[CONCLUSA]La regina e il fante

Club di judo

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    Haiiro Kugatsu/Nekomi Nabeshima

    Haiiro Kugatsu
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    Eccola là. La porta che conduceva al club di judo. Haiiro si chiedeva ancora se era la strada giusta per lui. Se qualcuno gli avesse detto prima che iniziasse la scuola, anzi solo un mese fa, che sarebbe andato in un club sportivo, si sarebbe messo a ridere. Oppure l'avrebbe guardato storto. In ogni caso non ci avrebbe creduto. E invece...

    «Che fai? Non dirmi che esiti adesso?»
    Guardandolo con un sorriso affilato e un tono lievemente sbeffeggiante, Kasumi lo stava spronando a modo suo. La ragazza si era proposta di guidarlo fino al club di judo dicendo che senza di lei si sarebbe di sicuro perso. Per quanto fosse effettivamente possibile che andasse così, Haiiro pensava fosse venuta perché preoccupata per lui. Di questo le era grato. Inoltre, non voleva sentirsi di meno e sfigurare ai suoi occhi.

    «No, hai ragione. Vado. E... grazie.»
    Si chinò verso di lei e le diede un bacio. Sulla guancia. Kasumi sbuffò (perché era stata infastidita da quel bacio o perché avrebbe voluto qualcosa di più?) e se ne andò dicendo che sarebbe tornata al club d'arte. A Haiiro non rimase che aprire la porta e fare entrata nel club di judo.

    Perché si trovava là? Era impazzito, aveva visto troppi film di arti marziali, aveva perso una scommessa? Niente di questo. Era lì per imparare a combattere, o meglio perché la sua ombra, resa evocabile dalla sua seconda anormalità, imparasse a combattere. Ma perché ciò avvenisse, doveva essere lui a imparare di persona: la sua conoscenza sarebbe automaticamente passata all'ombra. Quindi doveva fare judo. Perché judo? Credeva che fosse la disciplina che più si adattasse all'ombra e alla sua, anzi la loro, debolezza. Inoltre era curioso di conoscere colei che si dicesse fosse in grado di battere avversari più forti di lei grazie a stratagemmi e trucchetti: Nekomi Nabeshima, la regina delle scorrettezze. Anche se... da quanto aveva sentito aveva una personalità ancora più difficile di Kasumi. Quello era preoccupante. Ma ormai era dentro.

    Diversi ragazzi del judo si girarono a guardare la sua figura magra come un chiodo ed evidentemente non portata per lo sport. Haiiro non se ne curò e si guardò intorno, ma... non aveva idea di chi fosse Nekomi. Quindi parlò a tutti.

    «Buon...giorno a tutti. Sono venuto qui per imparare il jud... no, aspettate, così non è esatto... Sono venuto per imparare a combattere in modo da poter vincere contro avversari più forti. Il judo può permettermi di farcela?»
     
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    Quel ragazzo che aveva varcato la soglia del club di judo era a prima vista eccezionale, a modo suo. Eccezionale perché non era qualcosa di propriamente comune vedere in un club sportivo qualcuno così evidentemente poco portato per lo sport: magrolino, gracile, di altezza media e con la faccia di qualcuno che aveva assolutamente bisogno di una bella dormita, era il genere di personaggio che vedresti bene in un club molto più tranquillo, ad esempio il club di lettura oppure il club di esperienze personali – benché fosse difficile dire con precisione cosa poteva trattare un club con un nome simile, a sensazione, non sembrava uno di quelli dove ci si deve muovere tanto.
    In mezzo agli sportivi, un ragazzo con quelle caratteristiche risaltava molto ed era accompagnato dagli stessi interrogativi che si avrebbero vedendo un agnello in mezzo ad un branco di leoni: non capiresti cosa ci faccia lì, come sia riuscito ad arrivarci, come faccia ad essere ancora vivo e perché dei leoni si siano riuniti in un branco. Come andare al derby cittadino vestito con i colori della tua squadra e finire per sbaglio nella curva della tifoseria sbagliata. Praticamente uno scontro di civiltà.
    Interrompendo bruscamente una sequela di esempi non richiesti e molto forzati, possiamo concludere che attirò una attenzione senz'altro negativa.
    Tuttavia, le sue parole meritavano ben altro tipo di attenzione. Quel che stava esprimendo era il suo bisogno di forza, di voler diventare capace di battere avversari più capaci di lui, più talentuosi.
    Un simile proposito non poteva passare inosservato in quel club di judo, non era materia da ridere per la ex – ma non troppo – presidente del club. Nekomi Nabeshima, orfana del suo principe Koki Akune – anche se era stata praticamente lei a farlo fuori – ed ancora priva del tanto bramato Zenkichi Hitoyoshi, era senz'altro interessata alle motivazioni di quel nuovo arrivato, tuttavia aveva bisogno di approfondire.
    Nabeshima si avvicinò con la sua solita aria divertita.

    « Se vuoi solo riuscire a battere gente più forte di te non ti serve il judo. Non te la prendere, ma non mi sembri forte proprio per niente, se vuoi battere tutti quelli che sono forti in confronto a te, un pugno al mento, un calcio lì sotto e vinci la maggior parte delle risse. Contro che tipo di gente vorresti batterti? »

    Ancora prima dell'inizio, Nabeshima lo stava mettendo alla prova, doveva sapere a cosa gli serviva la forza e contro che tipo di avversari, non si sarebbe sentita particolarmente motivata a far diventare forte qualcuno solo per renderlo capace di difendersi da un bulletto o per dargli la possibilità di diventare lui il bullo. C'erano già abbastanza persone problematiche e non aveva nessuna voglia di crearne altre.
    Quel ragazzo non aveva passione per il judo, non conosceva nessuno che lo praticasse e non sembrava il più adatto, la natura della motivazione, per quanto semplice, non le era ben chiara.
     
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    Una ragazza dall'aria divertita - era lei Nabeshima? Non ne era sicuro - venne avanti per rispondere alla sua domanda. Sentendone l'opposizione, Haiiro sorrise amaramente. Magari fosse stato possibile cavarsela a quel modo!

    «Non basta. Se li colpissi con un pugno, perderei la mano. Lo stesso con un calcio.»

    Gli aveva chiesto chi erano i suoi avversari, ma poteva parlare degli anormali? Per quanto diffusi a scuola, non erano argomento per le persone normali. Haiiro decise che ne avrebbe parlato, ma solo se la ragazza avesse insistito ancora. Per ora sarebbe restato sul generale.

    «Non sono avversari che posso battere a quel modo. Pugno o calcio che sia, per loro non sarebbe nulla. Una simile forza verrebbe spazzata via. Per questo cerco una forza che non possa essere spezzata: il judo non è il modo di combattere di chi si piega senza spezzarsi?»

    Anche quel principio del judo, che aveva esclamato in modo provocatorio, non veniva da altro che qualche anime o manga. Era andato lì senza sapere quasi nulla del judo, se non luoghi comuni. Era stato arrogante per questo? Non sapeva, ma doveva provare.


    Edited by Tabris_17 - 12/9/2016, 14:13
     
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    « Di chi si piega senza spezzarsi, eh? »

    Nabeshima rimuginò un po' perplessa su quelle parole. In pratica il tizio che aveva davanti parlava per frasi fatte, forse aveva visto in un manga qualcuno che usava il judo e ne illustrava la filosofia e si era appropriato delle sue frasi, ma andava bene comunque, bastava solo che non avesse imparato il judo leggendo Kenichi, i membri del club di kendo che volevano imparare la tecnica della moltiplicazione del corpo erano sufficienti come assurdità, qualcuno che le chiedeva di imparare a lanciare statue da 2000kg o ad eseguire il Destruction Hell non l'avrebbe sopportato. C'era anche la possibilità che un praticante di judo lo avesse aiutato in un momento di difficoltà e, come per sdebitarsi, voleva anche lui imparare qualcosa. Anche questo andava bene, quel che era certo è che quel tipo di judo non sapeva nulla.
    Anche questo contribuiva a renderlo più interessante.
    Un tipo che non sapeva niente di judo e che voleva impararlo non per passione sportiva ma per un bisogno pratico. E se le normali tecniche di rissa urbana non potevano funzionare, allora doveva essere stato preso di mira da qualche persona di talento.
    Un debole, vittima del talento altrui, che vuole diventare forte?

    « Se ti impegni, con il mio allenamento ti renderò capace di battere questi tizi. Se ti interessa solo vincere, allora sei nel posto giusto, ma devi essere pronto all'invidia di certi che dicono di giocare secondo le regole. Sei disposto ad imbrogliare? »
     
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    «Certo, nessun problema.»
    Rispose Haiiro senza esitare, anzi sentendosi sollevato dalla facilità della richiesta. Non aveva alcun problema ad imbrogliare: del resto non partiva mica da una situazione di parità. Confrontarsi con persone più forti, talentuose o dotate di lui significava già partire svantaggiato, allora ricorrere all'imbroglio non era un'ingiustizia, ma un riequilibrare una situazione che la natura, la nascita o quel che volete aveva imposto come ingiusta dalla partenza. Era quindi un atto di giustizia.

    «Non importa se sono invidiato o disprezzato, se parleranno male di me dietro alle mie spalle o di fronte, finché posso riuscire a batterli mi va bene. Che si tratti di judo, imbrogli o scorrettezze, va tutto bene se mi permette di pareggiare la loro forza.»
    “Mah, in realtà la mia situazione è tale che spesso mi ritrovo a combattere per sopravvivere.. e dubito che qualcuno possa lamentarsi del metodi scelti in tali situazioni.”
    Ma questo era qualcosa che per il momento era meglio sottacere. Inoltre non è che le sue parole fossero false: davvero non era interessato a quanto gli altri avrebbero potuto ridire su di lui.

    «Allora, mi insegnerai a combattere... Senpai Nabeshima?»
    Chiese, ormai sicuro che fosse lei la famigerata Regina delle scorrettezze.
     
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    La risposta di quel ragazzo era semplicemente perfetta, era praticamente il credo della stessa Nekomi. Si, quel tipo le stava piacendo molto.

    « Questo è lo spirito. »

    Si lasciò scappare. In fin dei conti lei stessa si sentiva felice per aver trovato qualcuno in grado di apprezzare davvero il suo judo, uno stile che non poteva essere usato nelle competizioni ufficiali ed in nessuno scontro dove si metteva in palio l'orgoglio. Quando non si ha forza e si combatte comunque, l'orgoglio è la prima cosa di cui ci si deve sbarazzare se, dopo una sconfitta schiacciante ed imbarazzante, si vuole ancora avere il coraggio di confrontarsi con se stessi. In un certo senso questa la si poteva definire saggezza.

    « Si, ti allenerò. Sono molto curiosa di scoprire cosa diventerai in grado di fare. »

    Prendere una persona in quella maniera e plasmarla, darle una forma che le consentisse di vincere contro chiunque, quella sarebbe stata una gran bella sfida per la regina. Sarebbe stata una delle sue più grandi soddisfazioni, un traguardo da poter sbandierare in faccia alle persone che basano tutto sul talento, un manifesto di come chiunque può diventare, se non forte, un vincente.
    Perché una vittoria, comunque arrivi e qualunque sia il modo in cui la conquisti, è sempre una vittoria. Se lo capisci potrai sentire completa qualunque vittoria.

    « Dato che ci sarà molto lavoro da fare, puoi prendere in prestito una delle divise di prova così iniziamo a vedere cosa possiamo imparare. O hai altri impegni e sei qui solo di passaggio? »

    Con un cenno aveva allertato uno dei suoi atleti, in caso avrebbe accompagnato il ragazzo nello spogliatoio e l'avrebbe aiutato a vestirsi.

    « Come hai detto di chiamarti? »

     
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    «Oh, anch'io ne sono curioso.» Rispose Haiiro in tono leggero. Era sollevato che Nabeshima avesse accettato, ma sapeva anche che quello era solo l'inizio, anzi il preambolo dell'inizio, la premessa del prologo. Chi sarebbe così stupito da pensare che basti iscriversi alla palestra per diventare un palestrato?

    «Non ho impegni per oggi, possiamo iniziare anche subito. Cioè, subito dopo che mi sono messo la divisa di prova.»
    Si guardò intorno, a cercare la fantomatica divisa di prova, e vide uno dei membri del club, richiamato da Nabeshima, pronto ad aiutarlo. Prima però rispose alla senpai.

    «L'ho detto? Comunque sono Haiiro, Haiiro Kugatsu. Classe seconda, primo anno.» Aggiunse per completezza. E perché trovava che facesse un certo effetto.

    Seguì l'atleta che lo portò nello spogliatoio maschile e gli spiegò come indossare la divisa da judo. La difficoltà maggiore fu allacciare la cintura, ovviamente di un bianco immacolato.

    «Sì, bravo, adesso stringi la cintura e... no! Non devi fare il nodo come se ti allacciassi le scarpe!»
    «No? In effetti non l'ho mai visto in quel modo... Allora riprovo.»
    «Tranquillo, è normale le prime volte, vedrai che ci farai l'abitudin... Ma...?!»
    «Uh? Ho sbagliato di nuovo? Mi sembra ci sia qualcosa di storto...»
    «Forse perché ti sei ritrovato il nodo dietro e non davanti?»
    «Giusto, quindi...»
    «Visto che è la prima volta te la posso annodare io, poi imparerai...»
    «No, voglio imparare adesso, con le mie forze.»
    «Questo ti fa onore... ma l'ho sai che il club di judo non è aperto anche la notte e che quindi sarebbe meglio sbrigarsi?»
    «Un vero peccato, se vuoi la mia opinione. L'apertura notturna sarebbero l'ottimale per me.»

    E a quel punto il suo interlocutore non riuscì a replicare, sovrastato dal misto di serietà e assurdità di quella proposta. Poi fissò di nuovo le occhiaie del ragazzo e realizzò che sì, stava dicendo sul serio. Incerto su chi potesse essere quel misterioso ragazzo dai potenti - e segreti - nemici, si limitò a fargli vedere come lui legava la sua cintura, finché Haiiro non riuscì a replicarlo.

    «Sono pronto, senpai.» Affermò uscito dallo spogliatoio e tornando dalla senpai Nabeshima. Sperava di non averla fatta attendere troppo.
     
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    Quel ragazzo si presento, disse di chiamarsi Haiiro Kugatsu, di sicuro si sarebbe ricordata di quel nome.

    « Io sono Nabeshima Nekomi, ma questo già lo sai. »

    Quindi venne portato negli spogliatoi dal judoka che aveva richiamato, si sarebbe occupato lui di insegnare ad Hiiro come si indossa la loro divisa.
    Dopo svariati minuti, alcune decine, il ragazzo fece ritorno dallo spogliatoio, aveva avuto la meglio sulla cintura, anche se un po' approssimativa era comunque una vittoria.

    « Bene, allora direi di iniziare prima che vada all'università »

    La battuta sottile e perfida con cui liquidò la faccenda di tutto quel tempo che aveva passato nello spogliatoio, così tanto che poteva anche starci il dubbio che stessero facendo cose inappropriate, anche se di certo non credeva che avessero abbastanza carte per il Perfect Melancholy.

    « Come ho già detto, non ti preparerò per poter competere alle Olimpiadi, con alcune cose che imparerai verresti squalificato al primo incontro. Comunque, vista l'idea che hai del judo, inizieremo con delle tradizionali proiezioni. »

    Parlò mentre faceva qualche esercizio per scaldarsi, incitando Haiiro a fare altrettanto per prepararsi meglio all'allenamento.

    « Iniziamo da una delle tecniche più eseguite. Jonan, attaccami. »

    Jonana, il ragazzo dai capelli castani e ritti che aveva chiamato, fece quando richiesto da Nekomi e si mosse verso di lei, finendo catapultato a terra.

    « Seoi nage. Adatto per chi è più piccolo del proprio avversario. Tiro la manica per lo squilibrio, braccio destro sotto l'ascella, ruoto e lo proietto facendo leva sulla mia anca e scaraventandolo a terra. »

    Dopo di che rifece la tecnica più volte e molto lentamente per permettere ad Haiiro di vedere bene tutti i movimenti che faceva.

    « Provala su Jonan. Anche se è più alto ed è la prima volta che provi una di queste tecniche, dovresti riuscire comunque a proiettarlo. »
     
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    «Bene, allora direi di iniziare prima che vada all'università.»
    Haiiro sorrise sentendo quelle parole dalla bocca di Nabeshima. Sarcasmo: lo faceva sentire a casa.
    «Mi sembra un'ottima idea.»
    Concordò sempre col sorriso e cercando di evitare ogni ombra di ironia.

    Annuì anche alle seguenti parole di Nabeshima. Non aveva alcun interesse per le Olimpiadi, come non ne aveva per le competizioni o per i test per guadagnarsi le cinture. Non era a quello che mirava. Inoltre mentre parlava la senpai si mise a fare esercizi di riscaldamento... e sembrava volere che anche Haiiro la seguisse.
    “Beh, immagino che anche preparare il fisico sia importante per prepararsi agli scontri... no, aspetta, io ho un'Ombra instancabile dalla mia, perché dovrei preoccuparmene?”
    Però non pensava fosse una mossa saggia disobbedire a Nabeshima già dall'inizio, inoltre lì era lui a dover esercitarsi, non la sua Ombra. Quindi imitò gli esercizi della senpai per riscaldarsi, ma il risultato finale tra i due furono ben diversi. Mentre la judoka si era appena riscaldata, Haiiro era già tutto sudato. La resistenza fisica non era certo il suo punto forte.
    Poté tuttavia recuperare fiato mentre Nabeshima gli mostrava la prima proiezione di judo. La prima volta che la ragazza eseguì la tecnica, gli sembrò quasi un trucco di magia.

    «Adatta a chi è più piccolo? Ottimo.»
    Causa poco sonno e malnutrizione, Haiiro era tutto tranne che alto. La maggioranza dei ragazzi intorno alla sua età erano più alti di lui. Però nonostante la spiegazione sul modo di eseguirla, Haiiro dovette osservare molte volte l'esecuzione della Seoi Nage prima di comprenderne i movimenti. Anche prima che la senpai gli dicesse di provare su Jonan, aveva provato a scimmiottare a vuoto i movimenti necessari. Ora però doveva mettergli in pratica.

    «D'accordo, proviamo.»
    Si mise di fronte al ragazzo, Jonan, che già prima l'aveva aiutato (e sopportato) e gli fece un sorriso d'incoraggiamento come a dire “facciamoci forza”. Poi provò a eseguire la tecnica: con la sinistra afferrò e tirò la manica dell'avversario verso di sé, per disturbarne l'equilibrio a quanto aveva capito, e portò il braccio destro sotto l'ascella dell'avversario, dallo stesso lato in cui l'aveva tirato. Si girò su di sé, ruotando, e fece forza. Jonan era sempre dietro di lui e non accennava ad essere proiettato. E non perché stesse facendo resistenza o che.

    «Devi usare la tua anca come leva, altrimenti con la sola forza delle tue braccia non riuscirai mai a proiettarmi.» Gli suggerì il ragazzo.
    Haiiro annuì e riprovò la tecnica, partendo dall'inizio. Ripensò a come Nabeshima glielo aveva mostrato e stette attento a posizionare bene l'anca al momento del lancio. Stavolta sentì come un peso scorrergli attraverso e, alzando gli occhi, vide Jonan a terra.

    «Oh... Ci sono riuscito.»
    Mormorò più stupito che soddisfatto.
     
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    Gliela aveva mostrata in modo tale che la potesse eseguire, era proprio ciò che voleva vedere, eppure lo stesso, vedere Haiiro rieseguire la tecnica, la incuriosì molto.
    Nabeshima non credeva al talento, credeva all'impegno ed al desiderio di vincere. Quel ragazzo ne aveva in abbondanza, forse anche più di quel che lui stesso credeva.

    « Molto bene. Allenarti potrebbe essere più interessante del previsto. »

    Nelle sue intenzioni doveva sembrare un complimento ma non suonare come tale. Poi si rivolse anche a Jonan.

    « Si. Va bene così. Se non riuscissi a dare qualche consiglio non potresti pensare di succedermi alla guida del club. »

    Ma non era quello il momento più adatto per discutere della necessità di Jonan di migliorare le proprie capacità nell'insegnare il judo, era piuttosto il momento di mostrare come si insegnano un po' di mosse a chi è completamente digiuno della disciplina.

    « Ora qualcosa che non si usa nelle competizioni, ovvero i colpi. Perché, anche se lo fischiano come fallo, colpire è un'ottima tecnica di judo. »

    L'Ate-waza. In definitiva gli avrebbe insegnato anche le basi del combattimento classico, per non rischiare di affidarsi completamente alle tecniche di proiezione e di stretto contatto.

    Kobushi, per colpire con il pugno con efficacia.

    Hiji, per colpire con il gomito nei punti giusti.

    Hizagashira, per conoscere un metodo di attacco che preveda le gambe.

    « In uno scontro è più importante in modo in cui usi la forza piuttosto che quanta forza hai. »

    Con quelle tecniche scorrette, insieme alla tecnica di proiezione che gli aveva spiegato poco prima, Haiiro avrebbe potuto contare su buoni strumenti per iniziare ad imparare come farsi valere nelle risse.


    Non è affatto ispirato, lo so, è molto brutto, ma se avessi atteso oltre sarei rimasto bloccato in eterno ç_ç
     
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    Dopo aver effettuato con successo la Seoi nage, Nabeshima gli fece una... lode? Haiiro supponeva potesse considerarsi tale. Passato lo stupore, era soddisfatto del risultato ottenuto e delle parole di quella senpai. Anche se, chissà per quale motivo, gli era passato un brivido per le spalle quando lei aveva detto che allenarlo sarebbe stato interessante.
    Nabeshima passò a un altro argomento: i colpi. Haiiro ne fu stupito.
    «No, ma a parte fischiare fallo, il judo comprende anche i colpi? Credevo avesse solo prese.»

    Dopo gli mostro diversi modi di colpire, utilizzando diverse parti del corpo per attaccare. Pugni, gomiti e gambe, nonché dove colpire per risultare più efficaci.
    Quelle applicazione per qualcuno come Haiiro che non aveva mai contato sul proprio corpo in combattimento e che, ancora di più, non aveva mai pensato di poterne essere in grado, erano qualcosa di del tutto nuovo. Vedere che il corpo, anche il suo corpo, così rigido e goffo a causa del sonno insufficiente, potesse eseguire quelle tecniche, era inaspettato. Ancora più inaspettati erano i sentimento che provava: interesse e piacere. Scoprire come i colpi potevano essere indirizzati per risultare efficaci anche senza una grossa forza a sostenerlo, colpendo nei punti giusti, era interessante. Muovere il corpo gli permetteva di distrarsi dai suoi soliti pensieri e lasciarli alle spalle. Era stancante, ma preferiva quella stanchezza fisica alla pesantezza del sonno. Infatti quella dell'allenamento era una stanchezza che lasciava al suo finire un senso di rilassamento e di soddisfazione, mentre la stanchezza del sonno sfibrava continuamente. E un altro vantaggio era non poteva certo dormire se era concentrato a eseguire quelle tecniche.
    Certo, l'efficacia di quelle mosse in un combattimento contro anormali era tutta da provare, ma Haiiro non era scontento di quell'allenamento.

    « In uno scontro è più importante in modo in cui usi la forza piuttosto che quanta forza hai.»
    «Quindi anche una persona più debole, adoperando nel modo migliore le sue armi, può vincere contro una più forte?»
    Era un modo di pensare che gli piaceva. In quel modo anche un debole minus poteva affrontare alla pari un anormale positivo che partiva da una posizione migliore. Era quindi quello di cui aveva bisogno – tenacia, stratagemmi e tecniche – per riempire il divario di forza che lo separava dagli anormali?
    «Ho altre due richieste, senpai. Vorrei imparare una mossa o una tecnica per immobilizzare e trattenere i miei avversari. Inoltre, vorrei sapere qual è il modo migliore per difendersi se si è già a terra.»
    La prima richiesta era per l'Ombra: in una battaglia doveva saper ostacolare i nemici in modo da dar tempo a Haiiro di usare i suoi sogni. La seconda era per lo stesso Haiiro: dovendo entrare nel dormiveglia per adoperare il suo Dream Teller, spesso si sedeva o si sdraiava per terra. Non era così ottimista da pensare che Shero riuscisse sempre a proteggerlo, quindi doveva imparare a proteggersi da attacchi mentre era ancora a terra.
     
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    Che Haiiro fosse un po' sorpreso che Nekomi gli avesse mostrato delle tecniche per colpire era più che comprensibile, l'immagine che tutti hanno del judo è quella promossa dalle federazioni sportive, quindi la versione agonistica che si basa su un regolamento molto rigido e che proibisce anche le tecniche più pericolose. Colpire, in realtà, era un'ottima tecnica di judo.
    Il ragazzo, poi, fece le sue due richieste finali, una delle quali trovava molto interessante.

    « Il modo migliore per difendersi da terra è rialzarsi subito. Non c'è una tecnica particolarmente efficace per quando si è a terra, è questione di esperienza e di furbizia. Questa è la notizia cattiva. La notizia buona è che posso allenarti in entrambe le cose. »

    Se il significato di allenare l'esperienza era palese – l'esperienza la ottieni con la pratica e l'allenamento – un po' più oscuro poteva essere il senso dell'allenare la furbizia. Questo, però, era il campo in cui Nabeshima era davvero regina.

    « Se sei a terra, fingi. Fai finta di essere stato battuto ed avrai possibilità di scelta. La battaglia è disperata? La maggior parte degli avversari non infierisce sugli sconfitti e questo ti permetterà di salvare la pellaccia. Se si avvicina avrai due opzioni: continuare con la recita e sperare di farla franca. Oppure, e questa è la mia preferita, coglierlo di sorpresa e ricorrere a qualche bella presa di sottomissione o immobilizzazione. »

    Alla fine si era ricollegata alla seconda richiesta di Haiiro.

    « Sankaku Jime, lo strangolamento a triangolo. Una mossa che puoi eseguire da terra sfruttando l'effetto sorpresa. »

    Sfruttando il membro del club che li stava aiutando, oltre a spiegare a parole mostrò l'esecuzione della tecnica: Nabeshima si mise in posizione supina, l'assistente alle gambe e le afferrò il bavero con il braccio; con un movimento improvviso e fulmineo gli cinse la nuca con la gamba destra e la agganciò con il piede sinistro, bloccandogli tra le gambe la testa ed il braccio, potendo così eseguire l'azione di strangolamento.
    Naturalmente i consigli di Nabeshima non tenevano conto di possibili abilità speciali, o anormali, del ragazzo che pensava seriamente di rendere proprio allievo.
     
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    Haiiro Kugatsu
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    Haiiro si mise a riflettere sulle parole della senpai. Nessuna difesa da terra, era un peccato, ma questo non significava che non fossero possibili delle azioni per rovesciare la situazione. Esperienza e furberia, la prima ci sarebbe voluta del tempo per svilupparla, ma la seconda... non sapeva se fosse adatta a lui, non si reputava furbo. Eppure amava la combinazione di realtà e illusioni che il suo Dream Teller sapeva produrre. Non era anche quello un modo furbo di ingannare gli avversari? E se la furberia poteva essere allenata, questo miglioramento poteva ripercuotersi tanto nel combattimento quanto nell'uso delle sue anormalità.
    Haiiro annuì con entusiasmo. Desiderava essere allenato!
    «Ti prego, senpai, allenami!»
    … non credeva che sarebbe mai giunto un giorno in cui avrebbe pensato e detto una cosa simile.

    Nabeshima gli illustrò una possibile strategia, quella di fingere di essere sconfitto quando finiva a terra, per poi sorprendere l'avversario. Purtroppo nelle lotte anormali che Haiiro aveva in mente, non sarebbe stata facile da adoperare. In quelle battaglie si poteva anche arrivare alla morte e molti avversari non l'avrebbero lasciato stare una volta finito a terra. Anzi, visto che nella lotta lui di solito andava a terra per suo conto, in modo da adoperare il Dream Teller, diventava uno degli obiettivi prioritari per i nemici. Ma ciò non significava che fosse inutile. Era ancora possibile sorprendere l'avversario, se questi pensava che era indifeso. Bastava usare lo Shadow's Change in modo da scambiarsi con Shero e fargli eseguire la presa. Oppure anche lui poteva interrompere il sogno e fingere di essere ancora in dormiveglia, per eseguire lui stesso la mossa. Certo dipendeva se il suo avversario usava mosse fisiche e a corto raggio, oppure se combatteva a distanza, ma c'erano dei margini di utilizzo.
    «Capisco...»
    Osservò la mossa che Nabeshima aveva tirato fuori e che rispondeva a entrambe le sue domande: immobilizzava l'avversario ed era eseguibile a terra. Sankaku Jime, sarebbe diventato una freccia nel suo arco? Per scoprirlo doveva prima impararla.
    Quando Nabeshima l'aveva adoperata, era sembrata di una facilità estrema, ma quando fu il suo turno di provarla, Haiiro si accorse che non era semplice come poteva apparire. Seguendo le istruzioni della senpai e con l'aiuto dell'altro membro del club, si impegnò finché non riuscì a utilizzarla a un livello discreto, almeno per uno che aveva cominciato quel giorno.

    Scusami per il post spoglio mic...
     
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    La Luce

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    Non so nemmeno dove sono ora, figuriamoci se posso ricordare da dove provengo

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    La tecnica che aveva appena mostrato sembrava aver fatto colpo, dopotutto pareva rispondere alla perfezione alle richieste che il ragazzo aveva avanzato. Non era una tecnica molto semplice, fatto di cui si accorse non appena la sperimentò, ma non c'era dubbio che potesse tornargli molto utile per le future battaglie che avrebbe affrontato.
    Allenare una persona normale, forse anche un po' più debole del normale, per renderla capace di battere le persone più dotate infliggendo loro una sconfitta senza onore, Nabeshima non poteva desiderare di più dalla sua presidenza del club.
    Quelle che gli aveva insegnato, in quel pomeriggio inaspettato, non erano altro che le basi su cui costruire uno stile di combattimento personalizzato, unico ed inimitabile, che non avrebbe seguito le regole e non sarebbe stato imbrigliato da dei preconcetti e malsane nozioni di sportività esasperata, una possibilità che le veniva concessa dalla tabula rasa su cui edificare che rappresentava Haiiro.
    Nabeshina batté leggermente le mani un paio di volte.

    « Molto bene. Come primo giorno non c'è male, ma abbiamo solo intaccato la superficie. Per oggi non ti insegnerò altro, non voglio metterti troppe cose nella testa, imparare tante cose tutte insieme e male non serve a niente, oltre ad illuderti di potertela già cavare e farti spazzare via dal primo che passa. »

    Nabeshima fece cenno al judoka che li aveva aiutati di farsi da parte e tornare al allenarsi con gli altri.

    « C'è molto lavoro da fare, anche a livello fisico perché essere un po' più atletici male non fa, ma sento che hai la giusta motivazione per farcela. I nostri orari dovresti averceli, mi aspetto di vederti spesso qui. Oggi vuoi continuare con un po' di lavoro atletico? »
     
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    Haiiro Kugatsu
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    Era appena riuscito a portare uno strangolamento a triangolo al suo compagno di allenamento, quando sentì risuonare un battito di mani.
    “Un applauso?”
    Non era un applauso, ma il segno che l’allenamento era finito. E per quanto quel “non c’è male” fosse ben lungi dall’essere una lode, Haiiro ne fu soddisfatto. Non era certo là per ottenere complimenti, ma gli sembrò che quella frase fosse il riconoscimento dell’impegno che ci aveva messo.

    Ma come la senpai Nabeshima gli ricordò, avevano solo intaccato la superficie: quello non era che l’inizio dell’inizio. Lei non gli avrebbe insegnato altre tecniche per quel giorno, ma ad Haiiro andava bene, visto che sentiva di aver ancora strada da fare per imparare solo il Sankaku Jime e il Seoi Nage. In realtà quello che avrebbe voluto fare, era continuare ad esercitarsi su quelle due tecniche. Nabeshima invece gli fece una proposta opposta: allenare il suo fisico. La domanda, se volesse fare attività atletica, era malposta. Di certo, lui non voleva farlo. Il guaio era che doveva farla. La prestanza fisica di Shero era proporzionale alla sua, l’Ombra non poteva migliorare le sue capacità fisiche facendo allenamento. Quindi toccava a lui il compito, come toccava a lui imparare le tecniche di judo. Entrambe le attività era finalizzate a rendere più forte non lui ma l’Ombra, tuttavia per la natura del legame che gli univa era lui a doverle allenare. Un bel paradosso.
    Quindi, con la faccia di uno che manda giù un boccone amaro, annuì.
    «Va bene senpai.
    …»

    Una pausa. Non aveva mai allenato la sua resistenza e nelle ore di ginnastica aveva sempre cercato di fare il meno possibile. Il suo massimo sforzo fisico costante era costituito dalle lunghe camminate notturne che lo impegnavano una o due volte alla settimana. Per questo non sapeva bene neppure cosa Nabeshima volesse fargli fare.
    «In cosa consiste questo “lavoro atletico”?»
    Avrebbe imparato pure quello.
     
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