[CONCLUSA][Privata] Esistenze Congiunte

Parte 2; Anne Redfox

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    Capitolo 5 - Prima di oggi il buio



    La totale oscurità in cui i ricordi di Anne erano avvolti nel periodo che precedeva il giorno in cui aveva aperto gli occhi in un parco, all'ombra di un albero, le provocava un brivido gelido lungo la schiena. Ogni volta che pensava a quell'enorme vuoto, a quella gigantesca mancanza nel suo passato, non riusciva a trattenere il panico e il senso di vuoto che la invadevano. Chi era? Da dove veniva? Qual era la città in cui era nata prima di risvegliarsi in quel groviglio di case, campi e persone a lei del tutto estranei? Aveva una famiglia? Dei conoscenti? Degli amici o delle amiche?

    Eppure non riusciva a trovare alcuna risposta a questi quesiti, per quanto ci pensasse. Persa con lo sguardo nel vuoto, sul tetto di una di quelle case in piena notte, i dubbi che da sempre l'attanagliavano erano tornati. Questa volta più potenti, travolgenti e inarrestabili che mai. Sospirò rumorosamente, voltando il suo sguardo verso il cielo. Vide migliaia di stelle. Un'infinità di puntini luminosi a chilometri di distanza da lei. Irraggiungibili. Lei era proprio come uno di quei puntini, persa in un oceano di individui di cui non sapeva nulla e per i quali lei non era altro che una sconosciuta. Ma la parte peggiore in tutto ciò, era che lei era una sconosciuta anche per sé stessa. Con il tempo stava imparando a conoscersi, ma inizia a temere che la sua vera identità sarebbe rimasta un mistero per sempre.

    “Dovrei smetterla di pensare a queste cose, in fin dei conti sono soddisfatta di chi sono diventata” disse ad alta voce, quasi senza rendersene conto. In lontananza una serie di rumori attirava la sua attenzione: il chiacchiericcio delle persone per strada, il pianto di un bambino, strani versi di animali che potevano appartenere a cavalli. Si passò una mano fra i capelli, sfiorando quelle sue orecchie tanto diverse da quelle di qualunque essere umano incontrato fino a quel momento. “Ormai ho anche smesso di nasconderle” pensò, abbozzando un sorriso. Perché le sue orecchie erano, in effetti, molto diverse da quelle delle altre persone. Erano in tutto e per tutto identiche a quelle di una volpe, un animale di quel mondo. O almeno, così le era stato detto da una persona che aveva incontrato, da un uomo che si era ritenuto “il suo amante”. Ma forse era vero, dopotutto anche la coda che sbucava poco sopra le natiche era uguale a quella dei dolci animali rossicci che lei tanto apprezzava. Anche se, a essere onesti, era molto più facile da nascondere. Bastava avvolgerla sotto ai vestiti per farla sparire, mentre i suoi capelli biondi non bastavano a mascherare e nascondere le orecchie pelose che sbucavano ai lati della testa.

    “Non posso negare che siano estremamente utili però” commentò sempre ad alta voce. Si era abituata anche a parlare da sola, viste le conversazioni povere e scarse che aveva con le persone recentemente. Fortuna che tutti pensavano avesse deciso di camminare e mostrarsi sempre in maschera. Voce che lei aveva contribuito ad alimentare in modo da creare un alibi che la difendesse da eventuali indagini circa la sua natura.

    Si alzò in piedi, rimanendo ferma per qualche istante a sentire il vento che accarezzava la sua pelle. Una sensazione che, per quanto provata e riprovata giorno dopo giorno, continuava a donarle un senso di libertà impareggiabile. Saltò giù dal tetto, atterrando su tutti e quattro i suoi arti, illesa. Si muoveva sinuosa tra un'abitazione e l'altra, senza essere vista. La notte era la sua migliore compagna. Quando giunse al fondo di un piccolo vicoletto che conduceva a una modesta casa, lo percorse fino a raggiungere la finestra che dava sulla strada. Silenzio. Nessun rumore.

    Con un rapido gesto della mano riuscì a far scattare la serratura e in un istante si ritrovò dentro. La stanza era completamente buia, a parte il caminetto da cui provenivano curiosi giochi di luce che illuminavano a sprazzi i muri seguendo il particolare ritmo delle fiamme. Ogni tanto si avvertiva uno scoppiettio dovuto alla legna che bruciava. Fiutò l'aria. Drizzò le orecchie. Qualcuno si muoveva nella camera accanto. Nascosta dall'ombra, si mosse verso di lui. Silenziosa. Impercettibile. L'uomo era chino fra i mobili, probabilmente intento a sistemare o ritirare alcune cose. Sentiva chiaramente degli oggetti di vetro tintinnare regolarmente, segno che quell’individuo stava trafficando all’interno di quella che poteva essere la cucina.

    Un dolcissimo profumo invase la casa in poco tempo. Da un punto remoto e non ben identificato a causa del buio e della scarsa illuminazione, iniziò a sollevarsi una specie di fumo. Incredulo, l'uomo abbandonò la sua occupazione per guardarsi attorno stupito. Sollevando la lanterna con la quale illuminava la stanza vide che quella nebbia era di colore rosa. Si strofinò gli occhi. Li chiuse. Una volta riaperti osservò di nuovo, sempre più stupito dal singolare colore di quella strana sostanza. Non era nemmeno sicuro che si trattasse di fumo. O di nebbia. Ma quel profumo era qualcosa di meraviglioso. Ogni volta che lo inspirava e che invadeva le sue narici, sentiva il desiderio di inspirarne e annusarne ancora. E ancora. E ancora. Quell'odore dolce oltre ogni limite non gli bastava più. Senza accorgersene iniziò ad avanzare di qualche passo, timidamente. Non vedeva dove stava appoggiando i piedi. Tutto ciò che vedeva era la nebbia rosa. Tutto ciò che sentiva era quel profumo inebriante. Ed eccola sbucare, dal bel mezzo di quella coltre che ormai copriva e confondeva anche i contorni di quella casa a lui tanto familiare. Snella, slanciata e molto alta, una donna iniziò ad avanzare verso di lui. I capelli biondi erano corti e mossi, gli occhi color nocciola, le mani avvolte in due lunghi guanti che arrivavano fino ai gomiti. Dai capelli sbucavano due orecchie a punta. La pelle del volto e della gamba che si intravedeva dal vestito rivelava una carnagione scura. L'uomo avanzava verso di lei. La donna dalle orecchie misteriose avanzava verso di lui.

    Anne fece ancora un passo. Ora era a qualche centimetro dal volto di lui. Lo baciò, a lungo e intensamente. Le mani dell'uomo la strinsero per poi avvicinarla a sé. Si stesero lì, in quella stanza, in preda alla passione che consumava rapidamente le forze di lui e ricaricava le energie di lei. Durò poco, meno del previsto. E quando raggiunse l'apice che tanto desiderava, stracolma di energia, Anne Redfox estrasse uno dei suoi pugnali e con un rapido movimento tagliò la gola all'uomo. Ansimante, si alzò da quel corpo ormai privo di vita. “Pfff...” Fu il solo commento che riuscì a pronunciare. La sua fame di quei sentimenti cresceva a dismisura, ma lei riusciva a stento a soddisfarla.

    Fra le tante cose che stava scoprendo di sé stessa, c’era la sua capacità di ammaliare le persone. Se lasciava andare il suo corpo e la sua mente poteva generare una strana nebbia, di colore rosa. La prima volta che l'aveva utilizzata, una fanciulla improvvisamente le era parsa come persa nel vuoto. Prima si era immobilizzata e poi, lentamente e con sguardo implorante, si era mossa verso di lei. “Così è iniziato, così ho scoperto come saziare la mia fame” Disse fra sé e sé, accennando un sorriso. Solo più tardi scoprì che quello che aveva sperimentato quella sera, dagli altri esseri umani era chiamato con un termine che la straniva ogni volta: sesso. Da quella volta una fame insaziabile l'aveva resa schiava. Tutto quello che desiderava era fare nuove esperienze. Prima una donna. Poi un uomo. Poi un altro. E di nuovo una donna. Una strana energia si impossessava di lei. Li localizzava. Li sentiva. Li percepiva. Sapeva dove trovarli, di volta in volta. Come il leone che insegue la preda, li braccava e in poco tempo si univa a loro. Durante quel momento, la sua energia aumentava a dismisura e raggiunto il picco massimo, portava a compimento il suo fine ultimo, come il leone che abbatte definitivamente la vittima per cibarsene. Così lei eliminava le sue.

    “Ormai mi è tutto chiaro. La nebbia è un tramite. Non so ancora ciò che vedono, ma pare li spinga a concedersi a me. E quella stessa nebbia invade anche me, così carica di tutta la loro passione. Di tutto il loro desiderio” pensò Anne. Quella stessa voglia, esasperata dal suo potere, che ritornava a lei - era ciò di cui lei si nutriva, dato che il normale cibo sembrava non essere in grado di soddisfare quel desiderio che giaceva nel profondo del suo corpo.

    Uscì dalla finestra, abbandonando la casa della sua ultima vittima. Quella città non le bastava più. Come non le era più bastata quella precedente. Aveva scoperto che svariate persone erano alla sua ricerca. Senza volerlo era diventata famosa. Il suo istinto e il suo spirito di sopravvivenza le avevano rapidamente insegnato come ingannarli. Come attirarli e cibarsi di loro. Molti la chiamavano assassina. Altri cacciatrice. Di volta in volta aveva scoperto una sua naturale predisposizione al combattimento. Li disarmava. Li rendeva inermi. Non c'era arma o essere umano che non soccombesse ai suoi letali coltelli. In breve il suo nome suscitava paura. “Anne Redfox” ripeté con un filo di voce. Le piaceva come soprannome, anche se non l'aveva scelto lei. Lo trovava azzeccato. E in ogni caso a lei non importava assolutamente nulla di un semplice nome, o degli aggettivi con cui “gli altri o le altre” avevano deciso di indicarla. Quelle erano parole di un linguaggio che le scivolava addosso e veniva portato via dal vento, per andare lontano, in un luogo dal quale erano incapaci di raggiungerla.

    Rapida e agile, abbandonò la casa buia. Ormai anche la lanterna di era spenta, lentamente. Gli ultimi riflessi illuminarono brevemente il corpo dell'uomo steso a terra. Con una serie di rapidi balzi salì su un albero, dal quale saltò a quello accanto, per poi balzare su un altro ancora. Dov'era la prossima vittima? Dove si trovava? Possibile che la sua caccia in quella città fosse già conclusa? Quale città avrebbe raggiunto ora? Ma soprattutto... Chi era? Che cos’era quel suo corpo? Quesiti che l’accompagnavano anche in questo nuovo viaggio.

    Continuò a muoversi. Veloce. Quasi invisibile. Vide una serie di luci e iniziò a sentire un gran trambusto. A quanto pare in casa era presente qualcun altro e aveva scoperto il corpo della sua ultima vittima. Poco importava, lei era già lontana. “Meglio cambiare città, questa non ha più nulla da offrirmi” sentenziò Anne, ormai risoluta nel dirigersi verso un altro luogo. Il cibo umano raramente l'attirava, a meno che non si trattasse di qualcosa di particolare o molto dolce. Ma il suo modo di entrare in contatto con gli umani le aveva insegnato molte cose. Sapeva cosa provavano, perché lo provavano. Non era poi molto diversa da loro. L'estasi che raggiungeva in quel momento la faceva sentire parte dell'universo intero. Eppure quel vuoto enorme non accennava a colmarsi. Anzi, pareva crescere giorno dopo giorno. “Perché?” Si chiese per l'ennesima volta. C'erano ancora così tante cose che doveva scoprire. Forse era normale sentirsi incompleta: “forse” pensava spesso “siamo un po’ tutti incompleti”. Eppure quella mancanza era dovuta a qualcos'altro.

    Si rannicchiò su un albero, provando a dormire. A fatica riuscì a chiudere gli occhi e a riposare. Una volta giunto il mattino, seguì il lontano rumore di un corso d'acqua scoprendo un fiume. L'acqua era limpida, cristallina. Scorreva inesorabile di fronte a lei, seppur in un apparente clima di pace. Si spogliò, lasciando i suoi vestiti sulla riva per poi tuffarsi nel corso d'acqua. Era gelida. Fredda. Ma quei brividi la facevano sentire viva. Lei era in quel fiume ed era quel fiume. Era parte di esso. Riemerse più o meno al centro, continuando a nuotare per tornare a riva. Una volta uscita si avvicinò ai suoi vestiti, che giacevano abbandonati ai piedi di uno degli alberi che si rifletteva sull’acqua, quasi quest’ultima fosse uno specchio.

    Mentre si rivestiva, una goccia d'acqua lontana catturò la sua attenzione. Quel rumore limpido, quasi cristallino, la fece voltare di colpo. Scrutò la massa d'acqua in movimento, ascoltandone il suono. Ma non era quello che l'aveva costretta a voltarsi. Cosa poteva mai essere una singola goccia in confronto a un fiume intero? Mosse le orecchie ancora, immobile. Camminò nuovamente fino alla riva, chinandosi a osservare il suo riflesso. Con una mano ne sfiorò la superficie.

    Si rivestì in tutta fretta. La goccia d'acqua tanto lontana la stava aspettando. Presto sarebbe diventata anche lei parte del suo fiume.


    Capitolo 6 - Sette nani e il loro coraggio



    Dopo qualche passo iniziò a sentire delle voci, in coro, provenire da lontano. Qualcuno stava canticchiando una strana canzoncina. Dopo alcune parole sentì una serie di fischi che sembravano seguire il ritmo di quella musica, e poi nuovamente le parole della canzone. Lucy si fermò nel mezzo del bosco, ad ascoltare. Prese una via traversa e abbandonò la strada principale inseguendo quelle parole che ormai riempivano l'aria con i loro suoni sempre più acuti.

    Cammina cammina cammina la giovane fanciulla giunse ad una grotta. Numerosi alberi erano stati abbattuti, per fare spazio a tutta una serie di attrezzi sparsi sul terreno. Lucy mosse ancora qualche passo verso la caverna prima di scoprire che qualcuno l'aveva, a tutti gli effetti, “costruita”. O forse era meglio dire “scavata”? La giovane non aveva mai visto niente del genere, né tanto meno conosceva le parole per descriverla... Era uno scavo fatto in una grande parete di roccia. “Chi può aver fatto una cosa simile? Non mi sembra di aver visto persone o città nelle vicinanze” Si chiese curiosa, mentre continuava ad avanzare. Sfiorò con un dito un piccone conficcato in un tronco d'albero abbattuto. Le voci si fecero sempre più forti, e un crescente rumore di passi segnalò l'avvicinarsi di un gruppo di persone. “E ora? Non ho tempo di correre via, mi vedranno!” Disse la fanciulla spaventata. All'ultimo minuto saltò dietro l'albero (o ciò che ne rimaneva), abbassandosi per non farsi notare. Dopo qualche istante si spostò leggermente verso l'alto, ma mai si sarebbe aspettata di trovarsi davanti a una scena del genere: un gruppo di piccoli omini stava lavorando in quella che, alla fine, si rivelò essere una miniera e non una semplice caverna! Stupita oltre ogni limite, Lucy si alzò in piedi del tutto, lentamente. I piccoli uomini la notarono solo dopo alcuni istanti, presi com'erano a borbottare, chiacchierare e spostare attrezzi.

    “Oibò!” Disse uno di loro.

    “Chi è là?!” Esclamò un altro.

    “Cosa ci fai qui nella nostra miniera?!” Domandò un terzo.

    Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Li contò tutti mentre questi emettevano grida di stupore e si raccoglievano in un unico punto, a metà fra il curioso e lo spaventato. Lucy non aveva mai visto degli uomini così, anzi, non aveva mai visto alcun uomo al di fuori del Signor Blackthorn se proprio doveva essere sincera. Ma quelli non assomigliavano per niente a lui. Anzi, erano del tutto diversi. Osservando meglio, notò che due di loro si tenevano per mano e stavano vicini vicini. “Che cosa tenera” pensò Lucy, ormai del tutto meravigliata. A Heaven’s Feel quell’atteggiamento sarebbe stato condannato immediatamente. Ma era proprio uguale al suo orfanotrofio il mondo che li circondava? Nessuno dei ragazzi che era riuscita a intravedere assomigliava alle persone che aveva davanti, e aveva letto da qualche parte che nel mondo c’erano tantissime persone – anche se non ricordava il numero esatto.

    La giovane ragazza si unì a loro. Era la prima volta che i nani vedevano una ragazza così dolce e carina, soprattutto tutta sola e in quel bosco dove non si vedeva nulla a parte alberi e qualche animale curioso ogni tanto. Si avvicinarono poco per volta e, vedendo la loro indecisione e il loro stupore, fu Lucy a prendere la parola per prima e a farsi avanti:

    “Ehm... Salve... Mi... Mi chiamo Lucy! Chi siete?”

    “Io mi chiamo Dotto”

    “Pisolo”

    “Eolo”

    “Mammolo”

    “Io sono Brontolo”

    “Io, invece, mi chiamo Gongolo e lui è... Cucciolo!”

    L'ultimo nano fece solo un grande sorriso, senza proferire alcuna parola.

    “Cosa ci fate qui?” Chiese Lucy, che aveva preso un po' di coraggio.

    “Stiamo lavorando! Dobbiamo estrarre tutti i diamanti e le pietre preziose da questa caverna!” Rispose uno di loro (ancora non aveva imparato i nomi, ma cercò di fare in modo che non si notasse). Dopo che le ebbero illustrato il loro mestiere, i loro attrezzi e averle raccontato dove vivevano, ripresero a cantare. E questa volta ballarono tutti quanti assieme, in cerchio. Erano proprio un’allegra compagnia, ben diversa dalle cose terribili che i coniugi Blackthorn le avevano raccontato. Non aveva alcuna paura in quel momento, di nessuno di loro. Né tantomeno di stare fuori dall’orfanotrofio.

    Terminata la canzone, Lucy si rese conto che quei nomi e quei modi di fare non le erano affatto sconosciuti! Incredula di fronte a ciò che stava vedendo, riconobbe i sette nani di Biancaneve! Però sembravano diversi dalla parte di storia che aveva letto. Che li stesse conoscendo davvero? O anche quella era solo una versione della storia? Lucy iniziò a chiedersi se esistesse davvero un originale. Non conosceva molto il mondo della scrittura, delle storie, o dei racconti, ma iniziava a pensare che non fossero mai tutti uguali, ma sempre diversi. I sette nani erano forzuti, avevano la barba e sembravano anche dei gran lavoratori; ma sembravano anche volersi molto bene, tutti loro applaudirono al bacio di due di loro (gli stessi che prima aveva visto tenersi per mano), e anche lei non poté fare a meno di condividere quel momento. Non aveva mai visto il Signor Blackthorn fare qualcosa di simile... Iniziava a pensare che nemmeno lui fosse l’originale, che anche nel mondo non esistesse un unico di inizio della storia.

    Una cosa, però, la fece riflettere. Prima di iniziare a leggere la storia di Cappuccetto Rosso aveva letto diverse parti di altre storie contenute nel libro! E fino ad ora aveva ritrovato non solo la favola della fanciulla che indossava il mantello rosso, ma Hänsel e Gretel, e ora Biancaneve! Com'era possibile?

    “Scusate ma... Conoscete una certa Biancaneve, per caso?” Domandò Lucy ai nani di fronte a lei, che si guardarono l’uno con l’altro, dubbiosi.

    “No!” E fu così che un coro di no si levò in risposta alla sua domanda.

    Strano. “Evidentemente sono intervenuta in un punto della storia precedente al loro incontro con lei... Ma possibile che questa sia davvero una favola?” Si chiese la ragazza.

    Se Lucy aveva ragione, e davvero non era preda di un sogno, allora la risposta era una sola: non solo era riuscita – in modo ancora inspiegabile – ad entrare nel libro stava leggendo, ma aveva anche mischiato le storie! Il vero guaio, però, era che non ricordava affatto quali parti aveva letto e cosa accadeva in ognuna di esse.... Fu proprio mentre tentava di ricostruire gli avvenimenti e trovare una soluzione che in lontananza avvertirono un enorme boato. E poi ancora. E un altro ancora.

    "Devi sbrigarti mia cara!" Disse uno dei Nani

    "Sbrigarmi? E per cosa?" Chiese la piccola Lucy

    “Sta arrivando!! Penso ti abbia seguita! Starà certamente inseguendo le tue tracce!"

    "Di chi stai parlando?" Disse la ragazza preoccupata

    "Ma della Regina cattiva ovviamente!!"

    "Oh no.... Avevo letto anche di lei......" Esclamò la fanciulla, ormai in preda al panico. Se la regina di cui stavano parlando era proprio quella di Biancaneve, allora era in guai seri. Ma perché la inseguiva? Era forse diventata lei la nuova protagonista?

    "Ma devi stare attenta, mi raccomando! Le sue orecchie possono sentirti ovunque!! Ed i suoi grandi occhi vederti da lontano! E le sue grandi zanne sbranarti in un solo boccone!"

    Fermi tutti. Ma che razza di storia aveva creato? Quella era la descrizione... Voleva forse dire che... Il lupo... E la Regina di Biancaneve... Che quei due si erano uniti... Nella stessa persona?! “Che cosa ho mai creato?” Pensò disperata Lucy, mentre il boato si faceva sempre più forte e più vicino.

    "Come posso scappare da lei?" Chiese rivolgendosi ai nani.

    Ma proprio mentre la ragazza stava parlando, un albero cadde nelle vicinanze. Molti animali arrivarono correndo, e da sopra le fronde degli alberi si poteva osservare un enorme polverone.

    "Eccola eccola! Sta arrivando!! Corri mia dolce fanciulla, corri! Ci penseremo noi a farle perdere tempo!" La povera ragazza non se lo fece ripetere due volte, e mentre i Nani si schieravano per bloccare la strega/lupo (o il lupo/strega?), Lucy fuggì di nuovo nel bosco.

    "Accidenti... E ora come faccio?" Doveva assolutamente trovare una soluzione. Gli elementi provenivano da altre storie, ma quello che stava accadendo fino ad ora erano gli avvenimenti della storia di Cappuccetto Rosso. Il bosco, il lupo (anche se a quanto pare un po' diverso). Gli elementi principali erano contaminati, ma la trama era la stessa. Doveva raggiungere la nonna! A tutti i costi, probabilmente quella era la sua unica possibilità di salvezza. "Ma come posso fare? Non conosco la strada e mi sono allontanata da quella principale per seguire la canzone dei nani!"

    Un altro boato e delle urla miste a risate malvagie arrivarono alle sue orecchie. Poveri nani! La strega li stava sicuramente ferendo! O era il lupo? O erano entrambi? Chissà che aspetto aveva una strega/lupo... Ma non era certo quello il momento di porsi tali interrogativi!

    "Se non ricordo male Cappuccetto arrivava a casa della nonna prima di mezzanotte.... No! Quella era Cenerentola! Oddio... Ho letto il pezzo del ballo! Vuol dire che a mezzanotte potrei.... potrei... Devo arrivare là in tempo!" Disse la giovane. Nel frattempo il sole stava calando. Si avvicinava l'ora del ballo di Cenerentola e so che tutti voi, cari lettori, state già immaginando nella vostra testa una buffa Lucy trasformata in zucca allo scoccare della mezzanotte. E se non lo avete ancora fatto, beh, non avete ancora capito che questo è un mondo strano, dove tutto può succeder e nulla è uguale a com'è nella realtà - ma occorre chiedersi, arrivati a questo punto: esiste davvero una realtà?

    Ma torniamo alla nostra giovane fanciulla: come poteva fare per trovare la via? Cammina, cammina, cammina. Il bosco era silenzioso. Una sorta di rombo in lontananza catturò l'attenzione della ragazza. “Ma cosa...?” La boscaglia si divideva. Rami spezzati. Foglie che saltavano a destra e a manca. Animali impauriti che correvano. Cosa stava succedendo in quel bosco? Poco dopo ebbe la sua risposta! Una carrozza! Aspetta un attimo... Ma era a forma di... A forma di... Zucca! E stava correndo a gran velocità verso di lei! La fanciulla iniziò a correre più veloce che poteva, ma se non si fosse spostata subito l'avrebbe colpita in pieno! Mentre cercava di fuggire, facendosi spazio fra i rovi, i rami e le foglie, sentì appena in tempo una voce che la chiamava "Da questa parte mia dolce Lucy!".
    Fece appena in tempo a buttarsi in un cespuglio. La carrozza passò, sollevando rami ed un gran polverone.

    "Fiuuuuu... Grazie, mi hai salvata!" Disse la giovane. Era sotto un grande albero e di fronte a lei non vedeva nessuno.

    "C'è.... C'è nessuno?"

    "Si, ci sono io"

    "Io chi?"

    "Mmmm non so se sei pronta a vedermi"

    "Be mi hai salvato la vita, chiunque tu sia voglio ringraziarti di persona"

    "Bene allora mi mostrerò" E lentamente, con un fruscio, da un cespuglio vicino fece la sua comparsa una volpe. Ma come poteva parlare se era una volpe? A meno che... "Sei tu! La volpe che ho incontrato nella favola! Oh, non proprio incontrato, però ora ti sto incontrando... Sì, tu!"

    "Favola?" Sussurrò la creatura, con un tono interrogativo.

    "Oooo mi dispiace tanto! Non volevo causare questo disastro!" Possibile che non sapesse di essere il personaggio di un racconto? Oppure era Lucy il personaggio e quel mondo era reale? Chi era chi e cosa?

    La volpe si avvicinò sinuosa, poggiando delicatamente le zampe senza fare alcun rumore; una volta giunta di fronte a Lucy, iniziò a girarle attorno, parlando con voce calma, gentile e suadente – anche se la giovane non conosceva appieno il significato di questo termine, nessuno usava parole simili a Heaven’s Feel.

    "A tutto si può porre rimedio, basta avere gli strumenti e gli aiuti giusti"

    "Ma io non ho aiuti... Né strumenti..."

    "Hai me" fu la risposta della volpe, che pareva sorridere.

    "Davvero mi aiuteresti?"

    "Be, dopotutto ho già mangiato e non ho fame, e in ogni caso non corrispondi ai miei gusti" aggiunse, fermandosi di nuovo di fronte a lei per poi sedersi. La coda e le orecchie sembravano essere sempre in movimento, come se fosse in allerta o pronta a cogliere ogni rumore. Quei due occhietti color marrone, come fossero due piccole nocciole, sembravano conoscere e sapere molto di più di quanto l’animale volesse far conoscere.

    "Ma... come posso fare?" Proseguì lei, sempre più spaventata.

    "Be io conosco molte cose... Innanzitutto dovrai trovare la strada per la casa della nonna"

    "Ma io non conosco la strada...... "

    "Questo non è importante.... E poi la piuma d'oro!"

    "La piuma?" Lucy ci capiva sempre meno, quel mondo le sembrava sempre più complesso... Era come se la volpe fosse parte integrante di quella storia, che tutti i personaggi facessero parte di quel mondo.

    "Si, quella dell'uccello d'oro mia cara. Il lupo è malvagio ma è anche avido.... Ricorda che ora dentro di sé ha anche una parte umana, quella della regina, e tutti ben sappiamo che gli umani sono suscettibili alla ricchezza!"

    "Ma io... Non so dove sono queste cose" Disse la ragazza sull'orlo del pianto. "Segui questo mio consiglio.... Attenta alla strada che percorrerai, gli uccellini sono golosi e mangiano le briciole di pane sul sentiero. Seguire gli uccellini ti porterà dalla nonna, ma attenta a non guardarli troppo volare, gli occhi sul terreno dovrai tenere e mai la via potrai smarrire". E dopo aver pronunciato queste parole la volpe si dileguò, rientrando fra i cespugli.

    Sconsolata, la giovane Lucy si mise di nuovo in marcia, riprendendo la strada che aveva abbandonato per sfuggire alla carrozza. Guardò verso l'alto, cercando il sole fra le fronde degli alberi. Cercò di non pensare a Heaven's Feel. Dentro di lei iniziò a prendere piede un nuovo sentimento. Per la prima volta era libera. Per la prima volta era uscita fuori dalla sua stanza, dall'edificio enorme in cui aveva sempre vissuto. Stava osservando alberi nuovi. Fiori nuovi. Persone nuove. Animali nuovi. Personaggi delle favole, le avrebbe detto qualcuno. Nulla di reale. Ma chi era mai quel qualcuno per dire cosa era reale e cosa non lo era? E così dicendo, con rinnovato coraggio, Lucy si mise in marcia alla ricerca degli indizi che la volpe le aveva rivelato.
     
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    Beh, che dire, entrambi i capitoli sono essenzialmente enigmatici e alquanto strani, ma comunque molto intriganti :asd: La strega lupo (o lupo strega) è il top :ehsi:

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