[Contest] C'era una volta... Bianconeve

Tatsuya as Bianconeve

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    La Luce

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    Bianconeve e le sette nane


    C'era una volta, in un regno lontano, una regina che, mentre cuciva accanto ad una finestra d'ebano, vide scendere i primi fiocchi di neve dell'anno. Distratta da quella vista, si punse con l'ago e delle gocce di sangue caddero ai suoi piedi.
    “Quanto vorrei avere una bambina” - pensò la regina - “ che sia scura come questo legno, dalle guance rosse come questo sangue, e chiara come questa neve. “
    Il desiderio le venne esaudito, ma per metà: mise al mondo un pargolo bianco come la neve, rosso come il sangue e scuro come l'ebano, ma era un maschio. Lo chiamò Bianconeve.
    Pochi mesi dopo la nascita del fanciullo, la regina fuggì con il regale giardiniere e di lei si persero le tracce.
    Senza certezze sulla sorte della consorte, impossibilitato a ricorrere al divorzio, il re non poteva prendere una seconda moglie. Colse l'occasione per fare outing e prese con sé un compagno, un giovane uomo tanto bello quanto egocentrico e vanitoso, oltre ad essere un incantatore abile nella magia nera, uno stregone.
    Lo stregone era solito interrogare il suo specchio magico.
    “Oh specchio delle mie brame,
    chi è il più bello di tutto il reame?”
    E lo specchio rispondeva “Tu lo sei il più bello d'ogni reame”.
    Lo specchio non mentiva mai, lo stregone lo consultava quasi ogni giorno e dalla sua risposta traeva sempre grande diletto.
    Gli anni passavano ed il tempo rendeva Bianconeve sempre più bello. Quando compì quindici anni ed al gran ballo fece il suo debutto riscosse un tale successo che costrinse lo stregone, suo patrigno, a questionare di gran fretta il suo magico specchio.
    “Oh specchio delle mie brame,
    chi è il più bello di tutto il reame?”
    “Tu lo sei, ma Bianconeve lo è molto di più”.
    Alla risposta dello specchio lo stregone quasi svenne. Pallido per la sorpresa, rosso di rabbia, verde d'invidia, colori che lo rendevano quasi una bandiera, prese subito la più drastica delle decisioni: Bianconeve doveva morire.
    Assoldò il più spietato dei cacciatori e lo incaricò di uccidere il ragazzo, togliergli il cuore e poi riportarglielo come prova. Il cacciatore, sperando d'essere lautamente ricompensato, attirò Bianconeve lontano con l'inganno. Ma non sapeva che Bianconeve era molto abile a leggere le intenzioni degli altri e, una volta nel bosco, gliene dette così tante che il cacciatore divenne vegano.
    Furente per il fallimento del suo piano, lo stregone non si arrese, d'essere secondo in bellezza non poteva sopportare, e se la violenza non funzionava allora doveva cambiare la sua strategia.
    A Bianconeve, che per il suo aspetto ed il suo rango era sempre circondato di grandi bellezze, fece incontrare una ragazza diversa dalle altre, molto più semplice e meno appariscente, figlia di contadini educata all'obbedienza. Con le sue arti magiche lo stregone fornì alla ragazza un filtro d'amore, poche gocce e Bianconeve si innamorò perdutamente dei suoi occhi. Con un abile stratagemma, la ragazza lo attirò lontano e, nei pressi di un gran lago, approfittò della debolezza del suo amore per pugnalarlo al petto. Estrasse il cuore dal petto di Bianconeve e ne gettò il corpo nel lago perché non lo si ritrovasse. La ragazza portò il cuore allo stregone; questo glielo fece bollire e poi lo mangiò. Interrogò di nuovo lo specchio ed ottenne la risposta che tanto bramava.
    Di Bianconeve però nessuno sapeva che era benedetto, le acque che dovevano seppellirlo lo riportarono a riva, un cervo lo tirò all'asciutto ed un raggio di Sole sostituì quel cuore con una fiammella e gli richiuse il petto.
    Dopo tre giorni Bianconeve si svegliò: era vivo.
    Il battito del suo nuovo cuore gli ricordò quel che era successo.
    “Se voleva lasciarmi poteva dirmelo” - sussurrò imbronciato a se stesso.
    Ma ripensando a tutto ciò che era successo capì che il suo posto non era più nel suo regno.
    Coperto dalla notte, nascosto dai boschi, superò i colli di sette monti, fin oltre i confini del reame, fino a raggiungere una radura in cui sorgeva solo una casina.
    Bianconeve entrò in quella piccola casina e trovò una tavola apparecchiata con sette piattini pieni di minestra. Accanto ad ogni piattino c'erano una forchettina, un cucchiaino ed un coltellino, oltre al un panino ed un calice di buon vino.
    Bianconeve, che non mangiava da sei giorni, divorò ogni cosa, bevve vino fino a svuotarne la damigiana e cercò la dispensa, pur senza successo. Mentre cercava trovò una seconda camera con in fila sette lettini. Stanco ed assonnato, decise di sdraiarsi su un lettino. Provò il primo ma era troppo grande, il secondo era troppo piccolo, e così via fino al settimo, un lettino dalle lenzuola di porpora che gli sembrò perfetto. Bianconeve si addormentò profondamente.
    Quella in cui si era rifugiato era la casa delle sette nane che facevano le mondine nella vicina risaia; alla sera, quando rientrarono dal lavoro, trovarono che l'ordine che avevano lasciato non c'era più. Guardarono nei loro piatti e dissero “chi ha mangiato la nostra minestra?”. Videro le molliche di pane e dissero “chi ha mangiato i nostri panini?”. Guardarono nei calici e sbraitarono “chi si è tracannato tutto il nostro vino?”.
    Infuriate per essere state costrette al digiuno, andarono nella stanza dei lettini e trovarono che le lenzuola erano sgualcite.
    “Qualcuno ha dormito nel mio letto!” “Qualcuno ha dormito anche nel mio!” “Qualcuno si è posato anche sul mio letto!”. “Ehi ragazze! Qualcuno dorme nel mio lettino!”
    Chiamate, raggiunsero il lettino della più piccola di loro, dai lunghi capelli di porpora come le lenzuola, e videro Bianconeve addormentato.
    “Mio Dio, che bel ragazzo!” - Esclamarono tutte in coro - “Con lui questa sera ci dormo io!”
    Il trambusto scatenato dalla successiva discussione svegliò Bianconeve che si spaventò scoprendosi circondato. Ma le nane erano di buon cuore e cercarono di metterlo a suo agio.
    “Come ti chiami zuccherino?” - Gli chiese una di loro.
    “Mi chiamo Bianconeve.” - Rispose il ragazzo che, quindi, spiegò tutta la sua situazione e chiese di essere ospitato per qualche tempo da loro.
    “Se ti prendi cura della casa e della nostra cena, puoi restare quanto vuoi.” - Lo rassicurarono le nane, trovandogli dei compiti perché si sentisse utile.
    Così Bianconeve da principe divenne servo ed iniziò a vivere insieme alle gentili nane. Alla mattina loro uscivano e lo lasciavano a casa a lavare ed a rassettare, alla sera rientravano e trovavano la minestra. Ma durante il giorno non era solo: le beste del bosco facevano visita a lui e lui, che era benedetto, con loro si intendeva.
    Quale miracolo, quale portento testimoniarono le nane una sera al rientro, vedendo Bianconeve conversare con un cinghialetto.
    Il tempo passava ed il padre di Bianconeve, per la scomparsa del figlio, morì di crepacuore, e senza un erede il regno passò nelle mani del suo compagno, il perfido stregone che si incoronò re.
    Lo stregone, all'apice della gioia, interrogò lo specchio per avere massimo godimento.
    ““Oh specchio delle mie brame,
    chi è il più bello di tutto il reame?”
    “Tu lo sei, ma, al di là dei sette colli, nella casa della nane c'è Bianconeve che lo è molto di più”
    Sentendo quel nome lo stregone sbiancò di terrore, il ragazzo era vivo pur avendogli divorato il cuore. Quale sciagura, quale disonore, per un re essere inferiore ad un garzone. Che Bianconeve fosse più bello era per lo stregone un grande tormento, era un crimine che doveva punire.
    Lo stregone, abile nel cambiare forma ed aspetto, si travestì da mendicante e, mentre la nane erano al lavoro, andò a bussare alla porta di Bianconeve chiedendogli ristoro.
    Il ragazzo, mosso a compassione dalle sue condizioni, lo accolse in casa per offrirgli un tozzo di pane con del formaggio.
    Quando Bianconeve fu di spalle, il perfido stregone mascherato da mendicante gli si avvicinò e gli strinse le mani attorno al collo per cercare di soffocarlo e Bianconeve, ormai paonazzo, avrebbe perso la vita se dal bosco, in suo aiuto, non fosse uscito un grosso orso bruno, alla cui vista lo stregone fuggì per non rischiare d'essere sbranato.
    “Che villano, poteva dirmelo se preferiva altro.” - protestò Bianconeve quando si fu ripreso.
    Quando alla sera tornarono le nane, che avevano saputo delle nobili origini del loro ospite, Bianconeve raccontò quel che era successo e loro lo ammonirono.
    “Non aprire la porta a nessuno e non fidarti di alcuno, lo stregone che ha usurpato il tuo regno sta cercando un modo per toglierti la vita.”
    Bianconeve accettò di buon grado e dal giorno dopo così avrebbe fatto.
    Lo stregone però, che era astuto, escogitò un nuovo piano per raggiungere il suo obiettivo: se un animale lo aveva aiutato, allora solo un animale poteva ingannarlo. Con le sue arti maledisse una mela e, trasformatosi in un corvo, quando le nane non c'erano si posò sulla finestra della casetta di Bianconeve trasportando il frutto.
    “Guarda che bella mela” - gli disse così trasfigurato - “Per me è troppa, perché non ce la dividiamo?”
    “Non posso farti entrare, l'ho promesso alle nane.”
    “Allora non farmi entrare, resterò sulla finestra. Guarda solo la mela quanto è bella.”
    Bianconeve si avvicinò e vide che la mela era davvero molto bella, ma ancora non si fidava.
    Lo stregone allora, nel corpo di corvo, becchettò la parte bianca per dimostrare che era sicura. Lui però, che era molto abile, aveva maledetto solo la metà rossa, quella che Bianconeve alla fine mangiò. Bastò un solo morso e cadde vittima della maledizione: il suo cuore venne stretto da sottili catene nel petto che ne fermarono il battito. Bianconeve crollò a terra come morto.
    Lo stregone riprese il suo aspetto, molto soddisfatto per la scena.
    “E adesso non c'è più nessuno più bello di me. Mi prendo la tua vita come risarcimento. Sogni d'oro Bianconeve.” - E così lo stregone fuggì.
    Alla sera, al loro rientro, le sette nane trovarono Bianconeve a terra riverso. Per quanto lo scrollassero non si svegliava. Cercarono segni e costrizioni, pettini o tuniche avvelenati, ma non trovarono niente del genere. Bianconeve era morto e non potevano far nulla per portarlo indietro.
    Le nane piansero per tre giorni e tre notti la sua tragica morte. Dovevano seppellirlo ma era troppo bello, non se la sentirono di metterlo sottoterra. Crearono una bara di vetro con una targa in oro che recava il suo nome, ve lo adagiarono e lo posizionarono tra i fiori su un'alta collina, lasciando una nana sempre di guardia, perché il mondo lo potesse ammirare.
    Un giorno una bella principessa percorse, spinta da una inspiegabile forza, il cammino che portava a quella cassa di cristallo. La principessa vide Bianconeve, giovane e bello, e se ne innamorò sul momento. Così forte era il sentimento che domandò di aprire la cassa per potergli toccare la guancia. La nana che era di guardia, avvertendo la purezza di quel desiderio, le permise di fare come richiesto. Appena lo sfiorò con la mano la principessa sentì una strana stretta al petto e, con lacrime di dolore, non si trattenne e gli dette il primo bacio d'amore.
    E nel petto già straziato di Bianconeve, si sciolsero le catene che bloccavano il suo cuore.
    Bianconeve riaprì gli occhi, tornato di nuovo dalla morte, che ora risplendevano della regalità dell'oro, e si specchiarono negli occhi dorati della bianca principessa che l'aveva salvato.
    “Sei reale o finalmente ho iniziato a sognare?”
    “Io sono vera e sento che ti voglio sposare.”
    Tra le nane in festa, che danzavano e cantavano per la felicità, per poter di nuovo abbracciare il loro adorato Bianconeve, loro due si promisero di amarsi in eterno.
    Nel palazzo della principessa, lei e Bianconeve si unirono in matrimonio ed alla solenne cerimonia che li incoronò Re e Regina invitarono tutti i reggenti, con ministri al seguito, dei regni più vicini, incluso il perfido stregone patrigno di Bianconeve.
    Lo stupore ed il terrore che lo presero alla vista del ragazzo, tornato ancora dalla morte e divenuto Re, erano tanto grandi che i capelli dello stregone divennero tutti bianchi.
    La principessa, divenuta Regina, fece portare delle pesanti catene perché, incatenato, ai lavori in miniera lo stregone venisse condannato; da solo, lontano dalla vista e dalla parola, sottoterra avrebbe lavorato come esiliato dal futuro e dal passato.
    Reclamato il suo legittimo trono, Bianconeve e la sua Regina unirono i loro regni segnando l'inizio di un'era di gioia e prosperità, e loro vissero per sempre felici e contenti.
     
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