Fight and dream of fighting

L'origine di un'anormalità, one shot

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    Haiiro Kugatsu
    Scheda personaggio

    Haiiro vagava per la città di notte. Nulla di insolito, direte voi. E avreste ragione, se questo vagare fosse dipeso solo dalla necessità di far passare il tempo in una notte durante la quale non poteva dormire. Ma non era così: Haiiro era in cerca di qualcosa, qualcosa di diverso da un bar aperto tutta la notte in cui ordinare un caffè. Cercava guai. E quando udì gli schiamazzi di ragazzi fin troppo allegri e chiassosi, quando seguendo quel rumore vide un gruppo di tre ragazzi intenti a bere e fumare appoggiati al muro di un vicolo, seppe di averli trovati. Con un mezzo sorriso si diresse verso i tre.

    ***


    I tre non gettarono più di un’occhiata a quel tizio che come uno zombi si trascinava per la via. Quell’occhiata fu sufficiente per stabilire che non era qualcuno a cui fosse necessario prestare la minima attenzione. Non era pericoloso, non era un disturbo, non era interessante. I tre tornarono alle loro discussioni, uno di loro riprese a raccontare un aneddoto al termine dei quali tutt’e tre scoppiarono in rauche risate. Le risate non erano ancora finite che un altro cominciò a raccontare una piccante storia di cui era stato protagonista, che forse era accaduta sul serio o forse no. Stava per arrivare alla parte clou del racconto, quando i tre si accorsero di qualcosa: il tizio-zombi era troppo vicino a loro. Invece di camminare rasente l’altro lato del vicolo per passare di fianco, era andato dritto verso di loro. I tre corrugarono la fronte, costretti a riformulare il loro giudizio mentale su quel tipo.
    «Cazzo vuoi?» Disse uno dei tre guardandolo in faccia, osservandone le occhiaie profonde e domandandosi, spinto dalla sua propensione ai film horror, se davvero non fosse uno zombi.
    La sua mente era già arrivata a immaginare uno scenario in cui il ragazzo, dopo essersi rivelato davvero uno zombi, avrebbe attaccato e infettato i suoi due amici, mentre lui solo si sarebbe salvato scoprendo poi che tutti gli abitanti della città si erano trasformati in non-morti, tutti tranne lui e un’avvenente ragazza straniera che assomigliava all’attrice di Non aprite quella porta (il remake), solo con il seno più grande, con cui avrete tentato di salvare il mondo finendo per… quando il tipo rispose.
    «Niente.» E facendo un passo fece cadere una delle bottiglie di birra, ancora mezza piena, che i tre avevano appoggiato sul suolo. La bottiglia, pur di vetro, non si infranse, ma il suo prezioso contenuto finì per terra.
    «NOOO!» Ululò un coro di tre voci unite.
    «Scusate, non l’ho fatto apposta.» Il tono era così poco convinto, il “passo” con cui aveva fatto cadere la bottiglia così plateale e finto, che pure con tutta la buona volontà del mondo – che peraltro i tre non sentivano di avere – non gli si sarebbe potuto credere. Anzi, proprio perché era un’evidente farsa, i tre si sentivano presi in giro e provocati.
    «Ehi, ehi, non scherzare bello. La birra l’hai fatta cadere e ora la ricompri.»
    «Già, cosa credi, di potertela cavare così? Devi darci i soldi.»

    Il tizio-zombi (o vampiro? Se parlava non poteva essere uno zombi, ma quel colorito pallido poteva ben essere di un vampiro, rifletteva l’appassionato di horror), fece un’espressione felice.
    «No. Non ho intenzione di farlo.»
    Ci fu un attimo di esitazione prima che uno dei tre – non il patito dell’horror – gli rispondesse, facendo un minaccioso passo verso di lui.
    «Non hai capito. Non è questione di volere o non volere. Ora tu ci dai i soldi della birra, capito?»
    «No. Non lo farò.»
    Esitarono. Va detto che quei tre non erano degli attaccabrighe o altro. Amavano bere, fumare, stare fuori la notte e far chiasso. In poche parole divertirsi, cazzeggiare, insieme in modo rumoroso. Tutto qua, non c’era altro. Non avevano alcuna voglia di fare a botte o simili.
    «Mah, è solo un ragazzo. Dai, possiamo anche lasciarlo andare…»
    «Beh, era anche mezza vuota… Per questa volta passa, ma la prossima stai più attento!»
    «Dai, dite sul serio? Secondo me non dovremmo lasciarlo andare così...»
    «E che vuoi fargli? Andrà forse alle superiori, non c'è bisogno di prendersela così con un bambinetto.»

    Il ragazzo era lì, ancora immobile, una faccia delusa in volto.
    «Che c’è? Sei anche sordo…?»
    «Lascialo stare, sarà mezzo scemo. Dai, spostiamoci da un’altra parte, sono stanco di stare qua…»

    Presero in mano le bottiglie con ancora della birra, lasciando quelle vuote per terra e cominciarono a muoversi. Il tipo li fissò in modo strano. Poi replicò.
    «Va bene, grazie. In effetti andare a comprare una birra da pezzenti come quella mi avrebbe fatto perdere la faccia. Come facciate a bere una simile schifezza – diede un calcio a una delle bottiglie vuote rimaste per terra – non lo posso capire. Mah, immagino che non abbiate soldi per qualcosa di meglio.»
    I tre si voltarono a guardarlo, sbalorditi. Lui sorrise e mormorò una frase impercettibile, come parlando tra sé. «È semplice, di' quello che direbbe Kasumi.» Poi, ad alta voce:
    «In fondo una birra da pezzenti è giusta per dei pezzenti come voi.»
    Fu la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Non contava che la sua fosse un’ovvia provocazione, né che cercasse la rissa. Erano stati insultati in modo troppo aperto per retrocedere. Fu istintivo, non ci pensarono neppure: appena sentirono quell’ultimo insulto scattarono in avanti.
    Il primo a raggiungere Haiiro lo afferrò per la maglietta con una mano e tirò l’altra indietro, caricando un pugno, ma senza sferrarlo.
    «Prova a ripeterlo ora.»
    Non lo ripeté. Invece colpì con un pugno al naso il suo assalitore. Un colpo leggero, anche se fastidioso visto la zona colpita, ma che serviva a dire “è cominciata”. Ora i tre non potevano più ritirarsi, tergiversare o minacciare, ma solo colpire a loro volta.
    Quello che lo aveva preso per la maglietta sferrò un gancio. Haiiro non si ritrasse, anzi avanzò verso di lui riducendo la distanza e afferrandolo a sua volta. In questo modo il pugno, troppo ampio, si limitò a colpirlo di striscio, mentre Haiiro si ritrovò nella posizione giusta per eseguire una spazzata con cui lo mandò a terra. A quel punto anche gli altri due intervennero nella rissa.
    Il resto dello scontro non andò come Haiiro avrebbe voluto. Pressato da tre avversari, riusciva a malapena a difendersi dai loro attacchi, sferrando a sua volta confusi contrattacchi. Le tecniche che Nabeshima gli aveva insegnato nella calca del combattimento erano quasi dimenticate e se ogni tanto gli tornavano in mente e provava a effettuarle, le circostanze effettive della lotta erano tali che quasi mai venivano come avrebbe voluto. In altre parole lo scontro fu poco più che un confuso smanacciare da parte dei contendenti, con ben poco di tecnico o marziale. La conclusione dello scontro, come lo scontro stesso, fu tutt'altro che chiara: non ci fu un vero vincitore, semplicemente a un certo punto i contendenti si staccarono, Haiiro da una parte, i tre dall'altra, e si accorsero a vicenda di quanto fossero malmessi e stanchi. Haiiro era quello con più lividi sul corpo, ma uno dei tre, a causa di una delle sue rare proiezioni riuscite, sembrava avere difficoltà a camminare. Tutti inoltre respiravano con fatica ed erano ricoperti di sudore. Con uno sguardo decisero che per quella sera era meglio finirla là.
    «Spera di non beccarci di nuovo per strada.» La frase, pronunciata a stento, suonava vacua, ma nessuno era interessato al tono di quelle parole. Sorreggendo il loro compagno che camminava con difficoltà, i tre se ne andarono. Il patito degli horror, gettando un ultimo sguardo dietro di sé, vide – o gli parve di vedere – che il ragazzo non aveva nessuna ombra sotto i suoi piedi. Lo ritenne una conferma del presentimento, poco più di un gioco mentale, che aveva avuto quando l’aveva visto per la prima volta: se non uno zombi, quel ragazzo era di certo un essere soprannaturale.

    ***


    Aspettò che i tre uscissero dal suo campo visivo, poi Haiiro si gettò seduto a terra, incurante della pavimentazione ruvida e scomoda.
    “Sono distrutto…”
    Da lui si staccò una figura nera, Shero, la sua ombra, che per tutto lo scontro lo aveva sostenuto fisicamente.
    “Eppure, anche con te sono riuscito a farcela a malapena…”
    “Anche con me, eri due contro tre. E poi tu sei debole. Io non avrei faticato a batterli.”
    “Ci credo, tu non fatichi e basta. Ma se ti avessero visto, sarebbero fuggiti dall’inizio.”
    Il loro legame si era consolidato e Haiiro ora poteva comunicare con lei senza difficoltà. Tuttavia, proprio a causa della maggior comunicazione, il suo fastidio verso l’Ombra e i suoi atteggiamenti era aumentato.
    “Comunque Nabeshima aveva ragione. Combattere al dojo, con le sue regole, è diverso che combattere in strada. Ma fare a pugni è anche diverso dal combattere contro gli anormali. Mi ci dovrò abituare.”
    Era stata proprio la senpai Nabeshima a suggerirli di provare le sue mosse all’infuori del club di judo. Anche se più di che un suggerimento era stata una battuta, pronunciata con quel suo solito sorriso da gatta. In ogni caso ad Haiiro era sembrata una buona idea e aveva deciso di metterla in pratica.
    “E così sei finito per prendere un sacco di botte…”
    “Sapevo dall’inizio che le avrei pigliate – anche se speravo di meno – non sarà questo a farmi desistere.”
    Gettò il capo all’indietro, appoggiandolo al muro di un edificio, le gambe semi rannicchiate di fronte a sé. Il perenne sonno unito alla spossatezza fisica facevano di quello scomodo selciato un quasi confortevole giaciglio.
    “Tuttavia prima di continuare mi riposo un po’ nel dormiveglia. Shero, tu al solito sorveglia i dintorni e svegliami se calo troppo nel sonno.”
    Appena l’ebbe comunicato all’Ombra chiuse gli occhi, sentendo solo lontanamente il commento di seccata arroganza Shero per quella richiesta.

    ***


    Sognò immagini e vicende confuse. E tra quelle immagini vi erano quelle di lui che combatteva. Combatteva i tre che aveva appena affrontato e seppure anche nel sogno le prendesse, alla fine era lui a uscirne indubbio vincitore. Nel sogno i suoi colpi erano più consapevoli e performanti di quanto fossero stati nella realtà. Sognò e quando si risvegliò per qualche istante credette ancora che lo scontro vero fosse stato quello sognato – o forse un miscuglio di quello reale e quello sognato – prima di accorgersi, con un senso di insoddisfazione, che era stato invece un sogno.
    Poi si rialzò e, sempre con Shero a sostenerlo, cercò nuove persone da sfidare. Trovò due uomini e, dopo un combattimento non troppo diverso da quello avuto in precedenza, si buttò di nuovo a terra a sonnecchiare nel dormiveglia e a sognare di combattere. Risvegliato dal sonno, i lividi e i dolori del corpo lo convinsero a desistere dalla sua ricerca per quella notte.
    Ma le notti successive, alternando il riposo e le botte, continuò quelle sue folli sfide. I dolori e i lividi non erano un problema, potendo contare sull’aiuto di anormali e minus – a partire dalla sua ragazza – con poteri di guarigione. Pertanto continuava senza preoccupazioni a uscire la notte: cercava, provocava e combatteva. Dopo sognava. Piano piano i suoi sogni si popolarono sempre più spesso di combattimenti. Talvolta, il giorno dopo, aveva difficoltà a distinguere tra i combattimenti reali e quelli sognati. Lentamente, senza che Haiiro se ne accorgesse, senza che lui lo desiderasse, questi combattimenti e sogni di combattimenti, avrebbero portato alla creazione della sua terza anormalità, il Fighting Sleep.
    L’anormalità di combattere nel sonno, l’anormalità di combattere come nei suoi sogni.
    L’anormalità che aveva ottenuto mediante i suoi sforzi, allenamenti e combattimenti, ma che pure gli sembrava sputasse in faccia ai suoi sforzi, in quanto gli concedeva in un istante ciò che avrebbe potuto e dovuto ottenere solo in duri anni di allenamento.
    Quell’anormalità, che per la prima volta non era un minus, sarebbe stata fonte di problemi non minori di una negatività.
    Ma, inconsapevole di questi sviluppi, Haiiro continuava a uscire in quelle notti, a combattere e sognare di combattere.


    FINE

     
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    Non so nemmeno dove sono ora, figuriamoci se posso ricordare da dove provengo

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    Narrazione ottima, come sempre del resto, con un Haiiro forse un po' inusuale ma molto interessante.
    Ben fatto.
    EXP:14
     
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