Per una piadina alla Capannina

Privata Goro (Kuron) - Tatsuya (etc)

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  1. .Micael.
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    « Ed eccoci qua! »
    L’allegria che caratterizzava l’esclamazione non avrebbe mai permesso di immaginare di che tenore fossero potuti essere gli avvenimenti che avevano caratterizzato la giornata fino a quel momento. Tutto era cambiato dopo aver lasciato il dormitorio per dirigersi verso la loro nuova destinazione; Sharon aveva proposto di usare di nuovo il suo potere per portare tutti immediatamente alla meta, subito distolta dal proposito di aprire il varco perché sarebbe se qualcuno avesse assistito alla comparsa dall’aria di un gruppo di ragazzi, ed avesse poi raccontato ad altri la scena, con ogni probabilità questo qualcuno sarebbe stato accompagnato in una clinica psichiatrica con possibili fastidi anche per loro. In altre parole, era impraticabile e, come chiarì con enfasi Bianca, “da cretina”. Dovettero fare coma fanno tutti, ricorrere a dei mezzi molto normali per spostarsi. Le possibilità a quel punto erano due: prendere l’autobus, oppure andare a piedi. L’autobus lo persero per una manciata di secondi. Si ritrovarono ancora una volta con due opzioni, una delle quali nuova: aspettare il successivo, oppure andare a piedi. Temendo che la sfortuna potesse abbattersi ancora, magari attirata dall’unione di tanta anormalità, facendo saltare i successivi tre autobus, scelsero di fare i giovani e camminare. Fino in città.
    Marcare questo punto, per quanto possa rappresentare una scelta quasi stilistica, non è molto sensato dato che loro, fin dei conti, non si trovavano certo nell’estrema periferia e muoversi a piedi era molto più semplice di quanto si sia cercato di far apparire. Almeno questo si potrebbe pensare se non si guarda silenziosamente il fatto da un certo punto di vista.
    Dopo aver camminato per qualcosa più di una decina di minuti, con Tatsuya che si era più volte raccomandato di dire, ad ogni sguardo strano, che Kuron era con Goro e non aveva con lui alcun legame che eccedesse l’amicizia, il tutto per attenuare un po’ l’istinto omicida di chi invidiava la sua skill Harem Protagonist EX, si ritrovarono in una via del centro cittadino, nel punto da dove abbiamo iniziato, davanti ad un chiosco che Tatsuya indicava con eccessivo trionfalismo.
    Se avesse caratteristiche particolari? Non esattamente: era un chiosco, una piccola struttura rotonda in cemento armato con le pareti esterne rivestite di piastrelle anticate per dare l’effetto di trovarsi davanti ad una struttura storica nonostante l’edificazione piuttosto recente, un’ampia tettoia in legno che correva tutt’attorno, sorretta da varie colonnine rivestite come la costruzione principale, che copriva sei tavolini ognuno con tre sedie; sul tetto, ben leggibile dalla parte frontale, svettava l’insegna riportante il nome: “La Capannina”.
    « Allora? Che ve ne pare? » l’entusiasmo esagerato di Tatsuya, fin troppo ostentato per non far pensare che stesse cercando di nasconde qualcosa, non era contagioso.
    « Tsu-kun? Mi sa che lei non è abbastanza allenata. » Sophie cercò di derubargli l’attenzione attraverso una genuina preoccupazione per le condizioni di Alice.
    Infatti, prima di lasciare i dormitori, il loro gruppo si arricchito con un nuovo elemento che, suo malgrado, era stato trascinato fuori dalla sua stanza. Alice Claradei. La loro cugina, trascinata fuori, come tutti quanti vi starete già aspettando, dalla solita Sophie, sebbene il fratello abbia fatto ben poco per fermarla o farla desistere mentre Alice si mostrava molto in difficoltà ed incapace di esprimere un rifiuto, forse perché Tatsuya aveva inteso che in realtà lei aveva tutta l’intenzione di seguirli.
    « S-s-sto b-bene. Devo… ri-riprendere….fia..to… »
    Ma Alice stava avendo un po’ di problemi, non era affatto allenata ed il passo che avevano tenuto era davvero troppo veloce per lei, nonostante non avessero propriamente camminato velocemente. Il suo stato fisico non era ottimale, non era affatto in forma ed in quel momento, suo malgrado, le difficoltà si erano palesate tutte insieme. Non si capiva se era più rossa per la vergogna della figura che stava facendo o per la fatica che aveva fatto; la prospettiva di potersi sedere, però, la rincuorava un bel po’, e lo star per mangiare qualche sapore conosciuto e per il quale sentiva una certa nostalgia, riusciva a darle la forza per non collassare sul posto.
    La domanda di Tatsuya, il cui entusiasmo aveva cercato di far passare inosservate le condizioni precarie di fiato di Alice, restava valida per tutti gli altri.
     
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