Fra memorie del passato e ricordi del presente: ricostruzione e recupero.

One shot breve (Galatea, Satomi)

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    Il ticchettio della tastiera aveva la straordinaria capacità di calmare Galatea. Chissà perché, si stava chiedendo in quel momento. Ad essere sincera, non ci aveva mai pensato prima di allora: era una di quelle cose che dava per scontato senza preoccuparsene troppo. Amava scrivere al computer, anche solo ricopiare gli appunti delle lezioni all’Hakoniwa era una cosa che la rilassava parecchio. Tutte le persone che conosceva erano più che concordi nel ritenere gli scontri, le botte e le battaglie la sua unica fonte di soddisfazione e tranquillità. Immaginava già il loro stupore nel momento in cui l’avessero scoperto: una delle guerriere più indomite in circolazione che si tranquillizzava al suono dei tasti di un computer. Potrebbe valere lo stesso anche per le macchine da scrivere, stava pensando Galatea quando questo flusso di coscienza fu interrotto dalla voce di Satomi.
    “Ho avvertito il tuo cambio d’umore” disse la giovane ragazza, mentre le dava ancora le spalle. Era seduta al computer, ed era lei la fonte di rumore che stava analizzando Galatea fino a un secondo prima.
    “Come scusa?”
    “Beh, ormai vieni qui da un po’ di tempo, sono abbastanza intelligente da essere in grado di associare i tuoi cambi di umore e di sensazioni con quanto accade in questa stanza”.
    “E dunque?” Galatea avrebbe negato fino alla morte questa nuova scoperta.
    “E dunque ora sei sulla difensiva di nuovo e sei tornata allo stesso identico umore di prima. Anche qui sei perfettamente in grado di fregare la mia empatia e manipolare le tue stesse emozioni. Comunque, non lo dirò a nessuno, tranquilla” concluse Satomi sorridendo. Si era appena voltata verso di lei, dalla sua sedia girevole. I lunghi capelli azzurri erano legati in una coda stranamente all’insù. Ma Galatea aveva ormai imparato che “normale” non era una parola adatta alla sua nuova amica. Eppure, le si stava affezionando moltissimo: c’era qualcosa in lei che riusciva a metterla a suo agio in ogni situazione. Forse era questo il dono di un’empatica.
    “Ormai sai benissimo che faccio fatica a comunicare le mie emozioni” disse Galatea, in risposta. Anche se era consapevole anche di questo. Non le poteva più nascondere nulla. O quasi.
    “Lo so, ma con me non ha senso farsi questo genere di problemi!”
    “Forse hai ragione…”
    “A proposito di avere ragione – sicura di non voler fare un tentativo? Nemmeno piccolo? Potrebbe avere comunicazioni utili”. Chissà perché Galatea sapeva benissimo che avrebbe tirato fuori quell’argomento. Dopotutto, avrebbero dovuto affrontarlo in qualche modo. “Da quando sono riuscita a recuperare parte della sua memoria non hai voluto saperne di incontrarla”.
    “Scusa se non ho voglia di incontrare la mia madre pluriomicida e distruttrice di mondi e famiglie” rispose Galatea, all’apice del suo sarcasmo. Senza accorgersene, si era anche alzata e aveva iniziato a camminare avanti e indietro.
    “So benissimo come ti senti –“
    “Ne dubito fortemente. Empatia o non empatia, quello che ho passato per colpa sua è inimmaginabile: ha eliminato tutto ciò che di più caro avevo al mondo. Io vivo qui con voi, è vero, ma questo non è nemmeno il mio tempo – né tantomeno il mio mondo!” Galatea si ritrovò a gridare, anche se sapeva perfettamente che Satomi non c’entrava nulla con tutto quello che era successo. Anzi, lei per prima ne era stata vittima.
    “Devi contare che quel potere non era propriamente suo; inoltre, dai dati che abbiamo analizzato ultimamente, si può anche ipotizzare che quel potere sia stato creato in laboratorio!”
    “Nessuno ci garantisce che non sia stato creato proprio da lei, però”
    “Difficile! A quel che mi dici la tua gente credeva fermamente in queste entità, le stesse che ora vivono nel tuo corpo e nella tua mente – potresti farle intervenire…”
    “Non ne sanno nulla e non avrebbero motivo di mentire. Sono nate in quel mondo e in quel tempo, ma non hanno ricordi di vite precedenti. Sanno solo che ad un certo punto sono venute al mondo” spiegò Galatea, sempre più scettica sull’argomento. Tutto ciò che riguardava sua madre la rendeva estremamente suscettibile. “Hai fatto altri progressi sulla frattura?” Chiese, sperando di riuscire a cambiare argomento. Apparentemente, Satomi decise di assecondarla.
    “No, rimane sempre fissa nello stesso punto, senza cambiare”; mentre parlava, Satomi cliccò un paio di tasti, facendo comparire una serie di schermi azzurri con delle scritte su di essi. Galatea si avvicinò, leggendo quanto riportato. “Stando alle informazioni che ho raccolto, sembra che da mesi nessuna forma di vita esca o entri da quella frattura dimensionale. Oltretutto, la natura sembra proteggerla, mantenendola stabile” spiegò Satomi.
    “Queste piante intendi? Strano, sembra che la stiano trasformando facendola entrare a far parte del loro stesso ecosistema. Curioso, eppure dovrebbe essere estranea a tutto questo”.
    “Vero, però non dimenticare che la natura si adatta: probabilmente quella frattura sta irradiando una forma molto particolare di energia vitale che attrae le forme viventi attorno ad essa”, fu la risposta di Satomi, mentre continuava a digitare furiosamente sulla tastiera del computer.
    “E questo? Di cosa si tratta? Cosa indicano questi valori di energia?” Chiese poi Galatea, fissando lo schermo alla sua destra.
    “Quelli sono valori strani, in effetti – pare che l’energia si comporti effettivamente in modo strano. Hai presente come funziona un buco nero?” Chiese Satomi.
    “Sì”
    “Ecco, è uguale. Non è da escludere che molte delle forme di vita che vi si sono avvicinate siano state trasportate dall’altra parte. Animali o esseri umani inclusi” aggiunse la ragazza.
    “Ma non sappiamo se il processo funzioni anche al contrario; anzi, possiamo supporre che nessuno riesca ad uscire, dato che nessuna forma di vita è più passata da questa parte”
    “Molti degli Eaters ce l’hanno fatta, però” suggerì Satomi.
    “Ci dev’essere una via d’uscita dunque. Bisogna continuare a cercare e tenerlo sotto controllo: se davvero c’è un portale che porta in questo mondo va chiuso ad ogni costo. Potremmo usare la via d’ingresso per far ritornare gli Eaters nel loro mondo”, azzardò Galatea.
    “Conosco quegli occhi, Galatea. Non ho bisogno di usare il mio potere: so che hai in mente qualcosa. Mi hai parlato di come vivono gli Eaters e di come sono organizzati: non vorrai parlare con lei…”
    “Abbiamo alta scelta? Dopotutto le sto offrendo un’intera dimensione senza che nessuno la disturbi…” le rispose Galatea. Difficile, ma fattibile. Dopotutto quello che Anne Redfox, la regina degli Eaters, voleva era semplicemente un suo dominio su cui regnare. Gli Eaters avrebbero comunque potuto cibarsi di ciò che avrebbero trovato dall’altra parte. Bastava convincerla che ci fosse qualcosa dall’altro lato di abbastanza appetibile per lei e per tutti loro.
    Galatea smise di fissare quanto c’era scritto sugli schermi azzurri di Satomi. Prese a camminare in cerchio, pensando. In quei mesi avevano scoperto parecchie cose: la frattura dimensionale da cui erano passati gli Eaters, il fatto che essa sembrava aver creato una sorta di portale stabile per entrare nella dimensione d’origine di Galatea. Ma la cosa più sconvolgente di tutte era che Satomi fosse riuscita a recuperare parte della mente di Akane, sua madre.
    “Voglio parlare con lei…” disse all’improvviso. Non si era neanche quasi resa conto di averlo detto. Le era uscito quasi spontaneamente, tutt’a un tratto.
    “Ok questa sì che è una sorpresa” disse Satomi, che non si aspettava una richiesta del genere da parte di Galatea. E poi così all’improvviso. Cosa le aveva fatto cambiare idea?
    “Dopotutto lei era il boss di Anne Redfox e di tutti gli altri Eaters, sa benissimo come si comportano e quello che vogliono. Fanno parte del suo piano di conquista originale e sono nati dai suoi poteri, anche se ora sappiamo che si è servita di altre persone per crearli – cosa ancor più riprovevole” rispose Galatea. Sapeva che se non l’avesse messa in contatto subito con Akane avrebbe deciso di non farlo più.
    “Non dimenticare che alla fine ci ha aiutati a fermare quella che avrebbe potuto essere la fine del mondo…” suggerì l’altra ragazza, cercando, invano, di farla ragionare. Satomi era fortemente convinta che le persone meritassero sempre una seconda opportunità, anche i e le peggiori.
    “L’aver salvato la tua vita, per quanto io possa esserle grata, non fa di lei una persona migliore. Una vita non bilancerà mai tutto il male che ha fatto – si è lasciata soggiogare da quei poteri immensi, senza pensare alle conseguenze; volevo solo altro potere, e quella sete l’ha consumata interamente” fu il commento carico di rancore di Galatea. I sentimenti negativi che provava in quel momento investirono Satomi. Poteva biasimarla, forse? Difficile.
    “Dunque… Vuoi fare un tentativo?”
    “Sì, ma non avrà minimamente accesso alla mia mente”
    “Certo che no, apparirà su uno di questi schermi” disse Satomi, premendo di nuovo una serie di tasti. Gli schermi cambiarono improvvisamente, fondendosi in uno. Su di esso, comparve Akane, ormai tornata al suo aspetto originario – i suoi capelli erano lunghi e di un nero scuro come la notte, mentre indossava un abito lungo, a metà strada da un vestito e un kimono. Quell’immagine fece un certo effetto a Galatea.
    “Bentrovata”
    “Tagliamo corto” le rispose subito la figlia, che non aveva alcuna intenzione di sentire troppe smancerie, soprattutto da parte di sua madre, “sei nella mente di Satomi, quindi avrai sicuramente sentito quello di cui stavamo parlando: potrebbe funzionare secondo te?”.
    “Come sempre non perdi tempo, vedo… Non chiedi nemmeno come sto?” La punzecchiò Akane, anche se il tono tradiva un certo disappunto. Forse, in una parte remota di quella donna, c’era davvero la volontà di ricostruire in qualche modo il rapporto con la figlia perduta tanto tempo prima.
    “Non è importante: rispondi alla mia domanda, o per me la conversazione finisce qui”
    “Eeeeeeeh… In fin dei conti non posso biasimarti – potrebbe funzionare, gli Eaters sicuramente troveranno altre forme di vita. Era ciò di cui stavo parlando con Satomi: quasi sicuramente in quella dimensione si è ricreata una forma di umanità differente da quella che conosciamo noi in questo mondo. Ricordate che non è mai stata distrutta ed è rimasta aperta. Senza contare che, date le proprietà della frattura, la sua struttura da buco nero potrebbe aver attratto alcuni esseri umani al suo interno. Non sapete per quanto tempo sia stata effettivamente aperta e voi l’avete tenuta sotto controllo solo da alcuni mesi” spiegò Akane, rivolgendosi un po’ a Galatea e un po’ a Satomi. Anche in questo caso, dal suo sguarda traspariva una sicurezza che era difficilissima da trovare nelle persone comuni.
    “Giusto, effettivamente non siamo a conoscenza di quanto accaduto dall’altra parte. Anne Redfox potrebbe aver mandato qualcuno, o essere a conoscenza del passaggio per tornare in questo mondo”
    “In quel caso dovresti assicurarti di scoprirne la posizione prima che gli Eaters vadano dall’altra parte, per sigillarlo una volta per tutte” suggerì ancora la donna, guardando con un po’ di orgoglio la figlia, coraggiosa e preparata come sempre.
    “Chi ci dice che non ce ne siano altre?” Chiese Satomi, interrompendo quella conversazione.
    “Nessuno, ma dubito che siano molto lontane da quella di entrata: la dimensione che si era creata durante il mio controllo era esattamente lì, in quel punto, ma in un diverso spazio. Nulla cambia rispetto alle sue misure, però. Lo spazio occupato era quello, che corrisponde in tutto e per tutto a quello che avrebbe occupato se fosse stata qui nella nostra dimensione” spiegò ancora Akane, proseguendo in quella conversazione. Di solito non parlava così tanto, osservò Satomi. Percepiva un qualcosa di sottile e profondo in quella conversazione, come se Akane non volesse lasciar andare Galatea. Pareva volesse continuare a parlare a tutti i costi.
    “Di conseguenza gli strumenti di Satomi dovrebbero essere in grado di rilevarli tutti, uno per uno. Se sono lì, li troveremo. Puoi mandare dei droni in ricognizione?” Chiese Galatea.
    “Certo! Sono già pronti – inoltre, potremmo sempre considerare l’aiuto di Kagari” aggiunse Satomi.
    “No. Per quanto sia forte e preparata non voglio rischiare di mandarla sul posto da sola”
    “Kagari?” Chiese Akane, curiosa. Sapeva che erano molto amiche e la giovane ragazza che controllava il fuoco aveva partecipato all’ultima battaglia per la salvezza del mondo. “Il suo potere è molto interessante, dalle informazioni che possiede Satomi mi sembra in grado di passare in ricognizione con le sue fiamme ampie porzioni di territorio… Sarebbe perfetto! I droni possono essere facilmente ingannati o distrutti”
    “A differenza tua non sono una persona che sfrutta le persone per il proprio tornaconto” le rispose secca Galatea.
    “C’è di mezzo il futuro dell’umanità forse. È una minaccia che non si può ignorare questa: e poi le basterà mantenersi a distanza di sicurezza” continuò ad insistere Akane. Galatea provò un enorme fastidio: aveva ragione sua madre e la cosa non le piaceva per niente.
    “Vedremo: non hai risposto alla domanda principale” la incalzò lei, a questo punto.
    Akane, ormai rassegnata alla chiusura della figlia nei suoi confronti, decise di rispondere, con una punta d’irritazione nella voce, nemmeno troppo velata: “Anne Redfox potrebbe benissimo accettare. Si annoia facilmente e questo mondo potrebbe averla già stufata: è sempre stata il capo dei miei Eaters e la migliore di tutti i miei sottoposti. Devo rivelarti, però, che la sua creazione è stata solo in parte opera mia”.
    “Lo sappiamo, lei stessa ce lo ha rivelato tempo fa. Che mi sai dire del suo creatore?”
    “Aveva un potere molto interessante: era in grado di creare creature magiche dai suoi quadri. Amava dipingere e, da quel che ricordo, era una persona incredibilmente buona, ma anche molto sola. Il suo potere spaventava molte persone, soprattutto quando le creature che creava diventavano incontrollabili. Voci dicevano che avesse creato una famiglia per sé stesso da quei quadri e che fosse fuggito. Io personalmente non l’ho più trovato. Non valeva la pena di cercarlo, avevo altri modi per far prolificare gli Eaters” rivelò ancora Akane. Curiosamente, sembrava che Galatea fosse interessata a quello che stava dicendo: “Anne Redfox ha sempre voluto ritrovarlo, segretamente. Credo che sia convinta che lui sia tornato di là, o in qualche modo che sia ancora nascosto in quella dimensione. In base a quanto ha scoperto Satomi…”
    “Pare che la volpe si stia muovendo parecchio in questo periodo. I miei droni l’hanno rilevata in diverse zone della città, più volte” la interruppe Satomi, ignorando lo sguardo incandescente lanciatole da Akane. “Stranamente, pare che la sua ricomparsa sia coincidente con l’arrivo di una nuova studentessa all’Hakoniwa. Ha iniziato a girovagare per quella zona, e, incrociando i dati di tutte le presenze degli studenti, l’unica ad essere sempre presente nell’area limitrofa ad Anne Redfox era questa” continuò Satomi. Premendo un paio di tasti, su un altro schermo comparve la foto di una ragazza giovane e molto particolare: aveva i capelli rosa e raccolti in due code. Per il resto, sembrava una studentessa qualunque.
    “Interessante” disse Galatea. “Potrebbe essere l’obiettivo della volpe in qualche modo. Abbiamo modo di rintracciarla?”
    “Già fatto: il suo nome è Lucy Wolfheart, vive negli appartamenti della scuola. In precedenza, viveva in un orfanotrofio parecchio lontano da qui. La sua è una storia strana: pare sia stata ritrovata dai proprietari dell’orfanotrofio una notte. Non si sa chi siano i suoi genitori” spiegò Satomi.
    “Bene – non resta che fare due chiacchiere con questa ragazza allora”, disse Galatea, mettendo un punto a quella conversazione. “Grazie” aggiunse, rivolta ad Akane. La donna fu sorpresa di quella parola, pronunciata da sua figlia nei suoi confronti, e si limitò a rispondere con un cenno della testa. Poco dopo, la sua immagine scomparve dallo schermo, per tornare nel silenzio della mente di Satomi.
    “A presto, allora” disse Galatea. Come sempre, le sue decisioni erano improvvise e prese di punto in bianco. Satomi sorrise: anche se non lo aveva detto espressamente, Satomi sapeva che le era grata per aver reso quell’incontro tanto difficile con la madre scevro da giudizi e scene imbarazzanti. “Va bene, a presto” ricambiò Satomi. Mentre Galatea usciva, Satomi spense il computer principale e si alzò dalla sua sedia. Afferrò lo zaino e uscì, diretta al suo bar preferito. C’era una persona che voleva incontrare e non vedeva l’ora di farlo. Stando a quanto era accaduto quel pomeriggio, le cose sarebbero potute peggiorare molto presto. Tanto valeva conservare e nutrire i rapporti con i suoi amici in quei giorni. Finché c’era tempo.
     
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