La Triade di Sharo

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    Piccola storia che avevo iniziato qualche tempo fa ma che solo da poco ho deciso di riprendere e portare sull'AF con il benestare (?) di Mic in attesa che venga aperta la sezione apposita XP
    In quote eventuali info e il rating


    CITAZIONE
    Titolo: La Triade di Sharo
    Autore: Vanclau
    Genere: Fantasy, drammatico, psicologico, sentimentale
    Ambientazione: Mondo fantastico ma la cui tecnologia è paragonabile se non in parte superiore alla nostra

    Rating: Verde


    Capitolo Primo
    Fiamme Nere




    “Tre spade furono forgiate, tre armi dal potere di regolare l’Equilibrio vennero alla luce in quel nefasto giorno dalla mano di un Demone. Una rimase alla sua Razza, i cui appartenenti da secoli venivano considerati i portatori di morte per eccellenza, rossa come il sangue che tingeva le loro mani; una fu donata agli Umani, definita la più debole tra le tre grandi Razze, ma la più numerosa e intelligente, nera come le ombre celate nel loro cuore; l’ultima, infine, fu consegnata agli Spiriti, il cui esiguo numero non poteva competere con quello degli Umani o dei Demoni, del bianco più puro che si potesse immaginare. Tre armi, tre lame, che avrebbero dato vita a una Leggenda.”


    (Tratto da Tra Mito e Storia – Prefazione di L. D.)



    A lui nessuno aveva mai chiesto come fosse andata la giornata, cosa avesse fatto a scuola o come procedevano i suoi studi. Nessuno sembrava mai interessarsi a quella che era la sua vita, in special modo in quei rari giorni che vedevano il ritorno di suo fratello a casa; ma d’altronde neanche ne faceva una colpa a sua madre, suo nonno o Alice. A differenza di Jason, lui frequentava una normalissima scuola che lo avrebbe condotto a una normalissima università e a un altrettanto normale lavoro, seppur si sarebbero potuti definire anche traguardi di tutto rispetto, trattandosi di voler prendere la laurea in medicina. Ad Adrian era sempre piaciuto quel campo, e sin da bambino si era ritrovato a leggere diversi libri sull’argomento, informandosi come meglio poteva anche tramite siti internet e servizi televisivi. Nonostante però fosse anche piuttosto bravo nello studio, tanto da essere tra i migliori della sua stessa scuola, come avrebbe mai potuto anche solo pensare di competere con qualcuno come Jason Cavendish? Suo fratello era sempre stato considerato l’icona della perfezione, dalla famiglia e da chi aveva avuto modo di conoscerlo, avendo tutto ciò che Adrian non avrebbe mai potuto avere. Bellezza, intelligenza e forza fisica erano solo alcune delle qualità più importanti che venivano spesso riconosciute nel fratello, ma passavano in secondo piano di fronte a quello che senz’ombra di dubbio era il suo maggior pregio: il Potere Ki.
    A differenza di Jason e Alice, Adrian non possedeva alcun potenziale magico, neanche il più banale degli esercizi era mai stato in grado di compiere, e sebbene al ragazzo non fosse mai interessato entrare nel corpo degli Esecutori, pareva quasi che quella sua mancanza costituisse un’onta al nome della famiglia, che da secoli contava alcuni tra i più importanti Esecutori della storia mondiale. Suo nonno da giovane aveva militato nelle Ombre, corpo speciale degli Esecutori dove erano ammessi solo i migliori sette di ogni paese scelti tramite una durissima selezione; sua madre era stata istruttrice alla più prestigiosa accademia di Esecutori, la Seraphim Academy; e Jason studiava in quello stesso istituto, essendo a detta di molti uno dei migliori studenti di sempre. Anche Alice, sin dai suoi primi anni di vita, aveva dimostrato di possedere un discreto potenziale magico, degno di una Cavendish, e dopo il suo quindicesimo compleanno avrebbe cominciato a studiare alla Seraphim, attendendo quel giorno con sempre maggiore eccitazione.
    Ad Adrian non importava poi molto del Ki, probabilmente anche se avesse mostrato un qualche potenziale magico avrebbe volentieri fatto a meno di diventare un Esecutore, non era mai stato in cima alla sua lista di desideri, eppure la completa mancanza di Ki lo aveva da sempre fatto sentire inferiore agli altri due, e quasi inesistente per l’intera famiglia. Suo nonno tendeva il più delle volte a ignorarlo e nonostante sua madre riuscisse a mostrarsi amorevole e comprensiva nei suoi confronti, negli occhi di Marian Cavendish si vedeva piuttosto chiaramente che preferiva Jason e Alice. Suo padre invece non lo aveva mai conosciuto. Gli era stato detto che era scomparso durante una missione, ormai considerato morto in azione, poco dopo la nascita di Alice e per la giovanissima età che sia lui sia Jason avevano a quel tempo non ne conservavano il ricordo.
    Adrian cecava di non farci troppo caso, anzi trovava sempre il modo per trarre giovamento da quella situazione, riuscendo ad avere fin troppi momenti per rimanersene in solitudine a studiare o anche per fare tardi la sera quando usciva con gli amici, in quanto confidava che nessuno avrebbe poi notato la sua assenza, e continuava la sua vita come se niente fosse, incurante di quello che la sua famiglia pensava di lui.
    E così i pasti serali, quando tutta la famiglia si riuniva a tavola, andavano sempre nella stessa direzione. Nei giorni che Jason rimaneva al dormitorio della Seraphim, le discussioni si incentravano sui miglioramenti di Alice nel campo della magia, e quando invece c’era anche il primogenito si tendeva a parlare di come procedevano i suoi studi, lasciando di conseguenza Adrian in disparte, senza neanche interpellarlo una singola volta.
    E così accadde anche quel giorno di metà estate nella piccola cittadina dove vivevano. Non era un centro abitato troppo esteso, niente a confronto delle grandi e senz’altro più importanti città del pianeta, ma da secoli quel luogo ospitava la tenuta dei Cavendish, il più grande e sfarzoso palazzo della zona. Sua madre aveva più volte espresso il desiderio di trasferirsi, demolire o vendere la tenuta per andare a vivere nel lusso delle grandi città, desiderio condiviso dalla defunta nonna materna, ma i nonni paterni, di comune accordo con il nonno materno, erano stati piuttosto contrari a quell’idea. Entrambe le famiglia, materna e paterna, erano da sempre le più importanti di quella cittadina e forse troppo legati alle tradizioni non avevano alcuna intenzione di spostarsi. Adrian trovava le discussioni in merito fin troppo noiose e spesso si chiudeva in camera sua quando avvenivano, poiché a lui non interessava doveva vivere, fintanto che avrebbe potuto continuare i suoi studi.
    Come al solito, la discussione a tavola si incentrò sul percorso scolastico di Jason, lasciando in secondo piano la presenza di Adrian, come se neanche fosse presente a cena, e solo Alice ogni tanto si voltava verso di lui con uno sguardo mortificato, come a volersi scusare. Lei era l’unico membro della sua famiglia con cui aveva un qualche tipo di rapporto, riuscendo a parlarci, ridere e scherzare; era molto vicino a sua sorella, e probabilmente sarebbe stata l’unica per la quale avrebbe voluto avere anche solo un pizzico di Ki in modo tale da proteggerla, sebbene invece sapesse che in caso sarebbe stata lei in grado di proteggere lui.
    Adrian neanche si sforzò di sentire i discorsi dei suoi famigliari riguardo alla Seraphim, limitandosi a mangiare il suo pasto e alzandosi senza dire una parola per andare in camera sua. Solo Alice parve accorgersene, e una serva di cui non ricordava il nome che gli rivolse un saluto di commiato, ricambiato da un semplice cenno con la testa.
    A metà strada del lungo corridoio che lo avrebbe condotto a destinazione, però, un suono di passi lo fece voltare, solo per ritrovarsi davanti Alice accompagnata da Jason. Evidentemente anche loro dovevano aver finito di mangiare.
    «Adrian, non abbiamo avuto modo di parlare dal mio ritorno» disse il fratello con voce calma.
    «Non che abbiamo granché da dirci» fu la risposta di Adrian a quelle parole, guardandolo con un sorriso anche fin troppo tirato. «Mi pare che le cose ti vadano piuttosto bene.»
    «Non è quello a cui mi riferivo.» Jason si guardò intorno, come se sospettasse che qualcuno li stesse osservano, nonostante fossero solo loro due e Alice. «Andiamo a parlare nelle tue stanze» sentenziò infine.
    Non sapendo che scusa inventarsi per rifiutare quella proposta, Adrian acconsentì di malavoglia guidando i due fino alla porta della camera dove dormiva, aprendola e richiudendola a chiave dopo che fratello e sorella fossero entrati. «Di cosa volevi parlare?» chiese infine a Jason accendendo un piccolo lume posto sulla scrivania e sedendosi sul letto, imitato da Alice che gli si sedette accanto. Jason invece rimase in piedi, appoggiando la schiena al muro e incrociando le braccia.
    «Di te» rispose semplicemente, facendo passare lo sguardo su Adrian e Alice. «So che non avere il Ki come me e Alice ti ha portato a una situazione difficile in famiglia e… Credo che in parte la colpa sia anche mia. Sai come sono fatti il nonno e nostra madre, per loro tutto ruota attorno al Ki.»
    «Non è forse l’intero mondo che ormai ruota attorno al Ki?» La voce di Adrian era calma, ma alle sue orecchie suonò più dura di quanto avesse voluto. «I servizi più importanti riguardano le imprese degli Esecutori e delle Ombre, le famiglie più importanti come la nostra hanno dato vita ai migliori Esecutori del pianeta e le scuole fanno a gara per avere tra i loro studenti ragazzi il cui Ki è superiore alla media mondiale. Persino alcuni elettrodomestici funzionano con il Ki.»
    «Hai ragione, ma come ben sai ci sono anche persone come te, normali, che non possono usare il Ki. Non sei l’unico.»
    «Invece sì, Jason. Anche queste persone “normali” posseggono una minima quantità di Ki, solo che non possono manifestarla fisicamente come invece ci riescono gli Esecutori o chi ha un potenziale magico. Loro possono utilizzare le televisioni che funzionano con il Ki, io no. Ma non mi importa, essere normale non è poi una brutta cosa.»
    «Jason…» La flebile voce di Alice pareva quasi contrariata nel pronunciare quel nome, come se volesse rimproverare il fratello.
    «Ho capito… Allora Adrian, come procedono i tuoi studi?»
    Adrian rimase a guardare Jason senza sapere cosa dire o come rispondere, non ricordava una singola volta in cui il fratello aveva mostrato interesse per un simile argomento, anzi gli sembrava che per lui fosse importante solo il miglioramento di Alice nel controllo del Ki e quello che faceva alla Seraphim. Quando finalmente riuscì a recuperare la voce, le parole gli uscirono tentennanti. «Bene… A breve dovrò sostenere le simulazioni per i test d’ingresso all’università ma credo di essere preparato.»
    «Mi fa piacere. Se ricordo bene volevi laurearti in… Chimica?»
    «Medicina» lo corresse Adrian, quasi divertito e spazientito allo stesso tempo da quella situazione. Sapeva che Jason era all’oscuro di tutto quello che riguardava la sua vita, e allora perché… Alice! Si voltò verso la sorellina, che guardava con fare spaesato i due fratelli. «Sentite, non mi pesa il fatto di non poter utilizzare il Ki, né di essere messo in disparte dalla famiglia. Ci sono abituato e non dovete sforzarvi, soprattutto tu, Jason.» Si alzò, andando alla porta e girando la chiave per riaprirla. «Sto bene così, davvero. Ho dei buoni amici, seppur un po’ strani, e la mia vita va alla grande anche senza il vostro “meraviglioso” Ki.» Dire che Kate e Samuel fossero strani era forse un eufemismo. Anche loro erano impossibilitati a materializzare il Ki sebbene come tutti, ad eccezione di Adrian, ne possedevano in una minima quantità, ma la loro stranezza stava soprattutto nel carattere.
    «Non sono stato un buon fratello maggiore, me ne rendo conto» disse Jason prima di uscire nel corridoio, seguito da Alice. «Scusa...»
    Quelle parole colpirono Adrian più di ogni altra cosa. Già la sua precedente ammissione di colpa lo aveva sorpreso, ma non ricordava di aver mai sentito suo fratello chiedere scusa! Guardò Jason e Alice sparire lungo il corridoio, prima di richiudersi la porta dietro le spalle e sdraiarsi sul letto ancora vestito.
    Probabilmente quella sera aveva avuto la più lunga conversazione della sua vita con Jason, come due fratelli, e non come due estranei che vivevano sotto lo stesso tetto, e già ciò gli appariva strano ma… Delle scuse da parte di Jason erano del tutto impreviste. Forse doveva andare da lui? Scusarsi a sua volta per essere stato troppo freddo? Era una situazione alla quale non poteva dirsi abituato e non sapeva proprio come comportarsi. Con quei pensieri in testa, alla fine, finì per addormentarsi.

    Un lungo e acuto suono lo risvegliò dal suo sonno tormentato nel quale più volte erano apparsi i volti di Jason e Alice. Non aveva mai fatto un simile sogno e, nonostante per istinto diede la colpa alla breve discussione avuta con Jason, doveva esserci dell’altro. Per un istante aveva infatti avuto la sensazione di vedere sua sorella interamente avvolta da fiamme nere e Jason a terra, con gli occhi chiusi. Forse la sua era solo suggestione e il sogno non significava niente, ma doveva ammettere di quanto strano fosse stato.
    Con fare lento si alzò, ancora assonnato, per mettersi seduto e guardare fuori dalla finestra. Era notte fonda, l’orologio della sveglia segava che da poco era trascorsa la mezzanotte, e quel lungo suono… Il suono! Sul momento si era dimenticato perché si fosse risvegliato, ma ora lo sentiva fin troppo chiaramente e… Sapeva anche troppo bene cosa quel suono fosse. Un allarme.
    Non riuscì comunque a mettere in fila due pensieri coerenti che la porta della camera si spalancò, lasciando entrare Jason ancora a torso nudo e con i pantaloncini che utilizzava per la notte. Sembrava preoccupato come mai Adrian lo aveva visto.
    «Dobbiamo muoverci» disse semplicemente prendendo per un braccio il ragazzo e trascinandolo letteralmente fuori dalla camera.
    «Che sta succedendo?» riuscì a chiedere Adrian mentre si affrettava a seguire il passo rapido del fratello. I capelli corvini di entrambi, comuni a tutti i Cavendish da parte della famiglia paterna e che aveva anche Alice, erano ancora arruffati dal sonno interrotto e se non fosse stato per l’allarme che continuava a risuonare insistente nelle orecchie poteva apparire come una scena comica.
    «Non lo senti l’allarme? Siamo sotto attacco!» rispose Jason senza rallentare e guidando Adrian fino alla porta della stanza di Alice, ancora chiusa. A differenza di Adrian, la sorella era solita chiudersi a chiave quando dormiva, e constatarono che così aveva fatto anche quella notte. Jason si mise dunque a battere sulla porta dando sonori pugni sperando che Alice fosse sveglia ma non ricevettero alcuna risposta dall’interno, portando i due ragazzi a prendere a spallate la porta con l’intento di buttarla a terra.
    «Chi ci sta attaccando?» chiese Adrian superando il rumore dell’allarme che non era ancora cessato.
    «Non lo so. A giudicare dall’energia che emana è un Demone, ma non l’ho ancora visto. Anche io mi sono svegliato poco fa con l’allarme. Ma perché Alice continua a dormire!?»
    «I tappi per le orecchie! Con i lavori che hanno iniziato qui davanti diceva di non riuscire a dormire e aveva iniziato a metterseli la notte! Non puoi usare il Ki per aprirla?»
    Jason si fermò, mettendo la mano sulla maniglia come a voler seguire il consiglio di Adrian, ma senza ancora fare nulla. «Potrei, ma in tal caso il Demone mi localizzerebbe subito. Da quando sono arrivato ho annullato ogni possibile emanazione di Ki e finché non ne faccio uso dubito che sappia della presenza di un Esecutore.»
    «Affrontarlo è fuori discussione, vero?» Adrian fissò i propri occhi verdi in quelli color nocciola del fratello.
    «Finché non so di che Demone si tratta, sì. Potrebbe essere troppo forte per un singolo Esecutore, per questo di solito si lavora in squadra e per questo preferirei non sapesse della mia presenza al momento.»
    «Allora sfondiamo questa dannata porta» sentenziò Adrian, preparandosi a dare un’altra spallata e sperando che Jason lo imitasse. Così fu e dopo un paio di colpi ben assestati i cardini cedettero permettendo ai due fratelli di entrare nella camera di Alice.
    Adrian non perse tempo e si diresse immediatamente al letto della sorellina ancora profondamente addormentata, mentre Jason rimase indietro guardandosi attorno e soffermandosi su alcuni poster di qualche band musicale e su una foto appoggiata nel comodino che ritraeva la quasi quindicenne in compagnia di un’altra ragazza. La prese osservandola anche fin troppo attentamente, tanto che Adrian rinunciò allo svegliare Alice per andare da Jason e mettergli una mano sulla spalla. «Non sapevi Alice fosse lesbica?»
    «Non sapevo questo, che le piacesse il rock e nemmeno che tu volevi laurearti in medicina… Dove sono stato tutto questo tempo?»
    «A fare il tuo dovere, come sempre hai fatto da quando ho memoria. Ma non mi pare il caso di stare a pensarci adesso, no?» Detto ciò, Adrian si avvicinò al letto della ragazza, scuotendola per svegliarla. Questa aprì gli occhi vagamente spaesata, come lo sarebbe stato chiunque al suo posto.
    «Che succede?» biascicò, guardando con fare dubbioso la porta della sua stanza completamente scardinata per poi osservare i due ragazzi e togliersi i tappi per le orecchie.
    «Ti spieghiamo dopo, ora vieni con noi e non perdere tempo a vestirti.» Forse Adrian era stato un po’ troppo sbrigativo, non voleva spaventarla ma avevano già perso troppo tempo.
    Jason davanti a guidarli, Alice dopo di lui e Adrian che chiudeva la fila, i tre Cavendish si sbrigarono a uscire dalla tenuta di famiglia, solo per trovarsi nel giardino dove ancora in abiti da notte stavano il nonno, la madre e i servitori, tutti visibilmente assonnati.
    L’intera città si stava svegliando in seguito all’allarme che continuava a risuonare tra le strade che fino a poco prima erano deserte, tutti che volevano sapere cosa stesse per accadere, nonostante molti dovevano ormai sospettare ci fosse di mezzo l’attività demoniaca, cosa che preoccupava i più. La città non aveva mai subito nella sua storia attacchi da parte di Demoni, e perciò non vi erano Esecutori stanziati là, se non quegli studenti che di tanto in tanto facevano ritorno dalla Seraphim e dalle scuole circostanti, solo che al momento l’unico presente era proprio Jason. Chiunque altro potesse materializzare il proprio Ki, come Alice, non aveva l’addestramento per combattere un Demone, e se l’attaccante si fosse dimostrato anche più forte di Jason…
    Un lungo urlo attirò l’attenzione dei presenti, seguito da fiamme nere che avevano cominciato ad avvolgere alcuni palazzi, proprio come quelle del sogno di Adrian avvolgevano il corpo di Alice. La cosa lasciò perplesso il giovane, che si ritrovò a chiedersi se il suo sogno centrasse qualcosa con quel che stava accadendo, finché non lo vide.
    Le fiamme avevano cominciato a muoversi in modo anomalo, senza colpire nessuno e ardendo in quella notte senza luna, fino ad aprirsi e lasciar passare una figura ammantata di nero. Poteva sembrare un ragazzo coetaneo di Adrian, capelli di un nero ancor più profondo di quello dei Cavendish, occhi azzurri penetranti e una pelle di un bianco innaturale. L’intero suo corpo, testa esclusa, e avvolto in un mantello nero da dove fuoriuscivano solo un paio di stivali. Le labbra erano inclinate in un sorriso.
    «Finalmente ti ho trovato.» Quando parlò, la sua voce era del tutto umana, neanche sembrava un Demone, ma quelle fiamme sicuramente non derivavano dal Ki, anche Adrian lo comprendeva. Quelle degli Esecutori erano azzurre.
    Unica dubbio era: Chi aveva trovato? Parlando, il suo sguardo si era spostato proprio su Adrian, Jason e Alice, e di conseguenza era facile credere che si riferisse al primogenito dei Cavendish, dunque doveva sapere che era un Esecutore.
    Prima che però Jason potesse fare alcunché, Marian Cavendish si frappose tra loro e il Demone, come a volerlo affrontare. Anche lei era stata un Esecutrice, dunque poteva forse competere con il potere di quel Demone ma a lasciare perplesso Adrian era la paura negli occhi di Jason. Non lo aveva mai visto così spaventato.
    «Quello… Quello non è un Demone qualunque. Fiamme nere… Non ci sono dubbi, è Cayn il Distruttore di Mondi.» Jason fece qualche passo indietro, tremante.
    «Chi sarebbe questo Cayn?» chiese Adrian. Non riusciva a immaginare suo fratello così spaventato da un Demone.
    «Nessuno prima d’ora lo aveva mai visto in volto, ma si dice sia uno dei più forti e pericolosi Demoni esistenti. Alcuni affermano che potrebbe competere con il Re Demone stesso. Che possibilità abbiamo contro di lui? Anche se Esecutore rimango un semplice studente, nostro nonno era un’Ombra ma è stato tanti anni fa e nostra madre per quanto forte non potrà fare nulla da sola!»
    Cayn, incurante della presenza di Marian, continuò ad avanzare verso i tre giovani Cavendish, come se ci fossero solo loro, ma la donna non si diede per vinta e allargò le braccia, evocando uno scudo dorato che si ruppe colme cartapesta al solo tocco del Demone, il quale con un semplice movimento della mano scaraventò a terra la sua avversaria. Era bastato così poco! Vista da fuori, la sua poteva apparire una pacca amichevole e invece Marian era volata come una foglia spinta dal vento!
    «Ora morirai» disse Cayn indirizzando le fiamme nere contro i tre fratelli. Jason spinse lontano Alice e Adrian, preparando anche lui uno scudo di Ki per difendersi e poi contrattaccare, ma c’era qualcosa di strano nello sguardo del Demone, come se si aspettasse una simile mossa e non gli importasse di doversi confrontare con Jason… E infine, quando la mano del Demone si mosse nuovamente per direzionare l’attacco, Adrian capì l’errore che Jason aveva commesso.
    Rialzatosi, si allontanò da Alice cominciando a correre, inseguito dalla fiammata. Non fece molta strada, ma riuscì a nascondersi appena in tempo dietro a una statua in marmo che blocco il colpo.
    «Perché ce l’ha con me?» si chiese, il cuore che aveva accelerato i battiti all’inverosimile. Non riusciva a comprendere per quale motivo qualcuno che portava un soprannome altisonante come “Distruttore di Mondi” dovesse averlo preso di mira, ma non c’era neanche il tempo per ragionarci! La statua dietro la quale si era nascosto venne tagliata in due di netto da un semplice fendente portato con il braccio destro, la cui mano era posizionata a taglio, proprio come se fosse stata una spada, e il sorriso del Demone continuava a perseguitarlo. Quel Cayn voleva davvero ucciderlo, incurante di quanti danni potesse compiere, e ciò significava anche che le vittime involontarie erano per lui insignificanti? No, non poteva permettere che altri ci rimettessero, doveva allontanarsi il più possibile dalle zone abitate.
    Riprese dunque a correre, inseguito dal Demone che pareva stesse giocando con lui, e probabilmente era proprio così, dato che i Demoni dovevano essere di gran lunga più veloci delle persone normali come Adrian. Più di una statua incontrò la stessa fine di quella dove il ragazzo s’era nascosto, e il giardino cominciò lentamente a prendere fuoco per colpa delle fiamme nere che aleggiavano intorno alla figura di Cayn.
    Affannato e alquanto spaventato, Adrian non si voltò mai una volta indietro, convinto di avere costantemente il Demone alle costole, finché non inciampò rovinando a terra. Era finita? Sarebbe morto così?
    Si girò, osservando Cayn rimanere impassibile mentre alzava al cielo la mano destra, dove si stavano raccogliendo le fiamme nere, ma quando la abbassò per lanciare il colpo, questo fu deviato da uno fascio di luce giallo proveniente dalla loro destra. Jason.
    «Come hai osato ignorarmi?» disse il fratello con tono di sfida. Sembrava essere una persona del tutto diversa dal ragazzo che si era spaventato nel vedere apparire Cayn, era difatti tornato il Jason che Adrian conosceva.
    «Fratello» disse Adrian ancora con il fiato corto. «E Alice?»
    «Sta bene, è con nostra madre.»
    Adrian si voltò verso il luogo dove Marian era ancora distesa a terra. Respirava, o almeno così sembrava da quella distanza, e la ragazza le stava accanto insieme al nonno.
    Cayn anche si voltò in quella direzione e… Una luce nei suoi occhi apparve, un qualcosa che fin dalla sua comparsa Adrian ancora non aveva mai visto e non sapeva dargli un nome. Qualche istante dopo, le fiamme nere che avevano attecchito al prato del giardino si diressero verso Alice.
    Nella notte il suo urlo riecheggiò più forte dell’allarme che ancora continuava a suonare.





    Rating: Giallo/Arancione

    Capitolo Secondo
    Adrian e Cayn




    Le fiamme avvolsero il corpo di Alice in un istante, divampando sempre più alte e vive. L’urlo della ragazza sovrastò qualsiasi altro suono, paralizzando lo stesso Adrian, incapace anche solo di muovere un muscolo, incredulo di fronte a quanto stesse assistendo. Sembrava quasi una scena surreale, come se tutto quello che stava avvenendo davanti agli occhi del giovane Cavendish fosse frutto di una qualche allucinazione; tutti erano in silenzio, il suono dell’allarme che continuava a suonare neanche più veniva udito dai presenti e lo stesso Cayn si era voltato a vedere l’origine di quel grido. Per un singolo istante, ad Adrian era parso di scorgere dello stupore negli occhi del Demone, ma non aveva avuto modo di farci troppo caso considerata la situazione e i molteplici sentimenti contrastanti che avevano iniziato a farsi largo nel suo cuore.
    L’incantesimo che sembrava essere calato su tutti si interruppe con la caduta a terra di Alice e l’affievolirsi della sua voce, seguita dall’allontanarsi delle fiamme nere, le quali tornarono da Cayn sparendo all’interno del suo corpo.
    Adrian si ritrovò a battere un paio di volte le palpebre prima di riacquistare il completo controllo del proprio corpo e riuscire a muovere le gambe per correre dalla sorella, la quale continuava a giacere a terra senza dare segni di vita. Non poteva essere… Si rifiutò persino di pensare all’eventualità che Alice fosse morta, era l’ultima cosa cui voleva credere.
    Mentre sorpassava Cayn, nel vederlo muoversi credette stesse per colpirlo ma quando si apprestò a scartare per evitare il colpo, l’attacco non arrivò mai. Invece il demone si limitò a voltarsi seguendolo con lo sguardo, senza muovere un dito, le braccia che continuavano a rimanere inerti lungo i fianchi.
    «Alice!» Il grido di Adrian si unì a quello di Jason e della madre, divenendo un’unica voce che chiamava il nome della ragazza, ma qualsiasi parola seguente morì sul nascere nel momento in cui Adrian arrivò accanto alla sorellina. Il pigiama che ancora indossava era perlopiù bruciato dalle fiamme e non aveva offerto grande protezione da quel fuoco nero, che aveva raggiunto la carne fin troppo facilmente. In molti punti vi erano ustioni di primo e secondo grado, sul volto ormai in larga parte sfigurato dal fuoco anche di terzo grado. Se Adrian non avesse saputo sin dall’inizio che si trattava di sua sorella… Probabilmente neanche l’avrebbe riconosciuta. Le fiamme avevano lambito il viso della giovane sfigurandone i tratti, lasciando la sua faccia quasi come fosse stata sciolta con dell’acido. Non era proprio la migliore delle viste e l’odore di bruciato che emanava non aiutava di certo, tanto che Adrian dovette sforzarsi non poco per evitare di distogliere lo sguardo da una tale scena.
    Con mano tremante, dopo aver dato una rapida occhiata a sua madre e Jason, entrambi come lui sull’orlo delle lacrime, le carezzò il viso con delicatezza, senza riuscire a proferire alcuna parola. E fu proprio in quel momento, facendo quel semplice gesto e avvicinando le dita alla bocca di lei che se ne accorse.
    «Respira» sussurrò appena, come a voler prima di tutto convincere se stesso. «Respira ancora!» disse con più forza guardando Jason. Quest’ultimo parve ridestarsi dal torpore nel quale sembrava essere caduto, avvicinandosi di più e tastando con due dita il polso della ragazza, annuendo senza aggiungere altro.
    «Dunque è ancora viva.» La voce di Cayn arrivò alle spalle di Adrian, il quale sobbalzò non essendosi accorto del Demone che si avvicinava.
    Il ragazzo si voltò di scatto, la rabbia che cominciava a prendere il sopravvento. Non ricordava di essersi mai sentito così, neanche quando a casa era ignorato da tutti per il suo potenziale magico nullo o quando tempo addietro gli era capitato di essere preso di mira dai bulli della sua scuola, un’ira come mai aveva sentito nel suo cuore. Era stato Cayn. Sue erano le fiamme che avevano ridotto Alice in quello stato, suo era il potere che per poco non gli aveva portato via quanto di più prezioso aveva.
    «Sembri piuttosto arrabbiato» fu il commento del Demone, parole che fecero traboccare il vaso già pieno fino all’orlo di Adrian. Il ragazzo, senza più ragionare su quanto stava per fare, si lanciò contro Cayn incurante che fino a poco prima invece fuggiva da lui terrorizzato. Voleva fagli male, forse voleva addirittura ucciderlo per quel che aveva fatto ad Alice, e non gli interessava delle conseguenze se ciò avrebbe appagato quella furia che lo stava muovendo.
    Cayn sembrò sorprendersi di una simile reazione, ma fu pronto a rispondere innalzando un muro di fiamme nere tra se stesso e Adrian, ma nonostante ciò non riuscì a fermare lo slancio del ragazzo che attraversò il muro con i vestiti in parte bruciati dal fuoco fino a giungere davanti al Demone e tirargli un pugno con tutta la forza che aveva. Adrian era sempre stato consapevole che i Demoni in quanto a forza fisica erano di gran lunga superiori alla maggior parte degli umani, e che quindi nulla poteva il pugno portato da qualcuno che di Ki non ne aveva nemmeno l’ombra eppure… Il colpo raggiunse il volto di Cayn facendo volare il Demone di qualche metro all’indietro. Cayn si dimostrò ancora una volta pronto di riflessi, riuscendo a frenare la caduta con l’ausilio delle fiamme che gli diedero uno slancio per farlo volteggiare in aria fino ad atterrare ancora perfettamente in piedi, ma sul volto aveva dipinta un’espressione di puro stupore. Evidentemente non si aspettava una simile potenza, e d’altronde anche Adrian ne fu sorpreso. Da dove gli veniva quella forza che percepiva?
    Non poteva però starselo a domandare, così si gettò nuovamente addosso a Cayn riuscendo questa volta ad atterrarlo con un altro pugno. Il Demone non sembrava essersi del tutto ripreso dallo sgomento del precedente colpo e per questo aveva tardato un secondo di troppo a schivare, permettendo così ad Adrian di colpirlo nuovamente.
    Digrignando i denti, Cayn tentò di rialzarsi ma si ritrovò bloccato a terra dal ragazzo stesso che prese a tempestarlo di pugni in pieno volto, ciascuno più potente del precedente, finché gli stessi colpi non sembrarono… Sprigionare fiamme? L’intero corpo di Adrian fu per un istante avvolto da fiamme cremisi e a ogni pugno delle vampate di quel colore fuoriuscivano dalle sue mani. Quando se ne rese conto, si fermò con un pugno sollevato al cielo, pronto ad arrivare addosso a Cayn, ma non lo diede mai. Il fiato aveva cominciato a farsi corto e scemata la rabbia iniziale si sentiva incredibilmente stanco, senza comprenderne il motivo. Non si era limitato a dare pugni? E cos’erano quelle fiamme cremisi?
    «Ho quasi ucciso tua sorella… Non dovresti darmi il colpo di grazia? E quanti umani credi io abbia ucciso nel corso dei secoli?» chiese Cayn senza muoversi di un millimetro, e senza neanche tentare di evocare le sue fiamme nere. Era una cosa cui Adrian stava cominciando a farci caso solo ora che la foga gli era passata… Aveva attraverso il muro di fuoco senza esitazione e sul corpo non riportava alcuna bruciatura. Non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, e anche quando si voltò verso Jason vide negli occhi del fratello solo dubbi e nessuna risposta.
    Frustrato, calò anche l’ultimo pugno, colpendo però il terreno di fianco al volto di Cayn. Un’ultima vampata e alcune crepe nella terra. «Non lo farò» Adrian fece appena in tempo a finire la frase che le fiamme nere riemersero dal corpo di Cayn, avvolgendo i due in un turbinio di fuoco che sembrava non voler lasciar entrare o uscire nessuno.
    «Mi vorresti risparmiare?» disse Cayn, ora di nuovo in piedi in quanto Adrian era stato letteralmente spostato dalla fiammata che li avvolgeva. «Dopo quello che ho fatto?»
    «Non sono sicuro che sarei comunque riuscito a ucciderti e se anche potessi… Non sarei migliore di te.» I due erano uno di fronte all’altro, riuscivano a vedersi piuttosto chiaramente nonostante il turbine, ma erano completamente celati alla vista di chiunque fosse rimasto fuori.
    «Come ti chiami, ragazzo?» chiese il Demone con lo stesso tono di voce che aveva utilizzato al suo arrivo.
    «Adrian Cavendish.»
    «Mi ricorderò di te, Adrian Cavendish. Per il momento ritieniti fortunato a essere sopravvissuto dopo avermi affrontato.»
    Così come erano apparse, le fiamme scomparvero nel nulla lasciando a terra un Adrian Cavendish privo di sensi per l’eccessivo sforzo.

    Il tatto fu il primo senso che riacquistò al suo risveglio e un soffice materasso la prima cosa che percepì, seguita dal calore della luce solare che filtrava dalla finestra. Quando riaprì gli occhi ci mise qualche secondo a mettere a fuoco il soffitto interamente bianco e probabilmente almeno un minuto per riuscire a muovere la testa. Si sentiva stanco e gli faceva male ogni singolo osso del corpo, anche il pensare di alzare l’indice della mano destra gli era faticoso. Poteva però percepire che non era solo in quella stanza che di certo non ricordava di aver mai visto, arrivando alla conclusione di non trovarsi a casa. Non avrebbe saputo dire però dove lo avevano portato e al momento neanche gli importava. I ricordi di quanto avvenuto quella notte tornarono uno di fila all’altro, dalla discussione avuta con Jason al suono dell’allarme e alla successiva apparizione di Cayn, fino a… «Alice» disse con un filo di voce, sperando che chiunque fosse accanto a lui lo sentisse.
    Così fu e nel campo visivo del ragazzo comparve un volto femminile dai lunghi capelli biondo cenere e un viso giovanile che dimostrava meno anni di quanti effettivamente ne aveva. Accanto a quella prima visione, un ragazzo dai corti capelli rossi sorrideva. «Iniziavo a pensare di dover comporre un qualche canto funebre per te» sentenziò proprio quest’ultimo con una mal celata ironia nel tono di voce.
    «Sam!» Lo rimproverò la ragazza semplicemente apostrofandolo per nome.
    «Andiamo, Kate, stavo scherzando» rispose Sam alzando le mani e scuotendo leggermente la testa. «Però mi fa piacere tu sia ancora tutto d’un pezzo, Adrian.»
    Kate e Samuel. Gli unici amici che Adrian avesse mai avuto. Entrambi come tutti possedevano del Ki ma da quanto ricordava il giovane non lo avevano mai utilizzato, o almeno non lo avevano fatto in sua presenza, tanto da fargli pensare che non potessero materializzarlo. Erano i soli due ragazzi suoi coetanei con cui parlava e usciva volentieri, forse perché si conoscevano fin da bambini e sapeva che di loro si poteva fidare ciecamente.
    Mentre Kate cercava in qualche modo di apparire autoritaria risultando invece piuttosto imbranata in quasi tutti i campi, con l’unica eccezione della cucina dove Adrian poteva confermare fosse un portento, Sam era un autentico genio e un bravissimo chitarrista, ma con un’indole più spensierata e sempre pronto allo scherzo, anche se di cattivo gusto; un tempo aveva avuto anche una band sua, ma dopo alcuni litigi il gruppo si era sciolto e degli altri membri né Kate né Adrian ne avevano più saputo niente.
    In seguito a quel piccolo siparietto, seppure gli fece un male tremendo, Adrian riuscì anche a sorridere un poco. «Mi fa piacere rivedervi, ragazzi.»
    «Ci hai fatto preoccupare» rispose Kate buttandogli le braccia al collo e abbracciandolo. «Abbiamo… Abbiamo osservato tutto e… Credevamo… Credevo fossi…» Scoppiò a piangere.
    «Se continui a stringerlo così sarai tu a ucciderlo» commentò Sam. «Volete che vi lasci da soli?»
    A quelle parole Kate scattò in piedi arrossendo vistosamente, così come successe ad Adrian che riuscì a riacquistare abbastanza forze da alzare la schiena e appoggiarla sui cuscini posti addosso allo schienale del letto. «No!» Dissero all’unisono i due.
    Sam sbuffò voltandosi. «Ormai c’ho perso le speranze con voi due!» Tornò a guardarli. «Giuro che ho provato a comprendervi, ma proprio non vi capisco.»
    «Forse è perché non hai mai avuto una ragazza per più di due settimane, Sam.» La voce che aveva parlato proveniva dalla porta della stanza, dove gli sguardi di tutti si puntarono. L’uomo, avanti con l’età, entrò con fare calmo e scrutando i presenti uno a uno fino a soffermarsi su Adrian e sorridere. «Ero venuto a vedere come stava il fratello di una delle mie migliore allieve, ma a quanto pare sei già in buona compagnia.»
    «Lei è… L’uomo che stava insegnando ad Alice l’arte della spada? Scusi, non mi ricordo il suo nome.» Più parlava, più il tono di voce di Adrian era forte e sicuro. La stanchezza e l’indolenzimento non sembravano voler sparire, ma quantomeno stava migliorando a vista d’occhio.
    Conosceva quell’uomo solo di vista e sapeva che sua madre lo aveva assunto per preparare Alice al meglio in vista della sua futura iscrizione dalla Seraphim.
    «Non importa, ragazzo, non credo neanche ci siamo mai presentati ufficialmente.»
    «Mia sorella…» Adrian non riuscì a dire altro, temendo per la risposta.
    «Non sono il più indicato a dirti di Alice, dovresti chiedere ai tuoi amici o a tuo fratello, ma posso assicurarti su una cosa: È viva.»
    Nel sentire quelle parole, tutta la stanchezza parve sparire in un lampo, quasi come fosse la sorte di Alice a inchiodarlo al letto privandolo di ogni barlume di forza per alzarsi. Era un peso che si toglieva dal cuore. Era viva!
    Mentre l’uomo usciva, Adrian ringraziò più e più volte fino a quando non scomparve lungo il corridoio, sostituito da un'altra persona, questa volta ben più giovane. «Come stai, fratello?»
    Dopo aver rassicurato anche Jason di stare bene, gli chiese finalmente di Alice, sperando in buone notizie sebbene dubitava ce ne fossero.
    «Non sanno ancora se si salverà» disse senza giri di parole il ragazzo. «È in coma, con ustioni sul novanta percento del corpo, primo, secondo e terzo grado. Potrebbe svegliarsi domani come potrebbe non svegliarsi affatto… È presto per dirlo. Ciò di cui sono certi è che anche con il Ki nel caso si salvasse non potrà più tornare alla sua vita precedente. Il volto è completamente sfregiato e sarà un miracolo se riuscirà a camminare con l’ausilio delle stampelle. Il suo stesso Ki… Il suo Ki è compromesso e ci sono buone probabilità che non sarà più in grado di utilizzarlo. Forse sarebbe stato meglio se fosse…»
    «Non dirlo!» lo interruppe Adrian, intuendo cosa Jason stesse per dire. «Avresti preferito vederla morta? Sinceramente preferisco saperla sfigurata e priva di Ki anziché priva della vita.»
    «Ma che vita vuoi che conduca? Mi hai sentito!? Passi l’essere sfigurata e priva di Ki, d’altronde anche tu per diciassette anni non hai mai potuto utilizzare la magia, ma sarà probabilmente paralitica e non sappiamo ancora che danno abbiano subito le sue terminazioni nervose! E se avesse subito anche danni permanenti al cervello?»
    «Ma non lo sappiamo, giusto? E delle fiamme non possono causare tutto questo!»
    «Qui non stiamo parlando di un incendio, Adrian!» Jason sbatté il pugno sullo stipite della porta. «La Fiamma Nera, uno dei più antichi e potenti poteri demoniaci. In pochi possono utilizzarlo e ancora di meno riescono a controllarlo, non si limita a carbonizzare tutto ciò che tocca. Distrugge dall’interno gli organismi viventi, arrivando a bruciare anche i neuroni di una persona. È già una cosa incredibile che Alice nonostante ne sia stata avvolta per intero sia sopravvissuta!»
    Adrian non ricordava di aver mai visto Jason così infuriato, però per un momento smise di pensare ad Alice, ricordandosi quel che era successo durante il breve scontro. «Io… Ho attraversato un muro fatto di quelle fiamme e non mi sono ferito» disse quasi in un sussurro. Non era neanche sicuro Jason lo avesse sentito.
    «Ti ho visto. E ancora non capisco come tu abbia fatto sinceramente. E anche quelle fiamme cremisi… Era indubbiamente un potere Ki.»
    «Ma io non dovrei averne… Non ho mai potuto utilizzarlo fino allo scontro con Cayn. E le fiamme nate dal Ki non sono forse azzurre?»
    «Riconosco il Ki quando lo vedo, qui sono io l’Esecutore, o l’hai dimenticato? Non so cosa sia successo né perché le tue fiamme erano cremisi, ma non è di questo che stavamo discutendo.»
    «Ora basta voi due, siamo in un ospedale!» Dovette sopraggiungere la voce di Kate a far terminare la discussione dei due fratelli, i quali si voltarono verso di lei in contemporanea guardandola per qualche secondo.
    Fu Jason a riprendere la parola dopo quel breve silenzio. «Ha ragione, scusa Adrian.»
    «No, sono io che mi devo scusare…»
    «Speriamo adesso non si mettano a discutere su chi debba scusarsi!» esclamò divertito Sam mettendo la mano destra sulla spalla di Adrian. «Comunque siete tutti vivi e questo è un bene. Alice è una ragazza forte, se la caverà.»
    Adrian gli sorrise annuendo, confidando egli stesso in una ripresa di sua sorella. Rimaneva però la questione di quelle fiamme cremisi e se neanche Jason poteva dare una spiegazione, gli unici che potevano erano o sua madre o…
    Prima che riuscì a finire di formulare quel pensiero, la donna entrò nella stanza affiancandosi a Jason e guardando il figlio convalescente negli occhi. «Mi fa piacere rivederti sveglio, Adrian.»
    «Mamma…» Adrian tentò di tirare fuori le gambe dal letto per alzarsi, ma era ancora troppo debole e fu costretto a rinunciarci.
    «Non sforzarti» lo fermò Marian allungando una mano. «Non saprei dire cosa sia successo ieri notte, ma credo tu sappia chi ha le risposte.»
    «Mi stai dicendo che dovrei andare alla Seraphim?» Il ragazzo aprì la mano rivolgendo il palmo destro verso l’alto e tenendo il braccio disteso per qualche istante. Tentò di rievocare quelle fiamme ma non aveva mai utilizzato il potere Ki e non sapeva bene come fare, inoltre non riusciva a percepire alcun cambiamento dentro di sé rispetto a prima dell’incontro con Cayn. Era come se il potere fosse scomparso così come era apparso. «Non riesco a generare neanche una piccola fiammella. Non sono adatto a studiare alla Seraphim, mi dispiace.»
    «Ho proposto io a nostra madre di farti tornare con me a scuola» intervenne Jason, parole che stupirono non poco Adrian e i suoi amici. Jason voleva che studiasse alla Seraphim? Questa era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. «E non sottovalutarti, d’altronde non solo sei sopravvissuto a uno scontro con Cayn ma sei anche riuscito a colpirlo. Ho già parlato con la preside e ha detto di volerti conoscere, sembra piuttosto interessata a questa storia.»
    «Non ho mai voluto andare alla Seraphim» rispose Adrian quasi parlando più a se stesso che ai presenti. «Una vita normale, laurearmi in medicina… Era solo questo che volevo.»
    «La licenza da Esecutore conta come diploma e dopo puoi sempre intraprendere il corso di laurea che desideravi» fu la pronta risposta di Jason. «Non saresti il primo Esecutore a diventare medico, e sicuramente non sarai neanche l’ultimo.»
    «Ma ciò significherebbe votarmi a combattere i Demoni e… Non so se posso riuscirci.»
    «Se non vuoi farlo per me, per tua madre o per scoprire cosa significano quelle fiamme cremisi… Almeno fallo per Alice.»
    Adrian alzò gli occhi sul fratello, guardandolo con espressione interrogativa.
    «Unirsi ai ranghi degli Esecutori è sempre stato il sogno di Alice, e ora è una strada per lei impossibile. Non ti fa arrabbiare quanto Cayn ha fatto a nostra sorella? Non vuoi vendicarti? Non so quel che pensi tu ma io lo voglio con tutto me stesso, eppure so che da solo non potrei battermi con Cayn e per questo ho bisogno del tuo aiuto, Adrian.» Jason gli tese una mano che attendeva di essere stretta.
    Il giovane si ritrovò a pensare che suo fratello aveva ragione, parte della rabbia provata dopo quanto successo ad Alice era ancora rimasta in lui però… Aveva avuto la possibilità di uccidere Cayn e non lo aveva fatto. Forse nessuno se ne era accorto per via delle fiamme, dubitava anche che li avessero sentiti parlare, quindi non disse niente stringendo quella mano. «E va bene, Jason.»

    «Sei stato sconfitto.» Parole lapidarie risuonarono all’interno del palazzo quasi vuoto, che esprimevano una certezza e non una domanda. Lui già sapeva cos’era accaduto, sapeva sempre tutto quanto lo riguardava, tanto da spingere Cayn al pensiero di essere ogni volta pedinato da qualcuno, sebbene non riusciva a capire come potesse esserci un demone o un qualsiasi altro essere in grado di seguirlo senza farsi notare.
    «È così, mi hanno battuto.» Inutile negare l’evidenza, non di fronte al Demone con cui aveva deciso di schierarsi. Vyorne, piuttosto famoso anche nel Mondo Demoniaco, eppure Cayn immaginava che dietro alle azioni di Vyorne si nascondesse qualcun altro. Non aveva mai esposto questo dubbio apertamente, non rientrava tra i suoi scopi. Aveva scelto di allearsi con lui solo perché sperava di riuscire a diventare ancora più forte. La sconfitta subita mille anni prima ad opera di quel maledetto Leon, un semplice umano, continuava a bruciargli. Era rimasto imprigionato per un millennio e da cinque anni era finalmente libero; sapeva di non potersi vendicare su Leon stesso, essendo stato un umano doveva già essere morto da tanto tempo, ma ciò non toglieva che voleva diventare più forte per non dover assaggiare mai più il sapore della sconfitta. E invece…
    «Mille anni fa ti sei guadagnato un soprannome piuttosto altisonante, fu lo stesso Leon a dartelo, e invece di rendere giustizia al nome di Distruttore di Mondi ti sei fatto battere da un umano. Ti avevo inviato là con un compito, eliminare i suoi figli, ma hai fallito.»
    «Non era un compito, ma un favore, Vyorne. Non sono uno dei tuoi sottoposti e ci ho provato. Purtroppo andava oltre le mie attuali forze.»
    Vyorne si voltò senza dire nulla, guardando Cayn negli occhi per un istante che parve come decine di ore. «Ammetti dunque che sei stato troppo debole.» Senza attendere oltre, Vyorne con un semplice gesto della mano sinistra diede un segnale ai Demoni che erano appostati nell’ombra, ma di cui Cayn già s’era accorto. Essi balzarono in avanti ad armi sguainate, circondando il Demone che era già pronto ad affrontarli.
    «Non mi sei mai piaciuto, Cayn, e questo tuo fallimento è l’espediente migliore per ucciderti e non andare in contro ad alcuna sanzione da parte del mio maestro. Addio, Distruttore.»
    Vyorne cominciò ad allontanarsi con fare tranquillo, fin troppo tranquillo per i gusti di Cayn, il quale doveva però confrontarsi ancora con i sei Demoni che lo accerchiavano.
    «Sei contro uno… Non vi sembra sia uno scontro sleale?» Nonostante quelle parole, Cayn non mostrava alcun segno di paura, rimaneva attento ai loro movimenti era pronto a fermare i colpi che gli sarebbero potuti arrivare, eppure non si era nemmeno messo in guardia limitandosi a guardarli sorridente e le braccia lungo i fianchi. «Decisamente sleale… Spero abbiate i rinforzi, ragazzi.»
    Finito di parlare, le fiamme nere divamparono dal terreno e il breve scontro ebbe inizio con i sei Demoni che attaccarono insieme Cayn, il quale non si mosse fino all’ultimo scattando in avanti e ponendo i palmi delle mani sullo stomaco dei due più vicini a lui. Il fuoco nero li avvolse per intero, facendoli crollare a terra esanimi. Gli altri quattro riuscirono comunque a colpirlo con le spade, ma le lame si fermarono non appena toccarono la schiena di Cayn come se si fossero scontrati con un muro troppo solido da essere infranto con delle semplici lame. «I pugni di Adrian erano ben più forti, dovreste vergognarvi» disse voltandosi e colpendo uno con il dorso della mano stretta a pugno. Il Demone volò per qualche metro fino a sbattere contro i muri della stanza. Fece per alzarsi ma una singola fiammata lo carbonizzò sul posto.
    I rimanenti tentarono un ultimo disperato assalto ma non ebbero più fortuna dei loro predecessori. I primi due crollarono a terra senza vita trafitti la mano di Cayn, mentre il terzo fu sollevato a terra preso per il collo.
    «Tutto qui quello che riescono a fare i tuoi uomini, Vyorne?» Il Demone che si stava allontanando si fermò girando la testa di scatto, doveva essere incredulo di fronte a quel massacro. Cinque dei suoi erano già morti e il sesto si dibatteva per librarsi dalla stretta di Cayn, ma risultavano vani i suoi sforzi. In un attimo anche lui fu avvolto dalle fiamme morendo dopo un urlo di terrore misto a dolore. «Su di loro le mie fiamme funzionano» commentò Cayn lanciando il corpo senza vita del Demone lontano. «Per un attimo avevo creduto di aver perso il mio potere.» E allora perché Adrian non era rimasto ferito dal suo muro di fuoco? E perché la ragazza era sopravvissuta? Troppi interrogativi senza risposta.
    «Sei… Sei forte come ti dipingono, Cayn» disse Vyorne mentre il Demone gli si avvicinava. Gli si poteva leggere il terrore negli occhi, e faceva bene a provarne.
    «Poche cose odio, ma il tradimento purtroppo per te rientra tra queste, Vyorne.»
    Qualche minuto dopo, Cayn uscì dal palazzo come se niente fosse successo, il braccio destro completamente ricoperto del sangue di chi quel giorno aveva perso la vita per mano sua. Non aveva neanche una ferita, fin troppo facile era stato uccidere quei sei Demoni e sebbene Vyorne fosse di gran lunga più forte dei suoi sottoposti non era stata una sfida ad armi pari.
    «Idiota. Sarebbe ancora vivo se non avesse fatto una mossa così stupida.» Cayn sputò a terra, iniziando ad allontanarsi. «Ma Adrian Cavendish… Da dove gli è uscito il potere della Fiamma Cremisi? Credevo fosse…»
    «Ti vedo piuttosto preoccupato, Distruttore di Mondi.» La voce estranea proveniva da dietro di lui, calma e quasi amichevole. Cayn si voltò sorpreso, non avendo riconosciuto chi gli aveva appena parlato. Era anche lui un Demone senza ombra di dubbio, e a una prima occhiata sembrava piuttosto forte. «Se vuoi, ho io le risposte che cerchi. Mi sento anche generoso e non ti chiederò nulla in cambio, aver ucciso quel bastardo di Vyorne è stato più che sufficiente.»
    «E pensi che potrei credere alle tue parole?»
    «Io ti dirò come stanno i fatti, poi starà a te se credermi o meno.»
    Il Demone uscì dalla penombra nella quale era rimasto, mostrandosi come un uomo dai capelli neri, il volto affilato e avvolto in un lungo mantello scuro. La prima cosa del tipo che Cayn notò fu che aveva una benda a coprire l’occhio destro.




    Rating: Verde

    Capitolo Terzo
    Arrivo alla Seraphim



    Esistevano due poteri a quel tempo, che tutti attiravano come una luce attira una falena. Vicini ma allo stesso irraggiungibili, molte erano le vite mietute nel tentativo di impossessarsene. Gemelli, complementari ma opposti, le due fiamme ardevano da sempre e sempre avrebbero arso, immutabili al tempo che passava intorno a loro; nera e cremisi, si abbracciavano, si attiravano e si respingevano, in attesa di coloro che avrebbero potuto brandirle.
    (Tratto da Tra Mito e Storia - Capitolo Primo di L. D.)


    «Mi fa piacere tu abbia scelto di venire con me alla Seraphim» disse Jason rompendo il velo di silenzio che era caduto tra loro negli ultimi dieci minuti. Erano fratelli eppure sembravano due perfetti estranei mentre attendevano il treno che li avrebbe condotti fino all’istituto che sarebbe dovuto diventare la nuova casa di Adrian per tutto il tempo necessario a conseguire la licenza da Esecutore. La Seraphim Academy, prestigiosa scuola cui solo i migliori potevano accedere e sperare di passare l’esame finale, abbastanza grande e importante da poter comprendere una propria stazione ferroviaria e un numero stimato di cinquemila studenti provenienti da ogni parte del mondo.
    Adrian ancora non si capacitava di avere l’opportunità di studiare in quel luogo e, nonostante non fosse mai stato suo desiderio essere un Esecutore come il resto della sua famiglia, era anche curioso di vedere la scuola e magari capire cosa davvero significasse essere come Jason. Forse non sarebbe mai stato forte come il fratello maggiore e ancora non sapeva se avrebbe passato l’esame di ammissione, però doveva provarci. Se non per se stesso, per Jason o per il nome dei Cavendish, almeno per Alice.
    Erano trascorse due settimane da quella fatidica notte, quindici giorni di assoluto riposo per riuscire a riprendersi dallo scontro con Cayn, quindici giorni passati in quell’ospedale sapendo che anche Alice era lì e continuava a non svegliarsi. Non aveva avuto molte occasioni di farle visita riuscendo a malapena a stare seduto, ma quando finalmente aveva potuto alzarsi in piedi era stata la prima cosa della sua lista di cose da fare.
    Come si aspettava la ragazza continuava a rimanere in quello stato comatoso, ogni giorno combattendo tra la vita e la morte, ma sembrava resistere e i medici gli avevano assicurato che le sue condizioni si stavano stabilizzando. Era ancora presto per decretare che fosse fuori pericolo ma sembravano fiduciosi, anche per l’arrivo di un Esecutrice specializzata nella magia di guarigione che avrebbe dato loro un aiuto. Adrian aveva avuto modo di vederla solo una volta, una ragazza sulla trentina dai corti capelli castani a caschetto e occhi azzurri che se ne rimaneva accanto al letto di Alice, le mani protese verso di lei. L’intera figura di quell’Esecutrice, immagine che gli era rimasta impressa quasi a fuoco nella mente, era avvolta da un alone dorato e per un momento era sicuro di aver visto comparire due ali della medesima colorazione di quell’aura sulla sua schiena. Jason, dopo aver ascoltato il racconto di Adrian su quella visione al limite del paradisiaco, gli aveva spiegato che normalmente la magia di guarigione non si manifestava in tal modo ma quell’Esecutrice era “speciale”. Non gli aveva rivelato il suo nome, però, limitandosi a dire che apparteneva alle Ombre e che era considerata la più abile esperta di magia curativa nell’Ordine. Ciò era bastato a rassicurare Adrian sul fatto che Alice fosse in buone mani.
    «Posso chiederti una cosa?» La voce di Jason sembrava dubbiosa mentre faceva quella piccola richiesta, come se stesse parlando e al tempo stesso cercando di trovare la soluzione di un qualche enigma. «Che cosa… Che cosa ci fanno anche loro due qui?» Nel fare quella domanda puntò il dito verso le due figure che accompagnavano Adrian.
    Il ragazzo rise leggermente, guardando i due amici. Fu Sam a rispondere. «Mi sembra ovvio, veniamo anche noi alla Seraphim!»
    «Ricordavo che non foste in grado di materializzare il Ki» disse Jason scrutando prima Samuel poi Kate con fare indagatorio.
    «Non è esatto» rispose la ragazza facendo un passo avanti. «Certo, non siamo abili come te ma anche noi vogliamo aiutare a dare una bella lezione a quel Demone per come ha ridotto Alice. Andiamo alla Seraphim proprio per poter migliorarci.»
    «Sapete che per entrare nella scuola dovrete passare un test d’ingresso piuttosto difficile? E i vostri genitori…»
    «Non è stato difficile convincerli, anzi sono stati felicissimi di sapere che proveremo a entrare nella Seraphim. Per il test…» Kate si interruppe, guardando prima Adrian, poi Samuel, poi di nuovo Jason. «Anche se non lo supereremo ci avremo provato e potremo dire di non avere rimpianti.»
    «Spero per voi sia così» concluse il discorso l’Esecutore mentre in lontananza si intravedeva già il treno sopraggiungere in stazione. Quando il mezzo di trasporto infine si fermò e le porte scorrevoli furono aperte, dentro li attendeva un uomo in divisa che si mise a controllare i biglietti di ciascun passeggero che doveva salire a bordo. Arrivato il turno dei quattro ragazzi, Jason gli mostrò quello che sembrava a tutti gli effetti un distintivo e che Adrian riconobbe come il tesserino che qualificava il fratello come studente della Seraphim. «Loro sono con me» aggiunse indicando Adrian, Kate e Samuel; l’uomo in divisa annuì facendoli salire. Era uno dei vantaggi dell’essere studente di una delle cinque più prestigiose scuole per Esecutori al mondo come la Seraphim. A tutti coloro che studiavano in quegli istituti, infatti, veniva consegnato una sorta di lasciapassare che sostituiva la licenza ufficiale da Esecutore, rilasciata dopo il superamento dell’esame finale, e che permetteva ai loro studenti di usufruire di alcuni vantaggi come appunto il trasporto pubblico completamente gratuito, a loro e a chi viaggiava con loro.
    Saliti sul mezzo, il piccolo gruppo riuscì a trovare alcuni posti a sedere quasi immediatamente e già si apprestavano a vedersi chiudere le porte per far ripartire il treno quando una voce in lontananza urlò dalla banchina. «Aspettate!»
    Poco dopo le porte si riaprirono lasciando entrare l’uomo più strano e al contempo “particolare” che Adrian avesse mai visto in vita sua. Oltre al fiato corto per la corsa che doveva aver fatto, il ritardatario aveva i corti capelli tinti d’azzurro e intrisi di gel, in una quantità veramente eccessiva tanto da far rimanere perfettamente dritte alcune ciocche che avevano la forma di veri e propri spuntoni; indossava inoltre una camicia a maniche corte dei colori più sgargianti la quale sembrava quasi essere stata imbrattata di diversi tipi di vernice in quanto mancava di un vero disegno, potendo definire le diverse colorazioni quasi delle “macchie”. I blue jeans erano strappati sulle ginocchia e ai piedi aveva un paio di scarpe da tennis bianche. Insomma non un tipo che sarebbe potuto passare inosservato.
    Dopo aver parlato per due secondi con il controllore, l’uomo si diresse proprio nella loro direzione, prendendo posto davanti ai quattro. Jason neanche era rimasto impassibile nel vederlo comparire, ma anziché sembrare divertito pareva sinceramente sorpreso.
    «Certo che ne girano di tipi stra…» Prima che Kate potesse finire la frase, Jason si voltò di scatto chiudendole la bocca con la mano destra e facendole segno di non aggiungere altro, ma l’uomo doveva averla sentita e si voltò facendo capolino dallo schienale del suo sedile.
    «Non c’è bisogno di preoccuparsi, mi piace apparire diverso nel mio piccolo» disse con tono gioviale e sorridendo. Ora che Adrian lo vedeva da vicino, notò che se inizialmente gli era sembrato piuttosto giovane, doveva invece già aver raggiunto la cinquantina, ma l’abbigliamento e i capelli tinti lo ringiovanivano non poco visto da lontano. Sul naso aveva anche un paio di occhiali da vista davanti a due profondi occhi verdi.
    «Mi… Mi scusi, non voleva essere irrispettosa» disse Jason esibendosi in un sorriso piuttosto tirato e liberando finalmente la bocca di Kate, che tirò un lungo respiro come fosse stata fino a quel momento in apnea.
    «Jason! Volevi forse uccidermi!?» esclamò, riuscendo infine a regolarizzare il fiato.
    L’Esecutore parve ignorarla di proposito, continuando a guardare lo strano uomo dai capelli azzurri. «Se posso chiederglielo… Cosa ci fa lei qui, professor Jayden?»
    A quelle parole, Kate impallidì in modo fin troppo vistoso, diventando simile al bianco della maglietta che indossava, mentre Samuel e Adrian si guardarono confusi. «Professore?» esclamarono all’unisono i due ragazzi.
    Jayden si alzò per restare in piedi lungo il vagone, accanto a loro, e per poco non perse l’equilibrio quando infine il treno riuscì a lasciare quella stazione. «Markus Jayden» si presentò facendo un inchino piuttosto particolare, ruotando un paio di volte le braccia in aria e piegando entrambe le ginocchia. «Professore di storia e mitologia demoniaca della Seraphim Academy, al vostro servizio» aggiunse dopo aver riassunto la posizione eretta continuando a sorridere per tutto il tempo. «E per rispondere alla tua domanda, caro il mio Cavendish…» si interruppe come se si fosse ricordato di qualcosa di importante, puntando lo sguardo su Adrian. «Giusto, ora abbiamo due Cavendish, quindi dovrò distinguervi chiamandovi per nome, Jason e Adrian. Comunque» tornò a guardare Jason «potevo forse perdere l’occasione di vedere con i miei occhi colui che era sopravvissuto a uno scontro con Cayn? A scuola già si parla di te, sai? Le voci circolano in fretta e sono tutti curiosi di conoscere questo incredibile ragazzo dal potere di tenere testa al Distruttore di Mondi. Ovviamente io non facevo eccezione» finì di parlare scoppiando in una sonora risata che fece voltare alcuni passeggeri, sicuramente incuriositi.
    Adrian non sapeva esattamente come rispondere a quell’affermazione, essere famoso era l’ultimo dei suoi desideri e inoltre non era nemmeno stato l’unico a sopravvivere alle fiamme nere di Cayn, sua sorella era ancora viva. Vero era che però lo aveva combattuto e ancora non si capacitava di come potesse essere vivo per raccontarlo.
    «La ringrazio, ma non credo di essere così speciale» disse infatti, un poco esitante.
    «Tu ti sminuisci ragazzo! E sono sicuro che alla Seraphim capirai più cose su te stesso di quanto tu possa immaginare. Sarà un piacere averti come studente!»
    Adrian annuì senza aggiungere altro, mentre Markus Jayden si inginocchio accanto a loro, forse per avere più equilibrio ed evitare di cadere in quanto il treno aveva preso velocità. «Se vuoi chiedere qualcosa sulla scuola prima di arrivare a destinazione, modestia a parte, credo di essere l’uomo più indicato a risponderti ricoprendo anche il ruolo di vicepreside.»
    «Veramente un paio di domande ce le avrei, ma non riguardano esattamente la Seraphim.» Adrian cercò di riorganizzare le idee, guardando sia il professore sia Jason. Per tutti quei giorni aveva cercato le parole esatte per porre quei due quesiti che continuavano a tormentarlo, di entrambi temeva la risposta, anche se per motivi molto diversi. «Partirò dalla più banale, ovvero quella su Cayn. Perché ha un soprannome così altisonante?»
    Jason rise. «Beh, diciamo che quel soprannome se lo guadagnò un millennio fa. Infatti Cayn mille anni fa tentò di distruggere il mondo degli umani, ma fortunatamente fu fermato e imprigionato fino a cinque anni fa, finché non è riuscito a liberarsi. Però arrivò così vicino al suo obiettivo che gli diedero quel soprannome.»
    Jayden annuì alla spiegazione, dimostrandosi d’accordo e apparentemente senza aver nient’altro da aggiungere. «E la seconda domanda?» chiese invece ad Adrian.
    «Secondo lei è possibile che in tutti questi anni io non sia riuscito mai a materializzare il mio Ki fino all’altra sera?» Una domanda su cui aveva riflettuto per tutto il periodo della convalescenza, in quanto ancora non capiva per quale motivo per così tanti anni sembrava che lui fosse la prima persona nata senza alcun potere magico.
    Jayden parve pensieroso e lo stesso Jason sembrava non avere una risposta da dare al fratello. Fu il professore poi a parlare. «Secondo il rapporto di Jason hai utilizzato il Ki elementale, nello specifico quello del fuoco. Tra le varie tipologie è la più comune e intuitiva, per quanto un Esecutore ben allenato in questo Ki possa avere un enorme potere distruttivo.» L’uomo fece una breve pausa, prima di riprendere a parlare. «Infatti il tuo è un caso piuttosto anomalo, se per diciassette lunghi anni non sei mai riuscito a materializzare il tuo potere, e neanche io ho una risposta precisa a questa domanda. Forse sapremo qualcosa in più dopo l’esame di ammissione, quindi l’unica cosa da fare è attendere quel giorno.»
    Adrian sospiro, un po’ deluso dalla risposta ricevuta e allo stesso tempo dubbioso di quanto aveva appena sentito. Non perché il professore non aveva una risposta alla sua domanda, ma per l’aver menzionato il Ki elementale del fuoco. Il ragazzo sapeva di aver utilizzato un potere di pirocinesi ma era anche a conoscenza che il fuoco evocato tramite il Ki fosse azzurro, e non rosso come quello utilizzato durante lo scontro con Cayn… Non espose le sue perplessità, limitandosi a guardare Jason che gli fece un cenno d’intesa, facendo presupporre ad Adrian che il fratello stesso aveva omesso tale particolare. Adrian ignorava la motivazione di quel gesto, ma decise di fidarsi e non aggiunse altro mentre Jayden si rimetteva seduto e il treno si fermava alla prima fermata del suo tragitto fino alla Seraphim.

    «Hai sentito? Tra i nuovi arrivi di quest’anno c’è un giovane interessante.» La voce quasi sibilata dell’uomo raggiunse le orecchie della donna, la quale stava spengendo l’ennesima sigaretta della giornata. Persino lei si rendeva conto che ultimamente stava fumando troppo, ma non per questo si faceva problemi anche ad accendersi due o tre sigarette di fila, a volte anche dimenticandosi di averne appena spenta una.
    «Intendi il secondogenito dei Cavendish?» chiese rivolta al collega, sorseggiando dal bicchiere di birra, prima di posarlo nuovamente sul tavolo di legno del piccolo e lurido locale dove si trovavano.
    «Proprio lui» fu la risposta che ricevette.
    «Sarò io a giudicare se è un tipo interessante o meno, dopo averlo visto.» La professoressa della Seraphim si alzò, posando alcune monete sul tavolo per pagare il conto e aggiungendo qualcosa di mancia. «Mi hai chiamato solo per dirmi questo?»
    «Pensavo di stuzzicare la tua curiosità» si giustificò lui. «Del resto persino l’Angelo Dormiente ha lasciato la capitale per andare a vederlo con i propri occhi, e dovresti sapere che un’Ombra non si muove per tutti se non ha ordini in merito.»
    «L’Angelo Dormiente… Quella donna nasconde qualcosa, ma sembra quasi imperscrutabile. È impossibile capire cosa le passi per la testa… Non mi piace.»
    «Lo dici di tutti, e so che neanche io ti piaccio. Beh, io sono curioso di conoscere questo Adrian, e secondo me lo sei anche tu, cara la mia Regina dei Mari.»
    «Te lo concedo, un punto per te.» La donna rise, finendo la propria birra e avvicinandosi all’uscita, prima di voltarsi verso il collega professore. «Invece di pensare troppo a questo Adrian Cavendish, preoccupati di te stesso. Prima o poi smaschererò i tuoi intrighi, Nielsen.»
    Dopo quelle parole l’Ombra e professoressa della Seraphim lasciò solo Nielsen, pensierosa su quell’incontro. Dubitava che Nielsen l’avesse fatta andare in quel locale solo per il “famoso” Adrian Cavendish, eppure nonostante conoscesse l’uomo da quasi sette anni non aveva mai veramente capito cosa gli passasse per la testa. Cosa tramava? Quali erano i suoi obiettivi? Da tempo ormai voleva denunciarlo e farlo radiare dagli Esecutori, se non proprio farlo arrestare, ma senza prove anche la parola di un’Ombra poteva essere ignorata. Di una cosa era certa, ora doveva fare maggior attenzione.

    «Cosa te ne pare?» Nielsen continuava a guardare il posto lasciato vuoto dalla Regina dei Mari, mentre qualcuno scivolò silenziosamente alle sue spalle.
    «Non sarà facile, stiamo sempre parlando di un’Ombra.» La voce femminile non sembrava provare alcun tipo di emozione nel parlare, così come lo sguardo rivolto alla porta d’ingresso del locale sembrava perso nel vuoto. Questo Nielsen lo notò voltandosi verso di lei e scrutandola per qualche istante, prima di parlare.
    «Non ti sto chiedendo se sarà facile o no. Puoi farlo?»
    «Se mi hai contattato dovresti sapere che non fallisco mai un contratto. La Regina dei Mari non vedrà la fine del mese.»
    «Questo mi aspettavo di sentire. A contratto finito, avrai il resto del denaro, so che non mi deluderai.»
    Gli occhi scarlatti dell’assassina si puntarono in quelli neri di Nielsen, facendogli quasi letteralmente gelare il sangue. Non era solito ricorrere a simili espedienti per eliminare una persona scomoda, ma neppure Nielsen era tanto folle da affrontare apertamente un’Ombra.
    La ragazza non disse nulla, mentre anche lei si indirizzava verso l’uscita del locale, facendo tirare un sospiro di sollievo a Nielsen che temeva una qualche reazione da parte di lei. Non sapeva proprio come trattare con gli assassini.
    Mi dispiace tu abbia dovuto ficcare il naso dove non dovevi… Addio Ester pensò quando la sagoma di Akame scomparve dietro la porta.

    Il treno si fermò con un lungo fischio dei freni che facevano attrito sul ferro delle rotaie, mentre la voce meccanica annunciava l’arrivo al capolinea, la Seraphim Academy. Ad Adrian le due ore di viaggio erano passate piuttosto velocemente parlando con Jason e il professor Jayden della scuola e degli Esecutori, almeno per avere una base e non partire proprio da zero. Aveva già letto qualcosa al riguardo su alcuni libri di famiglia ma riteneva di gran lunga migliore poterne parlare con un professore, per quanto eccentrico fosse quel Markus Jayden, e allo stesso tempo approfittarne per farsi una chiacchierata con Jason come non ricordava di averne mai fatte prima di quel giorno. Kate d’altro canto aveva trascorso la maggior parte del tempo a dormire mentre Sam si limitava ad ascoltare quasi rapito da quei discorsi.
    La fermata del treno si trovava proprio accanto all’istituto e l’unica cosa a separarli dalla struttura era una strada piuttosto trafficata nel centro di Leonville, la capitale, e appena fuori dalla stazione Adrian capì immediatamente che nulla avrebbe potuto prepararlo a quella visione. La Seraphim Academy si ergeva come il più imponente degli edifici e comprendeva un’unica struttura a forma di croce di almeno dieci piani (Adrian perse il conto dopo il decimo) e un enorme giardino che la circondava in tutti i lati, con un cancello in ogni punto cardinale, o così gli aveva detto Jayden. Loro dovevano trovarsi davanti l’Ingresso Nord, quello utilizzato prevalentemente dagli studenti, fossero essi nuovi o più “anziani” come Jason, mentre normalmente i professori e chi lavorava nella scuola usavano il Sud, non Jayden poiché lui andava a scuola in treno e gli conveniva di più il Nord. I cancelli Est e Ovest erano meno utilizzati e normalmente rimanevano chiusi, se non in particolari casi come quando vi erano i grandi eventi organizzati proprio dalla Seraphim, e risultavano quelli maggiormente usati da persone esterne all’istituto.
    In meno di cinque minuti il gruppetto si ritrovò dinnanzi al cancello Nord, spalancato e da cui Adrian poté immediatamente vedere, oltre il giardino, il portone della struttura affiancato da due statue raffiguranti lo stesso uomo che brandiva una spada, entrambe nella medesima posizione ma messe in modo speculare, con la lama sguainata e rivolte verso l’ingresso. Anche senza leggere la targa delle statue, Adrian riconobbe la persona che veniva raffigurata anche dalla statua di una fontana tra il cancello della recinsione e il portone, ovvero un antico Esecutore considerato da tutti un eroe e da cui la capitale aveva preso il nome, Leon Dufour.
    Dopo un profondo respiro, Adrian fece il primo passo varcando il cancello, seguito da Jason, Kate, Sam e il professor Jayden. Quello era il primo passo verso la sua nuova vita, e un fugace pensiero andò alla sorellina che ancora giaceva incosciente in un letto d’ospedale.
    «Finalmente ci siamo» disse più a se stesso che ai componenti del suo gruppetto.


    Edited by Vanclau - 14/12/2018, 14:04
     
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