[CONCLUSA]Crossing maid

Multipla chiusa

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    Riservata a Tabris_92 e .Micael.

    Ecco a voi il vostro cappuccino, il caffè e un succo di pesca per il giovanotto.

    Le due donne sedute al tavolo lo ringraziarono mentre prendevano la loro ordinazione, mentre il “giovanotto”, un bambino di forse sei anni, era già intento a bere il suo succo, tenendo con entrambe le mani il bicchiere. Sul suo grembo c'era un peluche che, libero dalle attenzioni del bambino, si poteva finalmente rilassare.
    Non senza aver prima ringraziato a sua volta, Hiroshi tornò al bancone dove depose il vassoio vuoto. Lì si guardò attorno, assaporando la vivace tranquillità di quella giornata.
    Gli avventori del locale in quel momento erano pochi: oltre al tavolo che aveva appena servito c'erano solo altre quattro persone: due madri (la clientela, escludendo i bambini, era prevalentemente femminile) coi loro figli. Le donne sedevano tranquille al loro tavolino mentre i bambini, un maschio e una femmina, giocavano a rincorrersi intorno a un altro tavolo insieme a un pupazzo di tigre e a un trenino. A entrambi Hiroshi aveva dato a suo tempo il respiro vitale.

    Non era un locale grande, era infatti composto solo da due stanze, una principale con cinque tavolini più il bancone e una retrostante più piccola con altri due tavoli. Aveva però la sua clientela fissa che, per quanto ne sapeva Hiroshi (pur essendo lui a gestire nella pratica il locale non ne era il proprietario – ovviamente, era pur sempre solo un liceale – e si occupava solo marginalmente della gestione economica) ne copriva le spese, con qualche avanzo più che discreto.
    Nonostante in quel momento fosse, come detto, semivuoto, non sembrava affatto svuotato: grazie alla presenza di pupazzi, peluche e giocattoli vari che, in modo piuttosto casuale, ne ricoprivano gli spazi, dava l'idea di un disordinato e giocoso assembramento. La maggior parte dei giocattoli non era dotata di vita, ma nel mucchio se ne distinguevano, almeno alla percezione di Hiroshi, alcuni diversi. Avendo essi personalità differenti, il loro approccio ai clienti cambiava sensibilmente: se certi non avevano problemi a rivelarsi e intrattenere i bambini, altri preferivano fingere di essere inanimati.
    Hiroshi si rilassò dal bancone. Quel giorno Kasumi aveva detto che sarebbe arrivata più tardi, ma per fortuna non sembrava esserci bisogno di particolare aiuto. Ma proprio quando pensava questo, giunse un suono a confutare la sua supposizione.

    Benvenuto.

    Pur affievolita dalla distanza e dalla porta per accedere al locale, Hiroshi sentì la voce metallica di Kunda (il nome era un'unione di Kuma e Panda; se qualcuno se lo stesse chiedendo l'assonanza con Gundam non significa nulla), il pupazzo di orso gigante – gigante per un pupazzo, essendo alto poco meno di un metro e mezzo – posto fuori dal locale, che l'avvisava dell'arrivo di un nuovo cliente.
    Sarà un cliente abituale o qualcuno di nuovo?
    Qualsiasi fosse la risposta, l'atteggiamento da prendere era lo stesso: armandosi di un sorriso, Hiroshi si preparò a dare il benvenuto al nuovo arrivato.
     
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    La giornata scolastica è finita da un po', tutti gli studenti sono pronti per concedersi una piacevole pausa di relax prima di affrontare lo studio che attende tutti loro, che si tratti di preparazione per una probabile interrogazione del giorno successivo o di responsabile dedizione non cambia, la dura vita dello studente è questa.
    Agitando pericolosamente la cartella, a costante rischio di staccarsi dell'impugnatura trattenuta nella mano destra, descrivendo ampie oscillazioni con le braccia mentre cammina con passo caracollante, Sophie percorre una strada per lei insolita, intenzionata a raggiungere una meta ancora più insolita: una caffetteria.
    Per chi la conosce questa affermazione sembrerà davvero strana, per Sophie non c'è cosa più normale del frequentare il Maid Caffè, lì è praticamente diventata la sorellina di tutte dato che è una presenza fissa, ed anche un po' invadente, che ultimamente ha iniziato ad usare anche parte della struttura per i proprio, assurdi, scopi. La cosa insolita è che non sta andando al Maid Caffè.
    Ha sentito parlare di un altro locale in città, lo hanno descritto come un ambiente molto accogliente e simpatico, dove si respira un'atmosfera di ospitale cortesia, non può non andare a vedere di persona.
    “Se c'è un locale all'altezza del Maid, o capace di offrire qualcosa di diverso, devo andarci assolutamente e capire cosa fare per non farci rubare i clienti, altrimenti Mimì impazzisce” ha pensato prima di decidere di andarci davvero, circa tre secondi dopo aver detto a Misaka “oggi non ci sarò, andrò in un altro locale”.
    Non conosceva la strada, se l'è fatta indicare dai passanti che via via incontrava ed è riuscita a trovarlo con facilità ed ora è appena arrivata davanti la porta. È un po' titubante, le sembra quasi di star commettendo un alto tradimento, anche se ha delle buone intenzioni, riusciranno a capirle ed a perdonarla, oppure verrà bandita dal Maid a vita per la sua azione? E se quelli del nuovo locale dovessero identificarla come una spia ed agire di conseguenza? Non è pronta alla tortura, finirebbe per fare il nome di quel caffè e per mettere tutti nei guai? Tutti questi dubbi e paure le rimbalzano nella testa quando la sorprende una improvvisa voce che dà il benvenuto. Per quanto è sovrappensiero non c'è da sorprendersi se le esce un urlo di terrore e quasi le si rizzano i lunghi capelli purpurei per lo spavento.
    Si guarda intorno per riuscire a capire chi abbia parlato, ma non c'è nessuno oltre ad un enorme pupazzo a forma di orso. Sophie lo guarda attentamente da varie posizioni, puntandosi l'indice contro il mento, poi con la gestualità che dovrebbe ricordare un leone che si avventa su una preda, ma che assomiglia di più ad un gattino che salta su un gomitolo di lana, fa un ruggito degno di un leoncino che cerca di imitare gli adulti ma che, invece di intimidire, smuove il cuore per la sua dolcezza. Sophie si ferma con il viso ad una decina di centimetri da quello dell'orso e lo fissa negli occhi con sguardo serio, poi sorride giocosa.

    ”Sei un bravo orso.”

    E gli stampa un becetto sulla guancia prima di decidersi ad aprire la porta ed entrare.
    È divertita per quello che è appena successo, per essersi spaventata in quel modo, ma tutto questo passa in secondo piano per lo stupore che le suscita la vista di tutti quei giocattoli che popolano l'ambiente come tanti piccoli avventori. Calore. È questa la prima cosa che le suscita quel locale. Vorrebbe prendere qualcuno di quei giocattoli, magari quel koala che sembra tanto morbido, o quel gattino dagli occhi vispi, o magari il robottino che, con il braccio alto, sembra salutarla, ma deve rispettare le gerarchie, prima si salutano gli umani e dopo i giocattoli.

    "Buong... buonas ... salve!"

    Dice con un gran sorriso e sentendosi un po' stupida per essersi lasciata prendere in quel modo dai giocattoli, dopotutto è grande e dovrebbe riuscire a resistere meglio, e per non essere riuscita a ricordarsi quale saluto usare in questo momento della giornata.
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    Mhm, sembra che Kunda abbia colpito ancora... Pensò Hiroshi dopo aver sentito un piccolo grido dall'entrata.
    Speriamo che non faccia scappare dei nuovi clienti...
    Per sicurezza si diresse verso l'entrata, ma la sua preoccupazione si rivelò eccessiva, perché prima che ci arrivasse la porta si aprì e da essa spuntò una ragazza minuta; a occhio e croce sembrava essere delle medie o poco più.
    La ragazza si guardò intorno, osservando con quella che sembrava meraviglia e, forse, desiderio i giocattoli. Hiroshi la guardò con un lieve sorriso: gli piaceva osservare il momento in cui i nuovi clienti entravano stupefatti nel locale, gli dava una sensazione simile a quella di una sorpresa ben riuscita che si fa a un amico o a una persona cara. Ma la vera sorpresa ancora non era stata rivelata...

    Buong... buonas ... salve!
    Disse lei, forse un po' impacciata, ma con un gran sorriso.

    Salve e benvenuta!
    Senza quasi accorgersene, il sorriso sul volto di Hiroshi si allargò. Istintivamente quella ragazza gli stava simpatico, dandogli una certa idea di innocenza e carineria.
    È la prima volta che vieni qui, giusto? Sentiti pure libera di muoverti come vuoi per il locale: tutto quello che vedi è a disposizione dei clienti. Accompagnò quelle parole da un gesto circolare del braccio, a indicare tutta la stanza.
    Poteva essere ovvio, ma in realtà era una precisazione importante: diverse persone erano dapprima titubanti se poter prendere o no i pupazzi. Chissà se era il caso anche di questa ragazza…?
    Quando ti sei seduta e vuoi ordinare, chiamami pure.
    Sempre mantenendo un sorriso cordiale fece per tornare al bancone. Tuttavia a metà strada (ossia dopo un passo o due, non c'era mica tutta quella grande distanza in fondo) si girò.
    Ah, un'altra cosa... se noti qualcosa di particolare con i pupazzi, non ti preoccupare: è normale. In questo locale, almeno, lo è.

    Troppo sibillino? Forse sì, ma non voleva sbilanciarsi. Tornando al bancone notò come i due bambini intorno al tavolo avessero smesso di correre, così come il trenino e il pupazzo di tigre con cui stavano prima giocando e che ora giacevano immobili. Era come se l'intero locale, compreso i clienti, i pupazzi e il suo gestore (ovverosia Hiroshi), si fossero tacitamente messi d'accordo per nascondere, almeno per il momento, alla nuova arrivata la natura dei pupazzi. Come se fosse stata una festa a sorpresa: bisognava fingere che tutto fosse normale, prima di rivelare la sorpresa, ossia ciò che normale non era.
    Vediamo come reagirà questa ragazza quando lo scoprirà...

    Mic, se ti va puoi usare i giocattoli come vuoi, facendoli muovere e tutto. Ricorda però che non possono parlare.
     
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    Il ragazzo che la accoglie con quel gran sorriso le sta immediatamente simpatico, le sembra davvero una brava persona. "L'accoglienza mi piace" pensa la giovane Sophie "se accoglie tutte così deve essere molto difficile non tornare."
    Si sente a suo agio ed il poter gironzolare per il locale come desidera la fa sentire come a casa. Nella sua camera, quando non era ancora entrata alle medie, c'erano sempre giocattoli dappertutto e quel locale gliela ricorda. Al calore di prima si aggiunge un senso di nostalgia per i tempi passati. Prende immediatamente il bel pupazzo di un leoncino e se lo stringe alla guancia sorridendo alla sensazione del morbido pelo sulla pelle, mettendosi a sedere ad un tavolo vicino al robottino che prima la salutava. Non c'è molta gente, non c'è la confusione alla quale si era abituata, è tutto molto più raccolto e... "normale" le viene da pensare. Certo, si interroga su cosa significassero le ultime parole di quel ragazzo sulle stranezze, per quanto si guardi intorno lei vede solo una terra di incanti e balocchi.
    Non ha ancora deciso cosa ordinare, sta solo pensando al leoncino ed a quanto voglia prendere anche il robottino. Alla fine si decide, posa il leoncino sulle proprie gambe e si allunga con le braccia per prendere l'altro giocattolo, ancora con il braccio alzato come in saluto.

    "Ciao anche a te, bel robottino."

    Mentre lo guarda le viene uno strano pensiero, si ricorda di un fumetto letto non molto tempo fa dove la protagonista vedeva le persone come robot ed era appassionata di modellini di gundam ed affini, modellini che davanti a lei si animavano. "I suoi occhi erano dello stesso colore dei miei, ma io non sono in grado di fare simili cose. Sarebbe bello se esistesse davvero qualcuno capace di... di..." il suo pensiero si interrompe e la sua attenzione viene catturata da un movimento che sente sulle gambe. Solo che sulle sue gambe c'è il pupazzo di un leoncino. Si irrigidisce sulla sedia ma ancora non guarda, crede di esserselo immaginato, solo che sente ancora un altro piccolo movimento, uno strusciare sulla coscia, qualcosa che si appoggia contro il suo ventre. Abbassa lo sguardo che non vede altro che il pupazzo... in un'altra posizione. non si era spostato, si era accucciato e messo comodo. Sophie è un po' disorientata, crede di trovare la spiegazione più logica nell'essersi autosuggestionata con i suoi pensieri, solo che lei stava pensando ai robot, giocattoli come quello che ha in mano.

    "Ah!"

    Le sfugge vedendo che il braccio, con il quale il robottino sembrava salutare, si era abbassato. Lo fissa con la bocca spalancata per lo stupore, poi scrolla la testa come a voler scacciare un pensiero irrazionale, dimenticandosi di essere una ragazza capace di costruire forme di pura energia, ed alza di nuovo il braccio al robot. Quasi sobbalza vedendo il braccio abbassarsi di nuovo e la testa del robot girare su se stessa Lo posa sul tavolo e si abbassa per guardarlo negli occhi, ma si rialza immediatamente sentendo dell'altro movimento sulle gambe: per come si era messa il leoncino stava per cadere ed aveva iniziato ad agitarsi per restare su. Lo prende ed appoggia anche lui di fianco al robot, guardandolo entrambi con attenzione.
    Non capendo cosa stia succedendo, ritrovatasi improvvisamente in una situazione che le ricordava un fumetto, ripensando al proprio colore degli occhi e temendo di essere prossima a vedere gli umani come robot, alza la mano come si farebbe a scuola per attirare l'attenzione del ragazzo del locale. Ha qualche domanda da fare, oltre ad aver voglia di un po' di succo di mirtillo.
     
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    La ragazza non si era fatta pregare e si era messa a giocare con i pupazzi. Qualunque fosse la loro età, a Hiroshi piaceva vedere le persone divertirsi coi giocattoli senza preoccuparsi di null'altro. Era un peccato che gli adulti, ritenendolo qualcosa di infantile, non lo facessero anche loro. Eppure, quando giocavano assieme ai bambini con quei giocattoli che altrimenti non avrebbero toccato, era difficile dire chi si divertisse di più. Era strano che solo quando trattavano con bambini e animali gli adulti potessero mostrarsi senza maschere e preoccupazioni per ciò che gli altri potevano pensare.
    Ma questi pensieri non l'avrebbero aiutato a portare avanti il locale. Vedendo che le due signore avevano terminato il loro caffè, andò a ritirare le tazze, senza esimersi dallo scambiare due chiacchiere con loro. Andò a finire che le due ordinarono un dolce e che il bambino, sentendo ciò, chiese anche lui un pasticcino. E poi dicono che la gentilezza non paga!

    Mentre portava le ordinazioni, vide che la ragazza aveva alzato la mano, come a voler fare una domanda... oppure come un uomo che stava annegando e chiedeva aiuto. Forse era meglio andare da lei. Depose quindi sul tavolo le ordinazioni e andò accanto a lei.
    Eccomi! Hai bisogno di qualcos... oh, vedo che hai fatto amicizia con Kovi – così dicendo indicò il pupazzo di leoncino – e Better Second. Stavolta indicò il robot.
    Spero che non ti abbiano fatto un brutto preoccupare, sai, a loro piace giocare. Non è vero?
    Fece un occhiolino ai due. In risposta il leoncino si stiracchiò come avrebbe potuto fare un gatto in cerca di coccole, mentre Better Second alzò entrambe le braccia in alto, come a voler esclamare “Banzai”.
    Hiroshi scosse la testa, fingendo disapprovazione, prima di rivolgersi nuovamente alla sua nuova cliente.
    Ma dimmi... ti serviva qualcosa?
     
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    Sophie, mentre il ragazzo si avvicina, riflette su come esporre la domanda che vorrebbe porgli ma tutto questo si rivela inutile, bastano le prime parole di questo per rendere superflua proprio quella domanda. Il leoncino si chiama Kovi, il robottino Better Secondo ed il fenomeno non è dovuto agli occhi purpurei della ragazza.

    "Oh! No, no, no, non hanno fatta preoccupare. Anzi, sono due tesori. Sono io che ho cominciato a farmi strane idee sull'aver sviluppato i poteri che ho letto una volta in un manga."

    Sophie non la smette di dispensare sorrisi, per la gioia che sta sprigionando sembra quasi illuminarsi di luce propria. Giocattoli vivi, uno dei sogni della sua infanzia fin dalla prima visione di Toy Story, solo che questi non si stanno nascondendo a lei e si muovono sotto i suoi occhi.

    "Se mi serve qualcosa..."

    Rimane un attimo a pensare, dei giocattoli vivi non le fanno mancare nulla.

    "Oh! Giusto! Se potrei avere un po' di succo di mirtillo."

    Però, prima che il ragazzo possa allontanarsi, aggiunge

    "Io sono Sophie."
     
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    Poteri? No, è qualcosa di molto più banale. Questi giocattoli si muovono perché sono vivi. Tutto qua. Rispose Hiroshi sorridendo.
    In effetti era davvero tutto là. “Possono muoversi perché sono vivi”, quella era la spiegazione. Eppure Hiroshi era in qualche modo ammirato per la semplicità e l'entusiasmo con cui quella ragazza aveva preso la questione. Di solito le persone non si accontentavano di accertare come i giocattoli si muovessero per conto loro, ma cercavano sempre qualche altra spiegazione. Per quietarli Hiroshi era costretto a dire che i pupazzi si muovevano per magia (ai bambini) oppure grazie alla tecnologia (agli adulti). C'era da dire che mentre i primi non sempre ci credevano, i secondi ci cascavano puntualmente.

    Un succo di mirtilli... subito!
    Annotò mentalmente l'ordinazione, mentre intanto la ragazza si presentava.
    Piacere di conoscerti Sophie. Io mi chiamo Hiroshi.
    Il ragazzo gettò un'occhiata alla divisa scolastica che Sophie indossava.
    Tu frequenti l'Hakoniwa, vero? Anch'io sono iscritto lì, anche se in verità non vado quasi mai a lezione. Ma aspetta che vada a prenderti il succo di mirtilli... non si dica mai che lasci un cliente senza la sua ordinazione!
    Le fece l'occhiolino, quasi come se quella ultima battuta facesse parte di un gioco segreto che conoscevano solo loro due, e andò al bancone a prendere il succo di mirtilli. Stappò la bottiglietta e la verso su un bicchiere. Poi lo portò al tavolo di Sophie.
    Ecco qui il tuo succo di mirtilli.
     
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    Sophie si annota mentalmente il nome di quel ragazzo, Hiroshi, e se lo annota anche sul cellulare per evitare di dimenticarselo. Le sta già simpatico con le semplici parole che ha utilizzato per spiegare la situazione e l'aria di complicità che ha avuto prima di allontanarsi per andare a prenderle il succo di mirtilli.
    Incrocia le braccia sul tavolo e vi appoggia sopra la testa per stare alla stessa altezza dei giocattoli.

    "E così voi siete vivi. È bello, vero?"

    Sta un attimo ad osservarli, poi distende le braccia e si spiaccica sul tavolino socchiudendo gli occhi.

    "Ho sempre pensato che anche i giocattoli avessero dei sentimenti, che provassero paura e gioia, infelicità e gratitudine, ma non lo potevano esprimere. Ho sempre voluto sapere cosa pensavano di me i miei giocattoli, se gli stavo simpatica o meno. Insomma... non ho mai staccato la testa a nessuno di loro e non li ho mai trattati male. Ho fatto la cresta alle bambole ed ho truccato un peluche per un appuntamento galante con la sorellona. Che poi, resti tra noi, non credo che lei abbia avuto molto successo."

    Ma ecco che ritorna Hiroshi con il succo di mirtilli e subito Sophie si rimette seduta per bene.

    "Grazie mille!"

    E subito prende il bicchiere e beve due bei sorsi di succo.

    "Buonissimo" prende un altro sorso e poi, sopraffatta dalla curiosità, subito gli chiede "Ma per caso sei della sezione 13?"


     
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    Mentre Hiroshi si era recato al bancone, i giocattoli si godevano il loro tempo con Sophie. Avevano incontrato varie persone nel corso della loro non lunga vita, ma quell'umana in particolare non era affatto male, soprattutto per il modo in cui li trattava da pari a pari, mettendosi alla loro stessa altezza. In senso letterale oltre che figurato.

    E così voi siete vivi. È bello, vero?
    Kovi a quella domanda si buttò a pancia all'aria, con la faccia sempre rivolta verso la ragazza; senza dubbio se avesse potuto avrebbe fatto le fusa. Better Second invece distese la mano e cercò di alzare quello che in un essere umano corrisponde al pollice, senza grande successo. Poteva sembrare un gesto affermativo, ma quello che lui voleva comunicare era diverso: “è unico”, questo era il significato.

    Ho sempre pensato che anche i giocattoli avessero dei sentimenti, che provassero paura e gioia, infelicità e gratitudine, ma non lo potevano esprimere. Ho sempre voluto sapere cosa pensavano di me i miei giocattoli, se gli stavo simpatica o meno. Insomma... non ho mai staccato la testa a nessuno di loro e non li ho mai trattati male. Ho fatto la cresta alle bambole ed ho truccato un peluche per un appuntamento galante con la sorellona. Che poi, resti tra noi, non credo che lei abbia avuto molto successo.
    Il leoncino le si strofinò sopra, per poi saltarle sulla schiena alla fine del discorso di Sophie. A dispetto del poco tempo che gli rimaneva, conservava una grande vitalità. Better Second invece mantenne un atteggiamento più scostante. Gli faceva piacere che la ragazza trattasse bene i giocattoli (anche lui un tempo era stato uno di quei cosi inanimati), ma la differenza tra quegli oggetti senza vita e loro, dotati del soffio vitale, gli sembrava tale da poterli a stento paragonare. Per lui era un po' come se qualcuno mettesse sullo stesso piano una persona e un cadavere. Inconcepibile, oltre che illogico. Del resto lo stesso Hiroshi aveva ben presente la distinzione tra un giocattolo a cui aveva concesso il respiro e uno inanimato.

    Intanto Hiroshi, inconsapevole delle esatte dinamiche tra Sophie e i suoi giocattoli, ma piuttosto sicuro che la ragazze li stesse trattando bene, aveva portato il succo di mirtilli. La ragazza si era risistemata sulla sedia e anche Kovi era sceso da lei. Dopo aver assaggiato il suo succo, Sophie si era rivolto a lui.
    Ma per caso sei della sezione 13?
    Esatto! Terzo anno, sezione 13 per la precisione. Nella sua voce, per il resto allegra, era avvertibile una moderata sorpresa. Ma come hai fatto a capirlo? Aspetta... è perché ho detto che non frequento le lezioni? In effetti noi della sezione 13 non siamo obbligati a farlo. Oppure è stato qualche altro aspetto particolare a suggerirtelo?
    Mentre diceva così allungò la mano per accarezzare Kovi. Particolare poteva anche essere sinonimo di anormale come no. A Hiroshi non piaceva parlare sibillino, quindi se doveva dire qualcosa senza scoprirsi troppo cercava di parlare in tono leggero o di metterla come scherzo. E anormale ha un suono troppo grave per essere usato in una conversazione casuale. Insomma, quando mai qualcuno lo ha usato in una normale conversazione? Sarebbe una cosa decisamente anormale!
     
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    Prende un altro sorso di succo di mirtilli mentre guarda Hiroshi accarezzare Kovi, ma riflette sulla domanda del ragazzo. Alle cose strane è abituata, le cose particolari fanno parte della sua quotidianità tanto da rappresentare per lei la normalità, però quella parola è risaltata al suo orecchio in modo anomalo. Aspetti particolari? Pensandoci, proprio l'esistenza di quei giocattoli animati è particolare, Sophie ha accettato la cosa senza fare domande e senza avere dubbi o perplessità, dopotutto se ha visto una ragazza volpe cosa impedisce ai giocattoli di essere vivi?

    "Per il fatto che non frequenti, ho saputo da un amico del fratellone che gli studenti della 13 non vanno a scuola, senpai."

    Forse potrebbe anche chiudere qui il discorso sui suoi pensieri, ma non ci riesce, la sua curiosità è grande e quindi pronuncia ad alta voce gli ultimi passaggi del suo ragionamento, cercando di non sembrare stranamente aggressiva, non ne ha alcuna intenzione e sarebbe un peccato se venisse fraintesa.

    "Io sono di prima, sezione 11, sono ancora piccolina. Però ho sentito delle strane dicerie, che i ragazzi della 13 possono fare cose incredibili. Non ho mai voluto dare peso a queste parole, persone capaci di fare cose assurde sono ovunque, anche nella 11, nella 10, nella 1 e tutte le altre. Però, se mi chiedi di cose particolari, forse è vero. Forse nella 13 davvero gli studenti imparano a fare cose particolari, o magari vengono ammessi proprio per queste abilità. Non ci avevo mai pensato seriamente, ma allora sei un mago?"

    La conclusione è la strana, ma lei davvero riesce a perdersi nei ragionamenti quando arriva a dover trarre delle conclusioni che dovrebbero essere evidenti
     
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    Hiroshi non poté che sorridere automaticamente quando Sophie lo chiamò “senpai”. Era così che lo chiamava spesso il suo fratellino – o meglio colui che Hiroshi considerava suo fratello minore – e, non andando quasi mai a scuola, aveva poche altre occasioni per sentirselo dire. In qualche modo, ma non perché tenesse alle formalità, gli faceva piacere essere appellato così anche da quella allegra ragazza.
    Esatto, noi della sezione 13 abbiamo il privilegio – privilegio piuttosto dubbio a mio parere, anche se non posso dire di non trovarlo comodo – di non frequentare le lezioni.
    Hiroshi stette poi ad ascoltare il discorso della ragazza sulle persone "particolari" delle varie sezioni. Nonostante si qualificasse come “piccolina” e anche se il suo discorso procedeva secondo una logica tutt'altro che lineare, sollevava questione interessanti.
    Vediamo, come potrei risponderti... Hiroshi si guardò attorno, controllando se qualcuno aveva bisogno di lui, ma sembrava che il locale fosse piuttosto tranquillo e nessuno gli prestasse particolare attenzione. Si accorse però di un dettaglio che avrebbe potuto essergli utile più tardi.
    Se non ti dispiace mi siedo un attimo con te – disse Hiroshi accomodandosi sulla sedia di fronte a Sophie – per avere certe conversazioni credo sia più comodo stare seduti.

    Procediamo per ordine.

    Parlava col suo solito tono di voce pacato: anche se l'argomento era particolare, non voleva sembrare troppo circospetto. Da quanto Sophie aveva detto, non sembrava essere lei stessa un'anormale, ma che lo fosse o meno, Hiroshi le avrebbe dato tutte le spiegazioni che aveva chiesto. Era piuttosto sicuro che quella ragazza, con la sua spontaneità, non si sarebbe meravigliata di nulla.
    Noi studenti della sezione 13 possiamo effettivamente fare cose incredibili, fuori dall'ordinario. Però, come hai detto tu, questo non è un nostro dominio esclusivo, infatti anche nelle altre sezioni ci sono persone che possono fare altrettanto. In realtà, tra noi della sezione 13 e queste ultime persone di altre sezioni, non c'è alcuna differenza significativa: non impariamo neppure niente a lezione, ma siamo appunto ammessi solo per queste nostre capacità peculiari. Anche il nome con cui siamo definiti, anormali (forse l'hai già sentito) è lo stesso.
    Hiroshi fece una pausa, riordinando i pensieri, cercando di dare forma stabile e discorsiva a ragionamenti che aveva fatto solo a mente.
    Anzi, forse una piccola differenza c'è, anche se si tratta solo di una mia personale constatazione. Le persone straordinarie che sono nelle altre sezioni, hanno scelto di andare in una classe diversa dalla 13, dove invece avrebbero un posto per diritto. In altre parole, hanno scelto di celare il loro essere particolari e di fingersi normali tra i normali. Noi della sezione 13, al contrario, non celiamo il nostro essere diversi dal normale. Ogni studente della sezione 13 è capace di cose assurde e fuori dall'ordinario, senza esclusione, e non ha problemi a rivelarlo.
    Era strano per uno col carattere di Hiroshi, ma dalla sua voce trapelava un certo orgoglio mentre parlava della sua sezione.
    Certo, magari per prudenza o per lieto vivere possiamo dissimulare le nostre capacità, ma non ce ne preoccupiamo troppo. C'è anche chi espone la sua senza problemi, o chi si diverte a celare e mostrare allo stesso tempo.
    Non lo esplicitò, ma l'ultimo caso riguardava proprio lui. Coi giocattoli che si muovevano disseminati per tutta la stanza, lui mostrava a tutti, liberamente, la sua anormalità, ma allo stesso tempo faceva credere che fossero qualcosa di diverso da quanto erano.
    Ritornando alla tua domanda originale, se sono o no un mago, diciamo che anch'io ho una dote particolare, collegata a questo posto. Ma forse una dimostrazione pratica varrebbe più delle parole...
    Si girò verso il bambino di sei anni che aveva osservato prima di sedersi con Sophie. Aveva lasciato da parte il peluche e finito il dolce e stava giocando con un serpente giocattolo. Quel serpente era uno dei tanti giocattoli inanimati del locale, ma il bambino, non sapendolo, continuava a osservarlo per lunghi attimi nella speranza che prima o poi si sarebbe mosso.

    Hiroshi, incrociato lo sguardo col bambino, gli sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi portando il serpente.
    Vuoi che anche questo giocattolo si muova? Gli chiese con tono affettuoso.
    Il bambino lo guardò un attimo con stupore, poi abbassò lo sguardo verso il serpente e infine alzò di nuovo gli occhi verso Hiroshi.
    Sì.
    Hiroshi annuì con aria seria, quasi solenne. Prese in mano il serpente e si alzò dalla sedia. Nonostante un attimo prima stessero badando ai fatti loro, ora tutti gli sguardi dei presenti erano diretti verso di lui.
    Da questo punto di vista, mi sento davvero un mago che si sta esibendo di fronte al suo piccolo pubblico.
    Hiroshi si portò il serpente vicino alla bocca e ci soffiò sopra. Allo stesso tempo, con le mani stava tastando il corpo del giocattolo. Questo secondo gesto non aveva nessun significato, né utilità: semplicemente, i clienti adulti vedendolo fare ciò pensavano che stesse azionando qualche meccanismo nascosto che attivava il giocattolo. Hiroshi non aveva mai sentito il bisogno di chiarire l'equivoco.
    Il serpente, una volta ricevuto il soffio vitale che gli dava vita, prese ad agitarsi confuso, guardandosi intorno e godendosi, così almeno immaginava Hiroshi, la sensazione di essere vivo. Il ragazzo lo tenne ancora qualche secondo sollevato, aspettando che si abituasse a quelle sensazioni e insieme mostrandolo ai clienti che ancora l'osservavano, prima di porgerlo al bambino.
    Ecco, questo è per te. Ricorda però che anche lui ora prova sensazioni e desideri, quindi devi tenerne conto e trattarlo bene. Inoltre, devi dargli un nome.
    Un nome?
    Esatto, ogni individuo possiede un nome che l'identifica, quindi devi darne uno anche a lui.
    Il bambino assunse un'espressione seria e pensosa, mentre il serpentello si agitava nervosamente, osservando anche lui il faccino concentrato del fanciullo.
    Hebichin.
    Bene, così sia.
    Il bambino prese il giocattolo e, dopo aver gettato un'ultima occhiata a Hiroshi, corse dalla mamma tutto esultante a mostrarle il giocattolo animato.
    Hiroshi aspettò ancora qualche istante che tutto tornasse alla normalità tra i clienti, per poi rivolgersi di nuovo a Sophie.
    Questa è la mia particolarità: posso dare la vita agli oggetti inanimati. L'ho fatto con ogni giocattolo che vedi muoversi nel locale. Da un certo punto di vista, potremmo dire che sono tutti miei figli.
    Hiroshi sorrise. Aveva abbandonato i suoi genitori prima di compiere dieci anni, ma aveva avuto la compagnia di Kasumi, sua sorella. E poi a quella prima famigliola si era aggiunto Haiiro, il suo fratellino. Infine, poteva contare su più figli di quanto lo stesso Priamo ne avesse concepiti.
    Che ne dici, non è una famiglia bella numerosa?
     
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    Sophie ascolta attentamente tutte le parole di Hiroshi, intenzionata a non lasciarsi sfuggire neppure una virgola del suo discorso, si sente quasi in dovere di farlo per come si sta sentendo: le attenzioni che le sta dando Hiroshi la rendono felice. Non che lei sia soggetta alla classica storia dell'essere notata da un senpai, ma essere considerata da uno studente più grande le dà comunque una certa soddisfazione.
    Ascoltandolo si rende conto che quelle parole si riguardano anche lei e che tutto quadra anche con la sua situazione.
    Si ritrova a pensare che forse anche lei, se fosse finita nella sezione 13, avrebbe potuto mostrare con maggiore tranquillità le sua abilità, dopotutto da una studentessa di quel corso le cose incredibili ce le si aspetta.
    Quando Hiroshi si alza per mostrare la sua abilità Sophie quasi sobbalza, sorpresa, ma è su questo punto che il suo interesse aumenta ancora di più: ha preso un serpente di peluche immobile ed ora lo sta esibendo allo sguardo di tutti. Sa bene come attirare l'attenzione anche con i piccoli gesti, pensa Sophie con una certa ammirazione.
    Osserva attentamente tutta l'azione, come tocca il serpentello e come soffia, ma lo stesso non riesce ad evitare di lasciarsi scappare una esclamazione di sorpresa ed eccitazione quando si rende conto che il piccolo animale ha iniziato a muoversi. Dopo che riconsegna il giocattolo al bambino, non può fare a meno di applaudirlo entusiasta di ciò che ha appena visto. Le successive parole di Hiroshi sono la conferma ai suoi sospetti: riesce a dare vita agli oggetti inanimati.

    "Keheh! È davvero una bella famiglia. Ed è anche molto divertente, sono giocattoli. Non che possa lamentarmi delle sorellone o del fratellone, ma non sono simpatici come questi bei tipini qui."

    Dice tornando ad accarezzare il leoncino. Però non riesce a tranquillizzarsi, c'è una cosa che vuole dire e non ce la fa a trattenersi. Negli occhi ha la classica luce di quando sta per venire meno ad una promessa fatta al suo povero fratello e che può metterla nei guai. Solo che Hiroshi era stato tanto gentile da spiegarle tutto, si era confidato sui suoi poteri, come poteva non ripagarlo rivelandogli qualcosa?

    "Il fratellone si arrabbierà, ma...sai mantenere un segreto?"

    Dice avvicinandosi ad Hiroshi ed invitandolo a fare altrettanto, gli avrebbe sussurrato la cosa all'orecchio.

    "Anche io so fare qualcosa. Mi dice che è pericoloso e che non dovrei far vedere a nessuno, ma... tu dai la vita agli oggetti, io manipolo l'energia vitale."

    Detto questi si ritira con un gran sorriso che non nasconde l'imbarazzo per aver cercato di avvicinarsi tanto ad un ragazzo più grande che ha appena conosciuto.

    "Se non mi credi posso provartelo"

    Poggia il gomito sinistro sul tavolo e, con la mano alta, punta l'indice verso il ragazzo sperando che lui faccio lo stesso ed avvicini il dito.

     
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    Sophie ascoltò tutto il discorso di Hiroshi con un espressione di intensa concentrazione e attenzione. Se la ragazza pareva soddisfatta della considerazione di quello che si poteva considerare un suo senpai, anche Hiroshi era segretamente lusingato dall'attenzione con cui Sophie seguiva il suo discorso. Non frequentando abitualmente le lezioni, non aveva molte occasioni di porsi come senpai e anche quando si rivolgeva a Kasumi era molto raro che sua sorella gli tributasse una simile considerazione. Forse Haiiro era l'unico che gli prestasse, talvolta, un simile riguardo... ma volete mettere ricevere l'attenzione di un ragazzo sempre mezzo addormentato e riceverla da una dolce ragazzina che vi guarda con gli occhi innocenti e insieme vivaci di un giovane daino? Per quanto Hiroshi volesse bene al suo fratellino, non c'erano paragoni. Anche quando la ragazza applaudì per il suo “numero” con Hebichin, Hiroshi non poté non provare una calda soddisfazione al petto, rispondendo al gesto della ragazza con un mezzo inchino, quale avrebbe potuto fare un prestigiatore o un pianista dopo l'esibizione.

    Keheh! È davvero una bella famiglia. Ed è anche molto divertente, sono giocattoli. Non che possa lamentarmi delle sorellone o del fratellone, ma non sono simpatici come questi bei tipini qui.
    Beh, è naturale – rispose Hiroshi con un sorriso, appuntandosi mentalmente che la ragazza aveva una sorella e un fratello più grandi. – Mi spiace per tua sorella e tuo fratello, ma in quanto a simpatia i miei giocattoli non perdono con nessuno!
    A quella affermazione Kovi reagì facendo un salto carpiato su se stesso e cadendo in piedi – del resto era pur sempre un felino – mentre Better Second, dopo averlo osservato, provò una spaccata. A Hiroshi parve di sentire il rumore di qualcosa che si rompeva, ma sperò fosse solo una sua impressione.
    Osservando Sophie che accarezzava nuovamente Kovi, Hiroshi ebbe l'impressione che la ragazza fosse in qualche modo irrequieta. Di nuovo pensò a Kasumi e Haiiro, quando i due avevano dei tormenti che non sapevano se esprimere o no. Chissà perché gli tornavano così spesso in mente, forse che tutti i fratelli maggiori si rassomigliassero in qualche maniera e rivedessero nei fratelli e sorelle minori degli altri gli spettri dei propri? In ogni caso, Hiroshi non avrebbe forzato nessuno a parlare. E infatti, quando Sophie parlò, fu per sua scelta.

    Il fratellone si arrabbierà, ma...sai mantenere un segreto?
    Ah, piccola Sophie, tu forse non sai che noi fratelli maggiori ci arrabbiamo con i minori solo perché preoccupati per loro e che anche la nostra maggior furia non nasconde nient'altro che l'abissale paura per la loro sorte...
    Ma anche se credo di poter intuire le preoccupazioni di tuo fratello, ascolterò tutto ciò che vorrai dirmi.

    Se è qualcosa che vuoi resti celato, allora ti prometto che non lo rivelerò a nessuno.
    Allo stesso tempo, seguendo il comportamento della ragazza, Hiroshi si avvicinò a lei, offrendole l'orecchio.

    Anche io so fare qualcosa. Mi dice che è pericoloso e che non dovrei far vedere a nessuno, ma... tu dai la vita agli oggetti, io manipolo l'energia vitale.
    A queste parole Hiroshi sobbalzò. Non era tanto la sorpresa nel saperla un'anormale, cosa che aveva anche messo in conto, ma nel suo potere. Come Sophie aveva suggerito, era complementare a quello di Hiroshi: egli poteva concedere la vita, ma dopo non poteva fare nulla per controllare l'energia vitale che lui stesso aveva instillato. Lei invece sì: poteva compiere ciò che a lui era proibito... ed era anche ciò che, da qualche parte dentro di sé, Hiroshi sapeva di aver sempre desiderato, pur non essendo orgoglioso del motivo per cui lo desiderava.
    Subito dopo avergli bisbigliato all'orecchio, Sophie si ritirò, sorridendo forse un po' imbarazzata. Anche Hiroshi le sorrise di riflesso, in modo però quasi forzato e un po' impacciato, ben diverso dai suoi soliti sorrisi cordiali. Il ragazzo cercò di ridarsi un contegno, ma prima ancora di poter iniziare, Sophie lo sorprese con un'altra mossa.

    Se non mi credi posso provartelo
    E appoggiato il suo gomito sul tavolo, la ragazza gli porse l'indice, invitandolo implicitamente a fare altrettanto.
    Ti credo senza problemi – e mentre diceva questo, Hiroshi era riuscito a recuperare il suo sorriso cordiale e comprensivo, anche se permaneva una leggera titubanza agli angoli della bocca – ma voglio lo stesso provare.
    Imitando Sophie, tese il suo indice verso di lei. A un simile gesto, le dita che si toccano, è legato in maniera quasi indelebile la famosa scena del film di E.T. Ma a ben vedere qualcosa di simile avviene anche nel celebre affresco della cappella Sistina. In questo caso, chi tra Sophie e Hiroshi era Dio e chi era Adamo? E quanto senso aveva un simile raffronto?
    Hiroshi non lo sapeva, ma allungò lo stesso il suo dito e...
     
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    Hiroshi imita Sophie ed avvicina il proprio dito a quello della nostra affezionatissima. La ragazzina esibisce un sorriso sempre più ampio, iniziando quasi a diventare sinistro appena aumenta il regime del suo Protos Heis. Per un breve istante balena nei suoi occhi un'ombra di malizia, l'attivazione di entrambe le sue anormalità ha una manifestazione minore in una breve modifica della sua espressione. Lascio all'immaginazione del lettore le sensazioni che trasmette una ragazzina tanto carina quando mette da parte la sua dolcezza per far spazio ad un lato caratteriale tipico dei due maggiori dei suoi fratelli.
    L'attivazione del Genesis non sarebbe necessaria, ma lei preferisce dare un feedback visivo ad Hiroshi per rendere meglio l'idea dei quel che sa fare.
    Prende una minima percentuale dell'energia dei clienti del locale, per non dare alcun fastidio, ed un po' di più da alcuni passanti che, colpiti da una improvvisa debolezza, quasi perdono l'equilibrio o si appoggiano alla parete del locale. L'aria viene attraversata per un momento da sottili scariche violacee, rese visibili dalla manipolazione del Genesis, che si concentrano su Sophie. La ragazzina invia l'energia in eccesso al dito e quindi all'indice di Hiroshi che si accende di una flebile luce viola che si diffonde su per la mano e passando al braccio, divenendo sempre meno intensa fino a spegnersi qualche centimetro sopra il polso. Gli trasmette solo l'energia necessaria per rimetterlo in piene forze, non lo manda in overflow per evitare la comparsa dell'aura; quella in eccesso la manifesta sotto forma di piccole sfere dalla debole luminosità che galleggiano per qualche attimo appena al di sopra della superficie del tavolo per poi sfaldarsi in una porporina che si dissolve nell'aria.

    ”Con il Protos Heis assorbo e trasmetto energia, con il Genesis le do forma. Sono questi i poteri che mi hanno vietato di mostrare.”
     
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    Il viso di Sophie, col sorriso che le si allargava in volto, per un attimo assunse un'espressione insolita, al limite dell'inquietante, che Hiroshi non si sarebbe aspettato da una ragazza così apparentemente innocente e carina. Per un attimo, per la mente di Hiroshi passò il pensiero che tra Dio e Adamo c'era anche il Diavolo. Ma si consolò pensando che da un diavoletto carino come Sophie si sarebbe fatto ingannare ben volentieri e senza provare grossi rimorsi.

    Ma al di là delle immagini bibliche – la Genesi(s) di cui qua ci occupiamo è un'altra – il vero spettacolo fu dopo. Hiroshi avvertì, con una vaga sensazione, che qualcosa era cambiato e l'istante successivo delle sottili scariche elettriche di uno strano colore violaceo attraversarono l'aria dirigendosi verso Sophie. Il ragazzo capì che la sensazione di prima era data dall'aver avvertito che qualcosa nelle forze vitali delle persone nella zona era cambiato. Anche quelle scariche in realtà rappresentavano l'energia vitale presa dalla ragazza. Quest'energia passò da Sophie allo stesso Hiroshi attraverso le loro dita, sotto forma di luce viola. La luce si spense all'altezza del suo avambraccio, ma Hiroshi sentì l'energia propagarsi per tutto il suo corpo, facendo svanire la stanchezza accumulata durante il giorno e ridandogli le forze. Infine, il tocco finale di quel piccolo spettacolo: sfere fluorescenti che effimere danzavano sopra il tavolo, prima di disciogliersi in null'altro che polvere. Quella mostra dei poteri di Sophie era stata insieme affascinante e sorprendente.
    Con il Protos Heis assorbo e trasmetto energia, con il Genesis le do forma. Sono questi i poteri che mi hanno vietato di mostrare.
    Sbalorditivo.
    Commentò con una singola parola, ma nel tono della sua voce, insieme stupito e ammirato, era avvertibile il suo sentire verso quei due poteri. Anche la sua abilità di percepire la vita l'aveva probabilmente influenzato, rendendogli ancora più evidente le capacità di Sophie.
    Due poteri insieme, che cosa rara... Spero che gli altri clienti non se ne siano accorti (anche se è un peccato che non abbiano visto qualcosa di così bello). Ma quel potere, chissà se...
    Sono davvero dei poteri sorprendenti, Sophie, e grazie di avermeli mostrati nonostante quello che tuo fratello ti aveva detto.
    Presto però sul volto di Hiroshi si formò un'espressione corrucciata. Appena aveva sentito che il suo potere manipolava la vita ci aveva pensato e quel pensiero si era rafforzato dopo aver visto Sophie in azione. Allo stesso tempo non era sicuro che avrebbe funzionato, né che dovesse chiederglielo, vista l'esigenza di segretezza verso quei due poteri. Eppure, il suo desiderio era troppo forte per restare in silenzio.

    Senti Sophie... avrei qualcosa da chiederti.
    Il suo tono di voce non aveva più la giovialità abituale, non che fosse cupo, ma piuttosto aveva un che di grave.
    Non so se è qualcosa di realizzabile e visto che, in caso lo fosse, richiederebbe l'uso dei tuoi poteri, è qualcosa che il tuo fratellone potrebbe non volere, a ben ragione probabilmente. In ogni caso, tu puoi sempre rifiutare.
    Come premessa era forse un po' ampollosa, ma Hiroshi voleva essere chiaro, anche a costo di sembrare pedante.
    Vedi, la vita che io riesco a infondere nei miei pupazzi è limitata. Di norma basta perché essi vivano per sei mesi, al termine dei quali muoiono. E dopo non posso ridargli di nuovo la vita. È una cosa che mi ha fatto sempre soffrire, perché è come se vedessi i miei stessi figli morire. Certo, se io non gli avessi mai dato vita non sarebbero mai neppure nati, ma anche così... fa male.
    Fece una pausa, sia per lasciare che Sophie realizzasse le sue parole, sia per ricomporsi. Ciò che aveva detto era vero: faceva male, anche solo a ripensarci.
    Non so se è possibile, né se tu desideri farlo, ma forse coi tuoi poteri potresti ripristinare l'energia vitale dei giocattoli che sono vicini a morire e prolungare la loro vita. Anche così, non credo che possano vivere più di un paio d'anni – il mio potere è troppo limitato per poter garantire di più, anche con un ausilio esterno come il tuo Protos Heis – ma non è la loro immortalità ciò che chiedo. Solo... vorrei che potessero vivere un po' di più, se questo è il loro desiderio.
    La voce gli tremava leggermente. Non voleva che una cosa simile accadesse, non gli piaceva scomporsi così, di fronte ad altre persone, per di più conosciute da poco, ma non riuscì a farne a meno.

    Ma proprio in quel momento vide con la coda nell'occhio Kasumi che, dalla porta sul retro, prendeva servizio nel locale, già cambiatasi e pronta a servire. Nascondendo il suo attuale turbamento, Hiroshi le fece un gesto per indicare dove si trovava. Kasumi, verificato che Hiroshi stava parlando con una cliente (era un'impressione del ragazzo o sua sorella, accortasi che la sua interlocutrice era una ragazza, per giunta ben più giovane di lui, gli aveva lanciato uno sguardo di severo biasimo?) si mise al bancone. Da lì Kasumi incominciò a parlare con una signora, raccontandole come neppure un minuto fa, mentre stava per entrare nel locale, aveva avuto una specie di capogiro che le aveva quasi fatto perdere l'equilibrio. Sono cose che capitano, rispose la signora, probabilmente è solo un po' di stanchezza regressa.

    Questi piccoli dettagli a parte, ora che Kasumi era arrivata Hiroshi si sentiva più sereno sapendo che sua sorella avrebbe potuto occuparsi dei clienti mentre lui parlava con Sophie.
    Quindi, riprendendo il discorso... credi che sia possibile fare una cosa simile?
    Concluse guardando Sophie con speranza e, insieme, timore della sua risposta.
     
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