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.SPOILER (clicca per visualizzare)Haiiro Kugatsu - Kazuma JinnouchiHaiiro si guardò intorno. Non c'era nessuno, in quella parte del parco, a quell'ora di sera. Bene.
Si sedette sulla panchina, sollevato. Non voleva gente intorno. Anche perché, per persone normali, quanto stava avvenendo poteva essere piuttosto sorprendente. Nulla di pericoloso, intendiamoci. Probabilmente. Però oggetti che si concretizzano dal nulla potevano stupire un normale individuo. Quindi meglio evitare. Meglio scegliere un posto isolato, senza gente intorno. Certo avrebbe potuto usare la sua camera, lì non c'era problema che qualcuno entrasse. Ma non voleva rischiare di danneggiarla o che qualcuno sentisse qualcosa. Preferiva uno spazio aperto come il parco Hijifu.
Cosa voleva fare Haiiro in quell'occasione? Esperimenti, piccoli esperimenti sulla sua anormalità. Aveva notato come il suo Dream Teller, il potere di rendere reali i sogni, stesse diventando sempre più forte. Ora riusciva a fare cose che prima gli erano impossibili: voleva scoprire fino a dove si poteva spingere.
Sapeva di poter rendere i suoi sogni illusioni, forze che influenzavano la realtà, o anche veri e propri oggetti materiali. Cosa poteva esserci dopo di quello? Nulla, aveva pensato un tempo. Ora ne dubitava. Credeva, anzi sentiva, che la sua anormalità potesse andare oltre. Dove, non lo sapeva. Per questo, voleva provare a scoprilo.
Haiiro si sedette sulla panchina e si immerse nel dormiveglia. Sognò, e concretizzò gli oggetti che sognava nella realtà. Vasi, porte, soldatini trasformabili e altre amenità varie: non era importante l'oggetto. Dopo qualche minuto, tutti gli oggetti svanivano.
“Questo sapevo già di poterlo fare...” pensò deluso.
Allora provò un atteggiamento diverso: si concretizzò su uno solo degli oggetti che stava sognando (un tavolo da bricolage che, nel suo sogno, si trovava al centro di un casinò, dentro un luna park, sopra una lastra di cristallo semovente che solcava l'universo) e provò a concretizzarlo, non solamente dandogli consistenza reale, ma portandolo fuori dal sogno, dentro la realtà.
Ci riuscì. Quando riaprì gli occhi, il tavolo da bricolage era lì. Dopo che dieci minuti furono passati, era ancora lì e non sembrava intenzionato a sparire. Era riuscito a usare l'Endless Dream, un sottosviluppo della sua anormalità che gli permetteva di concretizzare un oggetto senza limiti temporali.
Forse avrebbe dovuto accontentarsi di quanto aveva ottenuto, di quel suo risultato. Invece, non era ancora soddisfatto. Benché portare nella realtà quel semplice oggetto l'avesse sfiancato, provò lo stesso a immergersi in un altro sogno. In più, stavolta si diede un obiettivo ancora più impegnativo: portare nella realtà non un solo oggetto, ma un intero luogo, una stanza. Provò a concentrarsi sulla stanza da concretizzare nella realtà e a ripetere il meccanismo. Ma non ci riusciva: non riusciva a sottrarre la stanza dal tessuto del sogno e a immetterla nella realtà. Però non voleva darsi per vinto: era arrivato fin là, perché fermarsi ora? Così, dette un altro spintone al sogno. E qualcosa successe, ma non quello che avrebbe voluto Haiiro: invece di portare il sogno nella realtà, fu lui a precipitare nel sogno.
Prigioniero del sogno che lui stesso aveva creato.***
Il ragazzo era seduto sulla panchina.
Sembrava dormire, immobile, in un sogno profondo. Molto profondo.
Un gatto, uno dal pelo rosso, dalla stazza impotente (almeno per i criteri di un gatto) e con un orecchio smozzicato, che abitava non troppo lontano da lì e che era abituato al contatto con l'uomo, allo strusciarsi sulle loro gambe e al riceverne in cambio carezze, si avvicinò al dormiente. Forse incuriosito, forse confortato dalla sua immobilità, il gatto, dopo averlo scrutato per qualche tempo, balzò sul grembo del ragazzo. L'attimo successivo era svanito, sottratto alla realtà e precipitato pure lui in un sogno. E così sarebbe successo per qualunque incauto che avesse toccato il dormiente.. -
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.Prigioniero del proprio sogno. Questa sì che era bella. E imbarazzante. E sconfortante. Soprattutto considerando che non sapeva come uscire da lì. Sarebbe bastato svegliarsi? Ma come farlo, da dentro il sogno?
Per la verità, non era la prima volta che si trovava a camminare in un sogno. Nei fatti, era la seconda. Ma in quell'occasione passata aveva dei compagni e un obiettivo. Tutte cose che in questo caso mancavano. Provò a chiudere gli occhi e dormire, sognare dentro un sogno. Non ci riuscì.
“Quindi non posso neanche usare la mia anormalità...”
Si guardò intorno: era dentro la stanza che aveva sognato, una normale stanza, con un armadio e un tavolo al centro. Non sembrava esserci nulla di utile lì e Haiiro decise di uscire. L'unico problema è che non c'erano porte.
“Ottimo, sono chiuso dentro una stanza all'interno di un sogno... qualche altra buona notizia?”
Si avvicinò a una parete e provò a tastarla, quasi cercasse un passaggio segreto. Ma bastò toccarla perché questa crollasse: non era una vera parete, ma una semplice sagoma di legno. Uscendo, Haiiro poté vedere che tutta la stanza non era che un fragile rivestimento di legno, solo guardandola da dentro era sembrata una vera stanza.
«Che sogno fasullo...» Tempo di mormorare quelle parole e l'intera struttura era caduta e si era dissolta in sabbia, confondendosi col terreno. Questo diede l'opportunità ad Haiiro di guardarsi attorno, ma... non c'era molto da vedere. L'orizzonte era sgombro da ogni lato, il cielo era quello scuro della notte inoltrata, mentre il terreno era frammisto di terra rossa, fine sabbia rossa e un duro pietrisco anch'esso rosso. E basta.
Era fuori dalla stanza, ma la sua situazione non sembrava granché migliorata. Era sempre dentro un sogno, sempre da solo e sempre senza sapere cosa fare per uscire. Tanto per fare qualcosa si mise a camminare in una direzione qualsiasi. Nel frattempo pensava a chi l'avrebbe potuto aiutare, alle persone con qualche potere che aveva incontrato. E mentre ci pensava, le loro facce prendevano forma davanti ai suoi occhi, simili a giochi di luce, piccoli miraggi. Tra quelle c'era anche la faccia di Kazuma, lo sciamano che aveva incontrato alcune sere prima. Haiiro si chiese se lui avrebbe potuto fare qualcosa.
Ma prima dello sciamano, fu un'altra figura a parargli davanti. Non una persona, ma un animale - un gatto per la precisione, rosso di pelo. Annusava incuriosito, ma non preoccupato, l'aria col suo naso e si guardava intorno. Con la stessa assenza di paura e la stessa curiosità, osservò Haiiro che si avvicinava.
«Qui, micio micio...» Lo chiamò Haiiro, messosi seduto. Il gatto lo fissò prudente ancora un attimo, poi si diresse verso di lui e si strusciò sulle sue gambe. Il ragazzo ne approfittò per prenderlo in braccio (pesava). Era contento di non essere da solo, per quanto potesse essere solo un gatto. L'attimo successivo, ci fu anche una persona.
«Ehi! Haiiro? Ma che fai? Ti metti a fare incursioni oniriche a caso?!»
Con stupore Haiiro si voltò verso la voce. Di fronte a sé aveva proprio lo sciamano, Kazuma.
«Kazuma! Non sai che piacere mi fa vederti...» Era vero, con un altra persona lì, si sentiva più sollevato.
«Però cosa sarebbe questa... incrociata onirica di cui parli? »
«Incursione onirica» lo corresse una voce che veniva dal suo grembo.
« Quel che è... Aspetta, tu parli?!» Stupefatto, fissò il gatto che teneva in braccio e che l'aveva appena corretto.
«Perché non posso?» Rispose imperturbabile il micio. Aveva una voce profonda e indolente.
«No, ma...»
Il gatto però non lo lasciò finire e balzò giù. Si avvicinò allo sciamano e l'annusò. Poi, apparentemente disinteressato, si mise a leccarsi.
“Immagino che in un sogno possa accadere anche questo...”
«Beh, Kazuma, non so come sei riuscito a raggiungermi, ma qui siamo dentro un sogno. Il problema è che... non so come uscirne.»
Il gatto continuava a leccarsi. Intanto a ovest il sole onirico compiva a ritroso il percorso che seguiva nella realtà: invece che da est a ovest si muoveva da ovest a est, invece che dall'alba al tramonto alla notte, andava dalla notte al tramonto all'alba. Il giorno tramontava (iniziava) nelle lande del sogno e con lui i guai dei due ragazzi.. -
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.Haiiro guardò incuriosito Kazuma buttarsi più volte in là e ritornare in qua, ossia davanti al Sognatore, in diverse posizioni. In altri momenti sarebbe stato divertito da quel siparietto, ma nel mostrare la loro impotenza e il loro stato di prigionia nel sogno, lo trovava ora tutto tranne che comico.
«Decisamente un'incursione onirica, solo che non dovrebbe essere così.»
«Oh, sono decisamente bravo a deviare dalla normalità e dal consueto.»
Persino lui si chiese perché utilizzasse un tono così compiaciuto, dopo aver dato vita a un simile disastro. Intanto Kazuma sembrava stesse pensando a cosa fare, ma – almeno a giudicare dalle sue grattate in testa e dalle sue smorfie – il risultato non sembrava proprio positivo. Infine provò a spiegare le sue conclusioni a Haiiro... ma il ragazzo fece più di qualche difficoltà a intenderlo. Rimase a rimuginare sulle parole dello sciamano, insicuro su quale conclusione raggiungere, prima di esporre in tono esitante quanto aveva compreso.
«Quindi... il succo sarebbe che ti ho chiamato nel mio sogno tramite questa incursione, ma ora io non ho più il suo controllo?»
Il problema, in ogni caso, era sempre lo stesso: non aveva ancora idea di come uscire. Doveva riprendere il controllo del suo sogno? Ma come poteva fare? Gli sembrava di non aver mai avuto quel controllo...
«Questo non è del tutto vero. Parte della possibilità di controllare il sogno è rimasta in te, per quanto in misura ridotta.»
Haiiro si girò sorpreso verso il gatto. Sembrava che fosse suo destino farsi sorprendere dal felino. O forse era il gatto che lo faceva apposta.
«Cosa vuoi dire? E tu, puoi dirci qualcosa di questo sogno?»
Il gatto, finita la pulizia, si stiracchiò di nuovo.
«Per quanto seccante sia, temo che il mio compito sia di guidarvi in questo sogno. Devi essere stato tu, ragazzo con le occhiaie, ad avermi creato partendo dall'immagine di un gatto reale e a darmi le nozioni necessarie perché vi aiuti. Certo che, costringere un gatto a servire degli umani... è quasi una blasfemia!»
Guardò Haiiro con piglio disgustato (almeno tale lo faceva apparire il naso visibilmente arricciato), in attesa di una replica che puntualmente arrivò.
«Non mi ricordo di averti creato.»
«Non mi sorprende, voi umani siete così smemorati. Però l'hai fatto, pur inconsapevolmente. Ma tagliamo le chiacchiere, sono più abituato a miagolare che a parlare. Tu hai la possibilità di modificare questo sogno, basta solo che ti concentri: immagina non quello che è, ma quello che tu vuoi che sia.»
“Immagina non quello che è, ma quello che voglio che sia... che significa?”
«In ogni caso, anche se riuscissi a usarlo, non potresti uscire dal sogno. È troppo debole, potresti solo fare qualche cambiamento minore.»
«E come posso uscire allora?» Chiese stancamente Haiiro. Dialogare con un gatto non lo faceva impazzire, anche se ce n'era da diventare pazzo.
«Tu hai uno strano odore – il gatto non stava rispondendo alla domanda di Haiiro, ma si era rivolto a Kazuma – odore di animale, che non è né cane, né uccello, né un altro gatto come me.»
«Comunque non ne ho idea. Credo che dovrete seguire il sogno. Sai, il sogno continua, anche mentre noi parliamo. Tu sei qua, con la tua persona e la tua ragione, ma allo stesso tempo stai sognando questo sogno, senza accorgertene. E dubito che ti accontenterai di un sogno così statico. Vorrai qualcosa di diverso.»CITAZIONEEra in una stanza: la stanza era fasulla. Le pareti al suo tocco cadevano, si aprivano e rivelavano un deserto rosso. Anche il deserto era falso, ma a differenza della stanza non poteva oltrepassarlo, né romperlo. Allora camminava e il sole sorse/tramontò. Con lui due nuove presenze: un gatto e un ragazzo, persi come lui in quel sogno. Parlavano, cercavano una situazione, non capivano.
E il deserto mutò. Senza preavviso.
La terra tremò e dalle sabbie spuntarono quattro obelischi ai quattro angoli. E al centro tra i quattro obelischi una voragine. E dalla voragine emerse la cabina di un ascensore verde.
Haiiro stava provando a riflettere sulle parole del gatto, ma non importa quanto ci pensasse, non capiva. Scosse la testa sconsolato.
«Scusate, io non sono così intelligente, non riesco a capire questi vostri discorsi. Io...»
Ma qualcosa l'interruppe. La terra tremava e Haiiro, prima di accorgersene, finì con la faccia sulla sabbia. Si rialzò appena la terra ebbe smesso di fermarsi e sputò fuori la sabbia che gli era entrata in bocca. Solo allora si accorse dei quattro obelischi e dell'ascensore.
«Un ascensore nel deserto?! E che senso... ah, giusto, siamo in un sogno. Cercare un senso logico non ha senso.»
La porta dell'ascensore si aprì. Sbirciando senza entrare, Haiiro vide che sul pannello c'erano solo due pulsanti: piano terra (dov'era adesso) e meno tredici (-13). Sembrava che toccasse loro scendere.
«Kazuma, come ho detto io non ci capisco molto, ma credo che dovremmo prendere questo ascensore e vedere dove ci porta. Magari troveremo un modo per uscire da qui. Però se hai qualche suggerimento, sei hai capito qualcosa che a me sfugge – e che ne sono di cose che mi sfuggono – aiutami.»SPOILER (clicca per visualizzare)Scusami per il ritardo nella risposta rune, non riuscivo a trovare uno sviluppo che mi soddisfacesse. Se vuoi puoi descrivere tu la discesa nell'ascensore e il prossimo ambiente in cui si trovano - tanto con la scusa che è un sogno puoi pure sbizzarrirti. -
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.L'ipotesi di Kazuma che tutto quel sogno fosse frutto del suo subconscio sembrava probabile a Haiiro, di solito non era così che funzionano i sogni? Anche se doveva ammettere che di norma lui non ci finiva dentro a quel modo...
L'apparire dell'ascensore ruppe il filo dei suoi pensieri e scombussolò anche lo sciamano, ma forse questo non è il verbo adatto per quello che gli stava avvenendo. Haiiro, incuriosito dal suo silenzio, lo fissò con attenzione accorgendosi solo allora delle sue strane pupille e di quel suo rimanere immobile, come se non si trovasse lì, ma altrove. Haiiro stava giusto per passargli di fronte al viso la sua mano per vedere se era cosciente, che lo sciamano si riebbe e lo afferrò per il braccio, sospingendolo dentro l'ascensore.
«Ehi! Piano con i contatti di primo grado!»
Disse Haiiro più per la sorpresa che per altro. E di quale biblioteca stava parlando? Dovette attendere che l'ascensore si fermasse per avere la sua risposta.
«Ah, questa biblioteca...» mormorò guardando le file interminabili di libri. Si sarebbero potuti costruire case, torri, castelli e persino igloo in giardino con tutti quei libri. A colpo d'occhio Haiiro la reputò ben più grande della biblioteca di Alessandria e, se l'avesse conosciuta, l'avrebbe considerata seconda solo alla biblioteca di Babele. Intanto il gatto rosso, comparso vicino a loro, si guardava intorno con la stessa nonchalance con cui aveva fissato Haiiro e Kazuma prendere l'ascensore.
«È come dici tu – rispose il gatto allo sciamano – però temo di non potervi aiutare più di tanto. Le biblioteche non sono posti per i gatti, almeno che non siano abitate da topi da cacciare. Noi gatti infatti non conosciamo l'arte di leggere e siamo ben felici di questa ignoranza. E anche voi, se solo pensaste a quanto tempo avete perso per questo vostro “leggere” invece di inseguire un filo di lana o di crogiolarvi al sole, dovreste cadere nello sconforto e darvi dei pazzi – molto di più se oltre al leggere vi siete gettati nell'inutile scrivere. »
Haiiro non era mai stato un grande lettore e non aveva mai scritto più di un tema in classe, ma le parole del gatto lo infastidirono comunque.
«Leggere non mi sembra per niente una pazzia. Anzi, sono sicuro che proprio il leggere ci aiuterà in questa situazione, vero Kazuma?»
«E comunque, se sai parlare come noi, non dovresti saper anche leggere?»
«Storie. È pieno di storie e favole in cui i gatti parlano, che abbiano gli stivali o meno. Ma in quale fiaba hai mai sentito di un gatto che legge?»
«Riesci sempre ad avere l'ultima parola, gatto...»
«Miao. Proprio così.»
Sapere che era stato lui stesso – o il suo subconscio, che era sempre lui – a creare una creatura così irritante lo irritava, ma non poteva farci nulla. Haiiro quindi si voltò verso Kazuma, visto che dal gatto non sembrava possibile ricavare nessun consiglio utile.
«Quindi, visto che “comando io”, cosa dovrei fare? Leggere uno di questi libri?»
Con cautela, troppo cautela, quasi come se potesse scoppiare al suo tocco, tirò fuori un libro dallo scaffale più vicino, tenendolo tra la punta del pollice e la punta dell'indice, e ne sbirciò il titolo (“Come diventare ricchi vendendo sogni in polvere e polvere di sogni a poveri sognatori”).
«Patetico. Neppure un gatto terrebbe un libro tra le zampe con così tanto timore.»
«Ma voi gatti non avete il pollice, non potete tenere un libro tra le zampe...»
«Miao, proprio così.»
“Sembra che apprezzi parecchio questa battuta presa in prestito...”. -
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.Mentre il gatto e Haiiro stavano discutendo, Kazuma era andato in esplorazione per la biblioteca. Haiiro lo stava cercando, quando ne sentì la voce, apparentemente preoccupata, giungere da non troppo lontano.
«...Ha...Haiiro? Gatto?!»
«Kazuma? Siamo qui! Adesso arriviamo...»
Preoccupato, arrivò perfino a fare una breve corsetta per giungere al più presto dallo sciamano. Ma quando vide in che situazione era, sospirò deluso.
«Ma come, tutto qua? Devi domare un drago tutti i giorni e ti allarmi per un gufo? Dai, cosa ci sarà di terribil...»
Il discorso di Haiiro fu interrotto da un suono basso e continuo, che solo dopo un attimo il Sognatore identificò come il ringhio emesso dal gatto. Il felino, che era sempre apparso a Haiiro grasso e placido, aveva ora rizzato il pelo e si era messo in posizione accucciata, il corpo teso e nervoso. Sembrava grande il doppio, ma aveva perso tutto della pigra mansuetudine che aveva mostrato in precedenza. Ed era, con quel suo atteggiamento intimidatorio, chiaramente sulla difensiva.
“Beh, è un gatto, per lui questa è una risposta istintiva, non è che devo farmi influenzare...”
«Altre presenze! Questo è decisamente insolito...»
Il gufo lo squadrava con gelidi occhi di pietra, come se stesse soppesando la sua intera esistenza.
«Il gatto non è che il frutto di un sogno, mentre la genia degli sciamani già altre volte, in altri tempi, si è avventurata in questo luogo. Ma tu, ragazzo, cosa ti spinge qui?!»
Ora riusciva a capire la preoccupazione dello sciamano. Quello del gufo non era certo un tono che lasciasse spazio ad accomodamenti, ma aveva il dono duro di chi giudicava e comandava. E poi quegli occhi così tondi e spalancati erano inquietanti
«Io... ecco, credo di essere giunto qui per errore. Non volevo davvero arrivare qua, ma...»
«Tu... conosco anche la tua genia. Minus, portatori di caos e sovvertitori dell'ordine. Voi, fra tutti, dovreste essere gli ultimi a giungere qui!»
«Beh... sì, forse, ma il mio potere è connesso ai sogni, forse per questo sono qua... Sa, io posso concretizzare i miei sogni e portarli nel modo reale...»
«Cosa?!»
Il gufo spalancò le ali in tutta la loro apertura alare, le piume arruffate. A ben vedere era lo stesso trucco usato dal gatto per sembrare più grande e intimorire. Solo che nel caso del gufo funzionava.
«Ti rendi conto di cosa significhi?! Di cosa sia questo posto?! Questa è la biblioteca millenaria dei sogni, dove sono conservati sotto forma di libri i sogni che la vostra specie ha sognato in migliaia di anni! Se avessi libero accesso alla biblioteca, potresti realizzare ogni sogno qui presente secondo la tua volontà!»
«Oh, non ci avevo pensato... In effetti non sarebbe male poter scegliere cosa sognar... AHIA!!»
Mentre Haiiro stava valutando trasognante quella possibilità, il gufo aveva spiccato un breve volo ed era arrivato di fronte a lui, beccandolo col suo becco sulla mano destra. Il gatto nel frattempo era retrocesso di qualche passo, gli occhi sempre puntati verso l'uccello.
«Insolente! Un simile potere è troppo per un semplice umano come te!»
«Ok, ho capito, ho capito... Non c'era bisogno di ricorrere alla violenza!» Dalla sua mano, nel punto in cui era stato colpito, stava uscendo sangue, che Haiiro fissava scontento. Il gufo intanto si era posato di nuovo.
«Allora, se non posso utilizzarla, ci dica come uscire di qui.»
«Al tempo! Siete entrati senza permesso e senza un reale motivo. Ma questo non è un luogo in cui potete stare impunemente, soprattutto per un minus come te. Dovete prima superare una prova per dimostrarvi degni. Poi vi mostrerò come uscire.»
Ancora altri passaggi da affrontare. Haiiro era stufo di tutte quelle storie e stavolta non si esimé dall'esternare il suo malumore verso quell'assurda (per lui) richiesta.
«In pratica la nostra presenza qui non è ammessa, noi vogliamo uscire e lei invece di sbatterci fuori facendo un favore a tutti ci fa affrontare una prova per “renderci degni” di questo posto e poi farci uscire. Beh, questo sì che è logico!»
Il gufo, però, non sembrava impressionato dall'invettiva di Haiiro.
«Posso buttarvi fuori dalla biblioteca, ma voi rimarreste lo stesso intrappolati nel sogno. Invece, se superate la mia prova, vi mostrerò una via per uscire dal sogno. Ma dovete mostrarvene degni.»
“Che rottura...”
Si voltò verso lo sciamano, esausto per la discussione, con un mezzo sorriso amaro.
«Sembra che non abbiamo molte scelte, eh Kazuma?». -
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.«Grazie...»
Mormorò Haiiro a Kazuma, venuto a fasciargli la ferita alla mano. Il gufo continuava a fissare i due con gravità – non che si aspettasse che un gufo sapesse fissare chicchessia con leggerezza.
«Ricordatelo giovane sciamano: trattare in modo uguale chi è diverso non è sinonimo di equità, ma del suo opposto. E io che ho il compito di custodire la biblioteca, non posso sorvolare su un'interferenza potenzialmente deleteria.
Ma non mancherò alla parola data, come non ho fatto per mille e mille e ancora mille anni. La vostra prova sarà giusta e leale; se la supererete vi indicherò il modo per uscire da questo vostro sogno.»
Gettò loro un altro sguardo scrutatore e poi, con un ultimo avvertimento «aspettatemi qua» partì in volo per una qualche zona della biblioteca.
«Piuttosto scorbutico questo gufo... nonché becchesco. È sempre così o questa notte si è svegliato con la luna storta? … No, battute a parte, sai dirmi qualcosa su di lui che ci possa aiutare, Kazuma?»
Una volta che ebbe finito di parlare con Kazuma, Haiiro si girò verso il gatto. Il micione aveva abbandonato la sua precedente posizione e cercava di mostrarsi calmo leccandosi le zampe, ma i movimenti ampi e nervosi della coda tradivano le sue reali emozioni.
«E tu? Perché eri così spaventato dal gufo?»
«Non ero spaventato. La mia era ponderata cautela.» Non lo credeva affatto, Haiiro, ma non obiettò e il gatto proseguì il discorso.
«Comunque è un fatto di natura. Lui è un gufo: voi umane potete pure farne il simbolo della saggezza e dipingerlo su monete o al fianco di dee, ma un gufo per prima cosa è un predatore. Come me, ma più grosso di me. Per questo devo essere... cauto.»
«Anche noi umani siamo predatori. Mangiamo carne» aggiunse vedendo l'espressione scettica sulla faccia del felino.
«Voi umani avete perso da tempo l'abitudine alla caccia. Siete diventati... domestici.»
Haiiro avrebbe voluto replicare, ma non fece in tempo: il gufo era tornato e stringeva tra gli artigli un libro.
«Questo è uno dei libri custoditi nella biblioteca. Narra di un sogno, sognato secoli o millenni fa. L'uomo che l'ha sognato era il membro di una tribù nomade ormai estinta, che percorreva le prateria di quella che oggi chiamate America. La sua tribù si trovava in difficoltà: le mancava il cibo necessario per sfamarsi. In sogno, l'uomo si trovava di fronte a un grande bisonte, che avrebbe potuto garantire la carne necessaria per la sua tribù. Quindi prendeva il suo arco, ma le frecce venivano portate via dal vento. Impugnava la lancia, ma questa si spezzava nelle sue mani. A mani nude allora si gettava sul bisonte, ma questo lo scagliava via e correva lontano.
L'uomo ripeté il sogno molte, molte volte, per molte notti, sempre lo stesso, ma non riuscì mai a uccidere il bisonte. Voi dovete aiutarlo. Dovete fare in modo che uccida il bisonte.»
Il gufo porse loro il libro, perché lo prendessero.
«Prendete il libro, leggetene le parole, focalizzatevi sul racconto. Se lo farete, vi ritroverete dentro questo sogno. E dovrete affrontare la vostra prova. Però ricordate: lì non potrete utilizzare né le vostre anormalità, né le magie da sciamano, ma solo le armi che troverete e la vostra forza. Perché se vi lasciassi i vostri poteri sarebbe troppo facile affrontare e vincere la prova e allora questa – e dicendo queste parole il gufo girò la testa come solo i gufi sanno fare e fissò lo sciamano – non sarebbe né giusta, né leale.». -
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.Haiiro stava ancora pensando al dà farsi, quando Kazuma gli indicò qualcosa al suo fianco... o meglio qualcuno. Una bambina dai capelli bianchi che li guardava con disappunto, come se l'avessero delusa o non si stettero mostrando all'altezza delle sue aspettative.
“E quella chi è?! Un altro sogno?! Stavolta non è colpa mia, non credo almeno, ma allora...”
Si girò verso Kazuma: era stato lo sciamano a vederla per prima, non è che adesso era stato lui a far qualcosa?
«È... una tua amica?»
Forse non la cosa migliore da chiedere, ma sul momento quella domanda gli sorse spontanea. E... quel gufo scorbutico si stava inchinando a lei?! Lo stesso gufo che con loro si era mostrato così severo e austero, ora si mostrava ossequioso a quel modo? Kazuma intanto si era avvicinato per dargli istruzioni. Haiiro annuì con fare d'intesa e fece finta di chinarsi sul libro che il gufo aveva portato loro.
Ma anche solo il gettare uno sguardo su quel libro e scorgerne le righe fece apparire un'immagine alla mente di Haiiro. Vide praterie gialle, punteggiate da un'erba seccata, vide un bisonte che caricava e vide un uomo – l'uomo che aveva sognato quel mondo, un uomo che era morto ma che in quel sogno ancora viveva – che lo affrontava. Si ritrasse, prima di essere inghiottito dal sogno come avrebbe voluto il gufo. Era ancora nella biblioteca, vicino a Kazuma.
Gettò un'altra occhiata alla bambina: sperava che li avrebbe aiutati, non credeva di poter affrontare quella prova, non senza la sua anormalità, la sua unica arma. Forse però era meglio farle intendere che non aveva brutte intenzioni. Pensando così e tendendo conto della sua più che giovane età, Haiiro alzò la mano e le fece ciao ciao, sorridendole incoraggiante – peccato che quello che più necessitava di coraggio al momento fosse lui.. -
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.Haiiro ascoltò lo sciamano dare la sua spiegazione sul sogno. Era una fortuna che Kazuma fosse lì con lui: se fosse stato da solo non sarebbe mai riuscito ad arrivarci: avrebbe tentato di combattere contro il bisonte come aveva fatto l'uomo del sogno, e come lui avrebbe fallito. Che fosse stato quello l'obiettivo del gufo? Intrappolarlo in un loop continuo, in cui doveva ripetere una battaglia che non poteva vincere? Haiiro guardò il pennuto con sospetto, in effetti visto l'atteggiamento che aveva avuto contro il minus non sarebbe sembrato strano, ma ora doveva rispettare la sua promessa... o forse non ce n'era più bisogno. La bambina comparsa poco prima infatti prese per mano i due ragazzi e, attraverso un metodo che Haiiro non comprese, gli riportò al parco, fuori dal sogno... finalmente!
Kazuma si stava lamentando del metodo usato, in effetti quella scossa era stata tutt'altro che delicata, eppure considerando che erano usciti, il Sognatore non riteneva giusto lamentarsene. Haiiro aveva attraversato molti sogni diversi, ma pochi erano stati così assurdi, contorni, insensati, arzigogolati e tortuosi come quello. Dopo averlo vissuto ed esserne uscito, non poteva dire nulla se non...
«Lo rifacciamo?.
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… Scheeeeerzo.»
Aggiunse dopo qualche secondo, il tempo necessario per osservare la faccia dello sciamano alla sua domanda..