È semplice: primo non voglio che lei muoia. Secondo, non voglio che lei ti uccida. Se lo facesse, se diventasse un’assassina, allora io la perderei per sempre.

    Non aveva motivazioni razionali per spiegare quell’ultima frase, eppure lo sapeva. Ne aveva avuto la consapevolezza quando aveva guardato Kasumi negli occhi e li aveva visti sprofondare nell’oscurità.

    Quindi stai facendo tutto questo per lei?

    Per lei? No, ti sbagli. Io lo faccio per me stesso.
    Te lo detto, non voglio perderla. Non voglio che diventi una persona diversa da quella che è, non voglio guardarla negli occhi e non riconoscerla più. In pratica, non sto pensando a quello che lei desidera, ma solo a ciò che io voglio. Questo, più che altruismo, assomiglia all’egoismo.


    Shirai proruppe in una bassa e lugubre risatina, le spalle che tremolavano leggermente. Nonostante stesse ridendo, sembrava quasi che si stesse strozzando o che fosse in preda a delle convulsioni.

    E io che pensavo che avresti declamato chissà quale dichiarazione d’amore. Invece vieni qui e dici che fai tutto per egoismo. Sei proprio uno strano tipo…

    Detto da uno che ha divorato la sua ragazza, non so se considerarlo un complimento o un insulto...

    Dalla tua risposta sembra che anche tu non capisca… Non ho divorata Suzuka per ucciderla. Al contrario, l’ho fatto perché l’amavo. Due che diventano uno: non è questa la forma massima di amore?
    Adesso io e lei saremmo sempre assieme, per sempre.


    Hiroshi aveva già detto ad Haiiro dell'anormale visione di Shirai, che chiamava unione ciò che era omicidio, ma sentirselo dire dal diretto interessato era tutta un'altra cosa.

    Ma tu… davvero credi in quello che dici?

    Certo che ci credo. Altrimenti mi sarei già ucciso. Eppure…

    L’espressione di Shirai cambiò, così come cambia il giorno dalla notte. Tristezza e solitudine, questo è ciò che Haiiro poteva leggere in quel momento nei suoi occhi.

    Eppure, adesso che siamo una cosa sola, non posso più abbracciarla. Non posso più toccarla come facevo una volta, né baciarla sulle labbra. Qualsiasi gesto d’amore che volessi dimostrarle, si trasmuterebbe in un vuoto gesto di autoerotismo. Non potrò mai più provare la sensazione di calore che abbracciare il suo corpo mi donava…
    Che ironia, ora che è diventata parte della mia carne, non posso più raggiungerla…


    “Brutto bastardo, questa è solo la conseguenza delle tue azioni. Tu l’hai divorata, tu ti sei privato della possibilità di toccarla. Come osi provare tristezza adesso, dopo averla uccisa?
    Ciò che provi è la giusta punizione per ciò che hai fatto, anzi è fin troppo poco. Meriteresti di provare questo dolore cento volte più forte.”

    Questo era ciò che una persona normale avrebbe forse pensato. Ed era ciò che Haiiro avrebbe voluto pensare. Ma per quanto volesse, non ci riusciva. Tutto quello che provava era pena. Esatto, in quel momento Haiiro provava pena per Shirai che, nel tentativo di non separarsi mai dalla persona amata, l’aveva persa per sempre, condannandosi a un’irrimediabile solitudine. Per quanto Shirai ripetesse di non averla uccisa, da qualche parte dentro di sé doveva essere consapevole di ciò che aveva fatto.

    “Chi vuoi uccidere non è un mostro, non una bestia che non fa più parte del genere umano. Chi vuoi uccidere è un essere umano, come me e te.” Queste erano state le parole di Hiroshi.
    Haiiro non le aveva dato molta importanza, ritenendole poco più di uno sfoggio di retorica. Ora invece gli sembrava di capire cosa volesse dire. Shirai era una persona come lui, che provava emozioni e sentimenti allo stesso suo modo. Poteva piangere e poteva ridere, poteva soffrire ed essere felice. Per quanto male compisse, quella rimaneva una verità incancellabile.
    Una parte di Haiiro avrebbe voluto maledire Hiroshi per averglielo detto. Quanto più semplice non sarebbe stato considerare Shirai poco più di una bestia da macellare, un mostro da sterminare, qualcuno che non faceva più parte del genere umano? Quanta pena avrebbe risparmiato, quanti rimorsi avrebbe evitato! Ma tale facile scappatoia, non poteva certo soddisfare l’animo contorto e pronto a farsi carico di mille colpe di Haiiro. Le uniche parole che avrebbe rivolto a Hiroshi sarebbero state di ringraziamento.

    Ho idea che ora ognuno di noi comprenda meglio l’altro. Eppure proprio per questo credo che non possiamo più tergiversare.

    Haiiro assunse di nuovo una posa d’attacco, pronto a scattare. Stavolta anche Shirai si mise in posizione di combattimento.

    Vuoi attaccarmi mentre mi distrai con le tue illusioni?

    Sarebbe comodo, ma purtroppo il mio non è quel genere di potere. In un combattimento di questo tipo mi è impossibile usarlo.

    Quanto era intelligente rivelare le carte prima di combattere? Non molto, ma Haiiro sentiva come se una mutua empatia si fosse instaurata tra loro due. Se fosse per le precedenti rivelazioni oppure per il clima di battaglia mortale che tutt’e due respiravano, non lo sapeva. Ma le successive parole di Shirai dimostrarono che Haiiro non aveva commesso un errore.

    Allora siamo pari.

    Shirai fece un gesto col braccio, come a indicare l’ambiente in cui si trovavano. Allo stesso tempo, un lieve sfarfallio di colori opachi seguì quel gesto. Niente di più, del resto non si poteva vedere molto altro. Ogni luce, se non quella fiocca della luna, era scomparsa. I due ragazzi erano circondati dal buio della notte.

    La mia, anzi, la capacità di Shizuka le permette di manovrare la luce, per creare una sorta di miraggio. Ma con questa luce è praticamente impossibile allestire delle immagini decenti.
    In pratica, questa sarà una normale battaglia mortale tra due normali ragazzi intenzionati a uccidersi.


    Davvero? Ottimo, era da molto che non mi capitava di fare una cosa tanto “normale”. Allora, non perdiamo tempo!

    Dandosi la carica con un grido, Haiiro si lanciò contro Shirai, il coltello portato in avanti verso un affondo mortale.
     
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    Shirai evitò con facilità la goffa carica di Haiiro e fece per colpire il ragazzo con le sue unghie simili ad artigli, ma lo slancio di Haiiro era stato tale da averlo portato oltre la portata di Shirai. Rinunciando ad avvicinarsi, quest'ultimo scelse invece di aspettare una situazione più favorevole per colpire. Al contrario Haiiro, appena ripresosi dalla sua carica, si slanciò di nuovo contro Shirai, stavolta con un colpo portato da sinistra verso destra che il suo avversario evitò, senza tuttavia riuscire a contrattaccare.

    Questo schema si ripeté più volte: Haiiro continuava ad attaccare, in modo sempre più dissennato e caotico, mentre Shirai si limitava a schivare. Perché Shirai non contrattaccava? Era forse una tattica per stancare Haiiro?
    La risposta è no: una tattica del genere ha senso solo se si è in possesso di una certa esperienza e se si è capaci di difendersi in modo efficace. In uno scontro tra due principianti della lotta armata, come sono Haiiro e Shirai, è chi attacca ad essere in vantaggio. Colpire il nemico col coltello è molto più semplice che difendersi da esso. Inoltre basta un solo attacco ben riuscito per mettere fuori gioco l'avversario, mentre per stancarlo c'è bisogno di tempo, col rischio sempre maggiore di venir colpiti.
    L'uso di un'arma dava un certo vantaggio ad Haiiro, ma considerando la sua maggiore energia e la mancanza di coordinazione degli attacchi di Haiiro, Shirai avrebbe potuto batterlo senza troppe difficoltà se fosse passato all'attacco. Ma non ci riusciva e il motivo di ciò era semplice: aveva paura.

    Fino a qualche giorno fa, Shirai era un comune ragazzo come tanti, che viveva una vita normale e senza pericoli. Non si era mai trovato di fronte a una situazione di vita e di morte, non aveva mai neppure pensato di doverla affrontare. Ma ora era lì, impegnato in una lotta da cui dipendeva la sua vita.Se nello scontro con Kasumi la paura non si era impadronito di lui, era stato perché la situazione gli era sembrata troppo “irreale”. Anormalità che tolgono la vita, che rendono reali i sogni... era tutto troppo fantastico per prenderlo sul serio. Pur avendone accertate la loro esistenza, Shirai non riusciva a convincersi della loro effettiva concretezza. Per lui erano poco più di un gioco, del resto l'unica anormalità da lui sperimentata prima di questa vicenda era il Light Play di Suzuka, che aveva sempre considerato come una sorta di gioco illusionistico: bello, ma privo di realtà effettiva. Questa “leggerezza” con cui aveva affrontato il mortale Breath-Taker di Kasumi era stata la sua salvezza, poiché gli aveva permesso di combattere senza farsi prendere dalla paura. Tuttavia, quando Haiiro gli si era gettato contro impugnando un coltello, non aveva più potuto fingere che quello fosse un gioco. Quel coltello era un oggetto che conosceva, reale e concreto, di cui non poteva in alcun modo negare la pericolosità. “Se quello mi colpisce sono spacciato”, “devo evitare a tutti i costi i suoi attacchi” erano questi i pensieri di Shirai di fronte all'assalto di Haiiro. Così tuttavia perdeva ogni occasione di contrattacco, trincerandosi in una difesa ancora più rischiosa.
    Al contrario Haiiro stava attaccando dando fondo a tutte le sue energie, senza preoccuparsi delle falle nella sua difesa o della stanchezza sempre crescente. Attaccava, attaccava e attaccava ancora, mirando a null'altro che alla vita di Shirai. In quel modo, tramite un attacco all'apparenza suicida, Haiiro, più debole del suo avversario sotto tutti gli aspetti dal punto di vista fisico, era riuscito a prendere l'iniziativa dal punto di vista psicologico. Sarebbe bastato un attacco portato a segno, uno solo, tra la miriade che stava tirando, per garantirgli la vittoria.

    Haiiro non aveva sbagliato: aveva scelto la migliore strategia per quella battaglia, aveva combattuto dando fondo a tutte le sue energie, senza curarsi della sua stessa vita, si era sforzato al massimo per raggiungere il suo obiettivo, qualunque fossero le conseguenze. Se davvero il mondo si basasse sull'impegno e sulla forza di volontà, la vittoria sarebbe dovuta toccare a lui.

    Ma la realtà non è gentile, il mondo non è giusto.

    Degli innumerevoli attacchi che Haiiro aveva sferrato solo tre erano andati a segno: una lunga ma superficiale ferita al braccio destro di Shirai che andava dall'avambraccio fino al gomito, un taglio alla mandibola e una ferita poco sopra l'occhio sinistro. Nessuna delle tre era mortale. Haiiro invece era disteso a terra: dopo circa cinque minuti di lotta la stanchezza era stata tale che a malapena riusciva a stare in piedi. Approfittando di ciò, Shirai aveva posto fine alle esitazioni e l'aveva colpito con le sue unghie simili ad artigli, mandandolo a terra con una ferita sanguinante sul collo. Il coltello gli era sfuggito di mano ed era caduto lontano da qualche parte sul terreno, nel buio. Non c'era più nulla ormai che potesse fare. Shirai si avvicinò a lui, colpendolo al fianco con un calcio. Haiiro non urlò, non ne aveva più le forza. Dalle labbra gli uscì solo un gemito strozzato.

    Hai combattuto bene... ma hai perso. Mi dispiace, ma ora devo divorarti.

    Divorarmi...? Non te lo consiglio, non ci guadagneresti nulla...

    Era vero, cosa poteva prendere da lui Shirai, con il suo Real Devourer? La sua energia? Ma se non riusciva neppure a stare in piedi! Forse la sua anormalità? Poteva prendersela pure, non ci avrebbe guadagnato nulla di buono, se non notti in bianco e giornate insonne. I suoi ricordi? E cosa contenevano se non un'infanzia solitaria, un doloroso incendio che l'aveva separato dalla sua famiglia e una vita piena di rancore e sensi di colpa? I ricordi di Kasumi e Hiroshi, oltre al breve tempo passato all'Hakoniwa, ecco, quelli erano forse gli unici che valeva la pena acquisire. Non poi molto, rapportato a tutto il tempo che aveva vissuto. Eppure... eppure Haiiro, mentre Shirai si chinava su di lui pronto a divorarlo, non poteva far altro che ripetere dentro la sua testa un pensiero incessante “non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire...” Si era gettato nella lotta incurante della propria vita, tuttavia ora non desiderava morire. E accorgersene solo in quel momento, quando era troppo tardi...!

    Haiiro chiuse gli occhi, incapace di far altro, mentre la mano artigliata di Shirai si avvicinava alla sua gola. Sentì qualcosa di caldo cadere su di lui. Aprì gli occhi: era sangue. Dal petto di Shirai usciva sangue, sgorgante da una ferita aperta da un grosso coltello di cucina conficcato nel suo addome. E a stringere quel coltello non era altri che Kasumi.

    Mi spiace, non posso lasciarti uccidere anche lui.
     
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    Kasumi...

    Appena la vide, nella mente di Haiiro passarono due pensieri. Il primo fu “sono salvo” e il secondo “ho fallito”. Kasumi avrebbe ucciso Shirai, salvando la vita di Haiiro, ma così sarebbe diventata un'assassina. E Haiiro, nonostante i suoi sforzi, non era riuscito a impedire questo sviluppo.

    Shirai, con un lamento simile a un grido strozzato, si allontanò da Haiiro e da Kasumi, il coltello ancora conficcato nel petto. Kasumi non lo inseguì, anzi lasciò la presa sul coltello, consentendo a Shirai di allontanarsi. Il ragazzo cercò di aumentare le distanze dai due, trascinando stancamente il corpo, ma a causa della ferita non riuscì a fare più di qualche metro, prima di stramazzare a terra. Qualsiasi energia extra avesse ricavato da Yasuda sembrava ora scomparsa, come divorata da quella ferita che si allargava nel suo petto.

    Perché... perché sei qui?

    Non è ovvio? Ti ho seguito. Credevi davvero che non mi fossi accorta di nulla? No piuttosto, se anche non me ne fossi accorta, pensavi che potessi lasciarti uscire da solo quando in giro c'era ancora Shirai che avrebbe potuto ucciderti? Hai così poca fiducia in me?

    Haiiro la guardò confusa. Era... diversa. Diversa dalla solita Kasumi che conosceva, ma anche dalla Kasumi sanguinaria e intenzionata a uccidere Shirai a ogni costo che tanto aveva spaventato Haiiro. Quand'è che era cambiata?

    E ora scusami, devo finire ciò per cui sono venuta qui.

    Dicendo così si girò verso Shirai. Era evidente ciò che voleva fare.

    No... ti prego, non uccidermi! Non lo capisci, se uccidi me, anche tutto ciò che rimane di Suzuka morirà!

    Suzuka... è già morta.
    Non era la rabbia e la sete di vendetta a trasparire dalle sue parole, quanto una stanca tristezza, la malinconica certezza che non avrebbe mai più rivisto Suzuka. Kasumi si avvicinò a Kasumi, avanzando piano, ma dalle sue cadenze sembrava scomparsa la furia e l'impazienza che l'aveva caratterizzata nel precedente scontro con Shirai. Eppure Haiiro era ancora preoccupato.

    Aspetta Kasumi! Non puoi ucciderlo così! Lui è...

    Un essere umano, non è così?

    Erano le stesse parole pronunciate da Hiroshi, ma sentirle dire da Kasumi lasciò Haiiro disorientato.

    Credo di aver capito cosa volesse dire. Sai, ti ho seguito fin dall'inizio. Ho sentito le parole che tu e Shirai vi siete scambiati. Ho assistito alla vostra lotta. All'inizio aspettavo solo il momento buono per attaccare. Shirai non era armato, quindi ho pensato che, se anche ti avesse colpito, non ti avrebbe ucciso e io sarei potuto intervenire. Però, mentre vi guardavo combattere, ripensando alle parole che vi siete detti, qualcosa in me, nella mia visione delle cose, è cambiato.
    Ho visto come combattevi, come combattevi per il mio bene nonostante le tue parole, e ho visto come Shirai cercasse di difendersi, di difendere la sua vita e ciò che, a suo parere, resta di Suzuka. E in qualche modo un sentimento mi ha pian piano pervaso. Credo che fosse ammirazione. Ammirazione per come ognuno di voi due combattesse per ciò che riteneva prezioso. E allora ciò che provavo è in qualche modo cambiato. Non provo più quel sentimento di odio bruciante e assoluto verso Shirai. Non diventerò ciò che tu temevi sarei divenuta.


    Kasumi fece una brusca pausa, guardando in direzione di Shirai, che rimaneva stesso a pochi metri da terra senza aver più la forza per fare nulla (oppure anche lui, come Haiiro, era rimasto ipnotizzato dal discorso di Kasumi?).

    Tuttavia, non per questo posso lasciarlo in vita. La comprensione ha stemperato il mio odio, ma annullarlo è impossibile. Il mio giudizio su di lui non cambia. Penso ancora che lui debba morire.

    Haiiro era confuso. Non riusciva a capire bene il significato delle parole di Kasumi. Cosa voleva dire che non odiava più Shirai come prima, ma che voleva lo stesso ucciderlo? Ma chiedere spiegazioni alla ragazza sarebbe stato inutile: lei stessa non riusciva a esporre in modo più chiaro i propri sentimenti. L'unica cosa chiara era che Kasumi era cambiata, ma in un modo che Haiiro ancora non riusciva a comprendere. Come poteva una persona cambiare così tanto in così poco tempo? E cosa poteva dire ora Haiiro di fronte a lei? Doveva accogliere questo suo atteggiamento o cercare di distoglierla ancora dall'uccisione di Shirai? Haiiro non sapeva cos'era giusto fare e una risposta chiara in fondo non c'era.

    …Fai quello che credi sia giusto fare.
    Quelle parole suonarono a lui stesso come rinunciatarie e deboli, ma la ragazza sorrise.

    Lo farò.
    Dopodiché Kasumi si abbassò verso di lui e lo baciò. Un bacio leggero, poco più di un tocco sulle labbra, eppure...

    Perché...?

    Non volevo che il mio primo bacio fosse con quella persona lì.

    E allora Haiiro comprese. Death Kiss, il bacio che dà la morte, così Hiroshi aveva soprannominato Kasumi. Un soprannome scherzoso, poiché Kasumi non aveva mai usato quel potere. Ora stava per farlo per la prima volta.

    E io non posso fare più niente per fermarla...

    Come se gli avesse letto nel pensiero Kasumi rispose.
    Hai fatto più che abbastanza.

    La ragazza si alzò e si diresse verso Shirai. Haiiro vide il ragazzo tremare, ma prima che lui potesse dire qualcosa, Kasumi parlò.

    Ti offro un dono. Un dono che è anche una maledizione. Un dono che può essere offerto una sola volta, una maledizione dopo cui non ci sono altre maledizioni. La fine che non è un nuovo inizio, la notte che non è seguita dal giorno.

    Forse era un'allucinazione dovuta allo stato di estrema prostrazione, mentale e fisica, in cui versava Haiiro, ma al ragazzo sembrò come se la figura di Kasumi si assottigliasse, fino a perdere il suo spessore umano per trasformarsi in una realtà simbolica, in un paradigma astratto che non esisteva nel mondo reale. Non era una trasformazione fisica, l'aspetto della ragazza era sempre lo stesso... eppure era diversa. Era come se “qualcosa” di estraneo e diverso ne avesse preso i controllo. Se ad Haiiro fosse stato chiesto di definire tale esistenza “altra”, non avrebbe potuto rispondere in nessun altro modo che «la Morte».
    Alla luce fiocca della luna, la Morte era apparsa sotto sembianze umane.

    Ti offro la fine della sofferenza e del piacere, del dolore e della felicità. La fine delle emozioni, la fine dell'agire, la fine dell'essere. La fine del vivere. Ti offro ciò che solo ai viventi è concesso e che dei viventi rappresenta il termine. Ti offro la morte. Shirai Yamamoto, accetti tu questo dono?

    La morte. Haiiro l'aveva presagita su di sé poco prima, quando aveva pensato di essere ucciso da Shirai. Ciò che aveva provato era stato un senso di inutilità per la propria vita, che gli era sembrata insulsa e inconcludente come non mai. Allo stesso tempo, parallelo e opposto a questa sensazione, aveva sentito un desiderio di rivalsa, la volontà di non arrendersi, di continuare a vivere. Haiiro vide nel volto di Shirai, illuminato dalla debole luce della luna, prender forma quello stesso contrasto: la consapevolezza di tutti i limiti della propria vita si scontrava col desiderio quasi istintivo e primordiale di voler vivere a tutti i costi. Ma per Shirai, l'esito dello scontro fu opposto. Lentamente la sua faccia dapprima terrorizzata si distese in un'espressione serena. Di fronte al dono offerto dalla ragazza, Shirai annuì.

    Ti prego... cancella il mio essere, poni fine al mio vivere.

    Quali erano state le ragioni per fargli scegliere la morte? Forse, risolvendo le contraddizioni che lo laceravano, Shirai aveva riconosciuto la realtà della morte di Suzuka. O forse si era accorto della pericolosità insita in lui, che avrebbe potuto colpire altre persone. Forse era semplicemente stanco. Haiiro non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo. La ragazza invece...

    Così sia.

    Con un movimento semplice e fluido, la ragazza si chinò verso Shirai, attirando a sé le sue labbra. Durò tutto pochi istanti, ma quando lasciò andare il corpo del ragazzo, Shirai era già morto. Il suo respiro vitale era stato portato via da quel tocco delle labbra. Senza dolore, senza sofferenza, colui che in questa storia è stato denominato “il Divoratore” era spirato.


    Lunghi istanti passarono dopo che il corpo senza vita di Shirai cadde a terra. Haiiro rimase immobile al suo posto, senza sapere cosa fare, senza sapere cosa dire. E poi, all'improvviso e senza che nulla l'anticipasse, Kasumi si afflosciò a terra. Tremando, le braccia strette intorno al suo stesso corpo come se stesse cercando di abbracciarsi, continuava a ripetere tra sé «L'ho ucciso, l'ho ucciso...»

    Haiiro capì che ciò che aveva visto, il miraggio della Morte, era scomparso, se mai era esistito davvero. Kasumi era tornata a essere ciò che era sempre stata: un semplice essere umano, che ora giaceva affranto, terrorizzato dalla stessa morte che aveva inflitto.
    Chiamando a raccolta tutte le sue forze rimaste, Haiiro si alzò e andò dalla ragazza, cingendola con le sue braccia in un abbraccio gentile, senza parlare, ma facendole capire che lui le era vicino.
    Appoggiata la testa sulle sue spalle, Kasumi si lasciò andare al pianto.
     
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    Kasumi pianse per tutto il tempo necessario per calmarsi. Troppe erano state le emozioni, troppi i cambiamenti repentini che l'avevano riguardata. Quando Shirai era morto, tutta la tensione e i sentimenti accumulatisi in lei erano esplosi; il pianto era stato l'unico modo per dare sfogo alle contrastanti emozioni che provava in quel momento. Infine, asciugatesi le lacrime, si era alzata e, in silenzio, aveva preso a camminare con Haiiro al proprio fianco.

    Stanchi, i piedi che strascinavano per terra, le membra doloranti, Haiiro e Kasumi si diressero verso il locale. Quando si furono avvicinati, videro che i balconi erano serrati, il locale chiuso. Non erano stati loro a chiuderlo, uscendo Kasumi aveva avuto solo il tempo sufficiente per chiudere la porta e nient’altro. Significava che Hiroshi era già tornato. Entrando avrebbero potuto trovarlo lì, in attesa, avrebbero potuto parlare con lui, bersi un caffè, trovare il tempo per rimettere in ordine i loro pensieri, riposarsi. Ma significava anche dover fare i conti con la realtà, con ciò che era successo. Nonostante lo sfogo di poco fa, per Kasumi era ancora troppo presto, aveva bisogno di altro tempo. Così si girò, dando le spalle al famigliare locale e camminando verso ignote strade. Haiiro, dopo un attimo di incertezza, la seguì.

    Camminarono per strade che non conoscevano, per strade che avevano visto ma mai percorse, per strade già percorse ma che la notte e la luna rendevano estranee (la strada percorsa di giorno, anche la più famigliare, è diversa dalla strada che si percorre la notte). Tutto intorno a loro sembrava irreale, come sospeso tra la realtà e il sogni. A un certo punto si accorsero che, così come fanno i bambini spaventati dal buio, si stavano tenendo per mano. Senza preoccuparsene continuarono a procedere.
    Fu Kasumi a rompere il silenzio.

    Secondo te, Haiiro, perché Shirai l'ha divorata? È stato un gesto volontario oppure è colpa della sua anormalità, che lui era incapace di gestire?

    Haiiro esitò prima di rispondere, cercando le parole adatte.
    Se fosse colpa sua o della sua anormalità... questo non lo so proprio. Credo che ne potremmo discutere all'infinito senza giungere a conclusione. Per i suoi motivi, beh, lui diceva di averlo fatto per amore.

    E tu davvero gli credi?

    Haiiro scosse lentamente la testa.
    No, io non sono come Hiroshi che accetta tutte le opinioni altrui. Però credo che un certo tipo di amore, magari distorto, abbia influito in questa vicenda. Ma ancora più che l'amore, ciò che ha spinto Shirai a divorare Suzuka penso sia stata la paura.

    Kasumi guardò Haiiro sorpresa.
    La paura?

    Esatto, la paura. Shirai aveva paura di... credo che avesse paura di perdere Suzuka. Forse pensava che un giorno lei sarebbe cambiato e così lui l'avrebbe perduta. Per impedirlo, lui l'ha mangiata, facendola diventare parte permanente di sé.

    Kasumi dopo quelle parole rimase in silenzio, riflettendo tra sé sulle parole di Haiiro.
    Credo che tu ti stia sbagliando, ma che abbia centrato un punto. Disse alla fine Kasumi.
    Ha senso che Shirai l'abbia divorata per paura di perderlo, ma ciò che temeva non era che lei cambiasse.

    E allora di cosa aveva paura?

    Lui temeva la diversità insita in Suzuka.

    La diversi... che?! Il ragazzo appariva confuso.

    La diversità, ossia il fatto, piuttosto ovvio, che due persone sono diverse l'una dall'altra e non possono capirsi completamente.

    Beh, che due persone, per quanto unite, siano diverse riesco a capirlo persino io, ma non vedo cosa c'entri con Shirai.

    Non l'hai sentito? Shirai aveva detto che Suzuka era diventata parte di sé, che loro due erano diventati uno. Era questo il suo obiettivo: eliminare quella linea indelebile, quella barriera che separa ogni essere umano dal suo simile. Lui aveva paura della diversità che lo separava da Suzuka, tremava di fronte all'impossibilità di capirsi in modo totale. Potremmo anche dire che aspirasse a un'unione più completa con la ragazza che amava, ma tale “unione” ha in realtà portato alla distruzione di Suzuka.

    Ah... Haiiro si ricordò delle parole di Shirai, quando quello aveva dichiarato il suo rammarico per non poter più toccare Suzuka.

    Già, una simile unione non è possibile, né auspicabile. L'amore, come qualsiasi altro sentimento umano, può nascere solo tra due esseri diversi e irriducibili l'uno all'altro. Fare altrimenti è impossibile. Allo stesso tempo, questa irriducibilità è ciò che provoca incomprensione, dolore e paura tra gli esseri umani. Noi siamo costretti a procedere sotto queste due diverse e contrastanti: la necessaria alterità tra di noi e il desiderio che essa venga meno.

    Haiiro riusciva a malapena a seguire il discorso della ragazza. Per il sonno e la tensione la testa gli girava ed era difficile concentrarsi. Anche così, riuscì a ripescare, tra le nebbie della sua memoria, delle parole adatte.

    Noi, come singolo non possiamo mischiarci, come coppia non abbiamo la stessa forma.

    Kasumi sorrise. È un bel modo per sintetizzarlo.

    Senti Kasumi...
    Le parole della ragazza avevano fatto venire in mente ad Haiiro un dubbio, che tuttavia era difficile da esprimere.
    Tu... come ci sei arrivata a tutto questo? Il tuo... non sembra un ragionamento che si è fatto in un breve arco di tempo...

    Kasumi lo guardò, insieme esitante ed imbarazzata.
    Hai ragione... è qualcosa che mi tormentava da parecchio tempo... Forse non lo sai, ma a causa del mio potere ho sempre avuto dei problemi ad aprirmi con gli altri, a stringere legami. Hiroshi era l'unica eccezione e anche con te è stato difficile – lo è ancora – stringere un rapporto. Il contatto con le altre persone... devo ammettere che verso di esso provavo...
    Una pausa più lunga delle altre: certe cose sono difficile da ammettere, superando l'imbarazzo che si prova a mettersi a nudo e mostrare i lati del proprio carattere che non si vorrebbe mostrare.
    Paura.

    Kasumi...
    Haiiro guardò quella ragazza, di solito così sprezzante, che ora distoglieva lo sguardo imbarazzata e insicura.
    Non l'ho mai vista così fragile... anzi no, è più giusto dire che lei non mi aveva mai permesso di vedere questa sua fragilità prima d'ora.

    All'improvviso Haiiro si sentì un privilegiato per aver potuto vedere un simile lato del carattere della ragazza. Cercò di pensare a qualcosa da fare per compensare un simile “onore”: una frase o un abbraccio o anche altro... ma ormai il momento era già passato.

    Non guardarmi così... Non serve che fai niente: basta che continuiamo a camminare come facciamo ora.

    …Sì.

    Così fecero: continuarono a camminare per ore, senza una meta, a volte in silenzio, a volte parlando tra loro. Parlarono di diverse cose: la scuola, i loro compagni, il lavoro di Kasumi, dicerie che avevano sentito, piccoli avvenimenti senza importanza e altri più significativi. Haiiro parlò a Kasumi di quanto Kuruki gli aveva detto sui minus, stavolta senza interruzioni da parte della ragazza. Haiiro non ne aveva parlato con nessun altro, gli sarebbe sembrato un tradimento nei confronti di Kuruki, ma con Kasumi era diverso: lei era nella sua stessa situazione. La ragazza ascoltò in silenzio e alla fine disse solo “Capisco”. Qualunque furono i suoi pensieri su quell'argomento, non volle comunicarli ad Haiiro, non in quel momento almeno.

    Alla fine, quando il cielo cominciò a tingersi dei colori dell'alba, i due capirono che dovevano tornare a casa.

    Camminarono, stavolta con una meta e lungo percorsi più famigliari. Quando giunsero in vista del locale, il sole era sorto.

    Passarono di fronte al peluche gigante a forma d'orso che sostava fuori dal locale, esso alzò una mano in un silenzio gesto di saluto che i due ricambiarono. Kasumi aprì la porta con la chiave, piano, quasi come se temesse di disturbare qualcuno.

    Entrarono: i balconi erano chiusi e l'unica fiocca luce era quella che penetrava debole dalla porta. Ma anche così fu sufficiente per individuare la figura che giaceva addormentata, seduta a un tavolo con la testa posata sulle braccia conserte sulla dura superficie in legno.

    Hiroshi...

    Quasi come se avesse sentito quella parola appena sussurrata, Hiroshi si scosse dal suo sonno e alzò la testa. La sua mano, procedendo a tentoni, trovò l'interruttore della luce e lo premette.
    Riuscendo finalmente a vederlo bene, Haiiro e Kasumi non poterono che rimanere sorpresi: i suoi vestiti, gli stessi del giorno prima, erano tutti spiegazzati e attorno agli occhi erano ben visibili delle occhiaie, non paragonabili a quelle di Haiiro, ma comunque notevoli. Il suo viso esprimeva tutta la sua stanchezza e sembrava mancare della solita solarità, come se la preoccupazione per la loro sorte gliela avesse erosa. Era evidente che aveva passato tutto il tempo tra il suo ritorno da scuola e l'arrivo dei ragazzi ad aspettarli lì, senza cambiarsi o andare a letto. Le sue ore di riposo complessivo, su quel tavolo così scomodo per dormire, dovevano essere state ben poche.

    Eppure, quando li riconobbe, il sorriso che si aprì sulla sua faccia era tale da rischiarare ogni nube in cui la preoccupazione l'avesse fatto piombare.

    Bentornati a casa.

    Sentendo le lacrime spuntare dagli occhi, Haiiro e Kasumi risposero.

    Siamo tornati.
    Siamo a casa.


    Fine

     
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    Bene, anche questa è finita :asd: Come al solito molto ben scritta, descritta e raccontata. La storia è semplice ma è servita per delineare diverse psicologie e, presuppongo, le basi per i futuri sviluppi della storia dei personaggi.

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13 replies since 24/6/2014, 21:49   151 views
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