[What if?] Il mondo è bello perché varia

Narrazione privata

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    What if? ossia “e se...?” Cosa sarebbe successo in una storia se le cose fossero andate diversamente? Se un evento non fosse avvenuto, se avesse portato a un risultato diverso, se...
    Dalla voglia di rispondere a questa domanda, di esplorare nuove possibilità, di creare un mondo diverso da quello conosciuto eppure simile, nascono le what if?, storie in cui le cose sono andate diversamente. In questa role esplorerò come sarebbe potuta essere la storia di un pg se un certo incontro non fosse avvenuto.
    Poiché una what if? crea – da un punto in poi – una sorta di universo parallelo, tutta una serie di eventi oltre a quello qui illustrato potrebbero essere diversi. In un universo parallelo niente è sicuro, ogni personaggio può essere l'opposto di quello che è normalmente – o essere un qualcosa che non c'entra nulla col suo originale. In un universo parallelo, io potrei scrivere le role in prima persona.


    H. K.


    È bello il mondo. Mi piace, anzi di più. Potrei dire di amarlo. Forse apparirà scontato, ma per me non è così. In passato io odiavo il mondo. O meglio odiavo me che in quel mondo si doveva muovere. Non era colpa del mondo, ma mia. Anzi no, non era neppure colpa mia. Non so di chi fosse – se dovessi fare un nome, direi del mio potere – ma di certo non era mia. Dirò di più: ripensando a quanto ho passato, posso solo essere lodato. Credo che tutta l'umanità dovrebbe complimentarsi con me per i miei sforzi e il risultato ottenuto. Anche se non lo fa. Ma non importa, non me la prendo (però a volte provo un po' di tristezza).

    Il mondo però è bello. È bello perché varia: si dice così, no? [no]

    Lo guardò mentre cammino, il mondo, e vedo una bella strada di città: gli edifici puliti, gli alberi che ornano la via, le persone che si muovono, quasi corrono via. E intanto vedo un serpente che si articola sull'albero e lo stritola, un'ondata di chewing gum che ricoprono la strada, persone coperte da maschere che si muovono festose passando attraverso gli edifici e gli alberi mentre trombette risuonano festose.

    Che bello che è il mondo. Mi piace perché varia. A volte sento di essere io il motore di quel variare, come se il mio sguardo bastasse per trasformarlo. Forse sono troppo egocentrico, lo so. Ma ho dovuto affrontare tanto, nella mia vita. Ho dovuto affrontare il sonno e non è facile. Per nulla. Non so se c'è qualcosa di più difficile. Non so se qualcun altro ne sarebbe stato in grado. Ma io ci sono riuscito. È stata dura all'inizio: non dover dormire per non scatenare i poteri del mio Dream Teller, che concretizza i sogni. Mi sono dovuto trattenere e trattenere e trattenere, quando avrei solo voluto chiudere gli occhi per un po', quando sentivo la mente divagare, quando avevo le membra così pesanti da farmi crollare. Non ci sono sempre riuscito. Mi è capitato di addormentarmi, a volte. Ora non più, quasi. Rimango sveglio di giorno, in giorno, in giorno. Ancora, ancora e ancora.

    Nessuno mi ha aiutato. Avrei voluto trovare qualcuno che mi dicesse una parola gentile, mi tendesse una mano, mi desse un posto dove vivere. Non c'era nessuno. Non ne faccio una colpa, non potevano saperlo e forse ne avrebbero avuto paura. Non dico che è colpa loro. Però pensare che mentre io soffrivo – soffrivo per loro, per non ferirli coi miei sogni accidentali – loro potessero dormire tranquilli... mentirei se dicessi che non mi fatto arrabbiare. Mentirei se non dicessi che vorrei che anche loro provassero quello che ho provato io. Mentirei se dicessi che non ho mai pensato di scatenare contro di loro i miei poteri e farli male, molto male. Ma mi trattengo. Come ho fatto col sonno. Del resto non è colpa loro: loro non sapevano. E se proprio è colpa di qualcuno è colpa dell'intera umanità, visto che nessuno mi ha aiutato. L'intera umanità escluso io. Io mi sono immolato per l'umanità, ho sopportato l'insopportabile. E l'ho fatto per loro. E anche se nessuno – quasi nessuno – mi ha ringraziato non importa.

    Del resto l'ho detto: io amo il mondo. Questo mondo che varia così, con uno sguardo, con un pensiero. Mi sono sforzato per poterlo amare. Ho dovuto affrontare tante, tante, tante notti insonne. Ma ce l'ho fatta. Ormai non ho neppure bisogno di dormire. Mi sento bene con me stesso. Oltre che col mondo. Mi sento la testa leggera, mentre continue immagine mi attraversano e si depositano sul mondo e si intrecciano col mondo e lo variano, lo variano così tanto che... è bello no? Prima non era così, prima che cominciassero le mie notti insonne, senza mai dormire. Non so perché, ma il mondo era più... stabile, meno vario, meno imprevedibile. Noioso, se posso dire la mia. Ora mi piace di più. Mi ci è voluto un po' per vederlo così. Molte notti insonni – l'ho già detto, lo so, ma è stata così dura, non posso non sottolinearlo – e giorni insonni. Ma hanno dato i loro frutti: non più sogni, ma queste immagini, queste sensazioni (perché non sono solo immagini visive, sono suoni, odori, percezioni, emozioni e sapori) che intercorrono tra me e il mondo.
    E il mondo varia, come variano queste sensazioni.

    Ho anche dei compagni. Loro mi sostengono, stanno con me, mi capiscono e non si allontanano. Non come il resto dell'umanità (non che la odi, l'umanità, ma, ecco, non riesco ad amarla, non riesco a sopportarla a volte, non riesco a non odiarla). Persone come me (gli altri non ci capiscono), che hanno passato l'inferno come me (la sofferenza, voi sapete cos'è?), che vengono rifiutate dalle altre persone (io mi sono sacrificato per tutti – non lo sanno, non lo capite).
    La classe -13: senza di loro amerei il mondo, ma odierei l'umanità. Loro mi hanno salvato. Grazie a loro posso anche dormire, qualche volta. Poche, ormai il sonno mi è quasi un peso, preferisco questa mia veglia. Ma voglio ripagarli. Voglio aiutarli. Per questo sto andando. La strada è finita, giro l'angolo, quella persona è lì e mi guarda. Non scappa: l'erba che spunta dalla strada, rompe l'asfalto, taglia la carne – realtà o finzione che sia – ma lui rimane lì, indifferente.

    Lo sapevo, è uno di noi. Devo farglielo capire, devo convincerlo come Kuruki ha fatto con me. Non posso solo farmi cullare da loro: anch'io devo aiutare la classe -13, glielo devo. E lo devo anche a quella persona: deve unirsi a noi, per il suo bene. Gli altri, le persone di questo mondo, non lo comprendono, noi sì. Solo con noi potrà star bene. Ma devo farglielo capire.
    Mi avvicino e sorrido – il movimento mi urta i muscoli della bocca, sento le labbra secche screpolarsi ma non ci bado – e gli parlo. Non sono bravo a parlare – quanto tempo è passato da che ho avuto una conversazione, una vera conversazione, con uno esterno alla -13? – ma ci devo riuscire. Non so girare intorno a un argomento, non so come si salutano le persone che non si conoscono. Ma so cosa devo dirgli.

    «Tu sei uno di noi. Noi possiamo capirti, gli altri no. Unisciti a noi.»
    Gli dico fiducioso.

    Capirà. Deve.


    Fine. Ma proseguirà :misogi:

     
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