[CONCLUSA]Per quel lampo che un tempo fu mio

Narrazione privata

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    Come già sapete, non ero nella migliore delle condizioni quando iniziai il mio primo turno di ronda. Definirla ronda sarebbe comunque errato, lo spirito con il quale tutti avremmo dovuto affrontare quella missione era più quello di chi si avventurava in una caccia alla preda grossa, dalla quale non c'era certezza di tornare.
    Avevamo fatto un piano molto semplice: trovare quella creatura e catturarla. Non potevamo cacciare in gruppo, non conoscevamo la psicologia di quell'essere o le sue abitudini, sapevamo solo che le sue vittime erano sempre state da sole, al momento dell'attacco.
    In quello che era diventato il nostro centro di comando, ovvero quell'aula in cui credevo fosse finita la mia storia, era riunito tutto il gruppo ed era in attesa di mie notizie: una volta avvistato l'obiettivo, avrei dovuto contattare Muzet tramite il nostro collegamento mentale, quindi l'intera squadra mi avrebbe raggiunto tramite un ponte spaziale aperto da Sharon. Ero fermamente convinto che se io, Break, Sharon e Bianca, ci fossimo ritrovati tutti insieme sul campo di battaglia e tutti dalla stessa parte, niente e nessuno sarebbe mai stato capace di fermarci. Non tutte le battaglie, però, possono essere risolte tramite la forza bruta: se ti trovassi, sulla tua strada, qualcuno che senti di non voler assolutamente affrontare, a cui non faresti del male nemmeno se ne andasse della tua vita, come dovresti porre fine allo scontro? Quella era una cosa alla quale non ero preparato, rientrava tra gli scenari che ritenevo impossibili, ma quella giornata mi aveva già riservato una sorpresa, un incredibile dolore che aveva sconvolto le mie certezze ed un animo già seriamente provato quale era il mio. Eppure è ciò che mi accadde.
    In quella serata non stavo seguendo dei pensieri logici, ogni mio spostamento era guidato unicamente dalla One Heart e dall'istinto, anche se non posso dire dove finisse uno ed iniziasse l'altro, avevo la mente troppo impegnata a riconsiderare quel che mi era successo: ogni mio pensiero era dedicato a Misaka, nella solitudine era sempre e soltanto lei a tenermi compagnia, anche se mi dava dolore. Pensavo a come mi sarei dovuto comportare con lei da lì in poi, come avrei anche solo potuto pensare di guardarla in faccia dopo quel che era successo, a come sarebbe cambiata la nostra vita al Maid Caffè.
    Trattenendo le lacrime di un cuore che era tornato ad avere poco meno di diciassette anni, entrai nella Babele Fantasma, attratto da una presenza percepita unicamente dalla mia anormalità.
    Il vecchio portone cigolò più del solito e mi fece rabbrividire, l'imponente edificio dava l'impressione di essere una casa infestata da spettri e le dicerie su voci provenienti da quelle mura rafforzavano la sensazione.
    Nell'androne l'illuminazione era spenta, ma bastava la luce che entrava dall'esterno attraverso le ampie vetrate per poter vedere ben distintamente le forme che conteneva. Ma non fu grazie a questo che scorsi immediatamente nella penombra, seduta sulla terza scala della rampa che portava al piano superiore, la figura di Cheria: mia sorella era lì che mi aspettava.

    « Cosa ci fai qui? »

    Le domandai un po' ingenuamente.

    « Non è evidente? »

    Rispose mentre, alzandosi, si sistemava la sua classica gonna che mi era sempre sembrata un po' troppo corta.

    « Ti aspettavo. Ci sono un po' di cose di cui dobbiamo parlare. »

    Non le domandai perché mi stesse aspettando proprio nel vecchio edificio scolastico, non avrebbe mai potuto sapere che sarei andato lì, ma credo che in qualunque posto si fosse trovata alla fine sarei stato guidato da lei; ero sicuramente stupito di essermela ritrovata davanti, ma non credevo che quello fosse il momento opportuno per parlare: ero a caccia di un essere molto pericoloso e non volevo che Cheria finisse per essere coinvolta.

    « È meglio se parliamo domani, ora potrebbe essere troppo pericoloso. Ti faccio venire a prendere da qualcuno perché ti accompagni al dormitorio. »

    Stavo per contattare Muzet quando una saetta colpì il pavimento vicino al mio piede. Era da molto che non vedevo Cheria usare il suo potere.

    « Mi dispiace, ma tu mi devi delle spiegazioni. Non resterò zitta in disparte mentre vedo la nostre vite cambiare senza controllo. »

    « Aspetta solo un altro po'. »

    « Ho aspettato anche troppo, intorno a te accadono fin troppe stranezze. Ho accettato Sharon senza problemi, ma poi è comparsa al tuo fianco una ragazza volpe, poi quella Muzet, di tanto in tanto si fa vedere quell'altra con il bastone e ieri, come se non bastasse, si sono presentati in camera mia tutti quei criminali che definisci Imperius Novus. Ed oggi anche la mia ultima certezza è crollata. Dimmi, è per quella Sharon? Hai rotto con Misaka per lei? »

    « Non sai di cosa stai parlando. »

    « Già, non lo so ed è questo che mi spaventa. Non ci sono mai stati segreti tra noi ed ora sento che mi stai nascondendo qualcosa di grosso. Forse è per questo che lei ti ha lasciato, o forse c'entra Bianca? »

    « Non essere ridicola, Bianca è nostra sorella, »

    « Vedi, Tatsuya, io ho solo una sorella e di certo non è Bianca. »

    Quelle parole mi presero alla sprovvista, non capivo a cosa alludesse ed anche indagando nella sua mente non riuscivo ad avere un quadro chiaro della situazione. Sentivo che la One Heart aveva iniziato ad accusare dei problemi che la rendevano meno chiara, molto probabilmente ad interferire erano le deboli onde elettriche che Cheria continuava ad emanare e che, come mi svelò Break, hanno la stessa frequenza della mia anormalità. Cercai di mantenere la calma e risposi come a volerla rimproverare.

    « Non so cos'hai contro di lei, ma non mi piace sentirti dire certe cose. »

    « Dimmi chi è veramente. »

    Probabilmente se non fossi stato in pieno cataclisma emotivo avrei resistito di più, ma in quelle condizioni non ero in grado di sostenere la sua insistenza: iniziai ad innervosirmi, ad agitarmi.

    « Bianca è Bianca. È la mia gemellina. Sicura di non aver bevuto? »

    Risi nervosamente, ma quel mio patetico tentativo di svicolare ebbe, come è logico aspettarsi, l'effetto contrario di rendere Cheria ancora più decisa a conoscere la verità.

    « Non prendermi in giro! Non so cosa hai fatto a tutti, ma io so che lei prima non c'era. E tu sai che ho ragione. Devi spiegarmi cosa è successo, da dove è saltata fuori quella tipa lì, perché ho dei ricordi falsi dove lei è presente e che cosa significano i ricordi di un mondo dove non eri mio fratello. »

    Non riuscivo a crederci, Cheria aveva conservato i ricordi delle altre realtà che aveva vissuto: non solo i ricordi del nostro mondo originale, ma anche i ricordi di quel mondo dove lei era la mia futura moglie e Sophie non esisteva. Purtroppo non avrei più potuto continuare a tenerla all'oscuro, ormai conosceva già troppe cose e le domande erano inevitabili.
    Sospirai rumorosamente non riuscendo a capire cosa sentissi realmente in quel momento, ero troppo confuso e non sapevo se fossi più sollevato dal poterle dire tutto o più spaventato dal doverle dare delle spiegazioni su un mondo dal quale volevo escluderla, non per egoismo ma per non volerla vedere in pericolo o coinvolta nell'assurdità della mia esistenza.

    « Perché proprio ora? »

    « Perché ho la sensazione che vuoi lasciarmi indietro. »

    « Un giorno ti spiegherò tutto. »

    « C'è già qualcuno che sa? »

    Non le risposi ma il mio silenzio era molto chiaro.

    « Fammi indovinare. Sharon? Muzet? Anche quel gruppo di infami? »

    Il mio silenzio confermò ognuno di quei nomi. Cheria pestò il piede a terra imprecando.

    « Tutti quelli che hai affrontato e che ora sono coinvolti in quello che stai facendo sanno mentre hai tenuto tua sorella all'oscuro. Se ora me ne andassi non mi diresti più nulla, vero? È proprio come pensavo, ormai parli seriamente solo con quelli con cui combatti. Avanti, facciamo in fretta, prima ti batto e più tempo avrai per spiegare. »

    Cheria iniziò a fare degli esercizi di riscaldamento ed allungamento dei muscoli, il tutto sotto il mio sguardo sorpreso. Mi pento di aver riso davanti alla sua determinazione.

    « Vuoi davvero combattere con me? »

    « Ricorda che quella più potente sono io. »

    « Lo so che il tuo potere non ha limiti, ma io non ho intenzione di affrontarti. »

    « E credi che ti lascerò andar via così facilmente? »

    « Per esprimere il tuo potenziale hai bisogno di tempo per accumulare carica e per allora io sarò già lontano. »

    Mi girai per andarmene, se fossi rimasto oltre avrebbe davvero potuto caricarsi ed io non avrei più avuto modo di allontanarmi senza affrontarla, ovvero ciò che in quel momento volevo meno in assoluto: con i nuovi poteri ero diventato molto più forte di quanto lei potesse concepire, ma con la One Heart che stava avendo problemi grazie alla vicinanza di una Cheria combattiva, non avevo la tranquillità necessaria per fare un piano per batterla senza farle del male.
    Per fortuna, però, quando ero girato di spalle la One Heart funzionò abbastanza da causarmi la reazione istintiva di saltare di lato: ebbi appena il tempo di vedere un immenso flusso elettrico attraversare l'atrio e spazzare via l'ingresso.
    Cheria sollevò il braccio sinistro e mi mostrò gli otto bracciali che indossava; quello più in basso si sgretolò e svanì.

    « Questi sono un regalo di Sophie, ovviamente non sapeva per cosa li avrei usati. Grazie a questi il tempo non è più un problema. »

    Mi rimproverai di averla sottovalutata ed allo stesso tempo ero ammirato per la sua risolutezza e per ciò che era stata capace di fare Sophie, stava diventando sempre più un novello Efesto.
    Già allora avrei dovuto capire cosa significa avere dalla propria parte il Genesis.
     
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    Dire che l'atmosfera era elettrica sarebbe pleonastico.
    Guardai con attenzione i bracciali di Cheria, gioielli formati da un intreccio d'oro giallo e bianco che avevano improvvisamente reso mia sorella un macchina da guerra, una delle persone più potenti in circolazione. Non nego di aver avuto immediatamente qualche idea sul funzionamento di quegli accessori, ma sul momento l'unica cosa che riuscivo a pensare era che l'intero universo sembrava volersi accanire contro di me. In quelle ultime ventiquattro ore ero stato, in ordine: assalito da un misterioso e mostruoso possessore di un'abilità simile all'Origine, vittima delle fantasie di un folto gruppo di yaoiste, mollato dalla ragazza che sentivo di amare, avevo schivato per un pelo una crisi con Sophie e, per ultimo, ero stato attaccato da una Cheria decisa ad estorcermi informazioni con la forza. Tutto quello era troppo anche per me. La mia mente si affollò di questi pensieri e mi sentii stanco, spossato, volevo unicamente che quella faccenda finisse per andare a letto e provare a prendere sonno, già consapevole che quella notte mi avrebbero fatto visita spettri del mio passato dimenticato perché la negatività stava crescendo nel mio animo, avevo bisogno di rigenerarmi per non rischiare di cadere nell'oscurità di una disperazione che in molti cercavano di scacciare e tenere lontana da me.

    « Cheria, non voglio combattere. »

    « Nemmeno io. »

    « Ed allora perché? »

    « È l'unico modo per sapere. »

    Cheria prese dal suo astuccio i cinque pugnali che aveva comprato durante le ultime vacanze per diventare speciale ai miei occhi, li elettrificò e li lasciò liberi di fluttuare attorno a lei. Sentii la frustrazione trasformarsi in rabbia, voleva affrontarmi anche con le sue vecchie armi, per assurdo fu la cosa che mi ferì di più nell'intera faccenda: già solo vedendoli mi sentii come pugnalato nella fiducia che avevo in lei e che credevo lei riponesse in me.
    Me li scagliò contro ed io reagii senza controllare gli impulsi, affidandomi unicamente all'istinto: deviai i primi quattro pugnali colpendoli con i miei pugni, ignorando l'elettricità che mi attraversava le braccia ed apriva profondi solchi nella pelle; il quinto lo deviai male e passò di fianco alla testa, aprendo un taglio nella guancia. Quando la luminosità di quei pugnali svanì si liberò la luce delle fiamme che attraversarono le mie ferite, guarendole in pochi secondi.

    « Cos'è stato? »

    « Parte della mia Origine. L'abilità suprema che distrugge e rigenera i vincoli della realtà. »

    « Da quanto...? »

    « L'ho sempre avuta. »

    Sentii dei rumori dietro di me, accompagnati da una lieve luminosità: Cheria aveva richiamato i pugnali puntandoli alla mia schiena, mi abbassai e mi passarono tanto vicino da tagliarmi una ciocca di capelli.

    « È colpa dell'Origine? »

    « Tutto è dovuto all'Origine. »

    Un bracciale si illuminò, davanti la mano di Cheria comparve un piccolo simbolo che si allargò quasi all'istante rivelando un cerchio rituale, una figura contornata da una spessa catena, con altre dieci catene d'oro che come raggi si incontravano nel centro. Persi il respiro, conoscevo molto bene quelle forme e quelle catene. Tutto aveva senso, i miei sospetti erano stati confermati e con essi le mie paure: il sigillo si stava indebolendo.
    Quel cerchio accelerò enormemente il processo di raccolta delle cariche, ci vollero pochi secondi perché Cheria potesse far esplodere l'immenso flusso energetico. Lo evitai ancora, muovendomi con il giusto tempismo, restavano altri 6 bracciali e l'unica strategia alla quale ero riuscito a pensare era di evitare tutti i colpi fino all'ultimo bracciale.

    « Chi è Sharon? »

    « La mia compagna da ottantanove anni. Sono stato costretto a vivere vite che non dovevano appartenermi. »

    « Cosa ti ha costretto? »

    « La domanda a cui volevo dare una risposta. Fu Break a darmela. Gli Imperius Novus sono riusciti a salvarmi. »

    Cheria attivò un altro bracciale creando un altro cerchio rituale, non sapeva che erano il primo passo verso il Varco dell'Infinito.

    « Muzet e la volpe? »

    « Un mio antenato nel nome dei Maehistos ed un mio famiglio. »

    « E quella con il bastone chi sarebbe? »

    Un altro immenso flusso energetico esplose con ancora maggiore potenza, stavo per evitarlo quando mi resi conto di non essere stato abbastanza attento: l'energia dell'attacco precedente non si era dispersa ed in quel momento stava ritornando contro di me, ero preso in mezzo tra due attacchi potenzialmente letali. Manifestai le mie ali di fiamme e mi strinsi in esse utilizzandole come scudo, una barriera capace di bloccare ogni assalto.

    « Emily Strauss. In un'altra realtà, lei è mia moglie. »

    Impiegai tutta la mia forza per riuscire a rompere quei flussi e disperdere l'elettricità, non ne ero uscito incolume ma le fiamme avevano immediatamente avviato il processo di recupero. Cheria attivò un altro dei cinque bracciali restanti ma questa volta la mano le tremava.

    « Quei ricordi... dove non sei mio fratello... sono veri? »

    « È esistito un mondo in cui non eravamo fratello e sorella. In quel mondo ci siamo conosciuti per caso e ci siamo innamorati. In quel mondo volevamo formare una famiglia e ci eravamo scambiati i giuramenti. Compiuti i diciotto anni ci saremmo sposati. »

    Risposi senza pensarci, dicendo le cose come stavano, ma ero stato troppo avventato.
    Ho sempre temuto il potere di Cheria, fin dalla prima volta nel bosco, e per motivi diversi dalla sua immensa potenza. Il primo era la sua difficoltà nel controllarlo. Il secondo era la completa instabilità. Più tardi si era aggiunto un terzo motivo: era stato uno dei miei poteri dell'Infinito.
    Quando perdeva il controllo e si faceva sopraffare dal potere le conseguenze erano sempre imprevedibili ed i principali inneschi erano le forti emozioni. Sapere che era esistito un mondo del genere, che quei ricordi su noi due erano reali e che tra di quelli non c'era traccia di quel che abbiamo passato insieme di qua, un mondo un cui le difficoltà e le sofferenze erano state sostituite da quelle dolci memorie, era l'emozione più intensa.
    Si attivò un secondo bracciale e lei perse il controllo.
    La potenza che poteva risultarne non poteva essere calcolata, per quel che ne sapevo avrebbe potuto danneggiare gravemente l'intero edificio rendendo la situazione ancora più pericolosa, soprattutto con Cheria incapace di dominarsi e di sfuggire ad un possibile crollo; esitai un attimo di troppo, ed anche se scelsi di restare lì e subire il colpo per proteggerla scaricando la corrente attraverso il mio corpo, non ebbi il tempo di agire in alcun modo.
    L'attacco fu troppo potente e non riuscii a sopportarlo: morii, ucciso dalla mia adorata sorella.


    Quella è stata la prima volta che sono morto in questo mondo. Negli altri mi era già capitato alcune volte e speravo di non dover più affrontare quell'esperienza. Odiavo morire, era una delle che che detestavo di più e non per la morte in sé, dopotutto io non potevo avere fine. Dopo la morte, prima che le fiamme mi riportassero in vita, attendevo nell'Heaven Feel in compagnia di Sophitia e di Emily e con loro sono sempre stato molto bene, sono persone molto gradevoli ed è sempre un piacere rivederle.
    Quando il corpo veniva portato via come cenere al vento e si accendevano le fiamme della mia fenice, non potevo mai avere alcuna garanzia su come sarei tornato, se sarei stato lo stesso o meno.
    Rinascere, risorgere dalle fiamme non è molto semplice: la nuova vita riprende da dove si era interrotta e non viene solo ripristinata l'integrità del corpo, gli effetti riguardano anche lo spirito e la mente. Ansie, paure, sofferenze emotive ed interiori, traumi, le fiamme considerano tutto questo come un danno da riparare perché sono fattori debilitanti che indeboliscono e calano le capacità combattive. Eventi negativi che condizionano un'intera personalità trattati come macchie da eliminare, imprecisioni da rimuovere nel ricamo che ti caratterizza.
    Il dolore, l'irrequietudine e la sofferenza che in quel momento mi portavo dentro per gli eventi recenti potevano essere cancellati completamente dalla mia anima. Non avrei perso i ricordi, semplicemente non sarei più stato in grado di metterli in relazione con il sentimento che mi opprimeva e di cui non sarebbe rimasta traccia.
    Quando scoprii questo, lo considerai una cosa positiva, allontanare ogni angoscia rinascendo mi sembrò conveniente; ottenere uno stato mentale completamente lucido e distaccato, non influenzato da alcuna emozione, che io consideravo accessoria – mi importava solo di un singolo obiettivo – era la condizione ottimale. Ne fui convinto a lungo, probabilmente è anche grazie a questo che sono riuscito a reggere il peso di quel che avevo fatto, ma tutto cambiò quando conobbi la mia emozione più grande. È stata la più maestosa, nel bene e nel male, e, per quanto potesse essere dolorosa, non potevo lasciare che venisse cancellata. Sviluppai il sistema per mantenere una traccia di quelle emozioni trasferendo, prima della rinascita, tutto ciò che sarebbe stato cancellato in uno spazio separato di Idea, una sorta di backup di ciò che mi rende umano; nello spirito rinato avrei potuto recuperare tutto, anche se le emozioni le avrei percepite come attraverso un filtro. In seguito imparai ad usare meglio quel sistema, a spostare le “impurità” per ricondurre lo spirito nello stato che ottiene dopo la rinascita che, come dicevo, è il più adatto per affrontare situazioni di crisi.
    La Modalità Re: una alterazione forzata della propria psiche tramite la manipolazione dei contenuti del proprio animo, inizialmente innescata dalla rinascita, ma che ho imparato a controllare ed indurre fino a renderla parte integrante del mio potere, con annesse le possibili controindicazioni.
    Qualcosa, però, viene sempre persa ed emozioni fortissime, anche se conservate, appaiono come filtrate, alla fine non sembrano nemmeno più tue, soprattutto se la rinascita viene innescata da una morte improvvisa. Come in quel caso.
    Le fiamme mi rimisero al mondo con la psicologia che dovrebbe appartenermi, senza alcuna ferita e senza alcun dolore vidi mia sorella perdere il controllo di se stessa. I bracciali che aveva utilizzato non era spariti, erano ancora lì ed erano attivi. Probabilmente avevano trovato la via per resistere suddividendo il carico di attivazione tra di loro, cosa che spiegò perfettamente l'improvvisa attivazione degli altri tre bracciali. Probabilmente quella fu la morte più fortunata dato che la Modalità Re era necessaria per rimettermi nelle condizioni giuste per affrontare un potere dell'Infinito che aveva preso il sopravvento sull'utilizzatrice. Richiamai immediatamente Muzet, senza esitare un secondo di più; lei si manifestò subito davanti a me.

    « Che succede? Il principino è nei guai? »

    Avevo trasmesso i dettagli sulla situazione alla sua mente mentre si materializzava, la sua fu una battuta per alleggerire la tensione, ma lei stessa sobbalzò per lo spavento vedendo la mia condizione e gli occhi divenuti azzurri.

    « Trius... »

    Mormorò mentre forzavo un suo rientro per ripristinare il mio potere.

    « Ricorda che abbiamo dei limiti. »

    « Dopo che l'avremo salvata potrai riposarti quanto vorrai. »

    Dovevo distruggere quei bracciali, era l'unico modo per riuscire a fermarla e farla tornare in sé, non prevedere che non sarebbe riuscita a sopportare quel potere era uno degli errori che avevo fatto. Analizzai la situazione, era necessario portarla all'esterno ed evitare che la struttura subisse ulteriori danni, il potere accelerato dai bracciali avrebbe potuto anche spazzare via l'intero edificio e non sarebbe stato un bene, soprattutto perché non avrei potuto garanti la sua incolumità, ma anche perché se avessi permesso che una struttura scolastica venisse danneggiata in modo irreparabile e che qualcuno la vedesse, non avrei più potuto spacciarmi per un protettore della scuola o cercare di entrare nel comitato disciplinare.
    Rimossi la materia del muro di fianco a Cheria e la spinsi con la forza del vento fuori dalla struttura; sfruttai il momento in cui non poté vedermi per ingannare i suoi sensi, creando una copia illusoria di me stesso e rendendomi invisibile, balzando fuori dalla vetrata in sincrono per poi dividermi dall'illusione. Sfruttai la copia come esca, attirando contro di essa un attacco elettrico istantaneo di Cheria che sembrò fondere l'aria, ma non prestai attenzione a questo dato che quella era l'occasione che mi ero voluto creare per raggiungerla. Un collasso gravitazionale non avrebbe funzionato sui bracciali, non potevo fare altro che distruggerli fisicamente con un potere compatibile: materializzai la mia Spada del Principio e mi preparai a sferrai il mio colpo.
    I miei tempi di reazione mi permisero di distruggerne uno solo prima di far esplodere una concentrazione eolica per allontanami da Cheria prima che il tuono che aveva richiamato dal cielo mi colpisse.

    « Ha anticipato le mie intenzioni. Che strazio. »

    Commentai con delusione.

    « Quindi riesce anche a richiamare fulmini dal cielo? »

    « Il potere sta crescendo esponenzialmente. »

    « Potrebbe arrivare a trasformarsi. »

    « Non le permetterò di raggiungere lo Stardust»

    Se Muzet mi aveva espresso la sua preoccupazione parlando ad alta voce, evitando la telepatia significava che qualcosa stava andando ancora peggio di quel che credevo: i disturbi dell'abilità di Cheria sembravano raggiungere tutto ciò che riguardava la mia capacità di percezione mentale avanzata, ma non avrebbe comunque rappresentato un problema fintanto che avessi avuto a disposizione la capacità di scrittura mentale e percezione dell'intenzione.
    Generai l'illusione di una barriera a prova di elettricità, con resistenza infinita, e la trapassai con la Spada del Principio facendola rinascere in tempo per parare l'ennesimo attacco di Cheria capace di rendere l'aria plasma.

    « Se solo questo potere fosse realmente tuo »

    Mormorai osservando con disappunto che la sua abilità fuori controllo si stava avvicinando pericolosamente ad un potere che poteva e doveva appartenere soltanto a me.

    « Muzet, come siamo messi? »

    « Il picco dell'illusione mi ha quasi svuotata, ma ora è passato. Siamo sotto la metà, »

    Continuavano ad arrivare brutte notizie, in oltre la barriera stava per cedere ed iniziavo a percepire lo sfaldarsi della materia che tanto mi era familiare, stavo per finire il tempo, dovevo fare qualcosa che non avevo mai provato prima.

    « Ti fidi di me? »

    « Non ho niente da perdere, male che vada rinasciamo ancora. »

    « Farmi uccidere due volte nello stesso scontro e dallo stesso avversario? Sarebbe un disonore troppo grande. »

    Le spiegai il piano, istruendola in modo che sapesse perfettamente cosa dovesse fare ed in che momento farlo, aggirando le difficoltà di sincronizzazione mentale.

    « L'energia potrebbe non bastare. »

    Mi avvisò perplessa per ciò che le avevo detto, ma nonostante ciò si mise subito all'opera per mettere in atto la nostra ultima strategia: raccogliemmo attorno a noi le correnti d'aria, iniziammo a farle ruotare attorno a noi a sempre maggiore velocità concentrandoci per disporle a formare una cupola di vento che ci avvolgesse. Muzet fece uscire le sua braccia ed insieme manipolammo l'aria per creare dei flussi di maggiore umidità che raffreddammo fino a far congelare le particelle d'acqua che trasportavano. Manipolammo altri flussi allo stesso modo fino a circondarci di una massa di aria in rotazione velocissima e satura di mini cristalli di ghiaccio che finirono per collidere.
    L'ultimo passo era il più complicato: manipolare la conducibilità elettrica di tutta l'aria in movimento per disporre le cariche. Infatti gli urti tra cristalli di ghiaccio generavano elettricità statica ed era proprio questa la chiava di tutto: se fossimo riusciti a generare abbastanza energia avremmo potuto deflettere l'attacco di Cheria che stava strappando elettroni a tutto ciò che aveva intorno.
    Quando la barriera non riuscì più a reggere, raccogliemmo all'esterno della massa d'aria l'intera elettricità che avevano generato e ci preparammo a ricevere l'immenso flusso energetico.
    L'impatto fu tremendo, la nostra cupola d'aria ed elettricità riuscì a reggere ma non riuscivamo a mantenerla, era la mossa di Cheria che stava spingendo per dissipare la nostra elettricità, ma non potevamo ancora cedere. Mantenni la forma dei vortici con tutta la mia forza mentre Muzet continuava a generare elettricità, dovevamo potenziare il nostro campo per rafforzare la repulsione magnetica.
    Resistemmo con tutte le nostre forze fino a sentire le energie abbandonarci. Muzet aveva avuto ragione, non avevamo abbastanza energia per portare a termine il piano.

    « È impossibile. Stiamo forzando le leggi fisiche e non siamo in condizione per farlo. »

    Muzet si era data per vinta e la sentii cedere in quell'inferno di turbini, ghiaccio e fulmini che ci eravamo creati. Mi concentrai con tutte le mie forze per riuscire a fare anche la sua parte.
    Sapevo di essere allo stremo, ma non volevo mollare, non volevo uscire sconfitto e fallire nel mio compito di salvare mia sorella. Era stata una sciocca, aveva agito in modo irrazionale, si era affidata ad un potere che né lei e né Sophie potevano capire davvero per avere un semplice dialogo con me. Per fortuna in quel momento tali pensieri non potevano farli vacillare o condizionarmi emotivamente. Continua a cercare di dar fondo a tutte le energie che mi rimanevano, iniziavo a convincervi che sarei dovuto morire di nuovo e che sarebbe stato un bene, avrei potuto riprovare con le energie ripristinate, quando mi accorsi di un fatto strano: più mi sentivo allo stremo, tanto più riuscivo a tirare fuori nuove forze. Provai ad allentare la tensione e fu lì che lo sentii, un calore che mi attraversava la pelle e mi scaldava dall'interno, la sensazione di altre vite che entrano in contatto con la tua. Il mio respiro si fece regolare ed io sorrisi sentendo giungere in me anche la vita di Cheria, tornando a dettare il tempo dell'esistenza.
    Avevo recuperato il mio Protos Heis.
    Il vero Protos Heis, quello di Trius Maehistos.


    Edited by .Micael. - 27/10/2015, 01:15
     
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    Tutto questo me lo ricordo come un sogno, ogni volta che ci ripenso mi sembra di aver tralasciato qualcosa e trovo sempre dei particolari, anche non di poco conto, che mi lasciano pensoso e con gravi dubbi ai quali non posso dare risposta. Il ripresentarsi del mio potere, del mio Protos Heis, proprio in quel momento, è uno di questi. Però, mi piace pensare che in quel momento la versione originale del potere che aveva anche Sophie sia venuto in mio soccorso per riparare all'errore al quale era stata condotta e distruggere quei bracciali che avevano sottomesso Cheria. Un altro dubbio è perché siano proprio questi gli avvenimenti che ricordo peggio, ho solo un'ipotesi che forse lo può spiegare.
    In quel momento, quando iniziai di nuovo a battere il tempo dell'esistenza, affluì in me un'immensa energia e la consapevolezza di poter ricorrere ad alcune delle abilità speciali del potere. Spingendo sull'interazione tra One Heart e Protos Heis riuscii ad aggirare la limitazione sulla comunicazione mentale con Muzet tramite iniezioni controllate e ritmiche d'energia pura che le permisero di comprendere come volevo che si comportasse. Le nuove forze le permisero di accelerare la rotazione del vento creando un campo magnetico di contrasto adeguato alla situazione mentre, mentre io mi limitavo a fare qualcosa per cui Sophie in seguito mi avrebbe molto invidiato: mi auto indussi lo stato di Overdrive.
    Alterai il livello di purezza energetico repentinamente, il potere sembrò esplodere per quanto si era innalzato il livello di emissione, travolto da una corrente che lo aveva spinto oltre ogni limite. La cupola di vento accelerò, tanto che la velocità iniziò ad alterarne la forma stringendola verso il centro; assecondai il fenomeno ed alterai ancora il vento, deformando la cupola in un vortice che si avvolse attorno al raggio d'emissione elettrica di Cheria, costringendolo in un campo magnetico che, permeando tutta la mia costruzione di vento percorsa dall'elettricità che auto generava, spinse il tremendo attacco di Cheria verso io cielo, dove non avrebbe potuto fare danni.
    Quando mia sorella, o per meglio dire il potere che la stava dominando annebbiandole le capacità di giudizio e sottomettendone la volontà, smise mi muovere le cariche, l'energia che avevo portato in cielo era enorme. Esaurii l'Overdrive per contrastare quell'attacco, usando quel che restava per stringere le cariche elettriche in una prigione di masse d'aria a conduzione nulla, cosa che mi costrinse per un secondo sulle ginocchia mentre mi concedevo la contemplazione del piccolo sole artificiale che avevo appena creato e che brillava nel cielo rischiarando la notte rendendola simile al giorno. Fu un fenomeno visto da diversa gente, nei giorni a seguire e fino a non molto tempo fa mi è casualmente capitato di sentirlo al centro di varie discussioni. Una sola volta chiesi io stesso informazioni per avere qualche particolare di quella assurdità, io non ebbi molto tempo per studiarla ed esaminarla fino a fondo.
    Mi rimisi subito in piedi, le energie si ripristinavano automaticamente permettendo a me e Muzet di continuare virtualmente in eterno, ed indussi istantaneamente un secondo Overdrive per avere uno sbalzo di potere ancora più violento, con il quale avviare una nuova manipolazione del vento atta a generare elettricità statica per prepararmi a contrastare quello che sarebbe stato l'ultimo assalto della nottata.
    I bracciali di Cheria brillarono tutti insieme al massimo per vari secondo, accumulando in alto, nelle nubi, una quantità immensa di carica, pari a quella che avevano mosso per tutta la durata dell'attacco precedente.
    Lanciai le nubi che stavo manipolando per intercettare la scarica che Cheria richiamò dal cielo e che, attraversando il piccolo solo di cui prima accennavo, aveva raggiunto le proporzioni dello Stardust.
    Muzet chiamò il nostro attacco “Air Drill of Storm” ma, nonostante il nome altisonante, l'immenso vortice di vento elettrificato non riusciva a contrastare qualcosa di così vicino allo Stardust, una delle abilità più grandiose dell'Origine dell'Infinito di Trius.
    Non tentennai né ebbi cedimenti, mi preparai ad indurre un secondo Overdrive per aumentare il mio potere, e sarei anche stato disposto a ricorrere ad un terzo o ad un quarto, affidandomi alla mia capacità di superare qualunque effetto collaterale di tanto stress fisico semplicemente rinascendo, pur di riuscire a porre fine a quell'immenso pericolo, tanto che finii per concentrarmi fin troppo sul Protos Heis, finendo per perdere di vista la sua altra faccia.


    Molte delle mie abilità non sono semplici, hanno degli aspetti particolari o nascosti, spesso difficili da notare, che rendono più complicato il funzionamento dei miei poteri. Dato che questo riguarda più che altro le abilità della mia seconda anormalità, per usare il termine più diffuso, si sarebbe tentati di ricercare la causa nella sua stessa natura: l'interazione tra i frammenti della Musa, della Fenice e della Volpe. Se guardiamo il funzionamento del sistema Trinity Sheer sembrerebbe vero, i poteri che lo costituiscono si ostacolano a vicenda ed usarli diventa molto complesso, ma, nonostante il nome, in questo prendono parte solo due frammenti, la Volpe resta fuori dai giochi.
    Eppure anch'essa ha le sue particolarità. Le lame, le Enses Gemini, sono molto simili ma non abbastanza da essere gemelle: questo perché ogni lama è gemella di se stessa.
    La loro luce nasconde un'ombra. La Spada del Principio è correlata al potere di generare illusioni senza limiti, possiamo definirlo l'aspetto positivo; il suo negativo è la rinascita delle illusioni, l'abilità di renderle reali. White Heart
    La Lama dell'Epilogo porta con sé il Protos Heis che, come ho detto, è l'abilità che detta il tempo dell'esistenza. Il suo negativo è l'abilità dell'Infinito che più temo. Black Heart. L'abilità di sottrarre l'esistenza. L'abilità che si attivò in quel momento di crisi.
    Sentii un forte bruciore sul braccio, il simbolo del Vulpis Interitus era in fiamme. Il dolore mi costrinse a chiudere gli occhi, mi distrassi mentre stavo ricevendo la tecnica più potente di Cheria: in quel breve istante che ebbi per realizzare la cosa accettai di dover rinascere di nuovo, non avrei potuto mai sopportare uno Stardust, anche se incompleto; eppure la vita non mi abbandonò. Riaprii gli occhi, il dolore al braccio era finito, mi ritrovai davanti la Lama dell'Epilogo in versione attiva, sospesa all'altezza del mio volto. Aveva sottratto l'esistenza della tecnica di mia sorella, in questo modo ero riuscito a salvarmi dalla seconda morte della serata, ma, se possibile, la situazione era peggiorata. In quel momento, però, impugnai la lama attiva, mi era sembrata la scelta migliore per porre fine allo scontro, confidavo di poter poi disattivare l'arma con le mie sole forze. Tentai di contattare Muzet, ma lo shock dell'attivazione improvvisa del Black Heart le aveva fatto perdere i sensi. Scattai verso Cheria con tutte le mie energie, affrontai con secchi fendenti ogni suo attacco senza schivare, rimuovendoli dall'esistenza uno per uno, un malinconico canto iniziò ad affacciarsi alla mia mente, una canzone triste che ben conoscevo e che si faceva sempre più forte ed intensa. Le voci si moltiplicavano, si accavallavano, riempivano tutta la mia testa e sembravano volersi espandere al mio intero corpo. Tutta la mia Origine risuonava per le vibrazioni di quel canto mentre raggiungevo Cheria ed eliminavo il suo ultimo attacco. Con la punta della lama sfiorai uno dei suoi bracciali ed all'istante tutti e cinque scomparvero senza lasciare traccia. Cheria perse immediatamente i sensi, la afferrai prima che cadesse e la adagiai dolcemente a terra. Quel folle scontro con lei era finito, l'avevo fermata prima che la sua persona finisse per essere distorta ancor più di quel che già era.
    Non mi restava che fermare anche gli effetti della mia anormalità. La ali si dissolsero, come anche la Spada del Principio, ma la Lama dell'Epilogo non ascoltò il mio comando. L'oscurità della sua forma attiva iniziò ad espandersi, a riversarsi all'esterno della lama in cerca di altre esistenze da assorbire. Cercai di evocare le mie catene per bloccarla, ma non avevo ancora recuperato quella abilità. Era fuori controllo, non c'era nessuno che potesse aiutarmi ed il mio potere non era ancora completo. La strinsi con le mie mani, cercai di placarla offrendole una parte della mia infinita esistenza, ma era tutto inutile. Il canto si era fatto troppo forte, più stringevo e più cresceva, non mi permetteva più di ragionare. Se non avessi fermato quell'abilità sarebbe stata la fine, il mio intero mondo si sarebbe dissolto attorno a me. Come era già accaduto più volte. Nel nulla senza fine sarei rimasto solo io. L'unico essere esistente in tutto l'Universo, questa volta senza una via di fuga.
    Mentre lottavo e mi sforzavo e combattevo contro quella che non era altro che una parte di me, l'oscurità del nulla aveva avvolto tutto fin dove i miei occhi potevano vedere. Non volevo di nuovo finire in quel modo, non volevo perdere tutto. Non potevo permettere che la mia maledizione spazzasse via tutto il mio mondo. Io, che avevo distrutto innumerevoli mondi senza remore, stavo lottando con tutto me stesso per salvarne uno dal mio flagello e senza avere il potere per contenerlo o contrastarlo. Non avendo più nulla mi aggrappai all'unica speranza che mi era rimasta, riaffiorata nella mente come un urlo tra le parole di quel canto. Supplicai il nome di Sophitia. Prima di essere sopraffatto ebbi l'impressione di scorgere una ciocca di capelli viola, una calda carezza sulla guancia. Sentii una frase, “Va tutto bene”, poi caddi, vinto dal peso della notte eterna.


    Ricordo di aver sognato.
    Ero nel mio bosco, a casa mia. Inseguivo Emily tra gli alberi, si nascondeva dietro i tronchi ed io sapevo in che direzione andare solo seguendo il suono della sua risata. Quando mi attardavo si fermava ad aspettarmi per poi cercare di farmi spaventare. Riuscii a raggiungerla, anche se è meglio dire che si lasciò raggiungere, e la fermai cingendola alla vita mentre lei, ridendo, protestava che le facevo il solletico e dovevo lasciarla andare; si divincolò tanto che mi trascinò a terra e finii con lo stare sopra di lei. Emily, finita a terra supina, si rigirò per potermi mostrare il suo viso, ma non era più lei, era diventata Sharon. Nella caduta le spalline del vestito erano venute meno e mi stava offrendo un'ampia vista sul suo seno nudo. Allargò le gambe con sguardo lascivo e chiuse gli occhi, schiudendo le labbra, pronta a concedersi a me. Ancora una volta.
    Fummo interrotti da una voce: mi voltai nella direzione dalla quale proveniva, con un certo fastidio, e vidi Misaka osservarmi con sguardo severo. Feci per giustificarmi ma Sharon era svanita e Misaka sembrava tornata calma. Mi si avvicinò e mi tese la mano per aiutarmi ad alzarmi, ma mi sentii trattenere. Vidi Mimì aggrappata al mio braccio, non mi avrebbe lasciato andare per nulla al mondo. Lo scenario era improvvisamente cambiato: ci trovavamo in spiaggia, seduti sulla sabbia lasciavamo che una leggera brezza asciugasse i nostri corpi, appena usciti dall'acqua. I due pezzi del costume esaltavano le sue forme, ma non descriverò la sua sensualità, non l'avevo ancora vista in quel modo, conoscevo solo le linee del suo ventre, qualunque altra parola sarebbe di troppo.
    Guardavamo insieme il Sole specchiarsi nell'acqua e calare fino ad incontrarla, anche nel sonno mi domandavo perché fossi finito lì con lei ma, seguivo il corso degli eventi senza contrastarlo, sentivo che fosse giusto. Stavo per baciarla quando una palla da spiaggia mi colpì alla testa.
    Sentii le risa di una bambina.
    Mi voltai immediatamente e la vidi lì, in piedi dietro di me, con i capelli pieni di sabbia, la mia Marisa. Ora aggrappata al mio braccio c'era Lili, quella che ho perso.

    « Dai, ridagliela. »

    Mi disse indicando la palla. La presi e feci segno a Marisa di avvicinarsi. Lasciai cadere la palla e le abbracciai entrambe. Marisa si divincolò e tornò subito a giocare, strinsi più forte Lili. Sembrava sorpresa dal mio comportamento.

    « Che ti prende? Sembra che non ci vedi da un secolo. »

    Lei scherzava ma non era andata troppo lontana dalla realtà, era passato molto tempo da quando le avevo perse e non ero mai riuscito a sognarle prima, ma in quel momento pensavo e speravo che tutto il resto fosse stato il brutto sogno, di essermi finalmente svegliato da un incubo che sembrava non voler finire e di essere andati in quella vacanza che non eravamo più riusciti a fare. Baciai la mia sposa, con sullo sfondo i suoni delle onde e la voce felice di nostra figlia, finché il Sole non tramontò d'improvviso.
    Sentii una sensazione di grande ruvidezza sulla bocca, di secco. Aprii gli occhi ed urlai alla vista di quel corpo mummificato. Balzai in piedi ed il cadavere si accasciò a terra, non più sulla sabbia ma sul freddo asfalto; dalla sua bocca uscì un liquido vischioso e nero che creò una chiazza scura sull'asfalto, stesso liquido che mi resi conto di avere sulle labbra. Mi ripulii come meglio potevo, ebbi quasi un conato di vomito che si spense vedendo il cappello che avevo regalato a Lili di fianco al cadavere. Con una sensazione terribile mi guardai alle spalle e scorsi quel corpicino con il ventre dilaniato. Mi chinai su di esso e lo strinsi forte a me, urlando con quanto fiato avevo in corpo, poi si dissolse. Mi guardai le mani che la reggevano e che ora erano tinte del rosso del suo sangue. In preda al panico ed all'orrore girai la testa freneticamente a destra e sinistra, vedendo i corpi di Misaka e Mimì ed i pezzi del cadavere di Sharon.
    Mi coprii gli occhi, la debole luce di un lampione mal funzionante proiettava sui muri ombre sinistre di esseri umanoidi che strisciavano fuori dall'oscurità. Due voci ridevano di gran gusto della mia disperazione. Mi parlarono.

    « E tu temi la notte? »

    « A volte l'evoluzione è rivoluzione »

    « Anche il tuo sangue è rosso? »

    « Non restare indietro... »

    « Abbiamo tutti qualche ombra. »

    « … o finirai come loro »

    « Non temerci, fratello, tutto sarà come deve essere. »

    « Non avrai vissuto davvero finché non sarai morto. »

    « Nella morte incontrerai la vera vita. »

    « È quel che meritano i Maehistos. »

    « Ma non preoccuparti.. »

    « Tutti i tuoi cari saranno con te »

    « Nel mio regno desidererai di poter morire. »

    Sentii una persona poggiare la schiena contro la mia, vidi un ciuffo di capelli bianchi, la scia di piume di Nix.

    « Si avvicinano. »
     
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    Mi svegliai di soprassalto, ero sdraiato in un luogo che non avevo identificato. Cercai di alzarmi ma, a metà strada, urtai qualcosa con la fronte. Ci fu un urletto di dolore, vidi Bianca contorcersi a terra, era china su di me ed alzandomi avevo finito con il darle una capocciata.

    « Che male! Ma sei scemo o... »

    Si interruppe, turbata da qualcosa che aveva appena visto; sfiorai i miei zigomi e mi resi conto che stavo piangendo. Bianca mi si inginocchio immediatamente di fianco cercando di asciugarmi le lacrime con i lembi del suo vestito.

    « Ehi! Ti ha fatto così male? Smettila di piangere che se no piango anche io. »

    Mi gettai tra le sue braccia e piansi sulla sua spalla, singhiozzando per la prima volta dopo molti anni ed offrendo uno spettacolo davvero poco glorioso, costringendola a confortarmi.

    « Grazie al cielo stai bene. Non ho perso davvero tutto. »

    Le dissi con la voce rotta dai singulti.

    « Non voglio... che accada...di nuovo... »

    Bianca si avvicinò al mio orecchio e sussurrò.

    « Io sono qui. »

    Continuò a confortarmi ed a sussurrarmi parole dolci e tranquillizzanti finché non mi fui calmato, mi asciugò le lacrime e, con un sorriso gentile, sollevò con gli indici gli angoli della mia bocca perché anche io tornassi a sorridere. Mi strinse al suo seno continuando a carezzarmi i capelli. Mi chiese cosa mi fosse preso ed io le parlai dell'incontro con Cheria, il nostro scontro, risveglio dalla Lama, l'attivazione del Black Heart e di come era sfuggito al mio controllo; il terrore di aver cancellato il nostro intero mondo. Mi ascoltò senza battere ciglio, molto probabilmente non aveva capito quello che le stavo dicendo ma mi lasciò sfogare. Solo sul sogno mi rassicurò che si trattava solo di un incubo, avevo passato dei momenti difficili ed era normale avere un sonno turbato.
    A quel punto le chiesi come avesse fatto a trovarci e se era stata lei a risolvere la situazione.

    « No, non ho fatto nulla. Sono uscita perché ero preoccupata per te e volevo aiutarti, poi ho visto quella roba apocalittica in cielo e sapevo che dovevi c'entrare qualcosa tu. Quando sono arrivata tu e Cheria eravate a terra privi di sensi e c'era una ragazza in pigiama a vegliarvi. Era buffa, aveva anche la cuffia da notte. Mi ha detto che stavate bene e se ne è andata subito. Ho rimesso in sesto la Babele e vi ho portati dentro. Muzet si è svegliata un bel po' di tempo fa e se ne è già andata. Ha farfugliato qualcosa sulla follia di Trius ed è uscita sbattendo la porta. Che tipo... »

    Il comportamento di Muzet era esattamente ciò che ci si poteva aspettare da lei, non lo considerai minimamente. Piuttosto rimasi a riflettere sulla ragazza con il pigiama, Bianca non aveva saputo fornirmi altri dettagli e quindi non potevo fare molte ipotesi su chi sarebbe potuta essere, sperai tanto che si fosse trattato di Sophitia ma sapevo bene che non poteva raggiungermi in questo mondo, era stata lei stessa a confessarmelo in passato. Trasalii quando mi ricordai di non aver ancora chiesto nulla di nostra sorella.

    « È lì che dorme ancora. Non ha danni ma non so quante forze le siano rimaste. »

    Ci accucciamo alla base del muro, per cercare di riposare a nostra volta, ma la notte si era fatta troppo fresca per il nostro abbigliamento leggero. Manifestai le mie ali, ora ricoperte di fiamme rosse e calde per la ritrovata pace, con una coprii Cheria e con l'altra avvolsi me e Bianca. Finimmo per addormentarci e, così stretti nel caldo abbraccio della fenice, feci in modo che ci incontrassimo tutti e tre in sogno, seduti al tavolo del soggiorno di casa nostra per poter parlare davanti una tazza di tè caldo.

    « Siamo davvero noi, Cheria, è tutta opera mia. »

    Le dissi prendendo un sorso di tè, rassicurandola sul cambio di scena estremamente improvviso che ha interrotto il suo sogno, qualunque fosse.

    « Incontrarsi in sogno è così nostalgico. »

    Bianca si era lasciata andare ai ricordi di quando il sogno era il nostro regno e l'unico modo per poterci vedere; dopo averlo detto si tappò la bocca con le mani, non era qualcosa di cui poteva parlare davanti a Cheria, tuttavia quest'ultima non sentì: il sogno era lucido per tutti e tre, lei aveva ricordato lo scontro ed era concentrata su di me.

    « Cosa è successo? Cosa mi è successo? »

    « Quei bracciali hanno reagito con l'anormalità e preso il sopravvento su di te. Sono troppo pericolosi, non chiedere mai più a Sophie di fornirteli. »

    Lei abbassò lo sguardo un po' in sofferenza per essere stata ripresa e per ciò che ricordava di aver fatto.

    « Quindi hai vinto tu? »

    Mi appoggiai allo schienale della sedia e sollevai gli occhi verso il soffitto che non vedevo da molto tempo.

    « Si. »

    Mi limitai a dire. Cheria si adombrò ancora.

    « Senza i bracciali non potrò più affrontarti alla pari. Non potrò mai sapere chi è... »

    Mi ricordai quello che era il suo obiettivo iniziale, la motivazione che l'aveva spinta ad affrontarmi e che aveva fatto correre all'intera realtà un rischio che lei non poteva nemmeno immaginare. Presi la mano di Bianca e lei capì che era giunto il momento di confessare.

    « Lei è la nostra Shiro. L'ho riportata indietro. »

    Cheria ripeté quel nome alcune volte, come se avesse avuto difficoltà a capire di chi stessi parlando. Poi tutta la tensione che aveva addosso si sciolse, iniziò a ridere sommessamente e si spalmò sul tavolo fino ad appoggiarvici la testa.

    « Shiro. Ed io che mi preoccupavo tanto. Shiro. La nostra Shiro. Se anche vi mettete insieme non ho più nulla da ridire. »

    La sua reazione mi stupì un bel po', mi sarei aspettato maggiore gioia da parte sua e magari che aggiungesse qualcosa di diverso che non suggerisse l'incesto.

    « La nostra situazione la conosci bene. Siamo gemelli. »

    Aggiunsi cercando di rimettere in chiaro le condizioni, ma finii solo per scatenare un'altra sua risata.

    « Come se questo possa fermarvi. Anche ora vi tenete per mano. »

    Io e Bianca ci guardammo un po' confusi, poi abbassammo lo sguardo sulle mani che non avevamo ancora separato e ci sentimmo in imbarazzo; ci girammo d'improvviso in direzioni diverse, rossi in viso come non eravamo mai stati. Era alquanto strano essere incoraggiati proprio dalla sorella con la quale avevo sempre avuto il rapporto più particolare, prima che arrivasse Bianca.

    « Quando te ne sei accorta? Quando hai capito che qualcosa non andava? »

    Le domandò Bianca dopo un momento di incertezza. Cheria scosse il capo.

    « Non lo so. Ad un tratto ho trovato nella testa i ricordi di altre due realtà e sapevo quali erano quelli veri. »

    « Altri due? »

    « Anche quello dove non eravamo fratelli. »

    Intervenni per chiarire il dubbio. Bianca spostò rapidamente lo sguardo da me a Cheria per un paio di volte prima di lasciarsi sfuggire un'espressione di stupore, quindi di incertezza. Sapeva che quel mondo era un argomento molto delicato e che evitavamo di parlarne, anche se la nostra era solo una vana fuga, un tentativo di dimenticare quale pericolo corressimo davvero, ma l'oblio forzato non ci avrebbe assolutamente potuto aiutare in eterno. E poi... la realizzazione di un amore, che avevamo sempre visto come proibito, ma che in quella realtà era più che lecito, poteva rappresentare un motivo di insofferenza ed incomprensione, come era effettivamente successo poco prima.

    « Quindi ti sta bene? »

    Domandò Bianca un po' timorosa; a giudicare dalla risposta, Cheria probabilmente fraintese il soggetto della domanda.

    « Si. Al contrario di noi, voi non siete davvero fratelli. Per me potete anche...andare a letto...insieme. »

    A quel punto Cheria, colta da una improvvisa stanchezza, si addormentò anche se stava già dormendo. Bianca sgranò gli occhi, fui io a chiuderle delicatamente la bocca perché, come si suol dire, le era caduta la mascella sentendo una simile affermazione.

    « Ma, Tsu, noi non possiamo lo stesso. »

    « Lo so e dovremo cercare di non cadere in tentazione. »

    Misi fine al sogno e ci svegliammo tutti e tre. Cheria era disorientata, ma era normale dato che l'avevo fatta uscire da due livelli di sogno e lei non era certo abituata ad una interferenza onirica come la mia. Fece mente locale e, accorgendosi di come io e Bianca ci eravamo addormentati così strettamente avvinghiati, sogghignò in un modo che poteva voler dire solo “Lo sapevo”.
    Cercai di ignorare la cosa, stesso sforzo fatto dalla mia gemella, e la presi per mano. Sentii la sua debolezza, aveva consumato fin troppa energia ed aveva davvero bisogno di riposarsi. Attivai il mio potere della Sacralità ed infusi in lei le mie fiamme sacre. Non si spaventò né fece alcun segno di reazione, si fidava ciecamente di me, proprio quel che desideravo di più da lei. Alleviai la sua fatica, quindi passai all'altra abilità che avevo appena recuperato per ridarle le energie.

    « Ma questo è.. »

    « Te ne sei accorta subito, eh? È il Protos Heis, »

    Percepii una grande confusione da parte sua.

    « Ma è il potere di Sophie. »

    « In origine questo potere era mio. Stando con me gliel'ho trasmesso. Anche il tuo potere, un tempo, era mio. »

    « Allora perché è così difficile... »

    « È incompleto. Ma non preoccuparti, sono sicuro che un giorni riuscirai a trovare il sistema per controllarlo completamente. Ora.... dimmi quel è la cosa che ti sta turbando davvero. »

    Avevo sentito che aveva dentro un altro peso che tardava a togliersi.

    « One Heart... »

    Disse, non era più nemmeno stupita, oramai era diventato piuttosto ovvio cosa mi permettesse di fare il mio potere. Cheria era titubante, sembrava sperasse che, non dicendolo, tutto sarebbe diventato falso. Poi si decise.

    « I nostri genitori. Mi hanno chiamata. Arrivano domani pomeriggio.

    « Io non vengo. Ho molto di cui occuparmi e non posso lasciare. »

    Risposi facendomi subito più cupo. Non volevo vederli. Cheria non cercò di convincermi, si immaginava la mia reazione.

    « Andrò solo io. Voglio che Sophie resti qui, tu non dirle nulla. »

    « Non lo farò. »

    « Parto domani mattina, tu inventati qualcosa. Vado a letto, tra non molto dovrò svegliarmi di nuovi. »

    Cheria uscì di scena in questo modo, dopo averlo detto il suo impegno era diventato improvvisamente più reale di quanto volesse e dovette chiudere la serata così frettolosamente. Avrei voluto che anche a me non avesse detto nulla.


    Continua.

     
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    Finalmente eccomi qua a valutare v.v Dunque, è un po' complicata nella parte della battaglia ma si riprende molto bene nella parte successivi. Grande ritorno della tavola e del te xD

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4 replies since 28/9/2015, 18:35   95 views
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