Un inizio a testa in giù

Multipla - Chiusa [Lolya13, AlexMatteh, Darkdesire.em]

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    Sono quasi sicura di abitare a casa mia...

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    Non ero mai stata tanto nervosa quanto quel giorno: finalmente potevo cambiare scuola e andarmene da casa (quei due non riuscivo più a sopportarli, i loro litigi stavano diventando incontenibili e ovviamente dovevo sempre finirci in mezzo io), sperando di riuscire anche a farmi qualche amico - ardua impresa! Ricordo benissimo che la notte prima non riuscii a dormire per l’emozione e la mattina successiva ero talmente stanca che stavo anche per dimenticare la telecamera a casa, ma fortunatamente me ne ricordai proprio mentre stavo lasciando il dormitorio. Come se non fosse abbastanza, all'ansia e al sonno si aggiunse un terzo fattore che segnò definitivamente quella giornata, bollandola come "disastro": "Ma questo dannato posto è enorme!"
    Arrivata a scuola, infatti, mi resi conto della vastità e imponenza degli edifici presenti, che mi misero non poco in soggezione. Essendo troppo timida per chiedere a qualcuno la strada, pensai: "d'accordo Mei, sei grande ormai, devi riuscire a cavartela da sola. E poi, dai, quanto può essere difficile arrivarci?"
    Non l'avessi mai detto, passai i 30 minuti successivi a cercare, senza successo.
    Inizialmente, girovagando senza meta, mi trovai all’entrata di questa enorme arena, che mi affascinò parecchio: così alta da sembrare uno stadio, con delle pareti massicce che facevano ben intendere quanto fosse resistente… ma perché costruirle così spesse? Non serviva mica a contenere forze sovrumane… o sì?
    Dopo essere rimasta incantata da quella struttura possente continuai a camminare, finché non avvistai un caffè e decisi di fermarmi per un po’: era comunque troppo tardi per la prima ora, così decisi di prendere un cappuccino. Per mia fortuna, non lontano dall’ingresso del caffè c’era una mappa di tutto il complesso dell’Accademia Hakoniwa e senza pensarci due volte mi presi del tempo per studiarla e capire dove dovessi andare. Quella mappa sarebbe stata utilissima a chiunque, ma a me no, nossignore, la vostra cara Mei ha il senso dell’orientamento di un porcospino con il raffreddore!
    Infatti azzeccai solo la direzione, dopodiché mi persi di nuovo e pensai di adottare una nuova strategia: seguire gli altri studenti. Riuscii a trovare dei ragazzi che stavano andando tutti nella stessa direzione.
    Dev’essere la strada giusta!” pensai, sicura di me. Decisi di seguirli cercando di non farmi notare, ma ancora una volta sbagliai: a quanto pare erano recentemente cominciate le attività annuali dei vari club e per poco non mi feci prendere a cazzotti dai ragazzi del club di boxe. Disperata e senza speranze uscii dalla palestra e cercai di riprendermi da quella serie di sfortune: “ma non è possibile! Tutte oggi!”.
    Nonostante fossi stanca dopo aver girovagato per tutto il complesso dell’Hakoniwa ormai non potevo fare altro che tenere duro e trovare l’edificio scolastico, dato che l’unica alternativa era cercare di tornare a casa - e con il mio pessimo senso dell’orientamento ci avrei impiegato altre tre ore.
    Continuai a camminare, ormai alla cieca, e senza neanche sapere come arrivai ad un vecchio edificio abbandonato che sembrava davvero una casa stregata, di quelle che si vedono nei film.
    "Ma no, non può essere questo, dalle foto sembrava così nuovo... uffa, devo aver sbagliato strada, di nuovo!" pensai. Quel posto mi dava delle strane vibrazioni, era come se fosse escluso dallo spazio e dal tempo, come nei sogni. Scoprii poco dopo che quel sogno sarebbe finito presto. Sembrava una costruzione abbastanza instabile, come se fosse tenuta insieme da nastro adesivo e colla vinilica. Non volevo avvicinarmi troppo, figuriamoci toccare qualcosa o entrarci.
    "Dovrebbero abbatterla" pensai, "è pericoloso, qualcuno potrebbe farsi veramente male..." sentii dei brividi lungo la schiena, una vocina dentro di me mi diceva che avrei fatto meglio ad andarmene – e forse avrei fatto meglio ad ascoltarla. A quel punto stavo proprio per farlo ma camminando iniziai a sentire dei rumori che provenivano proprio da quella "casa stregata", come ormai l'avevo soprannominata nella mia testa. Mi voltai e presa dalla curiosità mi riavvicinai con cautela all'edificio. I rumori diventavano più forti man mano che procedevo e questo mi incuriosì ancora di più. Volevo sapere, anzi, dovevo sapere cosa stesse succedendo là dentro. Mi fermai e guardai con sospetto il palazzo, quando accadde qualcosa che nessuno mai avrebbe potuto aspettarsi.




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    Gli allenamenti si erano intensificati sempre di più, ormai quei lunghi incontri in cui si affrontavano senza esclusioni di colpi facevano parte della routine giornaliera di entrambi. E quel giorno avevano deciso di proseguire negli allenamenti comunque. Da quando avevano affrontato l'Eater, entrambi erano migliorati. Galatea ora non era solamente più un demone incontrollabile, o un angelo che poteva scacciare l'oscurità, buona fino alla fine. Non era più nemmeno la stessa ragazza che anni fa cercava una sua identità, scacciando le ombre che offuscavano il suo passato e provando a migliorare per controllare quella strana forza che possedeva. No. Non era più nessuna di quelle tre identità distinte e separate, ora era tutte e tre allo stesso momento. Era un angelo, un demone, ed era se stessa. Completamente. E anche il suo aspetto era cambiato.
    Mentre pensava a tutto questo si stava dirigendo verso la Babele Fantasma. Quel luogo abbandonato era ormai diventato la loro base,
    il centro in cui si ritrovavano per svolgere il loro allenamento quotidiano. Si trovava parecchio a suo agio all'interno di quel vecchio dormitorio isolato e quasi spettrale. Galatea aveva sempre amato la calma, la quiete e la solitudine. Ma forse aveva imparato anche a condividere con qualcun altro questi suoi stati d'animo.
    Come al solito era arrivata in anticipo, preferiva sempre arrivare un po' di tempo prima rispetto agli altri, o in questo caso rispetto a Enma. Nella stessa stanza in cui si incontravano, ormai segnata dai vari colpi subiti. Appoggiò lo zaino in un angolo, avvicinandosi alla finestra. Scrutò l'orizzonte, per passare poi al cortile in fondo all'edificio. Vide Enma arrivare, poco dopo. Attese quei minuti, ne avvertì la presenza una volta entrato dalla porta.
    "Stai iniziando ad essere più puntuale del solito, non sei migliorato solo fisicamente a quanto pare" disse mentre si voltava verso di lui. Era particolarmente orgogliosa, i risultati dell'allenamento iniziavano a vedersi. Soprattutto dal punto di vista fisico. Raramente aveva trovato qualcuno in grado di sostenere scontri così prolungati con lei. "Devo concedertelo, hai una grande forza di volontà... E direi anche una buona resistenza!" Continuò, sempre fissandolo negli occhi. Intanto aveva già preso posizione.
    "Bene, iniziamo!"
    Si scagliò subito contro Enma, con un attacco diretto. L'allenamento era iniziato, duro come al solito. I minuti passavano e i due continuavano a colpirsi a vicenda, evitando e attaccando in rapidissima successione. I suoni della battaglia si sentivano, risuonavano in tutta la Babele Fantasma e in tutto il cortile. Dopo l'ultimo colpo Galatea decise di saltare indietro, dando ora le spalle alla porta.
    Si fermò per un momento, e non certo per concedere un po' di riposo al suo apprendista.
    "Sai, non sei l'unico a essere migliorato durante i nostri incontri! Se ben ti ricordi avevo raggiunto una certa trasformazione, anzi due, quando abbiamo affrontato quell'Eater" iniziò a spiegare, mentre il colore dei suoi occhi cambiava facendosi ancora più scuro:
    "quelle due forme ora sono migliorate assieme a me e, devo dirlo, assieme a te! E credo sia giunto il momento di mostrartelo". La pressione all'interno della stanza si fece molto più forte di prima, come se un vortice d'aria attorno a Galatea avesse iniziato ad attrarre tutto ciò che si trovava in quel piccolo spazio in cui avevano combattuto fino a quel momento. Il corpo della giovane si ricoprì rapidamente di una specie di oscurità, con un colore a metà strada fra il nero e il violaceo. Pochissimi istanti dopo, in quelle ombre si aprirono tutta una serie di crepe luminose. Una fortissima onda d'urto si sprigionò dopo, quando Galatea spalancò violentemente le due ali d'angelo, luminose. Sotto, un demone che impugnava due spade. L'energia sprigionata da quell'angelo demoniaco sollevò un forte vento, che ridusse in mille pezzi tutti i vetri alle spalle e devastò la stanza. Non si era resa assolutamente conto di aver sprigionato tutta la sua potenza in quel momento, investendo Enma con tutta la sua energia. Fortunatamente era solo vento che al massimo lo avrebbe sbalzato via.
     
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    Seguii la stradina che serpeggiava tra le radici degli alberi contorti, forse proprio dall'aura della babele che si diceva essere infestata, fino ad arrivare alla stamberga increpata che un tempo aveva ospitato gli schiamazzi notturni di studenti un po' troppo agitati. Ormai quella via nascosta dalle foglie e proibita mi era familiare, la percorrevo da troppo tempo per perdermici, anche se chi non la conosceva poteva davvero rischiare di smarrire la via del ritorno, e sicuramente era difficile che uno studente per quanto imbranato vi capitasse inavvertitamente.
    Per questo l'avevamo eletta al luogo ospite dei nostri allenamenti clandestini, perchè nessuno doveva sapere che due studenti del famigerato istituto Hakoniwa in realtà possedevano abilità fuori dal comune e si preparavano a sconfiggere entità altrettanto anormali.
    Saltata l'ultima radice che protrudeva dal terreno, troppo grossa e lunga per essere aggirata, mi avvicinai all'entrata dell'edificio e subito sentii lo sguardo imperioso della mia insegnante dalla finestra dei piani superiori. Non c'era bisogno per me di vederla: sapevo che era lì, non tanto perchè l'ora dell'appuntamento era quella, ma perchè uno sguardo così potente lo senti anche senza incrociarlo, e la severità che gravava sulle mie spalle in quel momento avrebbe fatto tremare chiunque, ma dopo mesi di allenamento con lei avevo imparato ad avere i nervi d'acciaio e a resistere almeno al suo sguardo di giudizio.
    Le sessioni mi mettevano comunque in agitazione, era una cosa a cui tenevo tantissimo: dovevo diventare più forte e superare la mia natura di negativo per riuscire a proteggere chi mi è caro dalla nuova realtà in cui ero stato catapultato a forza, per cui il cuore palpitava nel mio petto mentre salivo le gradinate, e come un fascio di nervi aprii la porta ed entrai nella stanza.
    Subito venni accolto con un apprezzamento che mi lasciò interdetto, non accadeva molto spesso che venissi ripreso in modo positivo così apertamente da colei che ora consideravo come mia maestra, e la cosa mi fece molto piacere tanto che per un istante abbassai lo sguardo.
    Ciò che lasciò ancora più stupito fu la luce che le brillava in fondo agli occhi mentre mi fissava: forse prima non ci avevo mai fatto caso, o forse era davvero la prima volta che succedeva, ma mi parve di percepire una certa fierezza in quel bagliore così luminoso, sembrava fiduciosa nei miei confronti, anche se conoscendola probabilmente non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente.
    Galatea si complimentò ancora con me, questa volta per qualcosa di più inerente al combattimento, e a proposito decise di cominciare senza fare preamboli. I colpi si susseguivano l'uno all'altro, la rapidità con cui lei si scagliava contro di me era fuori da una qualsiasi paragone comune e misurazione umana, e più i minuti passavano, fra un rimbombo e una parete vibrante sotto i nostri affondi, più mi fu chiaro che solo lei avrebbe potuto darmi quello che cercavo, solo da lei avrei potuto imparare a combattere per difendere chi amo da quelle immonde creature che erano gli Eater. Pensare a questo mi dava la forza di colpire ancora, anche quando le mie gambe stavano per cedere sotto il peso della fatica o inciampavo sui lacci delle mie stesse scarpe per qualche colpo di sfortuna, mi sarei sempre rialzato.
    A rompere quell'armoniosa catena di attacchi e la densa atmosfera di concentrazione che avvolge due combattenti mentre studiano il nemico per comprendere la sua prossima mossa e preparare un contrattacco ci pensò proprio una frase pronunciata da lei:
    Sai, non sei l'unico a essere migliorato durante i nostri incontri! Se ben ti ricordi avevo raggiunto una certa trasformazione, anzi due, quando abbiamo affrontato quell'Eater. Quelle due forme ora sono migliorate assieme a me e, devo dirlo, assieme a te! E credo sia giunto il momento di mostrartelo
    Non feci nemmeno in tempo - anzi, non mi diede nemmeno il tempo di pensare a cosa sarebbe potuto venire dopo quella frase che subito un vorticare di energia nella stanza mi costrinse ad ancorarmi a terra piegando le gambe, mentre il suo corpo cominciava ad emettere una luce violacea così brillante che dovetti coprirmi il volto con entrambe le braccia per non rimanerne accecato. Non ero nemmeno sicuro che si potesse parlare di "luce", era più come se il suo corpo si stesse tingendo piano piano di nero assumendo qualche sfumatura viola, come se la più tetra e affascinante oscurità la stesse avvolgendo proprio davanti a me, e guardare quei colori distorti e fuori dal mondo infastidiva i miei occhi.
    La vera "luce" venne dopo, dalle crepe che percorrevano il suo corpo e che pochi istanti dopo esplosero in un'onda di energia, vento e luce di quelle stesse sfumature ultraterrene, e il suo corpo assunse la forma preternaturale di un angelo decaduto armato di lame.
    E così sarebbe questo il nuovo potere che hai ottenuto? Mi piace! - commentai, incerto se lei l'avrebbe sentito o meno.
    Che quell'affermazione la raggiungesse o meno era irrilevante, poichè non avrebbe comunque potuto rispondermi: l'onda sprigionata da tale trasformazione, che forse rappresentava la vera forma della mia maestra, bastò a scaraventarmi contro il muro, solo che dietro di me non avevo un vero muro ma la finestra.
    Così, con le braccia davanti al volto per coprirmi dall'onda e dai cocci, sfondai completamente il vetro impolverato e caddi al suolo di schiena, solo che ancora una volta sotto di me non vi era il suolo, ma una ragazza che era capitata lì per caso.
    La notai mentre ancora stavo cadendo, così feci appena in tempo a roteare in aria per girarmi verso la sua direzione e spalancare le braccia, in modo da stringerla per proteggerla dalla mia caduta e soprattutto dai frammenti di vetro che avrebbero potuto ferirla gravemente.
    Dannazione, non doveva passarci nessuno da queste parti! Eh tu, ragazza, stai bene? Niente di rotto?
    Pregai per la sua incolumità, in fondo le era comunque appena piombato addosso un ragazzo dal secondo piano, speravo solo di non avere portato con me alcun coccio che avrebbe potuto ferirla. Ma con orrore mi accorsi presto che, come da mio solito, un altro clichè si era appena concretizzato: nel rialzarmi dalla caduta le mie mani erano affondate completamente nel suo petto, che per quanto potesse non essere prosperoso come altri visti - e tastati - in precedenza era comunque il petto inviolabile di una ragazzina.
    Ora era la mia incolumità quella a cui dovevo pensare: sarei stato schiaffeggiato da quell'estranea e pestato da Galatea per quel gesto, e l'unica parola che riuscii a pronunciare in quell'occasione fu un sommesso "Scusa!".


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    Edited by Darkdesire.em - 26/7/2018, 20:48
     
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    Dopotutto come avrei potuto aspettarmi che un ragazzo violentemente defenestrato mi precipitasse addosso?!
    Feci appena in tempo a riprendere con la mia telecamera la schiena di quel poveraccio mentre cadeva e, ripensandoci, forse avrei dovuto spostarmi invece di filmarlo…
    Successe tutto molto in fretta: sentii un rumore assordante di vetri infranti e un attimo dopo quel ragazzo stava precipitando, insieme a una pioggia di cocci di vetro, da quello che mi sembrò essere il secondo o terzo piano. Durante la caduta sembrò accorgersi che ero proprio sotto di lui, e si voltò a mezz’aria aprendo le braccia, come se volesse evitare di farmi male.
    Ebbe un atterraggio, come dire… morbido. Eravamo entrambi intontiti dalla botta e quando mi ripresi sentii una certa pressione sul petto: quello mi stava palpando!
    Lui in un primo momento sembrò più preoccupato per la mia incolumità: Dannazione, non doveva passarci nessuno da queste parti! Eh tu, ragazza, stai bene? Niente di rotto?
    Ma nel rialzarsi si accorse di aver messo le mani nel posto sbagliato, diventò rosso come un peperone e balbettò un più che sincero “Scusa!" togliendole dal mio petto. Scattai in piedi anch’io e arrossii a mia volta. Ma che fai?!
    Dissi, portandomi le braccia al petto come per coprirmi.
    Ma non ebbi il tempo di preoccuparmi del ragazzo clichè, perché un altro pensiero sfrecciò nella mia mente un istante dopo.
    Aspetta… dov’è la mia telecamera?
    Mi guardai intorno e la vidi a circa un metro alla mia destra, per terra.
    Mi precipitai lì per controllare che non fosse rotta e mi buttai a terra in ginocchio per prenderla: la girai e la rigirai guardandola da ogni lato come farebbe una madre apprensiva con il suo bambino.
    Per fortuna niente di rotto… che spavento! Però sembra che si sia graffiata la lente…
    Sospirai. Fa niente, tanto dovevo cambiarla lo stesso.
    Rimasi lì ancora per qualche momento, per guardare i filmati nella memoria e verificare che non si fosse perso nulla.
    L’ultimo filmato era proprio la caduta di quel poveretto: si vedeva la sua schiena avvicinarsi sempre di più all’obbiettivo, circondata da schegge di vetro, e l’ultima immagine era un primo piano del suo sedere.
    In quell’istante mi tornò in mente: mi ero così preoccupata per la telecamera che mi ero completamente dimenticata del ragazzo defenestrato. Appena riuscii ad accertare che la telecamera era sana e salva mi voltai nuovamente verso di lui.
    Avevo un espressione preoccupata e allo stesso tempo confusa: non sapevo cosa dire e non riuscivo a spiegarmi cosa era appena successo: come faceva a stare in piedi dopo una caduta del genere?
    Tu… ehm… io… guardavo un momento lui e un momento la finestra mezza frantumata al secondo piano da cui era caduto.
    Lui aveva ancora delle schegge di vetro in mezzo ai capelli ma stava lì in piedi come se niente fosse, aveva qualche graffio ma vedendo che sembrava stare bene mi sentii sollevata.
    C’era qualcosa di familiare in lui, ma continuando a guardarlo non mi veniva in mente il motivo, forse per la botta o forse perché non c’era proprio niente da ricordare.
    Dopo 30 secondi di riflessione che sembrarono un’eternità, riuscii a formulare una serie di domande a raffica, balbettate e confuse:
    Come cavolo hai fatto a cadere?! C’è stata un’esplosione? Sei tutto intero? Io credo di star bene… sono solo molto confusa.
    Vedi, prima che tu mi cadessi addosso io stavo cercando l’edificio scolastico… questo posto è enorme e temo di essermi persa...

    Pronunciando quelle ultime parole mi sentii in imbarazzo e abbassai lo sguardo: non mi è mai piaciuto ammettere le mie debolezze, e in quel momento mi ero sentita costretta, viste le circostanze. Dopotutto quel ragazzo aveva perfettamente ragione, nessuno avrebbe dovuto essere lì. Ma allora, perché lui era lì? Io ci ero finita per puro caso, ma a quel punto non potevo fare a meno di chiedermi cosa ci potesse fare qualcuno in un posto abbandonato e da brividi come quello. Di proposito.
    A quel punto, i miei sospetti su quel ragazzo non potevano che aumentare. Infatti fu proprio così.


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    Come al solito aveva esagerato. I suoi poteri si erano attivati con una potenza tale da scagliare via Enma e devastare una delle finestre. Pareva proprio che non fosse ancora in grado di conrollarli pienamente, soprattutto quando si trattava della loro attivazione: quelle due forze aliene nel suo corpo si manifestavano con una scarica di energia tale da essere praticamente impossibili da contenere. Una volta riguadagnato il controllo sul suo corpo, si affacció alla finestra alla ricerca del suo compagno di allenamento. Dov'era finito? Lo vide qualche metro piú in lá rispetto alla torre ma.... Non era solo? C'era un'altra persona alla Babele Fantasma? Questo non era di certo un buon segno... In genere andavano lí proprio per la riservatezza che quel luogo poteva offrire: coinvolgere dei civili nei loro allenamenti era una cosa da evitare assolutamente. E se si fosse ferito qualcuno?

    Senza disattivare i suoi poteri, Galatea attraversó la finestra rotta, spalancando le ali d'angelo per atterrare vicino ai due - al momento dell'atterraggio, le sue ali sollevarono una leggera brezza che avvolse sia Enma che la nuova ragazza (probabilmente una studentessa). Da lontano non aveva visto esattamente cos'era accaduto, ma una volta giunta a terra inizió a parlare: "mi spiace molto Temo sia stata colpa mia, i miei poteri sono ancora piuttosto difficili da controllare! Spero che tu non ti sia fatta male!" Le disse (senza accorgersi di non aver disattivato Equilibrium: aveva conservato l'aspetto di angelo demoniaco), mentre rivolgeva uno sguardo anche ad Enma. Improvvisamente e per qualche breve istante l'aria si fece incredibilmente pesante: come se una gigantesca e fitta aura fatta di puro miasma oscuro si fosse posata sulla Babele Fantasma. I movimenti di mani di Enma non erano sfuggiti a Galatea: lo sguardo di lei lasciava intendere infinite torture e dolori atroci. Non erano necessarie parole, l'aria era diventata irrespirabile e opprimente.

    Il corpo di Galatea ritornó alla normalitá subito dopo: intorno a lei comparvero una serie di piume candide come la neve, che svolazzarono nell'aria per poi sparire una volta toccato il suolo.
    "Se stai cercando l'edificio principale credo tu sia nella zona sbagliata! Questa zona é abbandonata da anni, ed effettivamente puó risultare un po' inquietante - se ti puó essere d'aiuto possiamo farti visitare il liceo noi, per sdebitarci per questo inconveniente" Si rivolse poi verso Enma, "l'allenamento é finito per oggi, riprenderemo un'altra volta, magari domani".

    Prima di continuare, aggiunse ancora un dettaglio che si era dimenticata di illustrare alla nuova arrivata: "il mio nome é Galatea, e sono una studentessa del Liceo Hakoniwa, piacere di conoscerti!" e, mentre si presentava, allungó la mano verso la giovane studentessa. Il suo sguardo, peró, manteneva tutta la severitá che l'aveva sempre contraddistinta.
     
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    Defenestrato e precipitato su una ragazzina del liceo, non era esattamente come mi aspettavo un allenamento con Galatea, per lo meno non per l'ultima parte - capitava spesso, anzi, che venissi catapultato da qualche parte, e data la forza della mia compagna di allenamenti non è una cosa che augurerei a nessuno.
    La ragazza che mi fece da cuscino era un misto di imbarazzo e stupore, parlava a raffica e a malapena potevo distinguere le sue parole, ma da quel poco che riuscii a capire sembrava sconcertata dalla mia caduta.
    Ah, quella? No, tranquilla, è una cosa normale, mi succede spesso. Più o meno ogni venerdì, soprattutto alcuni... - dissi abbassando sconfortato lo sguardo. Sfruttai l'occasione per darle un'occhiata: sembrava piuttosto carina, magra e non troppo alta, il colore dei suoi capelli mi ricordava il mio, ma sicuramente i suoi erano naturali. Non che i miei siano artificiali, ma quando è la tua anormalità a renderli così bianchi non puoi nemmeno considerarli del tutto "normali".
    In ogni caso sembrava una ragazza mingherlina e all'apparenza gracile, non aveva quasi petto - effettivamente me ne accorsi anche poco fa -, insomma tutto il contrario di Gal-
    Mi spiace molto Temo sia stata colpa mia, i miei poteri sono ancora piuttosto difficili da controllare! Spero che tu non ti sia fatta male!
    Non mi sfuggì l'occhiata con cui mi linciò, sapevo anche il motivo e la densità dell'aria che ora era più simile a sciroppo di caramella non aiutava a regolarizzare il battito e a calmarmi, anzi. In ogni caso notai qualcosa che riuscì a distogliermi da quella sensazione di soffocamento - sapevo che poi io e lei avremmo fatto i conti su questa storia, ma è stato solo un incidente!
    U-uhm... shishou... - cercavo di attirare la sua attenzione indicandomi dietro le spalle, facendole capire che aveva ancora le ali e tutto l'aspetto di un angelo decaduto. Una persona normale non vede certe cose tutti i giorni, in più lei si era messa immediatamente a parlare di poteri. A quel punto non ero più sicuro di cosa fare, quindi inventai.
    Hai dimenticato le ali attaccate, sai, non vorrei che tutto il nostro lavoro andasse rovinato perchè ti metti a saltare dai balconi. C'è voluto tanto tempo per attaccare quelle piume al cartone, se fai movimenti troppo bruschi potrebbero staccarsi o peggio, il cartone si spezza...

    - Koumori Enma: providing quality excuses since 2015 ©
    Dalla tensione che mostravo in volto avrebbe sicuramente capito cosa intendevo dire, e speravo che avrebbe agito di conseguenza. Intanto, per non dare alla sconosciuta il tempo di realizzare che cosa stava succedendo, le feci un lieve inchino introducendomi.
    Comunque io sono Enma, è un piacere fare la tua conoscenza. Lei è la mia ins- ehm, no, sì, è giusto, la mia insegnante di teatro. - sorrisi imbarazzato, ma cercai di distrarla dalla mia preoccupazione tornando a parlare. Galatea, questa ragazza stava cercando l'edificio principale. Evidentemente deve essersi allontanata troppo dal sentiero ed è finita qui. Dici che possiamo accompagnarla?


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    Proprio quando il ragazzo stava cercando di rassicurarmi, una ragazza con le ali d’angelo scese dalla stessa finestra da cui era caduto lui.
    Il livello di stranezza di tutta quella situazione era aumentato a dismisura nel giro di pochissimo.
    Perché erano in quell’edificio? Cosa stavano facendo? Come avrà fatto lui a cadere? Perché lei ha le ali? E dov’è l’edificio scolastico?
    Prima che potessi fare tutte queste domande, i due mi diedero le loro spiegazioni. Solo che erano spiegazioni un po’ contrastanti…
    "mi spiace molto Temo sia stata colpa mia, i miei poteri sono ancora piuttosto difficili da controllare! Spero che tu non ti sia fatta male!"
    Nonostante l’espressione seria, sembrava sinceramente preoccupata.
    Ha parlato di poteri..?
    "il mio nome é Galatea, e sono una studentessa del Liceo Hakoniwa, piacere di conoscerti!"
    Allungò la mano e senza pensarci su troppo la strinsi.
    Ero molto confusa da tutto quello che stava succedendo.
    Il ragazzo probabilmente notò la mia espressione dubbiosa e subito cercò di spiegare l’equivoco, rivolgendosi prima all’altra ragazza.
    Hai dimenticato le ali attaccate, sai, non vorrei che tutto il nostro lavoro andasse rovinato perchè ti metti a saltare dai balconi. C'è voluto tanto tempo per attaccare quelle piume al cartone, se fai movimenti troppo bruschi potrebbero staccarsi o peggio, il cartone si spezza...
    Oh, quindi sono ali finte… ma è comunque una caduta di tre piani, come avrà fatto a non ferirsi?
    Dopodiché si rivolse a me.
    Comunque io sono Enma, è un piacere fare la tua conoscenza. Lei è la mia ins- ehm, no, sì, è giusto, la mia insegnante di teatro.
    Oh, teatro. Ora sì che ha senso!
    Teatro hai detto? Caspita! Credevo che non ci fosse un club di teatro!
    Pensare che ci fosse un club di teatro rese quell’incontro ancora più interessante.
    Mi avvicinai alla ragazza angelica e osservai con cura le sue ali.
    Accidenti, sono davvero realistiche… davvero impressionante! Non ho mai visto niente di simile...
    Ero in totale ammirazione. Un club di teatro! Ero emozionata all'idea che ci fosse e non vedevo l'ora di chiedere se potevo farne parte anch'io. Qualunque fosse il loro genere non mi importava: recitare mi mancava moltissimo e avrei voluto ricominciare più di ogni altra cosa.
    Comunque io sto bene, grazie per esserti preoccupata. Erano sicuramente delle prove molto intense, visto che sei rimasta nella parte!
    Chissà che spettacolo staranno preparando...
    Però qualcosa non quadrava. Era comunque un posto molto strano per delle prove di teatro. Non c’era molto spazio, né tanto meno una buona acustica.
    Un posto un po’ strano per delle prove… perché proprio qui? Hai detto anche tu prima che nessuno dovrebbe stare qui. Sembra un posto pericoloso… E poi, hai detto che succede spesso che tu cada dalle finestre..? Sei uno stuntman?
    A me non sembrava che avesse il fisico da stuntman, ma non lo dissi. Non volevo che si offendesse.
    Continuando a guardarlo, continuavo ad avere quella strana sensazione. Ero sempre più convinta di averlo già visto. Solo che chiederlo sarebbe stato strano, quindi la timidezza ebbe la meglio ancora una volta, così non dissi nulla.
    Lanciai un’occhiata al palazzo minaccioso.
    Non voglio restare qui un secondo di più…
    In ogni caso, io mi chiamo Mei e sono una nuova studentessa dell’Hakoniwa. Questo doveva essere il mio primo giorno ma, come potete vedere, mi sono persa…
    La stessa sensazione di sconfitta mi fece abbassare lo sguardo.
    Entrambi si offrirono di accompagnarmi all’edificio scolastico.
    Oh, grazie! Mi sareste di grande aiuto in effetti.
    Sorrisi. Come primo incontro nella nuova scuola era stato un disastro, ma almeno i due ragazzi sembravano gentili. Mi serviva proprio qualcuno che mi facesse da guida.


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    Pensato
    Parlato di Mei
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    "Molto piacere di conoscerti Mei, e benvenuta nella nostra scuola - anche se forse questo non è il miglior edificio da cui cominciare le visite il primo giorno di scuola" disse Galatea, mentre lanciava uno sguardo alla Babele Fantasma. "Normalmente è chiusa agli studenti, ma siamo qui perché il nostro spettacolo teatrale ha a che fare con un'ambientazione horror e gotica, quindi avevamo bisogno di un'area che richiamasse almeno in parte un edificio infestato.... E' uno spettacolo davvero interessante, se dovessimo davvero riuscire a portarlo a termine sarai la prima a ricevere l'invito" concluse con un sorriso. Indicò poi la strada, indicando il percorso da seguire: "prego, da questa parte". Voltandosi, i suoi lunghi capelli neri ondeggiarono.
    Mentre stavano camminando, ritenne opportuno cercare di conversare un po' con la nuova arrivata. Per questo motivo iniziò a fare qualche domanda, tipo "come mai hai scelto il liceo Hakoniwa?" e "hai già qualche su quale club potrebbe essere di tuo interesse? Ho visto che la lista di attività disponibili è aumentata parecchio rispetto ai primi anni". Non poté fare a meno di pensare che tutte quelle domande fossero un po'..... Meccaniche. O meglio, che il modo in cui le poneva non sembrasse esattamente naturale. "Devo iniziare a lavorare sui rapporti interpersonali" pensò poi, mentre ascoltava le risposte. Che non fosse molto brava a stringere amicizie era ormai più che noto. Quando si trovava in compagnia di persone che conosceva da molto tempo era parecchio più sciolta: tuttavia, le sue difficoltà diventavano evidenti nel momento in cui si trovava a tu per tu con qualcuno di nuovo.
    Per questo motivo, sperando che la camminata durasse meno del previsto, rivolse un paio di sguardi ad Enma, invitandolo a unirsi alla conversazione.

    Inoltre, era curiosa di sapere come mai quella ragazza avesse scelto proprio l'Hakoniwa: che avesse anche lei qualcosa di speciale? Estrasse il telefono per controllare se ci fossero nuovi messaggi: Satomi le aveva scritto. Ripose il dispositivo nella tasca e si rimise a conversare. Nel frattempo avrebbero raggiunto l'edificio principale della scuola.
     
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