E sarebbe dovuta essere un'amichevole...

Narrazione privata.

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    ”Ed è per questo che abbiamo bisogno di te...”

    Trovo che siano strani gli inizi in medias res, in certi casi non si riesce a capire da subito cosa sta accadendo in quel preciso istante perché non sappiamo cosa dovrebbe essere successo prima, e credo che questo sia uno di quei casi.
    Ora, chi mi conosce, o pensa di conoscermi, il mondo ne è pieno, credo, si potrebbe aspettare qualcosa di incredibile, una richiesta da parte di qualche grande autorità straniera, o magari religiosa, che ha bisogno delle mie grandi capacità di analisi, diciamo anche anormali, per sventare qualche congiura internazionale che mira alla distruzione degli attuali ordinamenti ed all'instaurazione di un nuovo ordine mondiale. Al limite che siano i vertici della congiura a contattarmi, non nego che sarebbe un'esperienza interessante. No, niente di tutto questo, probabilmente nessuno lo avrebbe comunque mai nemmeno pensato.
    'Allora problemi con delle ragazze', ipotizzeranno gli stessi di prima, dati anche i miei trascorsi sembrerebbe l'opzione più sensata. Ebbene, non si tratta nemmeno di questo.
    'Ed allora cosa sarà mai?', mi chiederanno sempre quelli. Il punto è che il fatto è così improvviso ed immotivato da sembrarmi più assurdo anche della mia prima capatina all'Heaven Feel e di certo quella non era stata proprio normale.
    Quello che mi sta chiedendo aiuto – sì, è un lui – è il sempai Oguro, il capitano della squadra di calcio della scuola, nonché presidente del rispettivo club, e si trova in una posizione complicata. Meglio spiegare la situazione come ha appena fatto con me.
    Qualche giorno fa, secondo le fonti di Lili il giovedì sera della scorsa settimana, i cari ragazzi del club si sono riuniti in un locale del distretto commerciale – non dico il nome per non fare pubblicità ad un concorrente del Maid – per brindare e festeggiare il compleanno di uno di loro. Insieme c'erano alcuni loro amici di più di vent'anni che si sono fatti dare gli alcolici e li hanno distribuiti a tutti, con il commerciante che ha fatto finta di nulla dato che, tecnicamente, non aveva venduto alcol ai minori. Hanno alzato un po' troppo il gomito e, con esso, i toni della serata. Sfortuna ha voluto che, in quello stesso locale, ci fosse la squadra di calcio di un'altra scuola che stava festeggiando, per il quinto giorno consecutivo, la vittoria di un torneo che li ha qualificati per le finali nazionali. Fiumi di saké e birra anche per loro.
    Metti nello stesso locale due squadre di calcio liceali completamente ubriache e la lite è assicurata, e sarebbe finita in rissa se uno non avesse avuto la brillante idea di risolvere la questione con una partita. Tutto si sarebbe concluso così, nel migliore dei modi, se con la squadra avversaria non ci fosse stato il presidente del loro consiglio studentesco. Questo ha preso contatto con la nostra Medaka, le ha esposto l'intenzione di organizzare una partita amichevole tra le squadre di calcio e lei, quella parola, non l'ha presa bene. Ora dovranno disputare una partita ufficiale, nello stadio cittadino che Medaka ha affittato, dove sarà in palio l'onore della nostra scuola. Se solo la nostra presidente del consiglio studentesco non fosse così fissata con la competitività... e non avesse minacciato di allenare personalmente la squadra in caso di sconfitta.
    Bene, ora credo che la situazione sia un po' più chiara, quindi riprendiamo da dove ci eravamo fermati, prima di questa digressione immensa nella quale sono quasi entrato in competizione con il sesto libro del “De bello Gallico”, anche se forse i costumi e le tradizioni di un altro popolo sarebbero stati più interessanti anche in questo caso.

    ”Ma... perché proprio io? Non ci siamo mai nemmeno parlati.”

    Gli domando, non nascondendo una certa ironia nella seconda parte della frase, dopotutto questa è davvero la prima volta che ci incontriamo ed io non ho mai avuto niente a che fare con quei traditori del club di calcio. Non sono mai entrati nel mio locale.
    Oguro solleva gli occhi al cielo e si gratta la nuca come imbarazzato.

    ”Ho saputo che sei italiano e... gli italiani sono bravi a calcio.”

    Splendido, si basa tutto su uno stereotipo. Come se essere italiano di nascita mi conceda delle abilità speciali, di popolo, a dispetto dell'aver vissuto qui da quando avevo due anni. Ma... è razzismo o sbaglio?

    ”Mi dispiace, ma io sono solo un cameriere, un pugile, discepolo dell'arte del Bojutsu, un paladino ed un discreto giocatore di briscola e scala quaranta. Non sono un calciatore.”

    Con questo avrei sperato di chiudere qui il discorso, ma si sa che le cose per me non sono mai semplici. Oguro si getta in ginocchio, si rifiuta di dare retta alle mie parole ed inizia a supplicarmi. Ma a cosa sarà dovuta tutta questa insistenza.

    ”Perché ti riduci a questo?”

    Chiedo mentre cerco di tirarlo su di peso, con scarsi risultati vista la resistenza che sta opponendo.

    ”Perché abbiamo bisogno di te. Loro sono la squadra più forte del distretto, senza il nostro Demone non possiamo vincere.”

    ”Come mi hai chiamato?”

    Smetto di cercare di sollevarlo, sono troppo stupito per quel che ho sentito.

    ”Sei il Demone del Maid Caffè, tutti sanno di te.”

    ”Ma chi con hai parlato?”

    ”Akune ci ha raccontato tutto, ci ha parlato delle imprese di colui che è riuscito a sfuggire alla punizione di quel mostro di donna e si è guadagnato il titolo di Demone del Maid Caffè trasformando quel posto nel proprio harem.”

    Ora le cose mi sono più chiare, ha parlato di quel giorno qualunque e li ha convinti che sono imprescindibile. Quel maledetto, non deve ancora essergli passata per quel giorno alla stazione radio. Beh, resta che io ho avuto il mio programma radiofonico, zitto e porta a casa.

    ”Come ti dicevo, io non sono un calciatore.”

    ”Ma il solo averti in squadra alzerà il morale dei giocatori e spaventerà gli avversari. Con te in squadra avremo attorno le ragazze del Maid e questo alzerà ancora di più.”

    ”Non dire oscenità parlando delle mie ragazze!”

    E con questa frase ho come confermato le teorie dell'harem... accidenti a me.

    ”Lo stadio sarà pieno e noi... non abbiamo mai giocato con tanta gente a guardarci... abbiamo bisogno di te, di qualcuno che può attirare su di sé gli occhi del pubblico.”

    Ecco che siamo arrivati al nocciolo della questione. Medaka ha fatto le cose in grande stile, lo stadio sarà pieno e loro se la stanno facendo sotto.

    ”Se partecipo e perdiamo, Medaka allenerà anche me e questa volta non me la caverei con un bacino.”

    ”La prego, sua santità.”

    ”Oè! Da demone son diventato Papa Francesco?”

    ”La prego, Commendatore.”

    ”Ma...”

    ”Vi scongiuro, Cavaliere di gran croce.”

    Sì, magari decorato con gran cordone. Ciò che sta dicendo sono delle assurdità, delle esagerazioni che non riescono nemmeno ad adulare per quando sono iperboliche, però in sento che il mio rifiuto sta iniziando a vacillare. Forse sto iniziando a cedere alle sue lusinghe e suppliche? Forse difendere l'onore delle scuola, io ne ho proprio persa una, è una prospettiva che mi affascina? O forse questa scenetta sta andando avanti da un po' troppo tempo nel bel mezzo del corridoio del secondo piano della scuola, attirando una folla di curiosi, di cui ne conosco un po', e non vedo l'ora che finisca?

    ”Ci sono delle condizioni.”

    Oguro si rialza immediatamente già con un taccuino in mano, come se avesse saputo che sarebbe andata così e si fosse preparato a prendere nota.

    ”Per prima cosa voglio la fascia di capitano, la tua fascia di capitano.”

    Vedo la smorfia tremenda mentre prende appunti facendo un debole cenno con la testa.

    ”Voglio il numero 10 a prescindere dalla posizione. La maglia deve essere a righe verticali bianche e nere.”

    ”Non possiamo! Ci ha già cambiato la divisa quella Kurokami, non possiamo cambiarla ancora.”

    ”Dannata, mi ha anticipato. Lasciamo stare. Dimmi... riusciresti a fidarti ciecamente di me?”

    ”Ho sentito che in Italia sono tutti allenatori, oltre che calciatori. Sì, mi fido.”

    Ancora con questo razzismo? Accidenti, non mi sentivo così tanto uno straniero da quando mi presentai ad una festa a tema medievale e mi ritrovai ad essere Re Artù tra un esercito di samurai. Bianca era Ginevra, ma non ci fu alcun Lancillotto. Sì, l'ho inclusa anche in quell'evento tanto era stato il disagio.

    ”Bene, allora devo essere io a decidere la formazione, le posizioni, i titolari ed i cambi. Dopotutto siamo tutti allenatori.”

    Annuisce prendendo appunti, non coglie il mio sarcasmo. Comunque è quasi tutto.

    ”Un'ultima cosa: devo poter reclutare altri due giocatori, questa partita la voglio vincere.”
     
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    Atto 1 - Il Reclutamento



    Siamo arrivati all'ora di pranzo, quella scenetta prima delle lezioni mi sembra così lontana nel tempo nonostante siano passate solo poche ore. E come rideva Akune... questa volta me l'ha proprio fatta. Ed il prof...anche lui ha saputo della cosa ed ha cercato di convincermi che sarebbe meglio un torneo calcistico ai videogiochi. Anche secondo me sarebbe meglio, ma non sono io quello da convincere, in più è tardi, lo stadio è lì, bello pronto per ospitare la sfida. Cavolo, inizia a venirmi un po' d'ansia, è uno stadio da quarantamila spettatori ed ho sentito che l'ingresso sarà gratuito. Non credo che riusciranno a riempirlo, ma conoscendo il nostro consiglio studentesco so che con loro tutto è possibile.
    Basta, non devo essere distratto e non posso farmi vedere indeciso, altrimenti come farò a convincere altri a seguirmi in questa pazzia?
    Arrivato in cima alla rampa di scale, apro la porta ed esco sul tetto. Il Sole è ancora un po' incerto, nonostante sia piena primavera, ma il suo calore sulla pelle è gradevole ed ancora più piacevole quando cancella i piccoli brividi che ti lasciano le zone d'ombra, quando le attraversi.
    Mi sono lamentato di essere vittima di stereotipi e poi io stesso ne alimento uno, quello di mangiare il pranzo sul tetto con gli amici o, ancora meglio, con la persona amata. Quale sia l'occorrenza attuale, lo lascio al vostro giudizio.
    Seduta su un piccolo telo da picnic, Lili mi saluta con la mano ed un gran sorriso appena mi vede. Un po' perplesso nel vedere che si era già attrezzata per mangiare all'aria aperta, la raggiungo e mi siedo accanto a lei, sul telo, beccandomi anche un pugno sul braccio.

    ”Sei in ritardo. Hai una bella faccia tosta a farmi aspettare.”

    Non ha tutti i torti, sono stato io ad invitarla qui con un messaggio e sono io che mi presento un po' tardi, ma ho una spiegazione. Sollevo il fagotto che contiene il mio bento e lo agito davanti ai suoi occhi.

    ”Sono dovuto passare a prendere il pranzo.”

    Poso il piccolo fagotto sulle gambe e lo apro, svelando le trecce di fiori blu come ricamati sul bianco del piccolo contenitore, troppo distante dai miei gusti. Prima di poter togliere il coperchio, Lili quasi si mette davanti con la testa per poter guardare meglio, ma quello che c'è dentro è un normalissimo pranzo, con un po' di frittata, dei piccoli salsicciotti bolliti, delle verdure in pastella, insalata di patate ed insalata di pollo, oltre al solito riso. Non è esattamente organico, le proporzioni sono sbagliate, non è suddiviso in scompartimenti e quindi è un po' confuso, dalla condensa sul coperchio si vede che è stato chiuso quando il cibo era ancora caldo, probabilmente ora sarà bagnato.

    ”Chi te l'ha preparato? Di sicuro non è stata Cheria e nemmeno Sophie, se fosse stata lei sarebbero tutte uova. Misaka?”

    ”Bianca.”

    ”Bianca?”

    Capisco il suo shock, è successo anche a me quando mi ha detto che me l'avrebbe preparato.

    ”Vuole fare pratica. Dice che non potrà dipendere per sempre da Cheria e che, se non impara a cucinare, non potrà mai essere considerata una 'ragazza da sposare'. In pratica sono la sua cavia e questo è il primo esperimento.”

    ”Non sembra esserti andata troppo male, almeno dall'aspetto. Voglio dire, poteva capitarti qualcosa di strano o di non adatto alle persone.”

    “Lascia stare. Una volta, alle medie, Sophie mi preparò il pranzo. Quando aprii il contenitore trovai cibo per gatti. Era convinta che facendomelo mangiare sarei diventato più carino.”

    Lili scoppia a ridere, e come biasimarla? A me vengono tutt'ora i brividi solo pensandoci. È una cosa così... da lei che, all'epoca, non mi sembrò nemmeno tanto strano. Certo non lo mangiai, dato che lo rifiutò anche il gatto che bazzicava per la scuola doveva anche essere andato a male.
    Lili sembra quasi asciugarsi una lacrima per il troppo ridere, ma si fa improvvisamente seria. Solleva gli occhi verso il cielo perdendo lo sguardo attraverso le rade nuvole; un cinguettio la scuote e subito guarda verso quel piccolo passero che si è posato sulle protezioni del grande terrazzo che è questo tetto. Probabilmente è affamato, deve essere stato attratto dall'odore del nostro pranzo.

    ”Quanto mi sarebbe piaciuto esserci.”

    Mi dice, girandosi verso di me con i suoi occhi svegli e vispi velati di malinconia. Deve rendersi conto della faccia che ha in questo momento da come la sto guardando, probabilmente ho la sua stessa espressione, distoglie lo sguardo ed estrae dalla borsa un sacchettino con del pane. Ne stacca un pezzetto e lo lancia ai piedi della recinzione, proprio sotto il passero che non si fa certo pregare: veloce, prima che altri possano imitarlo, posa le zampe sulle piastrelle ed inizia a mangiare avidamente. Restiamo per un po' a guardarlo lottare contro una briciola troppo grande, non parliamo ma va bene, dopo la faccia triste di poco fa, vederla sorridere è la mia felicità più grande, e se sorride grazie al passero, perché non tentare di farla stare ancora meglio?

    ”Aspetta, ora lo faccio venire qui.”

    Ho parlato troppo all'improvviso, tanto che Lili quasi si spaventa e, d'istinto, mi guarda con sorpresa. Io, nel mentre, tendo in avanti la mano ed invito il passerotto ad avvicinarsi con un leggero gesto, dopotutto ci penserà la One Heart a fare tutto il resto.
    Non vi dico il suo stupore quando lo vede realmente zompettare verso di noi ed avvicinarsi tanto da farsi lisciare le piume.

    ”Ma come hai fatto?”

    La sua è una reazione fin troppo normale per qualcuno che vive, come me, in un mondo quasi senza regole dove tutto è possibile. Parlare con gli animali non è certo la cosa più strana che capita di vedere, da queste parti.

    ”Prova a dargli un nome.”

    Ci pena un attimo e poi trova il nome più particolare che mi capita di sentire da un po'.

    ”Teo.”

    ”Teo? Va bene, chiediamogli se gli piace. Un cip per il no, due per il sì.”

    Il passero cinguetta due volte tutto contento.

    ”Riesci anche a farlo parlare!”

    Sto per risponderle, ma mi blocco. L'espressione estasiata, il luccichio nei suoi occhi che rivela la sua gioiosa eccitazione, per un attimo mi è sembrato di vedere la Lili di dieci anni fa, quella bambina con cui ho condiviso tutto.

    ”Salta su.”

    Dico al passero che, con piccoli battiti d'ali, si appollaia sulla mia spalla. Coprendomi la bocca come se stessi confidando un gran segreto, sussurro all'orecchio dell'animale alcune note. Questo fa un cinguettio d'intesa e, rivolgendosi a Lili, inizia a cantare un motivetto molto semplice, quasi banale, ma per noi è tutt'altro che questo, è una melodia che rievoca ricordi della nostra infanzia. Ci stiamo lasciando pervadere dalla malinconia, dalla nostalgia di quei giorni. Lili mi stringe la mano, incantata da quel canto che ci fa tornare un po' bambini. Anche dopo che il canto è finito, continuiamo a guardarci e ad annegare nei ricordi il dolore della separazione che, mai come questa volta, si fa sentire con tutta la sua terribile forza. Per me, però, c'è di più: il sogno di un'esistenza trascorsa con lei. Io l'ho vissuta, la gioia della nostra felicità, il dolore della nostra tragedia, l'orrore di una vita spezzata troppo presto. Basta, devo smetterla di pensarci, sto diventando troppo sentimentale e non era questo l'obiettivo quando sono venuto qui.

    ”Lo adottiamo?”

    Dico rompendo il silenzio e scuotendola dai pensieri in cui era immersa. Non ha la prontezza per rispondermi, probabilmente non ha nemmeno capito cosa le ho detto.

    ”È piuttosto strano vederne uno in libertà, questa variante è principalmente un uccello da allevamento per essere tenuto in gabbia. Potrebbe essere scappato ed ora incapace di sopravvivere da solo. Ora che gli abbiamo dato da mangiare potrebbe tornare ancora qui, dobbiamo prendercene la responsabilità.”

    Lili sposta lo sguardo da me al passero varie volte, eppure non mi sembra d'aver detto nulla di strano.

    ”Se a lui va bene...”

    Dice dopo un po' di titubanza.

    ”A te va bene?”

    Il passerotto, per tutta risposta, inizia a volarci attorno cinguettando felice. Credo che non ci sia bisogno di fare il capitan ovvio della situazione.

    ”Allora è deciso, il piccolo Teo sarà il nostro animaletto.”

    ”Ma dove lo teniamo?”

    ”Non è un problema, basterà spiegargli cosa può e non può fare e lo terremo nelle nostre stanze, magari anche nel mio ufficio. Dai, mangiamo che il tempo scorre.”

    Così, dopo aver attraversato tutti quegli stati emotivi, iniziamo a mangiare in un'atmosfera di nuovo rilassata e spensierata, con Teo che becchetta delle briciole di pane e noi due iniziamo a mangiare dai nostri bento, Lili di gusto, io un po' meno. Non che il sapore sia cattivo, è che è tutto troppo bagnato. Le verdure in pastella sono talmente mosce che sembra di mangiare una spugna. Come ho anche già detto, il riso è poco e non è stato insaporito con nulla. Mentre sollevo un'altra di quelle verdure e mi preparo ad assaporarla, se così si può dire, mi ritrovo in bocca un panino.

    ”Non sembri gustarti molto il pranzo. Fammi assaggiare.”

    Me prende la mano che tiene le bacchette e la tira verso di lei per assaggiare quella verdura.

    ”Sembra una spugna slavata. Vediamo il resto.”

    Con le sue bacchette assaggia ogni alimento del mio pranzo facendo le facce più strane per ogni sapore.

    ”L'insalata di patate non sembra troppo male. Per essere la prima volta, non è una tragedia. Le do quattro stelle su otto.”

    ”Perché una scala così strana?”

    ”Quattro su dieci mi sembrava troppo cattivo.”

    Non fa una piega. Quindi le sembra ancora più orribile di come pare a me...

    ”Tieni, rifatti la bocca.”

    Con le bacchette mi offre un pezzetto di vitello, ma da cosa viene la sua convinzione? Non credo che sia poi così brava a cucinare. Assaggio e, non appena la carne tocca la mia lingua, riconosco quel sapore.

    ”Te l'ha preparato Cheria?!?”

    ”Certo! Questa mattina mi ha dato il cestino dicendo che aveva cucinato troppo e non voleva sprecare il cibo. Se non fosse stato per lei, il mio pranzo sarebbe stato quel panino, lo sai che non ho voglia di mettermi ai fornelli.”

    Che ingiustizia! Lei con il pranzo di Cheria ed io con l'esperimento di Bianca. So che non dovrei pensare questo del cibo che mi ha preparato con tanto amore e dedizione, credo, ma lo stomaco non lo comando certo io. Lili probabilmente intuisce cosa sto pensando, sbuffa quasi rassegnata.

    ”Ho capito, dividiamoci il pranzo. Mal comune mezzo gaudio, no? Poi ho troppo riso e non mi piace.”

    Grazie Lili, quasi mi viene da piangere per la gratitudine. Per fortuna che ci sei tu. Mettiamo i bento in mezzo e li avviciniamo per la mia gioia culinaria, quindi riprendiamo a mangiare.

    ”Come fa a non piacerti il riso?”

    ”Non è che non mi piaccia, è solo che ritrovarmelo di nuovo come alimento principale è tremendo. In Finlandia lo mangiavamo ogni tanto, ed ero anche contenta, ma a colazione, pranzo e cena, è un incubo.”

    ”E di solito che mangiavi?”

    ”Pasta.”

    ”Pasta?”

    ”Pasta, ciò che mangiano i tuoi simili.”

    Mi serve qualche secondo per capire il riferimento; non riesco ad evitare di ridere.

    ”Oggi mi discriminano proprio tutti.”

    So che non è casuale, come mi conferma subito dopo.

    ”Ho sentito che hai avuto un incontro ravvicinato con Oguro del club di calcio.”

    ”Più che altro il pavimento. È stato quasi tutto il tempo prostrato e supplicarmi. Non avevo mai visto tanta insistenza...”

    ”Tutto perché gli italiani sono bravi a calcio.”

    ”Secondo me si aspetta anche che, alla partita, suoni l'inno con il mandolino e prepari la pizza a tutta la squadra.”

    ”Ne manca solo uno”

    ”Oh, ma quello è stato sdoganato. Anche se potrebbe aspettarsi che abbia qualche strano animale, tipo un camaleonte mutaforma o una tartaruga spugnosa che nell'acqua si ingigantisce.”

    ”Hai Teo, il passerotto che canta su commissione.”

    Ci guardiamo e ridiamo alle idiozie che stiamo dicendo.

    ”Devi dirmi come hai fatto.”

    ”È merito della One Heart. Mi permette di raggiungere il cuore degli animali e parlare con loro.”

    ”E fanno ciò che vuoi?”

    ”Non li costringo, glielo chiedo e basta. Lo fanno solo perché vogliono ed anche perché non mi sanno dire no. Questo sulle persone non funziona perché sono profondamente diverse. Gli animali non sono contorti, non hanno doppi fini e non tradiscono. Sono incapaci di fare volontariamente del male, se capita è solo per colpa della loro ingenuità. Comunicare con loro è molto più facile che con le persone.”

    Mi sono messo a fare filosofia spicciola, vergogna su di me.

    ”Più so di questo tuo potere e più mi sembra stupendo.”

    È vero, a lei la One Heart è piaciuta fin da subito, è l'unica che non si è messa sulla difensiva quando ha saputo della mia capacità di leggere l'anima.

    ”Anche tu hai dei poteri niente male. La tua capacità di trasformare qualunque oggetto tocchi nella tua arma, ottenendone la maestria, è impressionante.”

    Ed ecco che esprimendo questa mia opinione a Lili quasi casca la mascella.

    ”Come... c-come fai a sapere del Berserker Pust?”

    Lo ammetto: sono queste le reazioni che mi piacciono di più. Sano stupore misto a paura di quando un tuo segreto viene messo a nudo da qualcuno a cui anche l'avresti detto, ma che non avrebbe avuto alcun modo per saperlo se non dalle tue labbra. Ed è ancora più bello quando, questa reazione, la provochi per sbaglio.

    ”L'ho capito quella volta che l'hai attivata contro Break ed i suoi bravi ragazzi.”

    ”E tu... l'hai analizzata in quel momento?”

    ”Sì.”

    ”Ma sei un mostro!”

    In effetti non è la prima volta che vengo definito tale. Probabilmente ora, con il nuovo potere, la cosa sarà ancora più comune, io stesso mi ritengo una specie di mostro. Ma torniamo a noi.

    ”Riguardo al tuo potere... c'è una cosa che vorrei chiederti...”

    Sospendo in questo modo solo per assicurarmi tutta la sua attenzione, non per altro.

    ”Come avrai saputo, giocherò quella partita con la squadra del club ma avrò un bel po' di potere sulla gestione dei giocatori. Ho anche il potere di reclutare altri giocatori e...”

    ”Fammi indovinare, vuoi che giochi anche io?”

    Si, è spiacevole quando ti leggono la mente.

    ”Sei l'unico attaccante che vorrei per la mia squadra. Allora, mi seguirai in questa nuova follia?”

    ”E me lo chiedi? Hai il mio piede.”
     
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    Atto 2 – Reclutando Sophie


    Bene, anche con Lili le cose sono sistemate. Certo, il tenore di quell'incontro è stato piuttosto particolare, doveva essere un pranzo insieme dove divertirci e ridere un po' ripensando alle vicende delle mattina con Oguro e quindi chiederle di entrare temporaneamente nella squadra, invece ci siamo ritrovati ad essere travolti dalla malinconia. Ma siamo davvero così tristi, noi due? Direi di sì. Non fosse stato per la comparsa di Teo è probabile che, alla fine della giornata, saremmo scappati insieme al tramonto in una fuga romantica dal sapore agrodolce, un matrimonio segreto con rito elfico ed avremmo banchettato alla tavola dei nani. Sì, certamente. Non so perché mi vengano sempre più spesso i pensieri di una fuga da tutto, so bene che non sarebbe possibile. Come potrei lasciarmi tutto alle spalle? E poi, anche volendo davvero, come diamine potrei riuscirci? Quella mi troverebbe immediatamente e poi sarei davvero nei guai...
    Di chi sto parlando? In effetti non ve l'ho ancora presentata. Ora sono appena arrivato davanti la porta del mio ufficio al Maid Caffè, spesso si ferma anche lei qui per farsi coinvolgere nelle attività del Club dei Misteri – sì, esiste davvero – con un po' di fortuna la potremo incontrare.
    Sto per toccare la maniglia, ma avverto che la porta sta per essere aperta dall'interno, per parlare con voi ho abbassato un attimo la guardia e questo, qui, non me lo posso permettere. La porta si spalanca e, veloce, una figura molto agile mi balza al collo.

    ”Padroncinooo! Sei tornato!”

    I miei riflessi valgono ancora dato che riesco ad appoggiare il piede contro il muro alle mie spalle ed a fermarmi prima di essere sbattuto contro di questo dal suo impeto. Però non ce la faccio a rimproverarla e dirle di essere più delicata e che non è bene saltare così addosso alle persone, le sue orecchie pelosette sulla guancia sono così morbide... ed è così carina...
    Lei è Foxy, la mia ragazza volpe. È una volpe e la chiamo Foxy, si vede che non ho avuto fantasia quando le ho dovuto dare un nome, mi ha già chiesto di ribattezzarla quando me ne verrà in mente uno migliore.

    ”Tsu-kun, sei tu?”

    Guardo oltre le code scodinzolanti di Foxy e vedo Sophie, al solito seduta alla mia scrivania, che non ha neanche alzato lo sguardo per quanto è intenta a revisionare dei rapporti per l'attività – non autorizzata – del suo club.

    ”Immagino di si, solo per te fa tutte queste moine.”

    Aggiunge distrattamente, si deve star occupando di qualcosa di davvero importante.

    ”Erano due minuti che annusava l'aria e diceva che stavi arrivando. Ha un buon olfatto, ma sapere che eri vicino e non vederti ancora la stava facendo impazzire. Neanche fosse un cagnetto...”

    Dice, seduta sul divano e scuotendo la testa in segno di disapprovazione, facendo ondeggiare i suoi lunghi e voluminosi capelli castani, la ritrovata Emily. Sì, lei è proprio Emily Strauss, o se preferite Sora, lo spirito che mi accompagnò nelle mie avventure da paladino e che finii per trasportare nell'Heaven Feel.
    Però non era a loro che prima mi stavo riferendo.

    ”Lei dov'è?

    Chiedo e subito Foxy inizia ringhiare, diciamo che non le sta molto simpatica e sentire che le do attenzioni la ingelosisce un po', per farla calmare devo accarezzarla sulla testa, tra le orecchie.

    ”È uscita da un po', credo sia andata ad infastidire Misaka.”

    Risponde Emily aiutandosi con il bastone per alzarsi dal divano.

    ”Non di nuovo! Ma perché la deve tormentare in questo modo?”

    ”Chi lo sa cosa passa per la testa e quella matta...”

    Una mezza idea l'avrei, ma dirla non cambierebbe nulla, servirebbe solo a garantirmi altri problemi di convivenza con lei. Sentire che è di nuovo da Misaka mi mette agitazione, ho bisogno di sedermi.





    Sophie, dopo aver finito di revisionare i rapporti, ha iniziato a scrivere un piano operativo per delle missioni del club – almeno così ha detto – e per non disturbarla siamo costretti a restare in silenzio. Emily, seduta sulla poltrona con le gambe accavallate, mi rivolge uno sguardo che sembra volermi dire “ma ti pare normale?”, immagino che tutto questo stia durando da un bel po' di tempo dato che sembra molto stanca, le sono davvero grato che tenga d'occhio Sophie e mi rendo conto che è difficile riuscire a starle dietro, dopotutto la piccoletta non si affatica mai. Io, seduto sul divano, passo il tempo coccolando Foxy che si è addormentata sulle mie gambe. È davvero molto conveniente che riesca a modificare le sue dimensioni passando da quelle di una bella ragazza di un metro e sessantacinque e quelle di una volpe. Al momento mi sto divertendo a guardare come le si muove l'orecchio ogni volta che le faccio i grattini dietro. Sentirla mugugnare, dopo averle messo la mano davanti l'orecchio per impedire che si muovesse, mi stampa sulla faccia un sorriso beota, sono sicuro che è così, me ne accorgo dallo sguardo di commiserazione di Emily che faccio finta di non avvertire, le nove code di Foxy sono troppo morbide perché possa pensare ad altro. Dopotutto cosa ci sarà mai di male ad accarezzare la propria volpe?
    Immagino che questa situazione sembri piuttosto strana e particolare, ma oramai è questa la mia quotidianità, si capisce quindi che avere un passerotto in più a svolazzarmi attorno non è una grossa differenza. Più difficile è capire come abbia fatto a trovarmi in queste condizioni. Quando creai il legame mi avvertirono che tutto sarebbe cambiato e sarebbe stato come ritrovarsi in un mondo diverso dal precedente, ma non credevo che la connessione con l'Heaven Feel sarebbe diventata tanto forte da costituire un vero e proprio ponte tra le realtà. Hanno iniziato ad apparire i famigli, entità che abitano l'Heaven Feel e che si manifestano con la loro forma origine, e, tra tutti, è apparsa anche Emily. Tra i famigli, però, è apparsa anche un'eccezione, un famiglio che non può tornare nell'Heaven Feel e che è costretto a vivere in questo mondo, Foxy. Lei la conosco praticamente da una vita e so perfettamente cosa ha dovuto passare; forse è per questo motivo che la coccolo così tanto. Però, se la “convivenza” è stata accettata dalle mie sorelle, è soprattutto grazie a lei che mi sorveglia quando sono indifeso e mi protegge come può dalla personalità esuberante ed invadente di Muzet, inoltre Bianca la adora.
    Misaka invece... diciamo che sembra piuttosto insofferente verso la nuova situazione e Muzet non fa nulla per fargliela andare a genio, anzi, molto spesso la infastidisce solo per il gusto di provocarla.
    Muzet è davvero particolare, tramite un espediente che non sto a spiegare ha potuto rimettere piede su questa terra e riesce a mantenere una forma fisica, seppure priva di poteri, solo grazie all'energia che acquisisce con un sistema simile al Protos Heis. Il suo problema, però, non è tanto il suo carattere quanto più alcune pulsioni incontrollate che la spingono ad avere determinati “appetiti”, non so se mi spiego. Dal punto di vista di Foxy, questo mette in pericolo il suo padrone e la vede sempre come un nemico di cui diffidare.
    Un giorno spiegherò meglio tutta la questione, ora siamo qui per fare altro, o meglio saremmo qui per fare altro se solo Sophie lo permettesse. Se solo si sbrigasse... non ho tutto il tempo del mondo e tra un po' inizia il mio turno nel locale e so già che dovrò sopportare una Misaka più che scontenta.
    Emily si alza dalla poltrona e viene a sedersi accanto a me, prendendo in grembo le code di Foxy ed iniziando a lisciarle.

    ”Oggi l'ha fatto di nuovo” mi dice a bassa voce ”Ha preso della roba dalla tua dispensa ed ha cercato di nasconderla sotto questo divano, dice che avere tutto in un unico posto non è sicuro”

    Tenta spesso di nascondere cibo in giro per la stanza, sono le sue provviste d'emergenza da tenere al sicuro dagli altri predatori. Oramai mostra gli istinti dell'animale e non può farci niente.

    ”Come se cambiasse qualcosa, restano sempre nella stessa stanza.”

    ”Almeno si distrae un po'.”

    ”Povera cucciola. Vorrei farla andare in giro liberamente, ma non sarebbe sicuro né per lei né per gli altri. Potrebbe reagire male in mezzo alla gente, finire per mostrarsi ed attirare troppa attenzione. Qualcuno potrebbe anche trovare il modo per portarmela via ed io non voglio.”

    D'istinto la prendo tra le braccia, solo l'idea di vedermela strappare mi inquieta. Non appena la sollevo Foxy riprende le sue dimensioni normali, quando parlo di lei o anche solo penso all'affetto che ho per lei è come se mi sentisse e reagisse di conseguenza. Degli osservatori esterni, anche se non possono essercene, fraintenderebbero tutto, ma per me è davvero soltanto la mia cucciolotta.

    ”Parli così solo perché è una ragazza volpe ed hai un debole per le monster girl.”

    ”Dai, non fare strane allusioni, lo sai che non è vero.”

    ”Vorresti dirmi che se fosse un maschio non farebbe differenza?”

    ”Beh, fintanto che resta lei...”

    ”Tu? Ma se un altro po' e ci dormi insieme!”

    ”Veramente già dormiamo nello stesso letto. Insomma... non posso mica metterla una cuccia o trovarle un altro letto, non potrei spiegarlo a Nizuki dato che Foxy è sempre celata da un'illusione. Nemmeno posso farla dormire qui al Maid, si sentirebbe troppo sola senza di me...”

    Le mie motivazioni mi sembrano più che valide, solo che per Emily non sembra essere altrettanto dato che a momenti le cade la mascella dall'incredulità.

    ”Non riuscirò mai a capire come ragioni e nemmeno come riesca a fare post così lunghi anche quando non hai nulla da raccontare.”

    ”Chiedilo a Sophie, se non mi stesse facendo perdere tutto questo tempo avrei già finito da un pezzo. Dovevo solo farle una domanda ma sembra non poter interrompere nemmeno per un secondo.”

    Ed è proprio nominandola che sia io che Emily ci rendiamo conto di un piccolo particolare: non sentiamo più la penna sul foglio. Con un sospetto ci giriamo insieme verso di lei e vediamo proprio quel che temevamo: con i gomiti piantati sulla scrivania, la mia scrivania, e la testa appoggiata sulle mani ci guarda da non so quanto tempo.

    ”Oh! Continuate, continuate pure, mi diverto a vedervi bisticciare.”

    Io ed Emily non stavamo bisticciando, anche se era molto probabile che fosse solo questione di tempo prima di iniziare, ma non ho davvero intenzione di puntualizzare su questo, il problema è tutt'altro, ma anche questo passa un attimo in secondo piano.

    ”Visto che hai finito, c'è una cosa che voglio chiederti.”

    ”Accetto.”

    Seriamente, sentirla rispondere ancor prima che le faccia la domanda mi dà la sensazione di aver appena ricevuto un pugno nello stomaco.

    ”Non vuoi sapere cosa voglio chiederti?”

    ”Di entrare nella squadra con Lili per la partita di calcio. Accetto, sarà divertente.”

    E con quest'altro colpo è quasi K.O.
    Ora mi sorge un altro dubbio. Sposto con delicatezza Foxy per alzarmi, ma comunque finisce per svegliarsi e guardarmi contrariata, mi devo avvicinare a Sophie.

    ”Puoi dirmi cosa hai fatto fino ad ora?”

    Foxy mi corre dietro e guarda curiosa da sopra la mia spalla il foglio che Sophie mi ha appena passato.

    ”Ma questo è...”

    ”Sì, è un cruciverba. Questa mattina Rin mi ha sfidato a farlo e come vedi l'ho finito tutto.”

    ”Ed io... e noi abbiamo aspettato tutto questo tempo, siamo stati zittiti a più riprese ed ho scritto un wall of text allucinante per un cruciverba? Ed ora chi credi che leggerà?”

    ”Ma era difficile...”

    Agli occhioni dolci e sottomessi che mi fa, colpa di Lili che glieli ha insegnati, non so come rispondere a parole, anzi non riesco nemmeno a guardarla senza avere l'impulso di scusarmi e portarla a mangiare un gelato per non vederla più triste, è per questo che mi giro verso Foxy, le passo il foglio con il cruciverba e lei, senza che le dica nulla, sa perfettamente cosa fare: con gesti velocissimi strappa il foglio in tanti pezzetti piccolissimi e li lancia in aria in modo che cadano su Sophie.

    ”Coriandoli!”

    Dice Foxy ridendosela per il dispetto che abbiamo appena fatto e per l'espressione di Sophie in posa “urlo di Munch”.

    ”Ma non è un gran danno, domani potrai stupirla risolvendolo davanti a Rin in cinque minuti, tanto conosci già tutte le risposte.”

    Esco dal mio ufficio portandomi dietro Foxy, naturalmente nascosta da un'illusione, mentre Emily svanisce tornando nell'Heaven Feel. Apparentemente mi sono dimenticato che, a breve, dovrei prendere servizio.


    Edited by .Micael. - 30/4/2015, 00:41
     
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    Atto 3 – Allenamento differenziato



    È il momento di mettersi alle spalle tutti gli avvenimenti della mattinata, i sentimentalismi con Lili, le incomprensioni con Sophie, i giochi con Foxy. Ora, nella mia camera del dormitorio, ci siamo riuniti per il nostro primo incontro in preparazione a quella benedetta partita. Non preoccupatevi, non ho fatto entrare tutta la squadra di calcio nella mia stanza, non ci staremmo tutti e nemmeno li vorrei quei tizi nella mia tana notturna. Ammetto, però, che al momento la mia tana è irriconoscibile con questa lavagna per le tattiche, lo schermo ed il lettore DVD che ho preso in prestito dalla stanza audiovisivi e la pila di DVD di partite di calcio e montaggi delle azioni e della tecnica dei più grandi calciatori della storia, presi in prestito dal club di calcio.
    Lili e Sophie, sedute sul letto, mi guardano strano mentre, con un pennarello nero, scrivo sulla lavagna il titolo di dell'esperienza che stiamo per fare.

    «”Lezioni di Calcio dell'astro nascente dello sport a livello preuniversitario, destinato a diventare leggenda tra le leggende, in attesa della chiamata della nazionale giapponese solo per poterla rifiutare”? Stai scherzando?»

    L'osservazione di Lili non la comprendo.

    « Qualcosa non va con il nome? Non avevo previsto reclami, altrimenti avrei messo una bella scatola dei suggerimenti sul terrazzo, ma farò un'eccezione. Cosa non ti piace? »

    « Cosa? Tutto! È orrido. »

    « Mi sembra un così bel nome... »

    « Fidati che non lo è. »

    Annoiato, cancello dalla lavagna quel nome che mi ero tanto sforzato di trovare e scrivo una cosa più standard ma molto meno bella: “Lavagna tattica”.

    « Almeno questo ti piace? »

    « Questo è ok! »

    E mi fa un segno di approvazione con il pollice. Bene, almeno questa discussione la possiamo evitare ed archiviare.

    « Ma a me piaceva di più l'altro! Era cool! »

    Ed ovviamente si mette in mezzo anche Sophie. Per quale assurdo motivo ho preso questa lavagna? Neanche mi serve.
    Senza rispondere e senza nemmeno voltarmi, aggiungo un pezzo alla precedente scritta così che ora campeggia in bella e solitaria mostra la dicitura “Lavagna tattica dei tre fenomeni”. La mancanza di maiuscole nel mezzo della frase indica quanto poco sia il mio entusiasmo su questi nuovi titoli. La risatina soddisfatta di Sophie e la mancanza di commenti di Lili mi dice che finalmente abbiamo trovato il titolo. Indovinate, a chi è che non piace?

    « Bene, ora possiamo tornare all'argomento principale. Ci sarà una partita di calcio tra il club della nostra scuola ed uno molto più forte. Medaka si è messa in mezzo ed ha incasinato tutto, una semplice partitella è diventato un evento ufficiale che si terrà nello stadio cittadino, ho anche paura che possa invitare qualcuno a cantare durante l'intervallo e che prepari una cerimonia di apertura stile Olimpiadi di Pechino 2008. La partita ci sarà tra sette giorni e siamo coinvolti anche noi, l'ultima speranza che ha la nostra scuola per vincere e l'unica che hanno i nostri giocatori per evitare la tortura spacciata per allenamento della nostra presidente del consiglio. Unitile dire che se perdiamo verremo puniti anche noi. Bene, ora che abbiamo messo in chiaro come stanno le cose, passiamo a parlare del perché siamo qua: tra sette giorni abbiamo una partita nella quale saremo le star e non sappiamo giocare a calcio. Detta così sembra una situazione disperata, ma ho un piano. »

    Rallento un attimo l'esposizione ed attendo eventuali interruzioni, potrebbero avere qualche domanda o potrebbero protestare. Tuttavia entrambe non fiatano, attendono che io continui, mi piace quando pendono dalle mie labbra.

    « Con un allenamento normale non ce la faremmo mai, per questo bisogna usare al meglio le nostre abilità e per farlo non possiamo che dipendere dalla posizione da tenere in campo. Lili, con il tuo potere puoi rendere la palla la tua arma, dico bene? »

    « Si, è così. Potrei stendere il portiere con un solo tiro. »

    « Ed è per questo che sarai il centravanti. Giocheremo con un'unica punta per farti avere quanti più palloni possibile senza costringerti a giocarli. Le doti di palleggio non ti serviranno, ti basterà tentare di inquadrare la porta. »

    Con il pennarello traccio sulla lavagna le linee del campo e disegno vicino alla porta avversaria un piccolo cerchio con dentro il numero 9 e sotto il cognome di Lili. Continuiamo.

    « Sophie, con il Protos Heis non hai problema di energia, sei veloce ed abituata agli sport. Sarai il tornante destro. Dato che i nostri avversari sono molto forti e che Lili non rientrerà, sarà fondamentale il tuo apporto difensivo. Dovrai dare una grossa mano al terzino ed essere sempre pronta a ribaltare l'azione ed appoggiare la fase d'attacco. Ti senti in grado di farlo? »

    Sophie scatta in piedi sull'attenti, come se si trovasse nell'esercito davanti ad un suo superiore.

    « Signorsi signore! »

    « Ok ma trattieni l'entusiasmo, non voglio che ci mandino di nuovo i responsabili del dormitorio per gli schiamazzi. »

    Comunque disegno sulla fascia destra un cerchio con il numero 11 ed il suo nome.

    « Per concludere ci sono io. Con la One Heart posso leggere il ritmo dei giocatori, conoscerne le intenzioni e giocar sempre d'anticipo, oltre a poter ottenere le capacità di gioco da tutti ed essere automaticamente il calciatore più forte e talentuoso in campo. Sarò il raccordo tra centrocampo ed attacco, creerò gioco e disturberò la manovra avversaria. Farò il trequartista. »

    Quindi disegno un terzo cerchio un po' dietro quello di Lili, non è esattamente la posizione che avrò in campo ma questo è secondario. Ora bisogna affrontare la parte più delicata: l'allenamento.

    « Naturalmente il nostro attuale stato non va comunque bene. Avremo anche i poteri, ma da soli non bastano. Per questo ho pensato a degli allenamenti particolari migliorare i nostri punti deboli. Dovremo dividerci in due gruppi: io e Lili faremo allenamento fisico per migliorare la resistenza fisica ed il fiato. Sophie, tu hai tutte le possibilità di imparare a giocare, sfrutteremo la tua particolare attitudine per farti imparare i segreti dei più grandi calciatori dai loro filmati. »

    Ma, come era prevedibile, a Sophie questa cosa non piace.

    « Non voglio allenarmi da sola! Voi siete insieme e fare i piccioncini, invece io devo mettermi davanti alla tv a guardare video. In solitudine. Nella stanza di tre ragazzi. Se torna Nizuki che faccio? Potrebbe saltarmi addosso e tentare di approfittarsi di me e non vuoi che alla tua bella sorellina accadano brutte cose, no? »

    È un po' drammatica, a tratti estrema, ma il suo punto è giusto.

    « Non preoccuparti, non sarai da sola. La tua compagna è appena dietro di te. »

    Con il dubbio che la stia prendendo in giro, Sophie si gira, come anche Lili, e lancia un urlo per lo spavento quando vede che dietro di lei c'è Sharon che liscia i suoi capelli rossi.

    « Adoro il vostro balsamo. »

    Dice continuando a massaggiarsi i capelli, incantata dalla loro inusuale morbidezza si è dimenticata anche di salutare.

    « E l-l-lei da dove salta fuori? Nascondi le ragazze nell'armadio? »

    Domanda Sophie sorpresa, puntando l'indice verso Sharon ed indicandola come si indicherebbe un fantasma. Lili se la ride ma so che anche lei è un attimo sobbalzata quando l'ha vista, dopotutto entrambe non sono abituate ad avere a che fare con un potere come quello.

    « Si è offerta di tenerti compagnia ed assisterti nell'allenamento. »

    Poggio una mano sulla spalla di Sharon per riportarla al mando reale. Lei lascia andare la ciocca di capelli e china il capo con un leggero sorriso.

    « Vorrei scoprire cos'è questa roba che chiamate cacio, dal nome sembra gustoso. »

    « Calcio, non cacio. È uno sport. »

    La correggo perché sembra aver frainteso. Alza la testa e mi guarda sorpresa e delusa.

    « Quindi non si mangia? »

    « Ho capito, questa sera ti cucino gli spaghetti cacio e pepe. Naturalmente siete tutte invitate »

    Dal loro entusiasmo si direbbe che anche loro sono state quantomeno stuzzicate dalla parola “cacio” e dall'idea di mangiare qualcosa di buono. Manderò un messaggio a Cheria sperando che lei sappia dove trovarlo, qui non l'ho mai comprato.
    A cucinare e mangiare penserò più tardi, dobbiamo andare ad allenarci. Sophie è pronta con tutti i video, ho appena finito di spiegare a Sharon come funziona il lettore DVD e Lili è pronta per andare a correre.

    « Allora noi andiamo. »

    Mi limito a dire questo mentre usciamo dalla stanza e ci ritroviamo... sulla pista di atletica.

    « Come siamo finiti qui? »

    Mi chiede Lili dopo aver superato un po' lo stupore iniziale. Io non sono stupito, sono solo un po' contrariato dato che stiamo andando a correre e risparmiarci la strada per arrivare alla pista mi sembra quasi un controsenso.

    « Non badarci, è il potere di Sharon. Voleva semplificarci la vita portandoci direttamente qui. Certe volte è troppo pratica, è il tipo che creerebbe un varco per il frigorifero solo per non doversi alzare dal divano. »

    Le rispondo sbrigativo. Il varco non si chiude, è nascosto dietro gli spalti, quindi nessuno ci ha potuto vedere, sembra volerlo lasciare attivo per permetterci di tornare quando saremo stanchi. Forse questa è una cortesia per la quale vale la pena ringraziarla.
    Non perdiamo altro tempo, abbiamo solo una settimana ed abbiamo molto lavoro da fare per arrivare all'appuntamento nelle condizioni di riuscire a reggere almeno un tempo. Iniziamo a correre, ad allenarci insieme come non facciamo da un decennio. Quanto mi mancava.

    * * *



    I sette giorni sono passati senza che ce ne rendessimo conto. È arrivato il momento di giocare.

     
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    Atto 4 – Prima della partita



    L'atmosfera è rovente, lo stadio è già una bolgia, le tifoserie hanno preso posto e stanno già intonando i loro cori, mi sono affacciato per un attimo sul campo e sugli spalti è davvero uno spettacolo. Uno spettacolo che intimidisce. Ho avuto una stretta allo stomaco guardando la curva colorata delle tonalità della nostra divisa. È meraviglioso. Ho dovuto dare almeno una sbirciata perché è l'unico modo per godermi un po' la cosa, quando scenderemo in campo non ci sarà più spazio per le emozioni, per le lacrime che non ho trattenuto, il pensiero sarà tutto al gioco.
    Oguro mi mette la fascia di capitano al braccio.

    « Contiamo su di te. »

    Metto una mano sul petto, sullo stemma della nostra scuola, sento sulle mie spalle il peso di questa squadra che mi ha accettato e che si è messa nelle mie mani, il peso di questa fascia e di questa maglia numero 10.

    « L'Hakoniwa conta su tutti noi. »

    Non mi sono allenato molto, non merito di essere qui, ma ho accolto il loro appello ed ho trascinato Sophie e Lili in questa storia. Vado da loro due, le uniche ragazze in questo spogliatoio. Ho ottenuto i permessi per farle giocare con noi, ringrazio molto la signorina Kurokami per aver fatto pressione ed i rappresentanti dell'altra scuola per aver detto davanti a lei che le ragazze sono deboli.

    « Va tutto bene? »

    « Sto bene. Sono solo un po' agitata. »

    Risponde Lili sorridendo nervosamente. Sophie resta in silenzio, forse non mi ha nemmeno sentito. Mi avvicino di più e mi accorgo che sta tremando, si fissa la punta degli scarpini terrorizzata. Non è abituata a niente di tutto questo, tutti gli sport che ha praticato non avevano un forte richiamo di pubblico, al massimo si è ritrovata ad esibirsi sotto gli sguardi di un centinaio di persone e sempre in sport individuali, non doveva guardare l'avversario dritto negli occhi. Oggi a vederci sono quasi in ventimila. L'ingresso era gratuito e lo stadio è al completo.
    Le tendo la mano facendola passare davanti ai suoi occhi. Si risveglia un attimo dalla tranche in cui era caduta e guarda la mano con stupore, quindi me.

    « Devo fare il discorso ai ragazzi. Andiamo. »

    Le dico con tono tranquillo a rassicurante. Sophie prende la mia mano e si alza, ha smesso di tremare. Lili annuisce in segno di approvazione, la mia sorellina aveva bisogno di un po' di contatto per tranquillizzarsi. In mezzo a tutti noi sembra davvero uno scricciolo, è la più piccola per età e per corporatura, la più fuori posto e sembra incredibile che le abbia dato un ruolo di sacrificio, ma gli altri non sanno quello che so io.
    Tirandomela dietro mi posiziono al centro dello spogliatoio. Ho già gli occhi puntati su di me, non ho bisogno di attirare la loro attenzione. Sento la mano di Sophie stringere con maggiore forza; con un abile movimento passo la sua mano attorno al mio fianco e la cingo alle spalle con il braccio, stringendola a me ed accarezzandole la spalla. Se è con me lei deve essere tranquilla, non le accadrà nulla ed andrà tutto bene. È tempo di parlare.

    « Sapete già chi sono. Non sono uno del club, non ho faticato al vostro fianco ogni giorno, sono solo uno di passaggio. Se sono qui è perché temete i vostri avversari. Gli East Red Dogs sono forti, sono la squadra più forte del distretto ed una delle più forti di tutta la nazione. Nella tecnica e nel gioco ci sono superiori, nelle individualità ci sono superiori e così nel gruppo. Non siete eccitati? Non vi sentite ardere di desiderio? Non vedete l'ora di scendere in campo per mostrare di che pasta siete fatti? Loro sono i più forti, su questo non si discute. E allora? La partita deve ancora essere giocata, loro non l'hanno ancora vinta e noi non l'abbiamo ancora persa. Ricordate sempre chi siete. Ricordate chi rappresentate. Noi siamo l'Hakoniwa. Da noi il talento non significa nulla. Da noi la forza non conta nulla. Da noi, l'unica cosa che conta batte nei nostri petti ed con questa convinzione che scenderemo in campo. Respirate a fondo, gonfiate il petto ed inorgoglitevi per ciò che rappresentate. In alto i cuori, è così che noi facciamo le cose. È così che oggi gli ShiroHebi vinceranno. Allora, cosa dobbiamo fare oggi? »

    « Vincere! »

    Tutta la squadra risponde in coro.

    « Che cosa vogliamo? »

    « Vincere! »

    « Allora in campo ragazzi! Mostreremo a tutti chi siamo. I Red Dogs sono convinti di massacrarci, noi gli daremo uno spettacolo che non dimenticheranno. Alla vittoria! »
     
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    Atto 5 – La Partita



    Entriamo in campo nel tripudio del pubblico, accolti come eroi già solo per essere qui a giocarci questa partita. Tengo ancora per mano Sophie e sembra una bambina che mi accompagna all'uscita degli spogliatoi, lei non me l'ha mai lasciata per tutto il tempo. Do le ultime indicazioni sullo schieramento, un classico 4-4-2 per favorire gli equilibri laddove i nostri avversario optano per un 4-3-1-2 che occupa meglio le vie centrali, almeno sulla carta visto che loro in fase offensiva si dispongono con un 4-2-4 estremamente offensivo facendo allargare uno degli attaccanti e lasciando che uno dei centrocampisti salga allargando ancora di più le maglie della difesa. Li ho studiati abbastanza da conoscere tutti i loro schemi offensivi e difensivi, un vantaggio per noi dato che loro hanno preparato la partita senza conoscere il nostro schieramento e tre dei titolari. Vado a centrocampo per il saluto all'arbitro ed al capitano della squadra avversaria, il trequartista Tatsuhisa Ryugasaki. Quest'ultimo mi guarda con sospetto.

    « Tu non c'eri al bar. »

    Mi fa mentre ci stringiamo la mano.

    « Quelli non sono i miei ambienti. »

    « Avete anche delle donnicciole in campo. »

    « Loro sono la Queen ed il King »

    « Tu saresti il Jack? »

    « Il Jack è Oguro, io sono il Joker. »

    L'ultima frase lo indispettisce, con uno strattone mi fa avvicinare a lui e ci fissiamo negli occhi senza battere ciglio da breve distanza. È l'arbitro a dividerci ed il solo atteggiamento di sfida infiamma ancora di più un pubblico già caldo. Vinco il lancio della moneta e scelgo la palla.
    Mentre ci prepariamo a battere il calcio d'inizio – sulla palla vanno Lili e Sophie – mi guardo intorno e provo a cercare con lo sguardo delle facce amiche sugli spalti. Mi sembra una follia anche solo provarci, non siamo al campetto del doposcuola, però, quando sto per rinunciare, vedo uno striscione ed un piccola chiazza con dei colori diversi; concentrandomi su di loro percepisco che si tratta delle ragazze del Maid Caffè, sono tutte qui a fare il tifo per noi e tra di loro ci sono anche Cheria, Bianca e le altre; sorreggono lo striscione “Sei il Clara-dei nostri cuori”, solo a loro poteva venire una idea simile.
    L'arbitro fischia l'inizio della partita e si inizia. Lili tocca per Sophie, lei si alza la palla, fa due palleggi e poi fa partire un improvviso tiro da centrocampo: ha visto il portiere avversario ancora fuori dall'area e prova a sorprenderlo con un pallonetto da 50 metri. Recupera in extremis e, con un colpo di reni, riesce a deviare sopra la traversa in calcio d'angolo. Mentre portiamo la squadra su per battere passo di fianco al capitano avversario gustandomi con fierezza la sua espressione incredula, condivisa da tutti i suoi compagni.
    Alla battuta per noi va il numero 8 Sosogi Honda, per il resto portiamo in area 4 giocatori ed io mi sistemo appena fuori. Guardo le loro marcature e vedo che Lili sta avendo un bel da fare con il difensore che la marca fin troppo stretto continuando a dire che se dovesse toccarla in posti strani non sarebbe colpa sua.

    « Lili! La palla è la tua arma. »

    Mi fa un cenno di intesa e Sosogi batte l'angolo. Il difensore, numero 2 Satoshi Touma, cerca di cinturarla e di allungare le mani, ma vedere Lili attaccare il primo palo con tutta questa forza, tirandosi dietro di ignoranza il marcatore, per andare a staccare ed a schiacciare il pallone alle spalle del portiere, non ha prezzo. Non fa niente che l'arbitro annulli per fallo in attacco, il segnale è stato lanciato, i Red Dogs l'hanno recepito forte e chiaro ed ora temono per cosa può essere capace di fare l'autoproclamato Joker. Altro che donnicciole.
     
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