[CONCLUSA] Ciò che la mia mano non trattiene

Narrazione privata.

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    Il respiro è pesante, la fatica del gran correre si fa sentire, ma non siamo ancora in salvo. Le tappo la bocca, l'illusione che sto reggendo mi richiede troppo sforzo e capacità di calcolo per rendere muto il suo ansimare, se facessi uno sbaglio ci troverebbero. È tutta colpa di un mio errore di valutazione, ci siamo introdotti a palazzo nonostante il mandato di cattura per interrogare il funzionario locale su come raggiungere la capitale. Avrei estorto l'informazione direttamente dalla sua mente, ma era preparato. Quella piccola creatura che lo assiste gli ha svelato la mia natura non propriamente normale. Mi ha identificato come un possessore di abilità maggiori, è il nome che danno loro agli anormali. Anche quella creatura deve essere stata creata da una di queste abilità, non capisco perché gli altri possessori vengano perseguitati. Anche per Sharon è questa la colpa che l'ha condannata al rogo. Proprio lei non la dovevo portare con me, l'ho posta in una situazione di grave pericolo, mi sarei dovuto imporre, non ha senso che metta la sua vita nelle mie mani solo perché l'ho salvata da morte certa. Che senso avrebbe averla protetta se poi gettasse via la sua esistenza per colpa di un mio errore? Ora, però, il debito è ripagato, se non fosse stato per il suo leone non avremmo avuto la chance per fuggire, se riusciremo a salvarci la convincerò che ora è libera da ogni vincolo con me, anche se non mi dispiacerebbe averla al mio fianco. Le sue possibilità di sviluppo sono notevoli, se solo avessi un po' di tempo la potrei rendere il faro della speranza del suo popolo.
    Gli uomini che ci danno la caccia ci sono attorno, prego perché ci superino in fretta e senza individuarci. Sono in troppi e non voglio ancora manifestare in questo mondo quel potere, le catene non sono ancora pronte per riceverlo senza cancellare tutto.
    Il respiro di Sharon mi sembra tornato regolare, senza toglierle la mano della bocca mi avvicino a sussurrare al suo orecchio.

    « Ce la fai? »

    Mi fissa per qualche secondo e poi annuisce, prima timidamente, poi, con rilucente ardore negli occhi, con decisione.
    Ci muoviamo furtivi tra i nostri inseguitori, mantenere coerente l'illusione mentre ci spostiamo in essa è ancora più difficoltoso, se dovessimo emettere un minimo suono ci scoprirebbero immediatamente.
    Non possiamo correre, non possiamo quasi respirare, dobbiamo fuggire senza poter scappare.
    Riusciamo a spostarci senza farci individuare, possiamo a vedere in lontananza una foresta, solo dopo che la avremo raggiunta potremo dirci in salvo, non riusciranno ad inseguirci facilmente dentro di essa. Chiedo a Sharon un ulteriore sforzo, sento che è la pressione della situazione a farla stancare più velocemente, ma non possiamo fare altrimenti.
    Ma gli uomini tutt'attorno si fermano e guardano indietro. Rabbrividisco, sento il pericolo sopraggiungere. Quegli essere che mi hanno svelato, quegli occhi neri fluttuanti sono giunti, accompagnati dai minacciosi nitriti di quelli che ho difficoltà a definire cavalli per quanto sono mutati nell'aspetto. Tutta la loro pelle sembra di cenere, è percorsa da rivoli di magma ardente lì dove dovrebbero esserci vene. Dalle narici sbuffa fumo scuro e ad ogni loro respiro i crini riardono, sembrano appena fuggiti dall'abisso infernale insieme ai cavalieri che trasportano, coperti di una scura armatura di pece che ingloba ogni luce ed impedisce di riconoscere una qualunque linea di aspetto umano. Quegli occhi fluttuanti sono puntati su di me, mi hanno individuato. Sento la mia illusione cadere, non ero preparato a questo.

    « Corri! »

    Urlo a Sharon quasi trascinandomela dietro nella corsa ancor prima che le arrivino le mie parole, non doveva andare in questo modo ed ora possiamo solo correre disperatamente. Ma noi siamo a piedi e ad inseguirci ora ci sono tre di quei cavalieri dell'abisso. Uno di loro ci carica puntando la lancia. Non serve percepire le intenzioni per capire che non sono pacifiche. Ci è quasi addosso ma non posso farmi spaventare, devo proteggere Sharon. Senza parlare, le metto un mano sulla testa e la spingo con forza per farla abbassare: una catena sfonda il muro dell'aria passando sopra di noi e frantuma parte della corazza di quel cavaliere colpendolo in pieno petto e sbalzandolo lontano. Il cavallo si ferma, si inchina al mio cospetto e non si muove più. Gli inseguitori sono straniti, devo aver appena commesso qualche atto a cui loro non sono abituati, ma non posso ancora dirmi soddisfatto. Non riesco a percepire con chiarezza la presenza di quegli occhi fluttuanti, devo vederli per individuarli. Per un attimo manifesto le ali e con una di esse cingo Sharon sollevandola da terra.
    Salto, la pressione sulla terra fa cedere il suolo che si schiaccia, ricoprendosi poi di fiori multicolore, a mezz'aria ruoto su me stesso con una incredula Sharon che si ritrova senza poterselo spiegare aggrappata a me, ho visione di quegli occhi: sono in totale quattro; materializzo altrettante catene dietro di loro e con queste li inchiodo al suolo. Ma da quegli esseri si leva un urlo, una voce che con autorità dà un singolo ordine: “uccidere il Maehistos”.
    Sono stato riconosciuto.
    Le voci degli inseguitori si levano all'unisono per confermare l'ordine e lo ripetono e ne fanno il loro nuovo grido di battaglia: “uccidere a vista ogni Maehistos”.
    La foresta è a meno di un centinaio di metri, siamo praticamente arrivati, ma io mi fermo, smetto di scappare. Vorrei che Sharon continuasse, ma anche lei si ferma poco più avanti. Mi giro verso quegli uomini, quell'esercito di inseguitori che ha urlato con tanta convinzione quel proposito. Uccidere i Maehistos a vista, chiunque questi siano, senza avere pietà alcuna. Riconosco gli ordini, è la persecuzione alla quale dobbiamo sottostare. Qual è la nostra colpa? Perché dobbiamo essere minacciati costantemente? Perché non possiamo vivere come tutti gli altri? Volevo solo essere di passaggio, che la mia presenza fosse tanto leggera da non lasciare alcuna traccia, volevo fingermi cieco di fronte alle sofferenze che ho visto in questa mia breve permanenza in questo mondo, ma ora non posso più fare finta di nulla. In questo mondo il potere è in mano ad un nostro nemico, un discendente di una stirpe che ha giurato odio eterno verso di noi. Non comprendo queste dinamiche, non so cosa possa essere successo in passato, ma io che colpa ne avrei? E che colpa aveva Marisa? Uccisa solo perché era una Maehistos, nonostante fosse solo una bambina senza alcun potere attivo.
    Il Signore di questo mondo crea esseri viventi dal nulla e perseguita coloro dotati di abilità; domina con la forza la gente inerme e diffonde i propri mostri per mantenere il controllo.
    Un mondo in cui il peccato che ti condanna a morte è la tua nascita, è il tuo nome e la stirpe di cui fai involontariamente parte, non lo posso accettare né tollerare. Non lascerò che si verifichi ciò che mi è capitato, non lascerò che altri provino quel mio dolore.
    Mi lascio dietro Sharon e mi muovo verso quegli uomini, fronteggio da solo un intero esercito che inneggia alla mia morte. Spiego le ali e vedo l'avanguardia fare un passo indietro. Tutt'attorno si svelano le forme delle maglie di colossali catene che uniscono la terra con le profondità del cielo senza mai giungere ad un termine. Infinito, ciò da cui trae potere la mia Origine. Tendo il braccio verso destra e stringo la catena che prende forma nella mia mano, la spezzo rilasciando una folata di vento che attraversa tutta la piana e che arriva e flettere lievemente le fronde della foresta. Abbasso la mano ed i frammenti si radunano sotto di essa, mentre delle nuove maglie vanno a sostituire le spezzate, si riordinano e si uniscono plasmando una spada dalla lama sottile e leggera, ben diversa dalle armi dell'esercito.
    Sferzo un paio di volte l'aria con la mia arma e la avvolgo tra le mie chiare fiamme.

    « Volete la testa di un Maehistos? Avanti, venite a prenderla! Chissà se tra voi ci sarà qualcuno degno dell'impresa. O se finirete per cadere tutti. »


    Edited by ¬SasoRi - 26/9/2015, 12:04
     
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    Sono le cinque e trenta del mattino e mi ritrovo a fissare il soffitto della mia stanza buia, non mi sarei voluto svegliare a quest'ora dopo quel che è successo ieri sera. A dire il vero non vorrei svegliarmi proprio mai a quest'ora, ma è andata così. Da quando sono tornato non ho mai avuto un sogno su quell'altro mondo, era strano ma ho pensato che fosse dovuto a qualche dinamica di quel potere che ancora mi sfugge, che magari c'entrasse la distanza tra le dimensioni o l'aver perso l'Origine. Però ora l'ho sognato ed era anche un episodio molto vecchio, dei miei primi giorni lì. Oramai non mi ricordo nemmeno più molto bene, è passato davvero troppo tempo, ma so che all'epoca, dopo che mi ebbero riconosciuto, non mi fermai a combattere, sono fuggito nella foresta dopo aver abbattuto quegli occhi e mi sono nascosto lì con Sharon. La gente non si avventurava mai tra quegli alberi, avevano troppo timore di quel che viveva lì in mezzo, ed io non potevo certo saperlo. In un certo senso sono stato fortunato che non ci abbiamo inseguito, ma mi sono chiesto a lungo cosa sarebbe successo se li avessi affrontati subito. Forse quel tale non avrebbe avuto il tempo per prepararsi e la nostra lotta non sarebbe durata così a lungo. Oppure avrei finito per schiacciare anche quel mondo con la pressione del mio potere non catalizzato.
    Già, il mio catalizzatore: la ragazza volpe che dorme tra le mie braccia. Per una serie di motivi siamo costretti ad arrangiarci così per la notte e, su questo punto, credo di essere una delle persone più fortunate in circolazione. In più quando dorme è ancora più carina, se fossi stato più debole di quel che sono credo che le cose sarebbero andate a finire male, ma per fortuna riesco a controllarmi, più o meno. Certo, però, che la mia vita diventa giorno dopo giorno sempre più complicata, riuscire a starmi dietro si fa sempre più difficile per gli altri.
    Faccio dei leggeri grattini sul collo di Foxy, il nome “provvisorio” della ragazza, e mi intenerisce vederla alzare la testa per esporre meglio il collo e mettere le labbra a cuoricino. Le piacciono molto i grattini sotto il mento, sul collo, e le carezze sulla testa e le orecchie pelosette.
    Sembra uscita da un sogno, a vederla così non si direbbe che lei conservi la parte autentica del mio potere che ha generato una nuova sorta di Origine e che sia la chiave per liberare alcune delle mie abilità più devastanti. E, per la cronaca, ad essere uscita da un sogno è la mia perfetta sorella gemella.
    Continuo ad accarezzare Foxy nella speranza di riuscire a appisolarmi e di dormire un altro po', prima che il suono della sveglia tiri entrambi giù dal letto.
    Chissà che mi riserverà questa giornata.


    Come ogni giorno, anche questo inizia nel modo che preferisco: con la solita capatina, prima che inizino le lezioni, al mio adorato Maid Caffè. Questa volta, però, sembra che le cose siano un po' diverse dal solito. Non credo di aver mai visto tutta questa gente al Maid alle otto di mattina, per di più sono quasi tutte ragazze! E c'è la fila anche fuori dal locale! Ma cosa sta succedendo qui? Non che mi dispiaccia, ma è tutto così strano...
    Passo vicino ad un gruppetto di quattro ragazze e mi sento raggelare il sangue sentendo il loro urletto isterico.

    « È lui! È uno dei demoni del Maid! »

    Urla una ragazza dai capelli corvini truccata pesantemente.

    « Più che demoni, mi sembrano angeli! I MIEI angeli! »

    Risponde un'altra dai capelli castani e corti.

    « Non sono tuoi, sono NOSTRI! »

    La corregge una terza. In quanto a me, faccio un sorriso, che suscita un altro urletto, ed affretto il passo. La sensazione che vogliano saltarti addosso nel bel mezzo della strada e sotto gli occhi di tutti, non è certo il massimo. E poi è molto curioso che abbiano usato il plurale.
    Arrivo fino alle porte del locale ricevendo altre volte la stessa reazione di prima, ma continuo ad affrettare il passo ed a mantenermi sull'esterno delle fila, finché non si tratta di entrare dall'ingresso principale facendomi, quindi, largo attraverso la folla di ragazze.

    « Ehm... ragazze? Devo passare. »

    Ma loro nulla, fanno muro e non sembrano nemmeno ascoltarmi.

    « Su, ragazze, se fate le brave vi offrirò il mio servizio speciale e vi farò sedere sulle mie ginocchia. »

    Provo ad aggiungere, strizzando l'occhio sull'ultima parola, ma ricevo un altre urletto isterico ed un mezzo assalto da parte di quelle ragazze. Vedo, tra la folla, il volto preoccupato ed anche un po' alterato delle nostra, mai abbastanza adorata, presidente del club. È venuta in mio soccorso. Forse sono salvo.
    Lei si fa strada di forza tra le ragazze e riesce a raggiungermi, quindi mi trascina dentro il locale quasi proteggendomi da quelle che sembra più un'orda di zombie che una fila di ragazze in piena tempesta ormonale. Anzi, gli zombie sarebbero stati più tranquilli e ragionevoli.
    Una volta al sicuro nel mio ufficio, mi siedo sul divano per riprendere fiato, nonostante non abbia fatto nulla ho la sensazione di aver faticato molto.

    « Che cosa sta succedendo? »

    Domando alla presidente.

    « Volevo farti la stessa domanda, » mi risponde contrariata, « questa mattina si sono presentati dei tipi nuovi dicendo di essere stati mandati da te. È da quando hanno preso servizio per il turno di pratica che è scoppiato il delirio. »

    Non sono ben certo di quel che ho appena sentito.

    « Ti dispiace se prendo un attimo servizio? »

    Domando mentre già inizio a cambiarmi. La presidente mi fa un gesto con la mano come a dire “fai come vuoi” per poi girarsi, rossa in viso dopo essersi resa conto che mi stava guardando spogliarmi, ed uscire dalla stanza.
    Entro, finalmente, nella sala e non credo ai miei occhi: tutti i ragazzi dell'Imperius Novus impegnati nelle mansioni di camerieri. Ad ogni parola di Break una ragazza sospira, ad ogni sguardo di Zera una finge un mancamento, ad ogni sorriso forzato di Zwain un'altra quasi perde la mascella. Heinz, invece, è sempre per terra, sembra instabile sulle gambe, ed è costantemente circondato da alcune ragazze che, con gli occhi di chi guarda un cerbiatto che muove i suoi primi passi, lo aiutano ad alzarsi e gli sistemano la divisa.
    Premo forte contro la fronte, tutte queste informazioni mi stanno dando un mal di testa tremendo.

    « Ehi! Hai portato i tuoi amichetti? Perché non me li presenti? »

    Mi domanda una Mimì molto su di giri.

    « Grazie »

    Aggiunge.

    « Di cosa? »

    Domando dubbioso sollevando un sopracciglio e sentendo il mal di testa farsi ancora più forte. Mimì si prende il viso tra le mani sfoggiando un'espressione di pura estasi.

    « Mi hai donato un harem maschile. Non dovevi disturbarti tanto. Ma non preoccuparti, nelle mie fantasie tu ci sarai sempre. »

    Idiota io che sono anche stato ad ascoltarla. Mimì mi prende sottobraccio, tra i versi di disappunto di alcune ragazze che hanno visto la scena e quindi le loro fantasie spezzate da una temeraria, immagino che tale appaia ai loro occhi Mimì, e mi accompagna fino al bancone, dove per un po' prenderò servizio.

    « Ragazzi! Tutti qui! »

    Chiamo tutti a raccolta con voce dura, alcune ragazze esclamano “Ahh! Il demone del Maid!” con voce sognante e tra i risolini di altre. Il primo a raggiungermi è Break.

    « Ehi, Tatsuya caro, » mi fa « c'è qualche problema? »

    « Che diamine state facendo? »

    « Come che stiamo facendo? Non ci avevi detto che avremmo lavorato al Maid? »

    « Ma se vi presentate tutti insieme non ci sarà più alcun Maid, diventerà un Butler Caffè! »

    Ma Break fa spallucce difronte alla mia preoccupazione. Zwain, arrivatomi alle spalle, mi mette un braccio attorno al collo con fare fin troppo amichevole.

    « Rilassati. Eri preoccupate per i conti ed ora non vedi quanti clienti ci sono? »

    Su questo come si fa a controbattere?

    « Ma come avete fatto? »

    Zwain ride rumorosamente e mi stringe ancora di più, controllo a stento la tentazione di concedergli sul momento il terzo round del nostro scontro passato.

    « Abbiamo attirato un pubblico che prima era escluso ed è uno di quelli che cacciano soldi in abbondanza »

    Vorrei chiedergli di spiegarsi meglio, ma sono troppo preoccupato da un Heinz in evidente stato confusionale che si avvicina portando una bella ciotola piena di panna. La mia accresciuta percezione delle cose mi fa sapere cosa succederà prima che accada: Heinz inciampa, la panna vola verso di me; piego le intenzioni di Zwain, mi divincolo dalla sua presa e cerco di schivare la panna piegandomi all'indietro sulle ginocchia e girando la testa per evitarla, ma non ci riesco del tutto: un ciuffo di panna finisce sulla mia guancia. Tutto il resto finisce in faccia a Mimì che mi era appena dietro. Sto per pulirmi, ma Zwain mi anticipa raccogliendo la panna con un dito.

    « Che cazzo fai? »

    Gli domando con il terrore negli occhi.

    « Do al nostro pubblico ciò che vuole. »

    Risponde e si mette il dito in bocca. Il locale esplode in un “KYAAAH” generale. Se potessero, le ragazze avrebbero tutte gli occhi a forma di cuore in questo preciso istante, ed io capisco a quale pubblico prima Zwain facesse riferimento.

    « Sono... yaoiste?!? »

    « Ehi! Non vorrai discriminarle! Loro pagano bene, l'importante è dare qualcosa per farle fantasticare. »

    Guardo Break in cerca di aiuto, ma lui si limita ad annuire. Guardo Zera, ma fa lo stesso, come anche Heinz.

    « Ma a me non ci pensa nessuno? »

    Si lamenta Mimì, quasi in lacrime con la faccia ancora ricoperta di panna. Con il bisogno di riaffermare chi sono, mi avvicino a lei, le prendo il viso tra le mani e le lecco via la panna direttamente dalla guancia, avvicinandomi alle labbra.

    « Ecco. Io preferisco così! »

    Esclamo con fierezza mentre Mimì socchiude gli occhi e mi incita a continuare e molte ragazze chiedono a gran voce la panna.

    « Bravo il latin lover, » mi fa Zera, « dovresti guardarti meglio intorno prima di fare certe stronzate. »

    Sorpreso, mi giro verso di lui e vedo la figura di Misaka che va verso lo spogliatoio con passi carichi di rabbia.


    Ascolto l'unico suono nel mio ufficio, il ticchettio dell'orologio, amplificato da un silenzio anomalo: il locale è pieno, lo è fin da questa mattina, dovrebbe esserci un gran baccano, lo schiamazzo delle clienti in preda agli ormoni dovrebbe disturbarmi anche qui. Il mio ufficio mi sembra una grande cella ovattata. Probabilmente se urlassi non mi sentirebbe nessuno. Forse sono già diventato matto da tempo e tutto il Maid Caffè non è altro la forma che do all'istituto per rendermi più facile accettare la mia situazione.
    Giro e rigiro il cucchiaino nella tazza del tè, picchietto contro la sua superficie interna cercando di tenere il tempo dell'orologio, sembra quasi il tentativo di fuga di un prigioniero da una cella allagata: avrà le sue colpe ma non merita di annegare in questo modo.
    Non ho idea di quanto tempo sia passato, invece di guardare l'orologio lo ascolto, o forse è lui che ascolta me ed è il tempo a scorrere al mio ritmo?
    Dal tè non sale più vapore, oramai si sarà raffreddato da un pezzo. Forse dovrei berlo, il tè ghiacciato non mi piace ma non mi va di buttarlo. Ma dovrei interrompere il ritmo e se lo facessi non sarei più lo stesso, sarei...
    Oramai ho dimenticato anche questo.
    Non so più nemmeno perché sono in queste condizioni.
    Ah, già, è per lei.
    Prima l'ho raggiunta, ho tentato di spiegare, di dare tutta la colpa ai ragazzi e riderci su.
    Lei non ha riso.
    Ho reagito come reagisco sempre: ho cercato di fare il buffone, di strapparle in ogni modo un sorriso, ho fatto promesse, ancora una volta le stesse promesse alle quali credo non abbia mai creduto.
    Mi ha ignorato e mi sono indignato. Che idiota.
    Abbiamo litigato, ho detto che non la capivo, che non può prendersela per delle piccolezze come quelle. Ha detto che non sono in grado di impegnarmi seriamente, che non sono capace di comprendere nemmeno le cose ovvie. Non ce la fa ad avere ancora a che fare con me.
    Le ho detto che sono io quello che ha sempre paura per la propria vita, che ha paura di essere fulminato da un momento all'altro e che spesso non sa come approcciarla.
    Mi ha risposto che devo prendere una decisione, che devo scegliere, che una non può pensare di dividermi con le mie sorelle e tutte quelle altre ragazze.
    Ma noi non usciamo insieme da un sacco di tempo, non ci teniamo per mano, non abbiamo alcun tipo di contatto fisico, non ci scambiamo parole dolci, ci siamo baciati un'unica volta ed è stato quando serviva per uccidermi.
    Ci sono stati quindici minuti di blackout al Maid.
    Alla fine mi ha chiesto cosa provo realmente per lei.
    Non ho risposto.
    C'è un'altra persona che le piace.
    Non ho risposto nemmeno qui.
    È uscita chiudendosi la porta alle spalle, salutandomi con un “ci vediamo” è andata via. Sono riuscito a perdere Misaka. Non ho saputo aprirle il cuore quando dovevo e l'ho persa.
    Non capisco. Non mi capisco. Io a lei tengo davvero, le voglio davvero bene, ma non sono stato in grado di dirle che la amo.
    Forse non è così? Forse mi illudevo? Non mi piaceva davvero e davo il nome sbagliato ad una semplice simpatia? Magari, però, era all'altro Tatsuya che lei piaceva, era lui che la amava ed io, invece, cercavo solo di approfittare di un sentimento che non era mio e che non era per me.
    Ed ora mi odio, mi odio perché non riesco a stare male quanto vorrei. Non riesco a star male per averla persa, non mi sopporto.
    Cosa ho che non va? Perché sento che è meglio così, che lei non deve stare con uno come me? Sono quasi... felice...felice che esca dal mio mondo.
    Sono disperato perché non riesco a disperarmi.


    « Tsu? »

    Non sollevo lo sguardo per guardare chi è, resto chino sulla tazza continuando a girare un cucchiaino, mi accorgo che mi è scivolato e sto solo agitando l'aria.

    « Quando sei arrivata? »

    « Proprio ora. Ho bussato ma visto che non mi rispondevi sono entrata. »

    Aspetta, mi da il tempo di risponderle, di dirle qualcosa, ma non lo faccio.

    « Oggi non sei andato a scuola? Sono passata dalla tua classe alle fine delle lezioni ma non ti ho trovato. Mi sono chiesta “dove potrà essere finito quello scansafatiche?” e la risposta mi ha portato direttamente qua. Ora farò tardi al club solo perché ho voluto vederti.»

    Lo dice con il suo solito tono allegro ma non ho voglia di starla a sentire.
    Ad un tratto prende la mia mano, quella che sembra star benedicendo la tazza.

    « Battaglia di pollici! » mi fa, simulando una baruffa con il mio pollice, schiacciandolo con il suo più volte. Ritiro la mano.

    « Perché sei qui? »

    Lei si poggia le mani sui fianchi e scuote la testa spazientita.

    « Perché hai bisogno di me. »

    « Come vedi sto bene. Non c'è bisogno che ti preoccupi. Ah! Si è freddato il tè. Forse dovrei prenderne un altro. Magari più tardi, ora ho un po' di sonno. «

    Lei, però, scatta improvvisamente verso di me, aggirando velocemente il tavolino, mi prende le spalle e mi spinge con forza indietro, contro lo schienale del divano. Un capello castano volteggia fin sulla faccia, adagiandosi sul mio naso e disturbando la vista dell'espressione preoccupata di Lili. Me lo toglie e mi lascia andare le spalle.

    « No, tu non stai bene. Non puoi star bene. »

    « Invece sto bene. È proprio questo che non va. »

    Vorrei chinare di nuovo la testa, ma non riesco a distogliere lo sguardo dagli occhi verdi di Lili: mi guardano attraverso il velo della sua tristezza e del suo dolore per la mia condizione.

    « Per favore, lasciami solo. »

    Ti prego, non lasciarmi.

    « Saresti più felice senza di me. »

    Appena finisco la frase, Lili mi tira uno schiaffo, il più forte che mi abbia mai dato. Sorpreso, mi massaggio la guancia dolorante ma non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. È triste? È arrabbiata? Entrambe le cose? Cosa sta provando in questo momento? Continuo a guardarla, ora sono semplicemente sbigottito.
    Non mi dice niente, si limita a prendermi la testa tra le braccia.

    « Ora puoi piangere. Se non ci riesci per la tristezza, piangi per il dolore. Le tue lacrime saranno solo mie. »

    Sembra che non aspettassi altro che sentirmelo dire.

    Rimaniamo in questa posizione per molto tempo, finché non ho più lacrime da piangere. Mi lascia andare e mi asciuga gli occhi.

    « Non lo dirò a nessuno. »

    « Grazie. »

    « Ora il mio Tsu deve reagire. Insieme supereremo anche questa. »

    Annuisco con decisione. Mi sorride, dai suoi occhi vedo che è più rilassata e credo di esserlo anche io: senza rendermene conto la imito, sento gli angoli della bocca andare verso l'alto.

    « La tua prima delusione d'amore. »

    Mi bacia sulla fronte ed ho come l'impressione di essere tornato bambino: quante volte che c'è stata questa stessa scena, ogni volta con lei che mi consolava. Sembra che non sia cambiato davvero nulla da allora.

    « Per oggi ha già qualcosa da fare? »

    « Devo... devo uscire con Sophie. »

    « Molto bene » - mi dice ridacchiando - « rimettiti in sesto, di certo non vorrai che ti veda così. »

    Dopo poco Lili è costretta a salutarmi per andare al suo club, è già gravemente in ritardo e lì tutti dipendono da lei, da soli non sanno assolutamente cosa fare.
    Sento che si ferma appena fuori dalla porta, la stava aspettando Zwain. Loro credono che io non possa sentirli, invece sento perfettamente quel che dicono.

    « Allora come sta? »

    « Un po' meglio. Dopo ricordagli che deve vedere Sophie. »

    Quindi si allontana del tutto. Zwain, invece, bussa ed entra senza aspettare una risposta.

    « Ehi bello! Senti... mi dispiace per prima. Se non avessi fatto quella cosa voi non avreste litigato. »

    « Non preoccuparti. Probabilmente stava solo aspettando l'occasione giusta per dirmi quelle cose. »

    Zwain gira un po' per la stanza, guardandosi intorno e colgo in un paio di occasioni una certa sorpresa per come ho arredato il posto.

    « E così dopo esci con Sophie. È proprio splendida. »

    Sente la pressione del mio sguardo carico di diffidenza, preoccupazione ed istinto omicida; si mette subito sulla difensiva.

    « No, no! Non intendevo niente del genere. Solo che è proprio bello poter uscire ancora insieme a questa età. Quanto vorrei che fosse lo stesso con la mia di sorellina. »

    « Ma non mi dire! Anche tu hai una sorellina? »

    « Già, ma non è come le tue. »

    Si lascia cadere sul divano, di fianco a me, ed inizia a parlare accompagnando le parole con ampi gesti delle mani.

    « Non parliamo molto, quando succede o litighiamo o mi ordina di fare qualcosa per lei. Fuori di casa vuole che le stia lontano, rabbrividisce all'idea che qualcuno possa scambiarci per innamorati. È testarda e capricciosa. Se qualcosa le va male se la prende con me. Se le cose le vanno bene si prende gioco di me. Se si rompe qualcosa entra nella mia camera per tirarmela addosso. Una volta sono andato a prenderla a scuola: non l'avessi mai fatto! Disegnò sul pavimento della mia stanza il rilievo di un cadavere e sui muri, con la vernice rossa, scrisse “sei morto come fratello, alla prossima Nora ti ucciderà”. Ho dovuto imbiancare la stanza prima che i miei tornassero, ma alla fine spiegare le macchie di colore è stato ancora più difficile. »

    Qui è fin dove lo ascolto, probabilmente sta continuando a parlare ma oramai ho iniziato a ridere e non ce la faccio a trattenermi. Continuo a ridere anche quando mi tira un pugno sul braccio.

    « Non ridere delle mie sventure. Se ti diverte tanto facciamo a cambio, tu mi dai Sophie ed io ti do Nora. »

    « Tanto non lo faresti mai. Da come ne parli si vede che le vuoi bene. »

    Zwain ci pensa un po', quindi sbuffa ed affonda nel divano.

    « Sarà... »

    Rido di nuovo per la sua reazione. Credo che inizi a starmi simpatico, anche se credo che con quella Nora potrei andare molto d'accordo.

    « Ascolta. »

    Gli racconto il litigio con Misaka, gli dico tutto ciò che ci siamo detti, di come non sono riuscito a rispondere a quell'ultima domanda e che non ho avuto alcuna reazione quando mi ha detto che c'è già un altro che le piace.

    « Ti ha proprio sistemato. Ma, si sa, se son rose fioriranno. »

    « Non sai proprio che dirmi. »

    Zwain ridacchia imbarazzato.

    « Non ho esperienza in queste cose, sono stato troppo impegnato per avere una ragazza. »

    « Allora dimmi solo questo: ti sembro così incasinato da essere inaffidabile? »

    Zwain si prende del tempo prima di rispondermi, sembra star riflettendo su qualcosa.

    « Se domani verrai con me, avrai la tua risposta. Ora pensa solo a rilassarti ed a goderti l'appuntamento con la tua sorellina, almeno con lei potrai stare tranquillo. »


    In qualche modo sono riuscito a rimettere insieme il mio animo quasi spezzato, anche se sento di essere ancora estremamente instabile ma credo sia abbastanza normale considerando quel che è successo. Alla fine sono davvero riuscito a rispettare l'impegno con Sophie e non darle una delusione, ma purtroppo la mia mente è altrove. Mi rendo conto di essere assente: lo scenario che mi circonda sembra cambiare improvvisamente, mi ritrovo per negozi senza ben sapere come ci sia arrivato ed ogni nuovo luogo in cui mi “risveglio” mi fa pensare a tutti quei ricordi che con ho costruito con lei e che non potrò più costruire; quelli in cui siamo stati insieme, invece, rievocano dei ricordi amaramente felici. Mi sembra di vedermi ancora lì con lei, impegnati in delle vite apparentemente normali, un normale ragazzo con la sua normale ragazza in normali attività da coppie normali.
    Ma noi non potevamo essere normali. Tra i due nessuno si era realmente dichiarato, non c'erano stati né imbarazzi né attese: all'inizio eravamo solamente amici tramite mia sorella Cheria e colleghi al Maid Caffè, anche se, in verità, se sono lì molto probabilmente è perché ho incontrato proprio Misaka il giorno prima che iniziasse la scuola. Lei mi guidò in quei primi giorni al locale, mi insegnò tutto quel che c'era da sapere e mi presentò alle altre ragazze. Dato che era la responsabile del mio addestramento, avevamo gli stessi turni, quindi le stesse pause. Abbiamo iniziato a parlare proprio durante queste pause e ci siamo conosciuti meglio. In seguito abbiamo iniziato a vederci a scuola, prima con la scusa di parlare con Cheria, poi semplicemente perché volevamo stare insieme. Mi sembra passato un sacco di tempo da quella prima volta che andammo insieme a passeggiare al parco. Cheria e Sophie ci seguirono per assicurarsi che andasse tutto bene, ma non poterono fare a meno di intervenire quando una spinta ci fece finire a terra l'uno sull'altra. La scoperta, in quello stesso momento, della relazione tra Goro ed Asako ci risparmiò molto imbarazzo.
    Abbiamo continuato ad uscire insieme, ufficialmente come amici, ma per tutti gli altri come una coppia. Con il passare del tempo lo siamo diventati davvero, senza aver bisogno di dirci niente: conoscevamo già i nostri sentimenti.
    Ora, invece, è tutto finito.
    Sono passati solo due mesi da quel giorno di aprile, ma per uno che ha vissuto una notte lunga un secolo, è molto più distante.

    « Tsu-kun? »

    La voce di Sophie mi sveglia di nuovo e mi rendo conto di essere seduto in un locale con davanti una fetta di torta. Ora mi ricordo: Sophie voleva tanto assaggiare le specialità di questa nuova pasticceria ed è per questo che oggi siamo usciti.

    « Mi sembri distante. Sei distratto. »

    Continua con una punta di amarezza. Cerco di concentrarmi, di ricondurmi al presente.

    « Pensavo... che con questi dolci potrebbero davvero fare concorrenza al Maid Caffè. »

    « Stai mentendo. »

    Il mio tentativo è reso ancora più goffo dal fatto che non ho ancora assaggiato la torta. Cerco di prendere velocemente la forchetta, ma mi sfugge di mano finendomi sui pantaloni. Per fortuna era ancora pulita. Mi rendo conto, però, che il mio è un atteggiamento sospetto.

    « Tu..non vorresti stare qui con me. »

    « Cosa? »

    Sento crescere l'agitazione, non sono affatto tranquillo. Mi sembra di star di nuovo per avere un litigio come quello.

    « Vorresti che al mio posto ci fosse Bianca. »

    Ripeto varie volte la frase nella mente, mi sembra di non aver ben capito il nome. Però ha detto proprio Bianca.

    « Perché dovrei? »

    Sono sinceramente stupito, non mi aspettavo che pronunciasse proprio quel nome.

    « Lo so cosa provi per lei. Tutti lo sanno. »

    Tutti lo sanno? Sono io che non capisco più cosa provo, che forse non l'ho mai capito! E cosa c'entra lei? Cosa c'entra tutta questa situazione? Che razza di impressione do alla gente?

    « Andiamo, non ha alcun senso. Sto quasi sempre con te. »

    « Solo perché sono io a trascinarti. Accetti sempre perché non mi sai dire di no. »

    Non riesco a capire. Cosa sta succedendo oggi? Perché il mondo che ho tentato di costruire, che ho difeso e per il quale continuo a combattere sembra volermi crollare addosso?

    « Perché stai tirando fuori questa storia? »

    « Perché non dovrei? »

    « Ma che ragionamento è? Ho capito, devo averti fatto qualcosa ed ora vuoi farmi sentire in colpa. Sentiamo, cosa ho sbagliato? »

    « Sei più legato a lei che a me. »

    « Siamo gemelli! È ovvio che ci sia un legame particolare, ma finisce là. »

    « Non mi riferisco a questo. »

    « Sophie, guarda che quella è mia sorella. Ed anche tu lo sei! »

    « Ma è di lei che sei innamorato. »

    « Non ti capisco. »

    Sophie non risponde subito, si dedica per qualche attimo alla metà di torta che le rimane. Prende un sorso di tè ed io non posso fare a meno che pregare di non dover litigare anche con lei. Non lo sopporterei.
    Il tempo che passiamo in silenzio mi mette pressione, sono tremendamente stressato, sono sconvolto per la piega che stanno prendendo le cose. Ed avevano detto che con lei sarei potuto stare tranquillo, invece sto rischiando l'esaurimento nervoso.
    Finalmente decide di tornare a parlarmi, alza la testa dal piatto e posso vedere uno sguardo ad un tratto più malinconico.

    « Sei sempre circondato da ragazze ma io sono quella che passa più tempo con te. Ci vedono molto spesso uscire insieme e molte, anche tizie che non conosco, mi chiedono se per caso stiamo insieme. »

    « Ti da... fastidio essere vista con tuo fratello? »

    « No, sciocco. Non è questo altrimenti non vorrei fare sempre tutto con te. È solo che... pensano questo di noi ma... io non sono nemmeno la tua preferita. Lo so che sei mio fratello ma... pensavo solo che sarebbe bello... »

    Non è un litigio, non è terribile come mi temevo, non c'è risentimento o avversione, è Sophie, semplicemente Sophie, la mia sorellina dal pensiero contorto e spaventoso capace di infinita dolcezza. Non posso litigare con lei, non è mai successo e non credo che mai potrà accadere. Ero tanto perso nei miei pensieri da aver passato tutto il tempo ignorandola. Ma ora sono con lei, non posso essere assente. Quando sono con lei non posso che essere felice, qualunque cosa accada, e voglio che per lei sia lo stesso.
    Per quanto possano andarmi male le cose, lei non ha alcuna colpa e non posso essere tanto cupo e distratto da farla stare male.

    « Sorellina, in che situazioni vorresti farmi cacciare? »

    « Kehehe! Niente di ciò che hai pensato. So cosa possiamo e non possiamo fare... più o meno. Io... ho sempre l'impressione di essere l'ultima: sono sempre la più piccola, la più bassa, quella che si nota di meno; almeno per una volta vorrei essere la prima. Vorrei essere la prima almeno tra i tuoi affetti, la tua sorella preferita. Ma so di essere l'ultima anche in questo. »

    « Secondo me hai troppo tempo libero e pensi anche quando non dovresti. »

    « Ehi! »

    Con una osservazione un po' cattiva riesco a rompere l'atmosfera troppo cupa che ci stava avvolgendo. Tutto il resto può aspettare.

    « Immagino però di avere anche io delle colpe, dopotutto ho permesso che la mia sorellina potesse pensare delle cose simili. Già, già, dovrò prendermene la responsabilità. »

    « Mi hai messo incinta? »

    Qui non posso che ridere. La sua espressione sorpresa, il suo tono seriamente preoccupato, l'assurdità di quel che ha detto è troppo anche per me.
    No, il mio mondo non mi sta davvero cadendo addosso.

    « No! E non dire queste cose, sarebbe imbarazzante se ci sentisse qualcuno. »

    Ed in effetti alcuni ci stanno guardando di sottecchi dato che la domanda l'ha fatta con voce abbastanza alta. Non vorrei certo che la gente mettesse in giro delle voci, tipo che avrei fatto qualcosa di brutto alla mia sorellina per sfogare la frustrazione.
    Comunque mi sento più leggero.

    « Hai davvero bisogno di sentirtelo dire? Allora ascolta: voglio molte bene a tutte e tre e per ognuna di voi farei qualunque cosa, molto più di quel che farebbe chiunque altro per le proprie sorelle. Però sei tu la mia preferita. »

    Lo dico con sincerità, non posso che adorarla per come è. Sì, Zwain ha ragione, è davvero splendida.

    « Sono la sua preferita... »

    Mormora tra sé, forse ho detto troppo?

    « Non vuol dire che alle altre tenga di meno, siete praticamente tutto ciò che ho. »

    « Sono la preferita... »

    Non mi ascolta, ma non fa nulla. Credo che il me stesso normale ora potrebbe fare solo una cosa.

    « Da come reagisci sembri quasi sorpresa. Forse serve un gesto particolare. Si, penso che questo si possa fare. »

    Mi avvicino, le scosto gentilmente i capelli e le do un piccolo bacio affettuoso sulla guancia con uno schiocco piuttosto forte.
    Mi dispiace davvero tanto di averla ignorata.
    Mi sorprende che ora sembri in fiamme per quanto è arrossita dopo il mio semplice gesto di disinteressato amore fraterno. Dopotutto, chi non ha mai, nell'arco della propria vita, dato un bacio sulla guancia alla propria sorellina.

    « Ma...ma...è... non possiamo... »

    « Non credo che per questo ci siano problemi. »

    « Quindi ora stiamo insieme? »

    « Stai di nuovo pensando troppo. »


    « … infatti il professore era sorpreso. Dai! Era una domanda così facile! Ma Rin non riusciva davvero a rispondere, borbottava cose senza senso. Quando l'ha incalzata ha risposto “Nyandi”. Ma ti rendi conto? »

    Fino a qualche ora fa non avrei mai pensato che oggi stesso sarei riuscito a divertirmi tanto. È tutto grazie a Sophie, quando si è con lei è impossibile essere tristi. No, il dolore non è passato, continuo a soffrire per come sono andate le cose con Misaka, le sue parole continuano a tornarmi in mente e cerco disperatamente di ricordare il sapore delle sue labbra e la dolcezza del suo profumo ma la distanza che c'è stata negli ultimi tempi non mi aiuta.
    Però non posso fare a meno di dedicarmi completamente alla mia sorellina.

    « Credo che sarei morto di vergogna. »

    « Ma non ti ho detto la cosa più divertente. Prima che chiamasse lei, il professore aveva fatto una domanda molto più difficile a Pam ma non aveva saputo rispondere. Rin si è messa a ridere silenziosamente, ha iniziato a dire che non si può non conoscere la risposta a certe domande. Purtroppo per lei, il professore l'aveva sentita. »

    « Dopo questa dovrebbe cambiare cognome da Kuroi in Akai. »

    « È quel che le ho detto anche io. Non l'ha presa molto bene. »

    Ad un tratto mi tira uno strattone e con la mano inizia a gesticolare tutta eccitata.

    « Parli del gatto e spunta la coda. Ciao Riiin!! »

    In effetti sembra come spuntata dal nulla, quella nanetta malefica con le orecchie da gatta. Si, mi odia. Mi odia da sempre.
    Però ha una reazione non prevista: inizia ad indicarci con mano tremante ed occhi sbarrati, un altro po' e rizza i capelli neri come farebbe un gatto.

    « La..la...la... »

    Cos'è? Si sta esercitando per le prossime audizioni di X-factor?

    « La mano!! »

    Sophie ed io ci guardiamo confusi. Abbassiamo lo sguardo sulle nostre mani.

    « Sei sconvolta perché tenendo la mano? Vuoi che la tenga anche a te? »

    Ma Rin scappa, urlando che sarei un maniaco, un lolicon ed un siscon. Secondo me non sa nemmeno cosa significano queste parole.

    « Tsu-kun, non tormentarla così. »

    « Ma scherzavo. »

    Non capisco queste reazioni al fatto che la tenga per mano. È una cosa che abbiamo iniziato a fare molto tempo fa, quando eravamo ancora piccolissimi e tenevo per mano sia lei che Cheria per evitare che si allontanassero e si perdessero. È un gesto normale, al quale non diamo alcun peso e che ci è rimasto fin da allora. Si, in pratica continuo a tenere Sophie per mano per evitare che si perda. Ho come l'impressione che in troppi si dimentichino che sono il fratello.

    « Non farci troppo caso, sembra che per alcuni i nostri modi di fare siano strani. Non capiscono che sono cose perfettamente normali. »

    « Naaa! Sono lobotomizzati da alcuni anime dove i personaggi orgasmano se si sfiorano le dita. A momenti sembra che siano solo cose che si fanno tra innamorati. »

    « Però... in un certo senso mi ami, no? »

    « In un certo senso. »

    « Come ami anche Cheria e Bianca, di cui sei innamorato. »

    « Ehi! La smetti di dire che sono innamorato di Bianca? »

    « Ma è normale. Sei innamorato di me e Cheria perché siamo la tua vita. Sei innamorato di Bianca perché per lei hai tanto combattuto. Sei innamorato di Lili perché è la tua vita passata e futura. Sei innamorato di tutte le ragazze che hanno rappresentato e rappresentano tanto per te. E sei anche innamorato di Misaka. Ora non riesci a mettere insieme i pensieri, ma sono certa che quel sentimento sia reale, che sia tuo e tuo soltanto. Potrebbe non essere come quello di tutti gli altri, ma non può che essere vero ed autentico e sono sicura che anche lei lo sappia. »

    Per un attimo ho temuto per cosa mi avrebbe potuto dire, ma ha detto parole un po' confuse, è vero, ma ho ben capito cosa intende. Mi sento sollevato, più leggero e sereno.

    « Oggi... ho rotto con Misaka. »

    « Lo so. »

    Sembra anche sapere molte più cose di quanto immagini, ma per ora voglio sapere solo una cosa.

    « Era a questo che volevi arrivare? »

    Il suo sorriso dice più mi ogni parola.
    Trascorriamo insieme l'intera giornata, come non facevamo da un po' di tempo. Mangiamo qualcosa e poi rientriamo quando le strade sono ormai deserte. La accompagno fino alla sua stanza, la saluto augurandole la buona notte e poi vado verso il mio dormitorio.
    Nel corridoio, però, incontro Break.

    « Devi iniziare la ronda. »

    Mi dice serio.

    « Sono gli ordini della nobile Muzet, quindi non prendertela con me. »

    Il sorriso che avevo appena ritrovato mi viene di nuovo portato via.

    « Va bene. Vado. »

    Chiedo a Break di portare in camera mia la roba che ho comprato e torno in strada per iniziare il pattugliamento. Per me non c'è tempo per i problemi personali, ho troppe responsabilità.
    Mi tornano in mente le immagini di ieri sera, quel mostro che avrebbe sicuramente ucciso Mary se non fossi intervenuto. Ma se quel mostro si ripresentasse e non fossi nei paraggi? E se ad essere assalita fosse...
    Con un terribile presentimento, mi affido alla One Heart affinché mi guidi verso la prossima battaglia.


    Continua

     
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