[Contest] Un incubo che non tornerà, un sogno che non finirà

Diciamolo tutti insieme... It's all dream!

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    Haiiro Kugatsu
    Scheda personaggio

    Quando, quel pomeriggio, Haiiro si trovò nel proprio appartamento Shoichi, il suo farmacista, ne fu molto sorpreso. Era la prima volta che il farmacista si recava da lui, di solito avveniva il contrario. E poi come aveva fatto a entrare? La porta sarebbe dovuta essere chiusa!
    «A cosa devo il, uhm, “piacere” di questa visita?»
    «Di certo, non al mio piacere. Ma forse al tuo sì. Ti ho portato dei nuovi farmaci. Farmaci innovativi, diversi da tutti gli altri. Ti permetteranno di sognare, ma impediranno che la tua anormalità si attivi. È il risultato di una ricerca partita proprio dall'Hakoniwa... oh, ma perché perdo tempo a spiegartelo? Usali e basta. Due volte a settimana, non di più. Puoi anche partire da stanotte.»
    E detto così gli lanciò un sacchetto, chiuso. Haiiro lo aprì e si trovò di fronte delle caramelle. Sì, sembravano proprio confezioni di caramelle, al gusto di frutta.
    «Ma?!»
    «È per non destare sospetti. Nessuno sospetterà che delle caramelle siano farmaci.»
    «E quando mai io ho preso caramelle alla frutta? Se volete che funzioni, dovreste almeno fingere che siano al caffè!»
    Come accadeva raramente, Shoichi si mise a ridere. Era ancora più raro che ridesse per una battuta di Haiiro: di solito se rideva, rideva di lui.
    «Lo ricorderò la prossima volta. Ora devo andare. Ah, non serve che mi apri la porta, posso scassinarla da me. Come all'andata.»
    E se ne andò. Senza neanche lasciare ad Haiiro il tempo di chiedere spiegazioni. Quel dannato, non era per niente professionale. Ma, infischiandosene, Haiiro prese la pillola-caramella e andò a letto.
    CITAZIONE
    Mille erano i fuochi accesi, mille le spade sguainate, mille gli uomini raccolti per la guerra. Mille giorni durò la guerra, e poi seguirono mille gli anni di pace. Dopo i mille anni, non vi fu altro che la fine, per tutti tranne che per mille uomini. Essi erano i salvati, gli eletti: nell'eterno sole sarebbero stati accolti in gloria. Lui era il mille e uno. Sorrise e con serenità si calò nella mille e una notte, l'ultima, l'eterna.

    Haiiro aprì gli occhi. Si alzò dal letto, andò in cucina e si versò del caffè. Era contento di aver potuto dormire sereno, ma cos'era quel sogno? Forse era colpa della pillola se aveva fatto un sogLeno così strano. Si disse che era meglio non pensarci e andò a scuola. Eppure, mentre camminava verso l'edificio scolastico, aveva l'impressione che qualcosa non andasse. Le facce che lo circondavano erano diverse da quelle dei soliti studenti. Gli sembravano estranee alla scuola, ma allo stesso tempo famigliari, come se le avesse già viste... Mentre ci rifletteva su, non si accorse di un grosso sasso lungo la strada e ci inciampò sopra, cadendo a terra.
    «Ahia...»
    Fece per rialzarsi, ma il ginocchio su cui era caduto gli faceva male. Ai margini del suo campo visivo, una mano si tese verso di lui.
    «Stai bene? Vuoi una mano per rialzarti?»
    «Sì, graz...»
    Le parole gli morirono in gola quando alzò gli occhi per vedere chi era stato a tendergli la mano. Rifiutando la mano, riuscì a tirarsi in piedi e fece un passo indietro, fissando i tre che aveva davanti. Li aveva riconosciuti: erano il Demone, il Divoratore e la Furia Bianca. Lo fissavano con un ghigno sarcastico e con odio sprezzante negli occhi. Haiiro cercò un coraggio che sentiva di non avere.
    «Voi siete stati sconfitti. Sigillati, uccisi, esiliati. Sparite.»
    Non sparirono. Erano lì a fissarlo, minacciosi, ma senza attaccarlo.
    «Cos'è, avete paura? Non mi attaccate? Lo farò io allora, sono molto più potente di una volta...»
    Insensibili alle sue minacce, continuarono a fissarlo sprezzanti. Uno di loro (tutti) alzò (alzarono) l'indice puntato verso di lui e disse (dissero):
    «Non dobbiamo sconfiggerti. Sei già stato sconfitto. Da tuoi stessi sogni.»


    Haiiro aprì gli occhi. Per un attimo si sentì alla deriva in mezzo al mare. Senza punti di riferimento, senza ancore a cui tenersi saldo, fluttuante nel nulla. Strinse le mani intorno alle lenzuola, le artigliò, come se potessero volare via l'istante successivo. Come se fossero l'unico legame che lo trattenesse sulla terra. Il suo respiro era affannoso e ci vollero diversi secondi prima che riuscisse a calmarsi. Aveva capito cos'era successo: aveva sognato un primo sogno, poi aveva sognato di svegliarsi, ma anche questo era un sogno. La cosa era stata... destabilizzante. Ora era persino insicuro se fosse davvero sveglio o stesse ancora dormendo.
    “Dev'essere colpa di Shoichi e di quelle sue pillole. Di sicuro! Devo chiamarlo e sentire il da farsi, ma di sicuro non le userò più...”
    Lentamente e con cautela, si tirò su dal letto. Prese il cellulare che aveva appoggiato al comodino e se lo passò tra le mani. Voleva sentirne la solidità, la concretezza. Ma il cellulare non bastava: troppo piccolo, sottile e vicino al mondo virtuale. Appoggiò la mano sul muro e ci spinse contro. Era lì, il muro, solido e pronto a fare resistenza alla sua spinta. Risollevato si mosse, ma sempre con cautela. Il contatto dei suoi piedi scalzi con il pavimento lo tranquillizzava (non si mise né scarpe, né ciabatte o calzini), in quel momento non voleva neppure pensare che la Terra si stesse muovendo. Accese la luce: il suo appartamento era lì, uguale a come era sempre stato. Camminò fino all'armadio e scelse i vestiti per quel giorno, tirandoli fuori dall'armadio. Si sfilò il pigiama, prima la maglia e poi le brache, e lo gettò sopra il letto sfatto. Poi indossò pantaloni, maglietta e felpa. Apprezzò il contatto con la ruvidezza dei vestiti, sia nel toglierli che nel metterli. Apprezzò il gesto di vestirsi, col suo susseguirsi di passaggi e senza nessun salto logico. Ormai tranquillizzato, poté affrontare qualcosa di tanto etereo come una chiamata da telefono. Fece il numero di Shoichi e dopo tre squilli lui rispose.
    «Cosa c'è Haiiro?» Come al solito non perdeva tempo in convenzionali “pronto” o simili.
    «Devo parlarti Shoichi. I farmaci che mi hai dato ieri quando sei passato da me sono un disastro! Ho fatto un sogno orribile, o più che orribile... comunque voglio tornare ai vecchi sonniferi, non importa se non posso sognare. Anzi meglio! Per un po' non voglio sentire parlare di sogni.»
    La risposta fu un denso silenzio.
    «Perché non rispondi, Shoichi?!»
    «Haiiro – la voce del farmacista era stranamente esitante – io non sono passato da te ieri. Non passo mai, sei sempre tu a venire, non ricordi? E non so di quale farmaci stai parlando.»
    Di nuovo. Sentiva come se soffiasse un vento e lo trascinasse lontano. Come se ogni punto di riferimento perdesse significato e tutto il mondo sfumasse e si faceva inconsistente. Era in preda alle vertigini: cercò un appoggio nel muro, ma anche questo non sembrava più solido come prima.
    «Cosa... Cosa stai dicendo?! Se passato ieri, hai anche scassinato la porta e...»
    «Per abile che io sia, scassinare porte non rientra tra i miei talenti. Non ti ho portato farmaci ieri, né altro. Non ti ho neppure visto.»
    Il muro... il muro a cui si era appoggiato... era a sinistra della porta o a destra? Non si era spostato? Era lì, com'era sempre stato?
    «Ma... io... il sacchetto con le caramelle...»
    Si guardò intorno con lo sguardo, ma non riusciva a mettere a fuoco la stanza, né ricordava dove aveva messo le pillole.
    «Ascoltami Haiiro. Mi vengono in mente solo due ipotesi: la prima è che tu abbia sognato la mia visita da te ieri e ora ti sia semplicemente svegliato. Sei solo ancora confuso, ecco.»
    Non si sentivo “solo confuso”. Era in iperventilazione, e ora anche i suoi pensieri cominciavano a sfuggirli. La testa gli pulsava. Si lasciò cadere in posizione semi-fetale, gambe, braccia, schiena e testa appoggiate al pavimento. Non gli dava alcuna sicurezza.
    «E la seconda?» Chiese tra i singhiozzi.
    «Stai ancora dormendo.»


    Haiiro aprì gli occhi di soprassalto e si alzò a sedere sul letto. Stavolta non si affidò alla concretezza delle cose per cercare di stabilire la sua realtà – già prima si era rivelata fallace – ma alle parole, parole che uscirono concitate e contorte dalla sua bocca.
    «Era un sogno. Forse. Era il sogno di me che mi svegliavo in un altro sogno, solo per risvegliarmi in un terzo sogno che mi ha rivelato come il primo non fosse realtà, ma sogno. Un sogno fatto di tre sogni. Anzi, non un sogno, ma un incubo. L'incubo di me che mi perdevo nei sogni. E ora, anche adesso, non so se sto sognando o sono sveglio. Se uno dei sogni precedenti fosse reale. E se questo sia la continuazione di quel sogno. O la continuazione di quella realtà. E queste mie parole... sono realtà o sogno?»
    «Ho capito metà, forse, di quello che hai detto, ma per quanto posso dire io...» Rispose una voce ancora impastata dal sonno.
    «Non sei ancora abituato a poter dormire liberamente la notte e hai fatto un brutto sogno. E basta.»
    «Kasumi...» Disse Haiiro confuso guardando il profilo della ragazza distesa sul suo letto.
    «Se sapevo che poi mi svegliavi a metà notte con discorsi simili, non sigillavo per qualche ora il tuo Dream Teller grazie al mio bacio. Ti lasciavo sveglio mentre io dormivo beata.»
    «Ma ti ho davvero svegliata? E io sono davvero sveglio? Non riesco a capirlo...»
    «E basta!» L'esortazione fu accompagnata dal lancio del cuscino che lo colpì in piena faccia. Haiiro si lasciò colpire senza neanche provare a schivarlo.
    «Neanche Shinji Ikari si faceva certe seghe mentali! Non importa quanti sogni si fa, prima o poi ci si sveglia. Quindi o vai fuori a farti una passeggiata e chiarirti le idee, oppure ti rimetti a dormire.»
    Dormire? Gli faceva paura dormire dopo quei sogni. Proprio adesso che poteva, che amara ironia.
    Vedendolo ancora esitare, Kasumi si addolcì.
    «Dai, dormi senza preoccupartene. Se domani, quando aprirai gli occhi, mi troverai ancora qua, il mio corpo affianco al tuo sul letto, allora saprai che questa è la realtà e gli altri solo un sogno.»
    «E se non dovessi trovarti?»
    «Beh... quantomeno avrai fatto un bel sogno. Dormivi con una bella ragazza come me, che sogno può essere migliore?» E gli fece la linguaccia, per concludere in bellezza. Nonostante l'angoscia, Haiiro sorriso, più rilassato.
    Forse quella era davvero la cosa migliore. Distendersi, chiudere gli occhi, lasciare che il sonno si portasse via i sogni passati e ne portasse di altri, più lieti. E svegliarsi la mattina dopo, ridendo della propria stupidità, nell'aver confuso la realtà e il sogno. Si distese sul letto stretto a Kasumi e chiuse gli occhi.

    Quando gli aprì, la luce filtrava dalle tapparelle semi chiuse e sentiva il canto degli uccelli mattutini. Una mattina, era una mattina come tutte le altre. Lentamente si girò dall'altro lato, vedendo quello che già sentiva: il vuoto nel suo letto. Non c'era nessun altro, oltre a lui, lì disteso. Sul comodino erano posate dei farmaci camuffati da caramelle al caffè.
    Haiiro sorrise amaramente.
    Il sogno, l'incubo, non era ancora finito.


    Edited by Tabris_17 - 2/10/2016, 18:58
     
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