[Contest] A Christmas Carol: Forse sarà un Buon Natale

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    AF's Master of the End
    La Luce

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    Non so nemmeno dove sono ora, figuriamoci se posso ricordare da dove provengo

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    "Il Natale è la festa più bella."
    Questa è la frase che mi ha detto il mio vicino di banco in prima liceo. Quando si avvicina il periodo natalizio si respira tutta un'altra aria: i colori, le luci, le belle decorazioni che ravvivano la città; c'è fibrillazione ed attesa; il desiderio di sorprendere e di essere sorpresi da un regalo inaspettato.
    Il Natale è la festa più bella? Ricordo che guardai quel mio compagno di classe con diffidenza e sospetto. Gli chiesi se fosse cristiano e sembrò non riuscire nemmeno a capire la parola.
    Non riuscivo a capire quell'affermazione. Certo, in casa abbiamo sempre festeggiato il Natale, ma non mi era chiaro perché lo considerassero così bello persone che ne coglievano solo il lato materiale.
    Per noi il Natale non era una bella festa ed anche quell'anno non aveva fatto eccezione.
    La casa l'avevamo addobbata, avevamo messo le luci alle finestre e fatto il tradizionale albero di Natale. In quell'albero, a cui dedicavamo tutta una parte del soggiorno, gli addobbi non seguivano nessuno schema logico, non erano posti secondo una idea di decorazione. Erano cose a caso, mettevamo quelle che trovavamo e quelle che ci piacevano.
    Provate ad immaginare un albero di Natale che arriva fino al soffitto, ai suoi rami sono appese decine di sfere rosse, oro, argento, blu, smeraldo ed altri colori assortiti; una marea di luci che portano addosso i segni della tremenda lotta per districarle, ovviamente vinta da loro, con la classica fila di lampadine fulminate; festoni, alcuni con scritte natalizie, altri che recano le targhette con il nome della vecchia scuola media, dalla quale erano misteriosamente scomparsi, preceduto dalla dicitura “Proprietà della”; più di venti Babbi Natale di carta, staccati dal calendario dell'avvento preso da Sophie, appesi ai rami con del filo da cucito, ed un puntale bianco che assesta l'ultimo colpo al buon gusto. Ecco il nostro albero.
    Alla vigilia abbiamo cenato con la nonna ed il nonno; i nostri genitori non c'erano, come al solito, troppo impegnati per potersi ricordare di una festa, o di noi.
    Tornammo a casa presto, faceva freddo e se avessimo tardato ci saremmo congelati per strada.
    I nostri amici erano o in famiglia, o con la persona con cui facevano coppia. Noi eravamo tutti single, non c'era proprio modo per vivacizzare un po' la serata.
    Ciò che ci era sempre piaciuto fare a Natale è accendere il camino. Lo accendemmo, non senza fatica visto che avevamo dimenticato di portare in casa la legna ed era diventata troppo umida, quindi passammo a quello che era il massimo del nostro divertimento: spegnere ogni altro riscaldamento, avvicinare il divano al camino e sederci, lasciandoci scaldare solo dalla fiamma viva del braciere. Avremmo potuto anche coprirci con una coperta, ma Cheria avrebbe iniziato a parlare di quanto fosse pericoloso, che eravamo troppo vicini al fuoco, una scintilla e ci saremmo trasformati in torce, si sarebbe incendiata la casa ed avremmo costretto dei poveri vigili del fuoco a passa il Natale a tentare di domare le fiamme che avrebbero devastato il bosco. Tra la coperta e la prospettiva di non rischiare di dover passare l'eternità con lei che ci ripeteva “ve l'avevo detto”, sceglievamo la seconda.
    La mattina dopo ci svegliammo tutti avvinghiati: durante la notte si era spento il fuoco e, per scaldarci, ci cercammo nel sonno. Era così ogni anno, ma l'imbarazzo per le posizioni “scomode” che prendevamo era sempre nuovo. Quindi, con la schiena a pezzi, scartammo i regali. Poi colazione tutti insieme, bagno caldo – questo individuale – e preparazione del pranzo, perché i nonni erano invitati dai loro figli, dovevamo fare per conto nostro.
    Dopo il pranzo giochi di società; dato che durante la notte aveva nevicato, fu il turno della battaglia a palle di neve, dalla quale uscimmo tutti con un bella febbre che ci tenne compagnia quasi fino al ritorno a scuola e provateci voi, con febbre e raffreddore, a prendervi cura da soli delle vostre sorelle, perché la vostra gemella non ne vuole sapere di dare una mano e la sorella di mezzo si ricorda proprio in quel momento che il fratello maggiore è obbligato a prendersi cura della sorellina e viziarla con tutte le attenzioni, quando influenzata. Sophie... lei non da problemi, quando si ammala dorme e basta. Il primo giorno. Il secondo si sente già bene ed inizia a girare per casa senza uno scopo, aprendo le finestre perché l'aria è cattiva e costringendoti a dedicarti a lei anche se non ha più nulla. Ovviamente non cucina. Non perché non voglia, ma perché è meglio evitare di rischiare di beccarsi una intossicazione alimentare. Inoltre cucina solo uova.
    Per fortuna quello fu l'ultimo anno in cui ammalarsi rappresentò un problema, dopo pochi mesi ottenni l'abilità di poter guarire le malattie e le battaglie a palle di neve si trasformarono in eventi apocalittici capaci di mettere a serio rischio la sopravvivenza della specie umana.
    In effetti negli anni successivi le cose cambiarono molto. Forse è per questo che mi è rimasto così impresso quel Natale.
    Anche oggi, come allora, siamo nella nostra casa nel bosco e durante la notte ha nevicato. È quasi sorprendente aver ricordato tutto questo come prima cosa dopo il risveglio. È la mattina del venticinque e non sono sul divano con la schiena a pezzi, sono nel mio letto. Non sono le mie sorelle che dormono accanto a me, ma una ragazza dai lunghi capelli biondi. Da una parte. Dall'altra c'è la mia amorevole ragazza volpe. Diciamo che “monogamo” non è un attributo che ancora mi descrive.
    Ma ecco che la nostra cara furia della natura entra quasi sfondando la porta, con un tonfo che fa urlare Marisa di terrore e cadere dal letto Foxy.
    « Svegliaaaaaa! È Natale! »
    Sta per saltare sul letto, lo sento, ma l'improvvisa esplosione, che apre un foro alla sua sinistra nella parete, le fa fare un balzo indietro.
    « La prossima volta ti incenerisco. Noi torniamo a dormire. »
    Dice Marisa sbrigativa; con una mano mi prende il braccio per avvolgersi e con l'altra si tira fin quasi sulla testa le coperte; è tanto freddolosa che la sola idea di alzarsi la fa rabbrividire.
    « Che antipatica »
    Bofonchia Sophie allontanandosi. Dietro di lei sbuca Bianca che ci guarda con uno sguardo di rimprovero, ma dai capelli arruffati e dal pigiama deduco che si è appena svegliata anche lei, magari con la nostra stessa sveglia.
    « Sharon si è già alzata? »
    « Credo dovesse andare da qualche parte con Alice e Nora. »
    Bianca sbadiglia con ben poca grazia, quindi sbuffa ancor più sgraziatamente.
    « Allora fatemi spazio che quella maledetta mi ha svegliata con una testata. »
    « Si fa di anno in anno più violenta. »
    « Ma che ne so. Doveva sfogare su di me quel che non può fare a Cheria. È stata mollata tre giorni fa ed ha un po' di istinto omicida addosso. »
    « Allora perché non vai da lei? »
    « Perché non voglio che mi uccida. »
    Mentre parliamo Marisa mi tira leggermente il braccio in cui si è stretta.
    « Meno parlare e più ronfare. Sono distrutta... »
    Lo sguardo di Bianca si illumina di malizia.
    « Quante volte? »
    Marisa si tira un po' su, affrontando il freddo che le sembra sempre glaciale.
    « Abbiamo perso il conto. »
    Ridacchiano, ma questa cosa mi imbarazza un sacco. Insomma, non sono mica una macchina che deve fare la messa a punto. Sono solo uno con energia infinita che si rigenera ed è capace di percepire pensieri e desideri di una persona, oltre ai suoi dati biologici.
    Dopo allusioni varie, ci rimettiamo a dormire, collegando i sogni su loro richiesta perché devono continuare a parlottare, e ci svegliamo solo quando sentiamo suonare il campanello, segno che è già troppo tardi.
    Undici e trenta, i primi ad arrivare sono Lili e Kujo. Le loro voci si avvicinano ed ecco il secondo schianto di giornata.
    « Buon Natale dormiglioni! Bianca! Pure tu lì in mezzo? Ma quando ti trovi un ragazzo e la smetti di tormentare tuo fratello? Sarebbe anche ora. Tic tac, il tempo passa. »
    Devo saltare qualche ordine di causalità per poter portare Lili fuori dalla stanza senza dover perdere tempo ad uscire dal letto e vestirmi. Se Bianca non ha il modo di replicare immediatamente il battibecco è scongiurato.
    Lili va ad aiutare Cheria in cucina mentre Kujo va in macchina a prendere i regali. Mi ritrovo davanti al nuovo albero di Natale. In realtà è lo stesso, ma con queste ricercate decorazioni verde smeraldo non sembra più lui. Quell'albero è così distante, vicino ormai solo nei ricordi della giovinezza. All'epoca non stavo ancora con Marisa.
    Proprio lei mi raggiunge, guanti di lana alle mani e pantofole peluche ai piedi. Mentre mi prende la mano lo sguardo mi cade su un piccolo pacchettino senza nome, adagiato sotto l'albero in cima ad una piccola pila di pacchi e pacchetti. Lili ha ragione, è anche ora.
    Il tempo di prepararci ed i nostri amici iniziano ad arrivare con maggiore frequenza. Arrivano Mimì, Misaka, Kyoko e le altre cameriere del fu Maid Caffè. Sharon ed Alice tornano ed arrivano insieme a Nora e Jan. Arriva anche Junichirou, con moglie, sorella e cognato, e si fionda sul telecomando perché non esiste che si perda lo special natalizio del suo majokko preferito. È il turno degli Imperius Novus, compagni di tante battaglie. Break e Mary danno la notizia di essersi sposati il mese scorso e parte il primo brindisi di giornata.
    Per caso mi passa davanti Sophie.
    « Ed il tuo ragazzo? »
    « I suoi non la lasciano venire. »
    « Aspetta. Hai cambiato di nuovo? »
    « Josuke è ormai storia vecchia. Ora c'è Lala. Vedessi com'è carina. »
    Ormai con Sophie è difficile star dietro a tutte le sue conquiste, salta da un ragazzo, o ragazza, all'altro, altra, con una facilità esasperata. Chissà da chi ha preso.
    Finalmente appaiono Muzet, Sora e gli altri; quando saranno arrivati anche Haiiro, Kuro, Goro, Enma, Galatea e tutti gli altri, così tanta gente che non riuscirei a nominarla tutta prima che cali il Sole, un numero tanto grande che mi fa finalmente capire quanto sia grande questa casa, e che tutta questa gente, tutti gli amici che ci hanno accompagnato in questi anni meravigliosi, tra gioie e dolori, feste e difficoltà, con cui abbiamo condiviso momenti felici e momenti complicati, solo tutti loro sono in grado di riempire la casa e, con essa, tutta la solitudine che ci ha sempre trasmesso.
    Così tanti che nell'immensa tavola che abbiamo allestito stiamo comunque stretti. Arriva anche la telefonata dei nostri genitori che ci fanno tanti auguri e che promettono che saranno presenti per Capodanno. La telefonata dura poco, tutta la confusione che si sente fa capire che abbiamo un po' di ospiti. Chiedono solo di poter parlare con Marisa.
    « Chi ti hanno detto? »
    « Che non vedono l'ora di rivedermi. E.. »
    « E....? »
    « Che devo tenerti d'occhio perché sono l'unica che può farti mettere la testa a posto »
    Lei ride, ma per una volta spero che abbiano ragione. Sì, vorrei tanto che sia lei a cambiarmi ed a farmi trovare definitivamente la normalità che mi è sempre tanto mancata.
    Dopo un pranzo di Natale alla maniera italiana, un'esperienza anche culturale per gli amici giapponesi, è il momento di scartare i doni. In breve la casa diventa un mare di carta da regalo strappata e fiocchi e scatole, un regno del disordine dove nessuno sa da chi gli è arrivato il regalo, tranne nei casi di rivendicazione. Alla fine resta soltanto un piccolo pacchetto senza nome, quello che ho guardato durante la mattina e che ho continuato a fissare per tutto il tempo.
    Lo faccio notare a Marisa: ci avviciniamo e ci abbassiamo per guardarlo meglio.
    « Qualcuno ha dimenticato di mettere il nome. Ed ora? »
    « Ora lo apriamo. »
    Dico cercando di ostentare tranquillità, anche se ho il cuore che batte all'impazzata. Per prenderlo mi inginocchio ed il gesto a qualcuno non passa inosservato: Bianca inizia a richiamare in silenzio tutti ed in breve le voci si spengono.
    « Questo potrebbe essere un tuo regalo per me. »
    Il pacchetto non si apre, questo nastro sembra indistruttibile! Mi tremano un po' le mani. Forse è meglio se lascio perdere. Dopotutto è una così bella giornata, perché cercare di rovinarla? Se questo fosse un segno del destino? Magari dall'Heaven Feel qualcuno sta impedendo che si apra.
    « Non pensare sciocchezze. »
    La voce di Sophitia mi rimbomba nelle orecchie. Si girano tutti verso di lei e la beccano nel momento in cui cerca altra soddisfazione sul panettone. Le mando alla mente i miei ringraziamenti prima di “spegnere” la One Heart. Il pacchetto è aperto e da esso tiro fuori una scatolina.
    La giro verso Marisa e la apro, scoprendo l'anello che contiene. Lei si porta le mani sulla bocca per lo stupore, gli occhi le si fanno subito lucidi.
    « Marisa...v-v-vorresti.... Marisa, vuoi sposarmi? »
    Come continua non è affar vostro, sappiate solo che se avrò quel “Sì” allora non potrò fare a meno di dire che il Natale è la festa più bella.
     
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