[CONCLUSA]Il perché dei sogni

Narrazione privata

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    Seduto su una panchina presso il parco Hijifu, con in mano un bicchiere di caffè, Haiiro si guardava intorno ansioso.
    "L'ora è questa, il luogo è questo... allora dov'è Kasumi?"
    Pensò che dovesse ancora arrivare, ma allo stesso tempo temeva che non venisse proprio. Per quanto Kasumi non fosse una ragazza semplice da capire, Haiiro sapeva che non era da lei dare buca senza preavviso. Ma questo valeva nelle situazioni normali e, a giudicare da come si era comportata Kasumi la sera scorsa, in quel momento la ragazza era tutt'altro che in condizioni normali. Haiiro ricordò come, in quella che sembrava in tutto e per tutto una crisi di nervi, Kasumi gli si fosse avventata contro, schiaffeggiandolo più volte. Ma quello che gli era rimasto più impresso nella mente non era stato quel subitaneo assalto, quanto le parole che Kasumi gli aveva detto appena si era ripresa: «io non sono così forte come tu credi».
    Haiiro svuotò con un sorso il caffè che gli era rimasto da bere e poi si alzò per gettare il bicchiere di plastica nel vicino cestino dei rifiuti.
    "Lo so. So che anche per te, Kasumi, non è semplice. So che dentro di te provi contrastanti sentimenti di colpa e paura per il tuo potere, così simili ai miei. So che il tuo modo di atteggiarti esteriore, affilato e pungente come vetro, è solo un modo per non manifestare la tua debolezza. Eppure la tua immagine, come ti vidi la prima volta, così spigolosa e sprezzante, ma insieme solitaria, ancora mi affascina e dove c'è fascino è difficile ci sia oggettività di giudizio..."

    Mentre pensava così fu colto da un capogiro e riuscì a malapena a lasciarsi cadere sulla panchina. Era da quella mattina che sentiva emergere, sempre più marcata, la stanchezza. Questa si accompagnava a mal di testa e al progressivo calo nella sua concentrazione. Sapeva che sarebbe successo, era stato avvertito da Goro, l'anormale responsabile di quella sua momentanea condizione: passati due giorni il sonno sarebbe tornato a perseguitarlo e con esso tutta la stanchezza accumulata. Ma per due giorni aveva potuto vivere libero sia dal sonno, che dal bisogno di sonno. Se la spossatezza e i capogiri erano il prezzo da pagare per quei due giorni di serenità, lo scambio gli sembrava più che giusto. Inoltre proprio il suo attuale stato, tra il sonno che avanzava e la momentanea chiarezza della mente, avrebbe potuto aiutarlo – forse – a chiarire un importante aspetto di sé.
    Alzando la testa, ripresosi dal capogiro, si accorse che Kasumi stava arrivando. Con passo esitante, eppure ugualmente capace di grazia, la ragazza dai capelli corvini camminava verso di lui, attirando gli sguardi dei pochi ragazzi presenti in quel momento al parco. Ma lei stava fissando solo Haiiro.
    «Io non sono così forte come tu credi» aveva detto la sera scorsa. E quindi Haiiro doveva non solo smettere di appoggiarsi all'immagine ideale che aveva di lei, ma doveva sforzarsi di sostenerla. Magari le sue possibilità di aiutarla erano misere, data la sua natura di debole minus, ma anche se debole voleva fare tutto quello che poteva per lei. E quindi, mentre la vedeva avvicinarsi, le sorrise.

    «Sono qua» disse solo la ragazza. Lei non sorrideva, ma era seria in volto.
    «Sei qua.»
    Subito dopo averlo detto, Haiiro si diede dello stupido per quel suo commento che ribadiva l'ovvio e, sentendo l'imbarazzo salire mano a mano che il silenzio si prolungava, indicò con la mano la panchina.
    «Vuoi sederti...?»
    Senza replicare Kasumi fece come il ragazzo aveva detto. Guardandola in volto Haiiro si accorse che non era solo seria, ma appariva preoccupata e inquieta. Il ragazzo sentì un groppo in gola, mentre si chiedeva come avrebbe potuto gestire quella situazione che appariva già tesa. L'unico modo che conosceva era fare ciò per cui le aveva chiesto di essere là.
    Si sedette vicino alla ragazza (la mano che Kasumi aveva posato sulla panca e che ora quasi sfiorava il corpo di Haiiro ebbe un fremito, ma non si spostò) e cominciò a parlare.
    «Ieri ti avevo detto che volevo capire il perché della mia anormalità e volevo farlo insieme a te.»
    Ridicendolo in quel momento, gli sembrò un'idiozia. Dopo aver pensato di voler sostenere Kasumi, chiedeva alla ragazza di assisterlo mentre lui cercava di risolvere i suoi problemi. Eppure Kasumi gli aveva confidato l'origine della sua anormalità e lui si sentiva in dovere di contraccambiare.
    «Il mio Dream Teller, l'anormalità di concretizzare i miei sogni... come sai, a causa sua ho dovuto con tutte le forze reprimere il sonno per evitare che sgorgasse incontrollato. Ma non sempre ci sono riuscito...» Ricordi indesiderati, di cui anche Kasumi era stata testimone. Non approfondì quel discorso.
    «Così come hai fatto tu per il tuo Breath-Taker, anch'io mi sono chiesto il perché di questa mia anormalità. Perché proprio a me è capitato un simile, disastroso, potere...»
    Le parole, preso il via, sembravano uscire da sole. Sentiva di dover fare un riassunto di quello che per lui era stato il suo potere, per poterlo pienamente capire. Il silenzio di Kasumi non gli appariva più come un imbarazzo, ma come il giusto contesto in cui le sue parole potevano dispiegarsi libere.
    «Poi, un po' di tempo fa, è successo qualcosa che mi ha dato da pensare. Insieme ad altri due anormali ho compiuto un viaggio all'interno di un sogno condiviso, ma anche in un diverso spazio-tempo.»
    Gli tornarono in mente il viso di Tatsuya, l'anormale possessore della One Heart che poteva percepire pensieri ed emozioni altrui, oltre a entrare nei sogni della gente, e di Galatea, che a quel tempo rischiava di essere posseduta da un'entità malvagia. Proprio per contrastare quell'evenienza avevano compiuto il loro viaggio.
    «Durante quel viaggio, due considerazioni relative al mio Dream Teller mi sono balzate all'occhio. La prima riguarda il passato: sono stato costretto a rivivere i miei ricordi più dolorosi, ma questo mi ha dato modo di riflettere. I primi ricordi, di cui credevo di aver perso memoria, riguardavano un tempo in cui la mia anormalità si stava ancora sviluppando. Mi vidi da piccolo, solo e senza amici. Credevo che il mio essere solitario dipendesse dalla mia anormalità, ma mi sbagliavo: anche prima mi trovavo nella stessa situazione. E allora ho pensato che dovessi invertire il problema. Io non ero solo perché la mia anormalità allontanava gli altri, ma perché ero solo, io ho dato vita ai miei sogni.
    Per sfuggire dalla mia solitudine, mi sono immerso nei sogni, perché solo là potevo trovare accoglienza sicura e conforto. È questo che pensai quando rividi quei ricordi. E sorrisi amaramente.»

    Haiiro capì perché avesse detto che Kasumi era l'unica a cui poteva chiedere di essere lì con lui, quel giorno. Solo a lei avrebbe potuto confidare quel suo passato senza esitare. O forse avrebbe potuto farlo anche con Hiroshi, il fratello maggiore di Kasumi e suo salvatore. Hiroshi ascoltava sempre tutti, senza mai giudicare. Eppure, proprio perché lui non giudicava, Haiiro sentiva che sarebbe andato bene. Chissà, forse il ragazzo voleva proprio qualcuno che l'ascoltasse e lo giudicasse. E quel qualcuno per lui poteva essere solo Kasumi.
    «Ripensandoci, questa potrebbe essere la “volontà” di cui mi ha parlato una volta Kuruki, il motivo che porta i minus a sviluppare il loro potere.»
    Il ricordo, improvviso, del pomeriggio passato al Lunapark con Kuruki gli apparve in mente, così vivido che gli sembrava di riviverlo in quel momento. Kuruki, colei che gli aveva rivelato la sua natura di minus e l'aveva invitato a unirsi a “loro”, gli altri minus. Haiiro aveva rifiutato, ma perché? Il resto della conversazione con la ragazza gli tornava in mente limpido, solo quel particolare gli sfuggiva. Mentre cercava di afferrarlo, sentì qualcosa toccarlo: era la mano di Kasumi che si era posata, preoccupata, sul suo braccio. Haiiro ebbe l'impressione che la ragazza l'avesse tratto fuori dal fiume dei ricordi in cui era piombato e le sorrise riconoscente. La stanchezza e il sonno che ritornava, combinandosi con la sua concentrazione residuale, gli avevano giocato quel brutto scherzo.
    È tutto a posto: se non mi ricordo le mie motivazioni, basterà ritrovarle. Non nei ricordi, ma ora, nel presente, insieme alla reale comprensione del mio potere.
    Rinfrancato da quel pensiero, continuò il suo discorso, sempre di fronte a una Kasumi silente, ma attenta.
    «Eppure un fatto mi sembrava contrastare con questa lettura: Kuruki mi aveva detto che il mio potere poteva solo distruggere, tuttavia nel corso della stessa avventura che mi ha messo di fronte al mio passato ho osservato il fatto inverso. Il mio Dream Teller, che fino allora mi aveva dato solo sofferenza, mi ha permesso di salvare una persona.»
    Si riferiva a Galatea. Dire che “l'aveva salvata” era quanto meno arrogante, poiché una serie di fattori e di persone, fra cui Galatea stessa, avevano contributo alla sua salvezza. Ma si poteva dire che anche Haiiro avesse concorso a quel risultato. Anche se, visto il risultato finale, non poteva rallegrarsene del tutto: ancora ricordava quella spada crudele che, mentre loro guardavano impotenti, trafiggeva la donna e l'urlo che si levò dopo.
    «Potrebbe essere solo un caso particolare, eppure... non riesco a credere che il mio potere possa essere utilizzato solo per distruggere. E neppure che sia nato al solo scopo di sfuggire dalla realtà. Ma allora, mi domando, perché? Perché posso concretizzare questi miei sogni? Quale significato ha ciò che io trasmuto in realtà?»
    Si interruppe, come se non avesse più nulla da dire. Forse era davvero così. Aveva parlato, svelando tutte le sue riflessioni e i nodi ancora irrisolti. Ora si sentiva svuotato, ma anche sereno. Era una bella sensazione, dopotutto. Ed era grato a Kasumi, che l'aveva ascoltato in silenzio, senza mai interromperlo. Solo in quel momento, quando Haiiro aveva detto tutto quello che doveva dire, la ragazza parlò.

    «Capisco...» Kasumi fece risuonare nel silenzio quella singola parola, quasi a sentirne l'eco, prima di continuare.
    «Quindi da bambino eri un tipo solitario e senza amici? Chissà perché, la cosa non mi sorprende...» Lasciò in sospeso quella frase con ironica nonchalance, come se non fosse per nulla offensivo. E in effetti, se detto da Kasumi, Haiiro non riusciva a prenderla come un'offesa, neppure per sbaglio. Al contrario ci sorrise su.
    «In effetti...»
    «Però, a mio modo di vedere, non è per scappare che hai sviluppato questa anormalità.»
    In risposta Haiiro le restituì uno sguardo incuriosito, più che stupito.
    «Cosa intendi?»
    «Dovrebbe essere logico a chiunque sia capace di un minimo di ragionamento – e qua lo guardò con finto compatimento – ma per rifugiarsi nei sogni non serve mica un'anormalità. Basta sognare. Non c'è certo l'esigenza di dare vita a ciò che si crea.»
    «Beh... no, ma concretizzare i sogni significa ulteriormente lasciarsi andare alla fantasia, tanto da trascinarla nella realtà...»
    «Per fare una cosa simile bisognerebbe giungere a non distinguere tra realtà e fantasia. Tu potrai pure essere poco lesto di mente, ma non sei così schizzato. Anche se adesso sembri non distinguere tra sogno e fantasia. In ogni caso pur concretizzando i tuoi sogni, questi durano solo nel tempo in cui dormi o poco più. In pratica è come se distinguessi tra la veglia, dove non hai poteri, e il sonno dove ciò che sogni diventa reale. Però tutte le persone...»
    «...quando sognano pensano di star vivendo la realtà» completò il ragazzo, quasi con esultanza.
    «Esatto. Vedendola così, il tuo potere non fa che portare questo alle estreme conseguenze, facendo diventare reale ciò che nel sogno sembra sia reale. È sul motivo per cui tu puoi fare questo che devi interrogarti. Su di ciò io non ho alcuna idea. Però ti posso dire ancora una cosa.»
    Kasumi guardò dritto in faccia Haiiro, come a voler comunicare con gli occhi prima che con la bocca.
    «Un'anormalità che concretizza i sogni non può appartenere a chi fugge dalla realtà. Perché rendere reale i sogni è un modo di agire nella realtà. Solo chi non si arrende alla situazione presente, ma desidera cambiarla può possedere un simile potere.»
    Haiiro rimase seduto, immobile e in silenzio. Era come se un mondo nuovo di possibilità si fosse aperto davanti ai suoi occhi. Un mondo che era sempre stato davanti a lui, ma che non era mai riuscito neppure a intravvedere, nonostante tutto il suo lambiccarsi sulla questione. Poi si girò verso Kasumi e le diede un rapido bacio a stampo sulle labbra.
    «Grazie.»
    Kasumi era rimasta sorpresa da quella reazione, ma non così tanto da non riuscire a replicare.
    «È per questo che sono venuta.» Poi, guardandolo divertito aggiunse in tono noncurante: «Lo sai che a causa della mia anormalità saresti potuto morire, per quel bacio?»
    Ma il ragazzo in risposta scosse la testa.
    «Solo chi desidera la morte rischia di venire ucciso dal tuo bacio. Ma io credo di aver amato poche volte la vita tanto quanto l'amo adesso.»
    In risposta Kasumi si alzò in piedi, stiracchiandosi.
    «Non credere che sia tutto bello e finito. Piuttosto, ora che abbiamo eliminato le stupide ipotesi è necessario che tu ti domandi...»
    «...cosa desidero cambiare con i sogni...»
    «...perché proprio i sogni...»
    «...e , in definitiva, cosa significa per me sognare.»
    Si guardarono, sorridendo complici.
    «Allora, come pensi di poter rispondere a queste domande?»
    «Il modo è ovvio. Anzi, direi che sono venuto qua per questo.»
    Il sonno arretrato chiedeva sempre più pressante il suo tributo e Haiiro trovava di secondo in secondo più difficile tenere gli occhi aperti. Che tempismo perfetto.
    «Ovviamente, si può capire perché si sogna solo attraverso i sogni.»
     
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    Sognare. Alla fine si tornava sempre là. Del resto era inevitabile, visto la natura della sua anormalità. Lo sapeva e proprio per quel momento si era preparato. La mancanza di sonno si faceva sentire, ma ancora non riusciva a obnubilare del tutto la sua mente. Il suo pensiero sarebbe rimasto abbastanza lucido da riuscire ad analizzare i suoi stessi sogni o era già troppo tardi? Non lo sapeva, doveva scoprirlo.
    Haiiro fece per assopirsi, lì sulla panchina in posizione seduta, ma Kasumi lo fece distendere, appoggiando la testa di Haiiro sulle sue gambe. La ragazza non appariva imbarazzata mentre lo faceva distendere. Lui sì, lo era, ma anche felice.
    «Come vuoi procedere?»
    Prima di rispondere Haiiro si fermò a fissare il volto di Kasumi chino su di lui. Non gli dispiaceva osservarla da una simile prospettiva. Sperava che quella non fosse l'unica volta che l'avrebbe vista così, ma ce ne fossero altre, tante altre.
    «Non ho un'idea precisa, ma per cominciare entrerò nello stato di dormiveglia, visualizzando i miei sogni. Inoltre, conto di usare la mia anormalità per concretizzarli nelle menti delle altre persone che sono qui nel parco. Forse materializzerò i sogni anche nella realtà, non solo come illusioni, per brevi momenti.»
    Lo sguardo della ragazza lasciava trapelare una certa sorpresa.
    «Vuoi usare gli studenti come cavie? E non c'è il pericolo che scoprano il Dream Teller?»
    «Non temere: che i sogni siano reali o illusori, se dopo poco svaniscono hanno entrambi il valore di un miraggio per chi li vede. E per quanto riguarda usare le persone come cavie, beh – Haiiro guardò Kasumi con un sorriso enigmatico – sai, io dopo tutto non sono una così brava persona da interessarmi a chi non conosco.»
    Quelle parole in bocca a Haiiro suonavano strane, come se non fossero un'ordinaria battuta pensata sul momento, ma contenessero un messaggio che il ragazzo voleva dare a Kasumi. Chissà se lo capì...
    «Quindi, non sei una brava persona. Così – gli disse accarezzandogli la guancia – come non lo sono io.»
    Forse lo capì.

    Haiiro chiuse gli occhi.
    CITAZIONE

    Serpente sinuoso s'insinuava sugli scogli.
    Errando egli entro empie estensioni
    Sedé sulle sponde sporgenti sognando.
    Sognò: s'immergeva sullo sperato spazio.
    O, ostrica ondivaga ora offesa.


    Il suo primo sogno gli appariva scombinato e inconseguente, eppure dotato di una sua logica simbolica che gli sfuggiva. La sua concentrazione residua sembrava non toccare le profondità dell'inconscio che davano vita ai sogni, però poteva servire per comprenderli. Cosa vedeva in quel sogno e cosa poteva trasmettere, concretizzandolo nella realtà? Ponendosi queste domande e cercando una risposta, attivò il suo Dream Teller.
    Sentì – ma da lontano, come da un sogno, quando invece era la realtà – alcune persone esclamare di vedere un serpente. Una ragazza giurò di aver sentito la pelle del rettile sfiorare il suo corpo. Altri si unirono a quelle esclamazioni, chi vedendo e chi sentendo. Alcuni perché toccati dai sogni di Haiiro, altri per la suggestione dei primi. Buffo, pensò il Sognatore, come un sogno, trasmettendosi, potesse influenzare anche chi ne era escluso. E così concentrati sugli immaginari serpenti, le persone neanche si accorsero dell'aria fattasi più umida e dell'odore di salsedine. E nessuno vide l'ostrica offesa e aperta, poiché Haiiro si tenne quell'immagine solo per sé.

    Schiudendo e richiudendo gli occhi, Haiiro si immerse di nuovo nei sogni.

    CITAZIONE

    Le spine trapassavano la sua pelle, ma lui continuava a camminare
    il sangue usciva dai suoi piedi trafitti e insensibili
    cadendo a terra e formando pozze rosse che si coagulavano
    coprendo gli aghi e formando un rosso cammino dietro di sé.
    Solo dopo aver attraversato tutte le spine e averle coperte di sangue
    capì di essere stato ingannato:
    tutto il dolore si riverso improvviso sulle sue carni e lui si prostrò a terra, gridando.
    Dietro di lui, camminando protetti dal suo sangue, la gente passava sorridendo.


    Nuovo sogno e nuovo significato oscuro, eppure intravedibile, ma come dietro un velo che distorceva l'immagine. Ingannato? Lui? Da chi? Non capiva: dentro di sé credeva forse che qualcuno si stesse approfittando di lui?
    “Sia come sia, accetterò e scorgerò ogni sogno che mi si presenterà.”
    Proiettò sulla mente delle persone l'idea di insensibilità e rese reale gli spini, in modo però rado e disperso lungo il parco. Anche se qualcuno si fosse ferito calpestandoli, non avrebbe provato dolore, forse non se ne sarebbe neanche accorto. Almeno, finché il sogno non fosse svanito e con lui l'illusione (l'inganno?) di insensibilità. E anche gli aghi se ne sarebbero andati con loro. Sarebbe rimasta solo una ferita scarlatta.

    Aprì gli occhi e si chiese, Haiiro, perché l'avesse fatto. E, mentre lo faceva, di nuovo stava sognando.

    CITAZIONE

    Era dentro una foresta e camminava.
    Non era da solo, perché altre ombre incrociavano il suo cammino.
    Ombre dotate di facce, che riconosceva per poi dimenticare.
    Erano le persone che aveva incontrato:
    qualcuno lo spintonava lontano, qualcun altro lo guidava;
    qualcuno lo feriva, qualcun altro lo sosteneva.
    Vide Goro avvicinarsi e, con indifferente crudeltà, tagliargli il braccio destro.
    Ma solo senza il peso del braccio, poteva ora camminare così.
    Lieto continuò il suo vagare, senza meta ma con cangianti direzioni.


    Stavolta espanse la sensazione finale, quel perdersi-vagare senza insofferenza, in un cerchio verso tutte le persone del parco. A esso aggiunse, ma lieve, quasi invisibile, il tocco di incorporee ombre che sviavano il cammino. E sorrise nel sonno, Haiiro, al pensiero della gente che, senza comprendere l'accaduto né intuirne la causa, frammentava il suo passo di mille deviazioni, di qua e di là, di su e di giù. Convinti di star muovendosi di propria volontà nella realtà, eppure condizionati nel loro percorso da sussulti che non vedevano, in un mondo che solo reale non era.
    Camminavano come sonnambuli, eppure credevano di essere svegli, che pazzi! Eppure in qualche modo dovevano sentire che non tutto era come credevano, un'oscura intuizione che, negata, penetrava alla loro coscienza come una leggera ma persistente inquietudine. Inspiegabile perché non volevano che fosse spiegata. Quella gente, che se ne andava sicura, in pace con sé e con gli altri, fingeva di non vedere, di non curarsi, di quella ombra di insicurezza. Eppure proprio quell'ombra ricalcava ogni loro passo e li inseguiva, mentre...

    «Ahi!!»
    Una fitta di dolore l'invase e gli fece aprire gli occhi che, di fronte all'improvvisa luce, dovettero di nuovo socchiudersi. Intorno, la gente esprimeva i più disparati moti di spaesamento e confusione, come se si riavesse da una lieve e fugace follia.
    Infuriato dal brusco risveglio e con la guancia che gli bruciava, Haiiro si rivolse a Kasumi.
    «Che diavolo hai fatto?!»
    «Cos'ho fatto io? Piuttosto dovresti chiederti cosa hai fatto tu.» La sua voce, languida, non nascondeva il suo essere piccata per la domanda a bruciapelo di Haiiro. «Ma ti sei reso conto di quanto ci è mancato perché tu ti addormentasti in tutto e per tutto?
    Haiiro la fissò a occhi spalancati e bocca semiaperta, prima di mormorare un sommesso «Oh».
    «È per questo, e solo per questo – si sentì in dovere di sottolineare Kasumi – che ti ho tirato uno schiaffo.»
    «Ma non c'erano altri modi per svegliarmi?»
    «Avevo anche pensato a un bacio, stile fiaba Disney, ma ciò avrebbe comportato la tua assunzione al ruolo di principessa e non volevo compiere un tale affronto alla tua dignità.»
    «E da quando in qua ho una dignità da svilire ?»
    «Questa è davvero un'ottima domanda.»
    Haiiro sospirò, dentro di sé sollevato dal consueto scambio di battute.
    «Beh, allora – disse Kasumi facendosi più seria – com'è andata? Cosa hai sognato e cosa hai capito?
    «Quello che ho capito...» Mormorando quelle parole, si chiese quanto avesse capito. Con stupore, si accorse che era molto quello che aveva compreso. Anche se forse non era proprio quello che aveva voluto.
    Si tirò su, sedendosi sulla panchina. Gli dispiaceva non poter più riposare sulle cosce di Kasumi, ma in quella posizione non sarebbe riuscito a dialogare in modo serio. Troppe distrazioni.

    «Ho fatto tre sogni: il primo doveva esprimere un mio desiderio, anche se non ho capito quale desiderio. Il secondo credo mostrasse un mio certo sentire, che non riesco a esprimere coscientemente. Il terzo invece era una sorta di riepilogo di quanto mi è successo e degli incontri che ho fatto. Tre sogni diversi, ma ognuno a suo modo mi ha permesso di capire. Non il perché io abbia sviluppato questa anormalità da bambino, questo mi è ancora oscuro e forse neppure mi interessa. No, io ho capito cosa sono per me i sogni e come voglio adoperarli ora, nel presente.»
    Fece una pausa e girò lo sguardo, che prima aveva tenuto rivolto verso un indistinto punto davanti a sé, in modo da fissare Kasumi negli occhi.
    «Avevi ragione quando prima hai detto che i sogni non sono semplici fantasie. Noi non sogniamo per evadere dalla realtà. Al contrario, sogniamo per esprimere i nostri desideri, sogniamo per venire a patti con noi stessi, sogniamo per comprendere ciò che ci è accaduto. Sogniamo per accettare il passato, comprendere il presente e immaginare il futuro. Sogniamo per vivere. I sogni, che non hanno realtà materiale, sono essenziali per la vita. Ecco perché, attraverso i sogni, ho potuto salvare una persona.»
    Altra pausa nella quale distolse gli occhi e gli chiuse, come per vedere dentro di sé. Poi li aprì, sempre fissi sulla ragazza.

    «Però avevi anche torto. Quando mi hai detto che il mio Dream Teller esisteva per cambiare la realtà, mi hai guidato lontano dalla verità.»
    Kasumi gli restituì lo sguardo, con più interesse che malumore per aver sbagliato.
    «Sai, quando ho dovuto concretizzare i miei sogni non ho pensato al bene o al male che potevo fare alle altre persone. No. Il mio pensiero era uno solo: trovare il modo migliore e più divertente per confonderle e ingannarle. Non mi importava niente degli eventuali danni che potevo fare: volevo solo che la gente si trovasse, di punto in bianco, a camminare in un mondo lievemente diverso da quello in cui si trovavano prima. Senza sapere perché, senza comprendere se era reale o illusorio.»
    Sorrise, dopo averlo detto, con la linea della bocca che si allargava verso le due guance.
    «Volevo che la gente, stupefatta, si trovasse a percorrere il labile confine tra i sogni e la realtà, senza ritrovarsi nell'uno né nell'altra. Volevo mostrare quant'è ambiguo questo nostro vivere, sempre sospeso tra la realtà e quelle che sono le nostre idee su di essa. Le persone credono sempre che quello che vedono di fronte sia reale, io però volevo mettere in crisi proprio questo pensiero.»
    Il sorriso si era attenuato, ma era ancora distinguibile nella sottile linea della bocca.
    «Tu mi hai detto che io distinguo come qualsiasi altra persona tra sonno e veglia, ma se lo faccio è solo perché questo confine mi è utile: se non si distinguesse tra sogno e realtà, io non potrei mettere in discussione tale distinzione. Così come non si può infrangere una legge, se non ci sono leggi.
    Io voglio che quel confine ci sia, in modo da poterlo rendere labile e confuso.»


    «Non so se pensassi così anche da bambino e se sia stato questo a creare il mio Dream Teller, ma so che, adesso, nel presente, è questo che desidero.
    Confondere, ingannare, burlare e irridere le altre persone, intessendo i sogni con la realtà, fino al punto che l'una non si distingua dall'altra. È questa la mia volontà attuale.
    Per realizzarla posso compiere il bene come il male, posso distruggere quanto salvare. Entrambe non sono che un mezzo per raggiungere il vero risultato: l'ambiguo intrecciarsi di sogni e realtà. E, con esso, il mio divertimento.»

    Le ultime frasi le aveva dette come se stesse parlando a se stesso, ma per la successiva si rivolse a Kasumi.
    «Dimmi, dopo aver sentito tutto questo tu mi dispr...»
    «Ovviamente no, non provo il benché minimo disprezzo per te.» Aveva parlato anticipando la sua domanda.
    «Ricordi? Io provo interesse per tutto quello che è strano e abnorme, ciò che eccede e mette in dubbio le nostre convinzioni. Come potrei disprezzare un potere come il tuo, e te con esso? Anzi, sono felice di aver sbagliato. Ora che capisco le motivazioni dietro il tuo potere, lo trovo... affascinante.»
    Per dire “affascinante” si era avvicinata al collo di Haiiro e glielo aveva sussurrato all'orecchio in tono sensuale. Vedendo come Haiiro a quella singola parola l'avesse guardata stupefatto, Kasumi rise.
    «Ti sorprende davvero così tanto, questa mia esternazione?»
    Pensandoci su, Haiiro si accorse che la risposta era no. Non lo sorprendeva affatto.
    «Quindi... è questo che significa essere un minus?»
    «Chissà? Kuruki mi aveva detto che ogni minus possiede una volontà diversa, ma che per tutti la direzione è univoca: la distruzione. Però io non sono interessato né a distruggere, né a rilasciare il mio potere senza controlli.
    Cosa c'è di divertente in una semplice distruzione? Cosa c'è di appagante nel solo lasciarsi andare senza controllo, senza neppure poter godere dei sogni che concretizzo? La soluzione che lei mi ha proposto era troppo semplice e unilaterale perché potesse soddisfare il mio animo tormentoso. Essere minus nel mio caso non può limitarsi a ricoprire il ruolo del cattivo che vuole distruggere il mondo per vendicare chissà quale trauma infantile.
    Certo non posso escludere che la distruzione sarà il risultato finale, ma non voglio neanche accettarlo prima che capiti. In realtà, non mi interessa molto di cosa sarà.»

    «Un perfetto esempio di menefreghismo...» mormorò mordace, ma in tono leggero, Kasumi.
    «Non dire così, anch'io ho qualcosa che mi interessa... ad esempio te – lo disse d'impulso, senza averci pensato prima, come fosse ancora ebro dei suoi sogni. – Per me sei importante, più del futuro o della distruzione del mondo.»
    Kasumi, di fronte a quell'inaspettata esternazione, rise, quasi con civetteria.
    «Ti sembra il momento per queste smancerie?»
    «Siamo io e te da soli, al parco e ci siamo incontrati dopo che io ti ho invitato ieri e tu hai accettato. Non saprò molto del mondo, ma se non vado errato questo è proprio ciò che la gente comune chiama “appuntamento”. Quindi sì, è proprio il momento.»
    Stavolta Kasumi lo guardò in modo diverso, sorpresa dalla pronta e sagace risposta di Haiiro. Non se la aspettava e proprio per questo ne fu colpita e quasi ammirata.
    «In pratica stai sottintendendo che il tuo invito qui, la promessa di aiutarmi a capire come la mia anormalità si sia sviluppata in un minus e la spiegazione sul tuo potere, erano tutti un modo per poter avere un appuntamento con me?»
    Di certo Kasumi sapeva che le cose non stavano così, che il motivo dell'invito era proprio riflettere sul suo minus, ma voleva vedere come si sarebbe comportato Haiiro. Cercando di mantenere un tono calmo e sorridendo, lui rispose.
    «Certo, questo e altro per avere un appuntamento con te.»
    Kasumi lo scrutò, senza rispondere. Haiiro sentì il nervosismo salire, come non gli capitava neppure durante un'interrogazione o una battaglia, ma cercò di mantenere il sorriso. Alla fine, anche Kasumi sorrise.
    «Ne sono... lusingata. Ma la prossima volta, prova a proporlo in un modo normale.»
    «Pensavo che trovassi noiose le cose normali.»
    «Alcune sì. Ma vorrei un ragazzo che avesse quantomeno il coraggio di invitarmi a uscire.»
    Haiiro sentì un groppo in gola per l'agitazione e la felicità, recependo il messaggio (non così tanto) implicito. Pensò che quello che aveva ottenuto per quel giorno fosse abbastanza e che non c'era bisogno di azzardare altro. Ma quello fu solo un pensiero, che appena formulato fu subito contraddetto.

    «Ne accetteresti uno che ti dichiara il suo amore?»
    Kasumi era arrossita. No, non era solo un'impressione di Haiiro, come lui aveva pensato per un attimo, era proprio così.
    «Immagino di poter rispondere solo se accadesse sul serio.»
    Era un invito a nozze, o almeno un suo lontano preambolo. Haiiro non esitò, non più. Si alzò in piedi, nonostante la stanchezza lancinante, ponendosi di fronte a Kasumi, ancora seduta sulla panchina.
    «Kasumi ti amo. Ti metteresti insieme a me?»
    Erano, bene o male, le parole che aveva sentito o letto su anime e manga. Aveva sempre pensato che venissero pronunciate col batticuore, invece lui si sentiva calmissimo. Così calmo che il cuore che gli pulsava in gola sembrava star per esplodere.
    Sto per impazzire: penso tutto e il contrario di tutto. E non me ne frega di nulla, se non della risposta che attendo.
    Anche Kasumi si era alzata in piedi, cercando di fissare Haiiro e poi distogliendo lo sguardo.
    Prese un respiro, alzò gli occhi verso di lui e rispose.
    «Sì.»
    Haiiro la guardò incredulo, poi sorrise mentre intorno a lui il mondo si capovolgeva. Si capovolgeva davvero: stava cadendo e neppure se ne accorgeva. Ad afferrarlo fu Kasumi.
    «Ma che fai?! Non vorrai mica svenire?» Più che preoccupata per lui, la voce sembrava irritata.
    «Scusa, è la stanchezza di questi due giorni che si fa sentire. Oppure il sonno che torna. Oppure lo sforzo per materializzare tre sogni di fila a quell'intensità. Ma potrebbe essere anche la felicità per la tua risposta.»
    «Non ricordarmela, me ne sto già pentendo.»
    Haiiro sorrise.
    «Io no.»
    Finalmente Haiiro riuscì a rimettersi ritto sulle sue gambe, anche se la debolezza si faceva sentire.
    «Bene, visto le tue condizioni, direi che possiamo finirla qua. Un primo appuntamento piuttosto... insolito, ma non così insoddisfacente.»
    «Ma...»
    «Oppure – l'interruppe Kasumi – possiamo continuare e andare in giro per tutto il complesso. Sempre se te la senti.»
    «Se me la sento? Che razza di domanda! Faccio fatica a rimanere in piedi, figurati a camminare. Sento come un peso che schiaccia mente e corpo e mi impedisce ogni attività. Ogni movimento e ogni pensiero comportano uno sforzo immane.»
    Prese fiato, prima di pronunciare la battuta che entrambi stavano aspettando.
    «Che stiamo aspettando? Continuiamo l'appuntamento.»


    Come detto i due continuarono il loro appuntamento, nato da circostanza diverse, ma sviluppatosi in quel felice senso. Del resto nella vita come nella scrittura di una role, nulla va come previsto.
    Il loro appuntamento andò bene, senza particolari vicende da narrare, ma piccole episodi piacevoli per i due. Alla fine si salutarono con un bacio davanti alla stanza di Haiiro. Lì, di fronte al ragazzo e alla soglia, Kasumi esitò parecchio, prima di andarsene. Vedendola allontanarsi Haiiro ebbe la netta sensazione di un'occasione persa, ma non riuscì a fare nulla per fermarla. “Ci saranno altre occasioni”, disse a se stesso consolandosi, ed entrò solo nella sua stanza.


    Fine

     
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    Beh, che dire, questa è una role parecchio strana che mostra un lato di Haiiro che non si era ancora visto fino ad ora... Beh, diciamo forse due lati xD Devo ammetterlo che sul finale ci sono rimasto di cacca ahahah Non mi aspettavo che facesse una cosa così cazzuta v.v PRAFO PAMPINO PRAFO *lancia biscotti a caso* A ogni modo, è meglio se passo a valutare più che a dire cazzate :asd:

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