[CONCLUSA]Guardare l'abisso

Narrazione privata

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    Legenda:
    Parlato (a seconda dei personaggi cambia il colore, vedi sotto personaggi)
    Pensato

    Personaggi (possibile anticipazioni sulla role):

    L'auto, Kasumi lo capiva dal rumore, continuava la sua corsa su strada. Sul sedile accanto alla ragazza il conducente guidava in un silenzio pressoché totale, fatta eccezionale per l'occasionale spostamento della leva del cambio. Ma dalla sua bocca non usciva nessun suono, se non quello lieve del suo respiro, coperto tuttavia dal rumore del motore.
    Kasumi non sapeva da quanto tempo si trovava in quella vettura, né per quanto ci sarebbe rimasta. Non sapeva dove si trovava il luogo a cui erano diretti, né a quanti chilometri di distanza era. Non sapeva neppure cosa aveva davanti agli occhi. Solo una cosa sapeva: si stava stufando.

    Ehi!
    Sì...? Compassata e flemmatica, tanto da apparire quasi annoiata, le rispose la voce del suo compagno.
    Quanto manca prima di arrivare?!
    Mi spiace, temo di non poterti rispondere.
    Nonostante la sua dichiarazione, non una goccia di dispiacere trasudava dalle sue parole.
    Dalla prima volta che l'aveva sentito, Kasumi aveva detestato il suo tono di voce. Lento e misurato qualsiasi cosa dicesse, non dava tuttavia l'idea di moderazione o ragionevolezza, ma piuttosto di freddezza e distacco. Un distacco che sembrava condito da una punta di supponenza, che tuttavia Kasumi non riusciva a capire se fosse solo frutto della sua immaginazione o reale.
    A dispetto di tale freddezza, Soya Kishou – quello era il suo nome – professava il più alto interesse per la psiche altrui, tanto da aver riferito a Kasumi di frequentare psicologia all'università Iguruai. Ma di questo, alla ragazza, non fregava nulla.

    È per quella cazzata delle”informazioni riservate”? Come se potessi davvero capire dov'è questo luogo solo sapendo il tempo che ci vuole per arrivarci!
    Comprendo il tuo disappunto, ma ho dei protocolli da rispettare.
    Frenandosi a stento dall'imprecare contro Soya, Kasumi preferì rispondere col sarcasmo.
    Ti dispiace, certo! Comprendi, è ovvio! Intanto quella con una benda sugli occhi, che non può vedere cos'ha davanti al naso, sono io! Su un auto con un estraneo, condotta chissà dove e bendata! Ti pare che...
    Ti prego di evitare di dipingere la scena come se ti avessi rapita – nessuna emozione, neppure una leggera irritazione, traspariva dal suo apatico tono di voce. – Non solo sei qui di tua spontanea volontà, ma ti avevo prefigurato tutta l'iter da seguire, compreso il viaggio in macchina bendata. Sei qui proprio perché hai accettato tutto questo. Inoltre ti ho comunicato il luogo in cui ci stiamo recando, anche se non ti posso fornire la sua locuzione esatta.
    Oh, certo, questo è vero... sono qui per un'allegra gita al manicomio Kyokida, dove anormali pericolosi e fuori di testa sono detenuti. Vista che è un luogo segreto, devo andarci bendata, inoltre al mio arrivo sarò perquisita, ammanettata e inoltre la mia bocca verrà bendata, per evitare l'uso del mio potere. Solo allora potrò accedere.
    È così o forse ho dimenticato qualcosa?
    Concluse la ragazza con rabbioso sarcasmo.
    Non hai dimenticato nulla: hai una buona memoria.
    Nonostante il dubbio complimento, quella frase non fece che far incazzare ancora di più la ragazza.
    I casi sono due: o questo tizio non coglie il sarcasmo e la sua risposta è seria, o lo coglie benissimo e la sua risposta è un'ulteriore presa per il culo. Ma la cosa peggiore è che non riesco a capire quale delle due sia...
    Non temere. Per quanto sia sgradevole questo viaggio e per quanto possano essere restrittive le misure di sicurezza, ti sarà concesso quanto ti ho garantito.
    Quella frase ebbe l'effetto quasi taumaturgico di calmare la ragazza
    Giusto, io sono qui solo per quel motivo: poter incontrare di nuovo quella persona, poter parlare con lui.
    Con Sensui Hagiri, quel maledetto anormale che sembra conoscere ciò che anch'io non so: la vera natura del mio Breath-Taker, il potere maledetto che mi perseguita da quando ho memoria.


    Edited by Tabris_17 - 5/11/2015, 22:57
     
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    Tra meno di cinque minuti dovremmo arrivare.
    La voce unimodulare di Soya ruppe, inaspettatamente, il silenzio.
    Strano che tu me l'abbia detto... I protocolli di segretezza si sono forse persi per strada?
    Valeva per il tragitto, ma ora che siamo quasi arrivati non serve più. Inoltre, tra cinque minuti te ne saresti accorta anche tu.
    Sempre controllato e razionale, non coglie l'ironia e non va mai fuori dagli schemi...
    Così pensava Kasumi, ma l'istante successiva fu smentita.

    Non posso non pensare che l'istituto Kyokida sia il luogo perfetto per Sensui.
    Il tono di Soya era sempre distaccato, ma diversamente dal solito sembrava invitare alla discussione. Kasumi ne fu sorpresa.
    Mh? Ti riferisci al fatto che lui considerava gli anormali essere fuori posto, ma che alla fine è finito anche lui in un istituto detentivo, un manicomio, apposito per gli anormali?
    Il Kyokida non vuole essere, o non dovrebbe essere, solo un istituto di detenzione. Ma sì, era a quello che mi riferivo, anche se l'avrei formulato in maniera più chiara e analitica.
    E cioè? Rispose Kasumi insieme piccata e curiosa.
    Potremmo schematizzarla in questo modo: la società ha un ordine, gli anormali infrangono questo ordine con il loro modo anormale di pensare, perciò devono esserne scacciati. Questo era il principio alla base del pensiero di Sensui, ma allo stesso tempo è l'ideologia dietro l'istituto Kyokida. Anzi, potremmo allargarlo all'intera società moderna: essa si basa su leggi generali e forme di sociabilità che devono indistintamente essere seguiti da tutti. Non c'è posto per chi si esterna rispetto a esse: tali persone devono essere relegati in appositi spazi per loro creati, siano prigioni o manicomi.
    Beh, ma non è sempre stato così?
    Lo è? Secondo uno storico francese, Michel Foucault, un tale modello di ordine generale si è imposto solo dal Settecento e dall'Ottocento attraverso l'adozione di una sistematica disciplina estesa a tutti i campi, dalla giustizia, all'esercito, fino all'istruzione. Tra l'altro il suo primo lavoro importante tratta giustappunto come cambia il modo di vedere i pazzi dal medioevo in poi. Ma questi discorsi al momento non ci interessano...
    Passarono alcuni istanti di silenzio prima che Soya, forse per riordinare i suoi pensieri, riprendesse a parlare.
    Quel che importa è che la società richiede ordine e che per tale motivo certi individui che non si possono conformare a esso, ne siano forzosamente separati. Questo rispecchia il pensiero di Sensui, pertanto il fatto che sia detenuto qua, in forza di un ragionamento identico al suo, costituisce una prima ironica rassomiglianza.
    Quindi sa cos'è l'ironia... ma a parte questo c'è un altro aspetto sospetto.
    Hai detto che questo costituisce un primo aspetto, per cui vuoi dire che...

    Esatto, ce n'è anche un secondo.

    L'auto vibrò sensibilmente: stavano ora percorrendo uno sterrato. Kasumi capì che il manicomio Kyokida doveva essere vicino. Una volta arrivati, non sapeva se Soya le avrebbe ancora parlato così.
    Natsui – da che erano partiti, quella era la prima volta che la chiamava, per quanto con il suo cognome – tu cosa ne pensi delle misure per arrivare fin qua?
    Kasumi fece una smorfia di disappunto, delusa da quella domanda inconcludente.
    E che dovrei pensare? Sono esagerate e seccanti, oltre che senza senso.
    Lasciando perdere il “seccanti” che è un tuo giudizio personale...
    No, guarda che ogni persona sottoposta a questo la penserebbe come me, se non peggio...
    … e per ora accantoniamo il “senza senso”. Passiamo all'esagerate. Hai ragione, sono esagerate. E perché lo sono?
    E io che ne so? Sarà perché hanno paura che passi qualche informazioni, anche minima. Però io continuo a pensare che sia insensato.
    E come definisci una paura esagerata e infondata?
    Pur sapendo che non poteva vederlo, Kasumi si girò verso Soya, dubbiosa.
    Dove vuoi arrivare...?
    Paranoia: è questo il suo nome. Ossia un'altra forma di pazzia. O, se vuoi, un'altra forma di eccesso, di fuori dall'ordinario, di...
    Anormalità – concluse con stupore la ragazza. – È quello che è successo con Sensui: il suo desiderio esagerato di ordine, il suo odio verso chi non si inserisce in quell'ordine, ha portato alla nascita della sua anormalità, della sua “pazzia”. E tu mi stai dicendo che lo stesso ragionamento vale anche per questo Kyokida di cui mi hai parlato...
    Esatto: il desiderio di mettere ordine si capovolge in una paranoica ricerca del controllo totale e si finisce per diventare ciò che si dovrebbe invece negare.
    Questa è la seconda grande ironia. Il pensiero di Sensui era equiparabile a quello del Kyokida: egli è stato vittima della sua stessa follia, travestita da necessità d'ordine.
    Per questo ho detto che il Kyokida è il luogo giusto per Sensui. O forse avrei fatto meglio a dire che lo era...

    I sottintesi dietro quella frase erano così evidenti, l'invito a formulare la successiva domanda così scoperto, che Kasumi ne fu infastidita e replicò con voce carica di frustrazione.

    Ho capito, è per questo che ti sei messo a parlare: non certo per discutere con me delle tue elucubrazioni su ordine e follia, ma per mettermi al corrente di qualcosa riguardante Sensui. Allora farò la domanda che tu mi inviti a fare: “cosa intendi quando dici che «lo era» e perché adesso non lo è più?”
    Sei acuta, ma tendi a eccedere nei tuoi ragionamenti, oltre che a essere eccessivamente sospettosa. Io volevo davvero comunicarti i miei pensieri sull'istituto Kyokida e le sue contraddizioni. Ma è anche vero che, attraverso questo discorso, volevo riferirti di Sensui.
    E allora sentiamo – replicò la ragazza per niente convinta dalle parole di Soya – cos'è che devi dirmi?
    Solo questo. Kasumi, bendata, non poteva vederlo, ma ebbe la netta sensazione che Soya, per la prima volta da che erano partiti, si fosse girato a guardarla.
    Sensui Hagiri sta cambiando.
    Prima che Kasumi potesse urlargli contro qualcosa del tipo “tutto questo discorso e te ne esci con una cazzata del genere?!” l'auto si fermò bruscamente.
    Siamo arrivati – il tono di Soya in quel momento non era solo freddo, ma conteneva anche una rigidità prima assente. – Scendi senza toglierti le bende e segui le mie istruzioni.


    Edited by Tabris_17 - 22/10/2015, 11:21
     
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    Kasumi dovette sottostare a tutte le direttive che le furono imposte. Quella che Soya aveva definito “paranoica ricerca del controllo totale” si esplicitò in una rude perquisizione (il fatto che “in ossequio ai suoi diritti” essa fu condotta da una donna non sollevò particolarmente l'umore della ragazza), in delle manette poste sui suoi polsi incrociati dietro la schiena e su una benda che le fu posta a coprire la bocca. Tutto come descritto da Soya, ma questo non lo rendeva meno sgradevole. Inoltre Kasumi sentiva una strana sensazione provenire da quella benda, che la metteva a disagio. Ma non domandò nulla e finalmente poté entrare nell'edificio. L'aria lì era più secca che fuori, ma con gli occhi bendati non poteva notare molto di più. Camminò per un tempo indeterminato, dopo il lungo (ma quanto? Non poteva dirlo) viaggio in macchina bendata la sua percezione del tempo era completamente sfasata.

    Alla fine la fecero entrare in una stanza e le tolsero le manette ai polsi. Dopo Kasumi sentì il rumore di una porta che si chiudeva e solo allora una voce metallica le disse di togliersi le bende che le coprivano occhi e bocca, ordine a cui acconsentì più che volentieri.
    Uff, non ne potevo più. Ancora un po' e avrei dato di matto...
    Davvero? Allora è un peccato che non ti abbiano tenuta così ancora per qualche tempo, in tal modo avresti potuto trasferirti qua in pianta stabile, a farmi compagnia...

    Nonostante la luce soffusa, dopo aver tenuto a lungo la benda Kasumi faceva fatica a mettere a fuoco la sagoma di fronte a sé, ma identificò la voce senza difficoltà. La figura indistinta che sedeva su una sedia non poteva essere altri che lui.
    Purtroppo non ho alcun desiderio di farti compagnia, Sensui Hagiri.
    Strano, non sei venuta fin qua, attraverso un lungo viaggio immagino, proprio per vedermi?

    C'è qualcosa di strano in lui... pensò la ragazza.
    L'aveva subito individuato dalla voce, ma la maniera in cui Sensui parlava aveva qualcosa di diverso. Per quanto l'avesse incontrato solo una volta in precedenza, ricordava il suo modo di parlare: falsamente educato prima, aveva poi rivelato la sua rabbia e il suo sdegno contro gli anormali. Ma si trattava di una rabbia diretta, coraggiosa in qualche modo. Ora no: il suo parlare era sarcastico e viscido, pieno di una fastidiosa arroganza che si mescolava con un'insidiosa malignità. Soya Kishou aveva detto il vero: Sensui era cambiato.

    I suoi occhi: devo vedere come sono i suoi occhi.
    La prima volta era rimasta inquietata da quegli occhi che sembravano guardare dentro di lei: adesso cosa avrebbe provato? Ma quella domanda doveva rimanere senza risposta per altro tempo, poiché, come vide Kasumi appena si fu abituata alla luce, anche Sensui aveva una benda agli occhi e le mani ammanettate dietro la schiena. I capelli, diversamente dall'ultima volta che si erano incontrati, erano acconciati verso l'alto.
    Che c'è? Non parli più? Eppure mi ricordo che all'epoca del nostro primo incontro avevi una bella parlantina...
    Le mani e i tuoi occhi... li tengono così sempre?

    Non provava alcuna simpatia per Sensui, ma un simile operato le sembrava disumano.
    Cos'è, ti preoccupi per me? Non ti preoccupare, questa è una precauzione e una pena adeguata contro un anormale come me... Inoltre di solito mi lasciano libero, sia le mani che gli occhi. Del resto la mia anormalità non è adatta a combattere e ad occuparsi di me sono solo normali. Mi hanno sistemato così solo in previsione del tuo arrivo, perché non ti “vedessi” con la mia anormalità.
    E sei io volessi farmi “vedere” da te?
    Allora nessun problema: ti basterebbe togliermi la benda dagli occhi. È nelle tue facoltà. Anzi, se sei qua è proprio per questo, non è così?
    Perché me lo chiedi? Sei stato tu, a quanto mi ha detto So... l'uomo che è venuto a prendermi, ad aver richiesto un incontro con me.
    Esatto. Ho immaginato che avresti voluto sapere di più su quanto ti ho accennato, in merito alla tua anormalità che... scusa, non mi ricordo, com'è che si chiamava?
    Breath-Taker.
    Rispose circospetta la ragazza.
    Giusto, Breath-Taker... un nome adeguato per il tuo secondo potere, ma in quanto al primo... beh, la storia è un po' diversa.
    Continui a parlare per enigmi, così come la prima volta che ti ho incontrato.
    Nelle parole di Kasumi, l'insofferenza per quella situazione anomala si combinava e rafforzava la sua rabbia.
    Non essere impaziente... a suo tempo ti spiegherò tutto. Partiamo dal motivo che sei qua: è per ripagare il debito con te, prima che io diventi inabile a farlo...
    Debito?! Di che debito stai parlando?!
    Oh, di un profondo debito che ho con te, anche se tu no lo sai... del resto neppure io lo compresi inizialmente...

    Sensui parlava lento, rivelando le cose a poco a poco e facendone continuamente intravvedere altre. Era conscio dell'insofferenza e dell'impazienza che la ragazza provava per quel suo modo di raccontare e ciò non faceva che accrescere il suo piacere nel discorrere.
    Allora, visto che io ancora non comprendo, potresti spiegarmi? Kasumi si stava a stento trattenendo, ma per Sensui la rabbia repressa che traspariva dalle sue parole era più dolce del miele.
    Certo, non voglio mica farti perdere tempo... Ti sono debitore perché tu mi hai fatto capire. Mi hai fatto capire che il mio metodo era sbagliato: usare i normali per combattere gli anormali, non è questo il modo in cui le cose devono essere fatte... Come il fuoco si combatte col fuoco, così la spazzatura si annienta con la spazzatura.
    Kasumi lo guardò con profondo disgusto.
    Odi ancora così tanto gli anormali?
    Esatto, è proprio così... gli anormali sono fuori posto, si esternano dall'ordine costituito e perciò devono essere sterminati. Questo mio pensiero non è mutato. L'unica differenza è che ora anch'io mi riconosco, senza auto-illudermi, in quella spazzatura...
    E quindi eseguirai quanto la mia amica ti aveva consigliato? Ucciderai tutti gli anormali per poi toglierti la vita?

    Kasumi si espresse con un feroce sarcasmo, sicura che quello non fosse il progetto di Sensui, ma si sbagliava.
    Esatto, è proprio così. Riflettendoci, ho un grosso debito anche con la tua “amica”, quella che imponeva la sua visione sulle altre persone. Lei mi ha detto chiaramente che anch'io sono un anormale come tutti gli altri, quindi è giusto che anch'io condividi il destino di noi feccia. Certo, se non avessi incontrato subito dopo di voi quell'essere, non la penserei così...
    Quell'essere? Stai parlando di chi ti ha fatto impazzire? Ma come...
    Anche se me lo chiedi non ho intenzione di risponderti, né su questo né su altro. Non è per questo che sei qui. Ora devi scegliere: puoi andartene così come se venuta. Oppure puoi affrontare i miei occhi e scoprire la verità sul tuo Breath-Taker.
    Ma stai attenzione: come si dice, quando guardi l'abisso, anche l'abisso guarda te...

    Se Sensui tentava di essere minaccioso, fallì miseramente. La reazione di Kasumi infatti fu una risata al limite dell'isterico.
    E secondo te dopo aver sopportato tutto questo calvario, io mi fermerei per una cosa simile? Se è l'abisso ciò che mi serve per scoprire la natura della mia anormalità, non ho problemi a spalancargli personalmente gli occhi!
    Dicendo così si avvicinò a Sensui e con un rapido movimento tolse la benda dai suoi occhi.

    Il volto che aveva di fronte a sé non era di uno sconfitto ammanettato e inerme, come ci si sarebbe potuto aspettare. Al contrario Sensui, la cui figura era avvolta dalla penombra, esprimeva la sua arroganza e noncuranza attraverso un ampio e beffardo sorriso. Rispetto all'ultima volta che l'aveva visto, sembrava un'altra persona.
    Ehilà Kasumi! Sbaglio o nel tempo che non ci siamo visti sei diventata più bella?
    Vista fuori dal contesto quella frase avrebbe potuto essere un complimento, ma in quella situazioni e detta con quella malevolenza, era un'ovvia canzonatura. Nonostante ciò, proprio per ciò, la bocca di Kasumi si contrasse in un sorriso mentre una gioia feroce si impossessava di lei. Non poteva farci niente: ogni volta che qualcuno la sfidava frontalmente in un duello verbale lei si esaltava.
    Tu invece sei diventato molto più arrogante, ma devo ammettere che senza quell'espressione da addormentato sei piuttosto figo, razza di bastardo!


    Edited by Tabris_17 - 22/10/2015, 11:22
     
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    Uhuhuh, questa è la ragazza con cui mi piace parlare... Sempre combattiva, a dispetto del disagio che la sua anormalità le mette...
    Potresti evitare di parlare di me in terza persone? Forse non riesci bene a vedere, ma io sono proprio qui, davanti a te.
    Puoi tenerti sia il tuo sarcasmo che la tua preoccupazione; la mia vista funziona bene e altrettanto bene riesco a “vederti”... anzi, ora che mi sono accettato posso “guardare” molto meglio. Suppongo si possa definire l'ultima fiammata prima che la candela si spegni.
    Che cosa intendi...?

    Con il suono secco della lingua che schiocca, Sensui interrompé la ragazza.
    Niente più domande, né risposte, così ti ho detto. Del resto non è per questo che sei qua, giusto?
    Sorrise viscido, contento di poterla spazientire.
    È così – dovette ammettere a denti stretti Kasumi – quindi cerca di sbrigarti e dimmi ciò che mi hai promesso di rivelarmi!
    Certo, certo, ti sembro forse tipo da non rispettare le promesse fatte?
    Devo risponderti?
    Replicò sprezzante Kasumi.
    Non serve, anche perché credo di aver visto abbastanza.
    Nonostante dicesse questo, Sensui continuava a osservarla con quei suoi chiari e inquietanti occhi.

    Posso confermare ciò che ti ho detto la prima volta: la tua anormalità contiene due distinti poteri. Il primo è il potere di concedere la morte con un bacio, il secondo di strappare l'energia vitale con il respiro.
    Non vorrai limitarti a ripetere quanto detto la scorsa volta?! Se sono qua è proprio perché non ho capito cosa intendevi!

    Sensui fece un sospiro spazientito. Se fosse tutta una recita per provocarla o il suo reale sentimento, Kasumi non lo sapeva.
    Tu finora hai creduto che il tuo fosse un unico potere, il potere di togliere la salute alle persone in quantità proporzionale alla distanza che vi separa.
    Non è così?
    È così per il secondo potere. Ma questo da solo non sarebbe sufficiente a uccidere in un istante una persona, neppure alla minima distanza, quella di un bacio per intenderci. Ci vorrebbero comunque più di qualche secondi per ucciderlo e in ogni caso la persona sverrebbe prima di morire. Anzi, a causa dell'interferenza del tuo primo potere, non è possibile neppure adoperare il tuo “respiro debilitante” durante un bacio.
    Ma... io l'ho usato... il potere di uccidere...
    Oh, dunque hai già ucciso una persona...

    Kasumi si zittì, interdetta, ma subito decise che non importava: doveva scoprire la verità sulla sua anormalità, quella era la sua priorità.
    È intervenuto quello che tu definisci il mio primo potere, quello di dare la morte con un bacio, giusto? Ma se ogni volta che bacio qualcuno interviene questo potere, allora nel piano pratico non cambia niente.
    Si sentiva depressa e angosciata. Aveva sperato che quell'incontro potesse aiutarla, ma non sembrava che fosse così. Sensui la lasciò in quello stato qualche secondo prima di parlare.
    Invece cambia.
    Sì –
    continuò Sensui reggendo lo sguardo ora improvvisamente speranzoso della ragazza – cambia perché questo tuo potere, a differenza dell'altro, è completamente sotto il tuo controllo. Solo tu puoi decidere se attivarlo oppure no. Quindi puoi baciare il tuo innamorato – sempre se un anormale come te può provare l'amore – senza temere di ucciderlo.
    A quelle parole Kasumi si sentì ricolma di una gioia liberatoria. Quasi vergognandosi di aver provato quei sentimenti davanti a Sensui, gli rispose bruscamente.
    Non è per questo che temevo il mio potere! Ma sapeva che era una bugia, almeno in parte.
    Sia come sia, non sono certo interessato alle tue beghe amorose. Sensui reagì con fastidiosa sufficienza.
    In ogni caso, visto che ho promesso di rivelarti tutto, ci sono degli aspetti che devo ancora chiarire. Anche se ho detto che sei solo tu a decidere se attivare il tuo potere, c'è una condizione al di fuori di te che influisce sul modo in cui si attiva.
    Aspetta, questo è in totale contraddizione con quanto mi hai appena detto!

    Sensui fece spallucce.
    Non è strano che qualcosa di così erroneo come l'anormalità presenti contraddizioni. Inoltre è vero che solo tu decidi se attivarlo o no, ma allo stesso tempo questa condizione influisce sulla tua decisione se attivarlo o meno e sul suo effetto su di te.
    Spiegati meglio per favore, mi sta venendo mal di testa... Qual è questa condizione di cui vai cianciando?
    È il desiderio di vivere o di morire.
    Cosa..?
    Un forte desiderio di vivere ostacola l'attivazione del tuo potere, o meglio tu stessa ne risenti psicologicamente, trovando difficile utilizzarlo. Al contrario un forte desiderio di morte può spingerti ad adoperarlo.

    Kasumi si sentiva la testa girare mentre recepiva quelle nozioni.
    Il desiderio di vita e di morte influisce su questo mio potere e sul mio stesso pensiero? Ma questo è impossibile...eppure... eppure quando mi sono trovato di fronte Shirai Yamamoto, il Divoratore, mi sentivo quasi come se fossi in trance...
    C'è un'altra cosa che devi sapere a proposito di questo tuo potere.
    Un'altra cosa?
    Ancora stordita, Kasumi non poté far altro che ripetere le parole di Sensui, fissandolo con sguardo perso.
    Se anche tu riuscissi a usare il tuo potere su una persona animata da un forte desiderio di vita, lo uccideresti, ma allo stesso tempo ci sarebbero delle... controindicazioni.
    Recuperando in parte il controllo di sé, Kasumi aveva scacciato i suoi pensieri per ridare attenzione a Sensui.
    Di che tipo di controindicazioni parli?
    Non lo so, anche con la mia anormalità è difficile prevedere un caso del genere. Se ti vuoi bene, non ti consiglio di farlo. Però a me non dispiacerebbe affatto se ci provassi e se subissi la peggiore delle conseguenze.
    Gentile come al solito... ma, anche se a malincuore, credo di doverti ringraziare per quanto mi hai detto.
    Evita di farlo, non voglio vomitare... io sto solo ripagando un debito, niente di più. Inoltre non ho ancora finito: devo parlarti del legame e delle differenze tra i tuoi due poteri.
    Bene, anch'io mi sento meglio se non devo ringraziarti.
    Disse con disgusto Kasumi. A volte si dimenticava dell'odio imperante di Sensui verso gli anormali, almeno fino a che non riemergeva come in quel caso.
    Te l'avevo già riferito, ma il tuo potere originale è quello del bacio che dà la morte. L''altro è una sua... credo che il termine giusto sia quello che usavo una volta, “deformazione”. Si è sviluppato da esso, per cause che non comprendo...
    Come non comprendi? Non dovresti vedere tutto di un'anormalità!
    Per niente. Ciò che vedo è solo la sua funzione. Come e perché si è formato sono al di là del mio potere e del mio interesse.
    Quindi non mi puoi dire altro?
    Se non mi interrompesti ogni volta forse potrei aggiungere altro...
    La sua voce era scocciata, ma Kasumi non ci pensò neppure a scusarsi.
    Non c'è solo una differenza di formazione tra i tuoi poteri, ma anche di natura. Il primo è... non so definirlo, ma direi che è la natura standard delle anormalità, quella che si ritrova nella maggior parte di essi. Il secondo è... diverso.
    Sembrava che Sensui stesso avesse difficoltà, nonostante la sua anormalità, a definire queste due nature. Le pause che faceva adesso non erano per spazientire la ragazza, ma nascevano da un'autentica difficoltà a trovare le giuste parole.
    Ogni anormalità è sbagliata, ma questa seconda lo è a un livello ancora maggiore. È qualcosa che potrebbe mettere a disagio anche i normali anormali, qualcosa di caotico, informe e debilitante. Anche se nel tuo caso non è così sviluppato da raggiungere livelli critici. Però non saprei definirlo...
    Kasumi, invece lo sapeva. Era stato Haiiro a dirglielo.
    Minus, è di questo che stai parlando.
    Minus... Sensui ripeté la parola quasi la stesse testando per verificare se andasse bene.
    Ho capito. E dimmi, questi minus...
    Sei tu ad aver un debito con me, non il contrario. Io non ho l'obbligo di dirti nulla.
    Sensui la guardò e stavolta non nascose tutto l'odio che provava verso di lei e gli anormali. Era spaventoso: il suo volto contratto dall'odio quasi non appariva umano, ma bestiale. Ciò che Kasumi vedeva nei suoi occhi era il desiderio totale di annientamento e null'altro.
    Hai ragione, è così. Ma io ti ho detto tutto quello che ho visto. Ora il mio debito è saldato: vattene.
    Quelle lapidarie parole sembravano aver tirato un solco tra i due che si guardarono ancora per qualche attimo. Kasumi si chiese se non avesse sbagliato a reagire così, ma ormai era tardi: in ogni caso Sensui non avrebbe detto altro.
    Bene. Allora addio Sensui.
    Addio Kasumi. È possibile che ci vedremo un'altra volta in futuro. Ma, comunque vadano le cose, sarà solo una.
    Kasumi non chiese spiegazioni per quell'ultima frase. Non era lì per quello. E comunque non era necessario.


    Edited by Tabris_17 - 22/10/2015, 11:22
     
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    Per uscire dovette ripetere la procedura di prima, solo al contrario. La voce dall'altoparlante le ordinò di rimettersi su la benda e solo allora entrarono degli uomini che, per la seconda volta, l'ammanettarono, per poi condurla a ritroso lungo i corridoi, fino all'esterno dell'edificio.
    Soya Kishou la fece salire di nuovo in macchina e, avviato il motore, prese la strada di ritorno. O almeno Kasumi sperava fosse la strada di ritorno.

    Avete sentito tutto quello che ci siamo detti?
    Esatto. Come ti ho detto, apposite telecamere e microspie hanno registrato il vostro dialogo.

    Kasumi sbuffò rumorosamente. Il fatto che anche di quel dettaglio fosse già stata informata da Soya prima di recarsi al manicomio, non la rincuorava affatto.
    Non reagire così, senza una simile clausola non ti avrebbero mai fatto incontrare Sensui.
    Cosa intendi?

    Soya si prese una pausa di qualche secondo prima di parlare.
    Se sei interessata te ne parlerò, ma non adesso. Anzi, ti consiglio di dormire, ti farà bene.
    Non è di dormire che ho bisogno ora, ma di risposte! Avanti dimmi...
    La tua mano. Tu non puoi vederla, ma sta tremando.

    In effetti non poteva vederla, ma poteva sentirla. Però il fatto che una sua debolezza – così la vedeva la ragazza – fosse stata messa in luce a quel modo la fece solo irritare.
    E questo cosa c'entra...?!
    Un viaggio in macchina, bendata e senza sapere dove stai andando, è qualcosa di mentalmente snervante. A ciò si aggiungono le rivelazioni fatte da Sensui, a loro modo spiazzanti. La tua mente sarà pure piena di interrogativi, ma ciò di cui ha bisogno ora non sono altre nozioni – non farebbero che sovraccaricarla – bensì riposo. Quindi dormi.
    Non ho alcuna intenzione di stare ai tuoi ordini! E poi sei stato tu a bendarmi!
    Quello era l'unico modo consentitomi per farti entrare all'istituto Kyokida.

    Passarono alcuni istanti di silenzio, come se i due si stessero affrontando in una muta sfida a chi per primo parlasse. Con un sospiro, fu Soya a capitolare.

    Ho capito. Ma, anche se prima sono stato costretto a farlo, non credo che un dialogo con una persona bendata possa risultare particolarmente proficuo.
    Parlare in una situazione almeno teorica di parità, guardandosi negli occhi e osservando i gesti istintivi delle mani, questo è il modo migliore di comunicare. Quindi se davvero vuoi discutere, dovrai aspettare un lasso congruo di tempo.

    Congruo quanto?
    Fino a che non saremo giunti nei pressi dell'Hakoniwa. Lì cercheremo un posto per parlare e risponderò alle tue domande, per quanto mi è concesso.

    Era meglio di quanto Kasumi si aspettasse.
    Molto bene, allora aspetterò.
    Però, anche se diceva così, i suoi pensieri erano più sospettosi.

    Di certo pensa che io mi addormenti durante il viaggio di ritorno... figuriamoci! Durante l'andata ero sveglissima, perché dovrei dormire al ritorno? Riposo, come se potessi dormire con tutto quello che ho a cui pensare! E come se potessi dormire, quando Haiiro resta giorni interi sveglio! Haiiro... quella sera, dopo l'incontro con suo fratello, avrei voluto baciarlo. Ma avevo paura, paura che la mia anormalità potesse ucciderlo... Ora non più. Kasumi, senza badare a cosa Soya avrebbe potuto pensare, sorrise tra sé. Chissà quanto ne sarà felice quando lo saprà... E chissà come reagirà... Beh, credo di sapere come la situazione si possa evolvere... Il sorriso di Kasumi si fece più malizioso, ma allo stesso tempo anche più ingenuamente eccitato. Finalmente potrò essere una persona normale... No, questo non è vero, il mio respiro continuerà a togliere la salute, eppure... Quanto potrò cambiare rispetto a quello che sono? Sensui è cambiato, così tanto da essere irriconoscibile, così tanto da essere spaventoso. E io invece...?
    Kasumi continuò a cullarsi in simili pensieri, negativi quanto positivi, per un tempo indefinito. Soya continuò a guidare senza mai distogliere lo sguardo dalla strada. Non aveva bisogno di girarsi per sapere che la ragazza già da un po' si era addormentata.

    ***



    Mi sono addormentata...
    Furono le prime parole di Kasumi appena rinvenne.
    Ne avevi bisogno.
    Il tono combinava la comprensione della psiche di uno psicologo con l'ascetica professionalità di un chimico.
    Ma io non volevo dormire. Ho sbagliato.
    Rispose ostinata e ancora intontita dal sonno Kasumi.
    “Sbagliato”? Che scelta lessicale insolita per la situazione. Dici così perché sei arrabbiata con te stessa per esserti lasciata andare al sonno oppure c'è qualche circostanza più particolare che ti fa considerare il dormire come uno sbaglio?
    Il silenzio muto e quasi rabbioso fu la risposta di Kasumi.
    Hai ragione, non è affar mio.
    Io non ho detto proprio nulla.

    Soya ignorò la sua ultima affermazione.
    Togliti la benda, ormai non ce n'è più bisogno.
    Kasumi fece come dettole. Le strade che stavano attraversando era famigliari a Kasumi. Non dovevano essere troppo distanti dall'Hakoniwa. Soya guidò ancora per qualche minuto in silenzio finché non si fermò di fronte a un ristorante di cucina occidentale. All'apparenza sembrava un posto piuttosto esclusivo.
    Bene, come ti avevo promesso adesso possiamo discutere.
    Kasumi lo guardò riluttante.
    Vuoi entrare lì? Non mi sembra il posto più adeguato...
    Non ti preoccupare, questo locale dispone anche di sale riservate a un piccolo prezzo extra. Ovviamente pago io.
    Sale riservate...? Così non sembreremmo tipo... –
    La ragazza esitò prima di finire la frase – una coppia?
    Probabile. Il che ci farà passare ancora più inosservati.
    Non è quello che intendevo...

    Ma, senza starla a sentire, Soya era già sceso e si era incamminato verso il locale. Kasumi non poté far altro che seguirlo, maledicendosi per questo.

    Soya parlò per un po' con il cameriere, ma Kasumi ascoltava a malapena. Alla fine andarono a sedersi su un tavolo in una sala riservata, dove si misero a sfogliare il menù aspettando l'arrivo del cameriere.
    Kasumi scelse in fretta, quasi a caso, qualcosa da farsi portare, poi guardò di sottecchi il suo compagno di tavolo, ancora intento a consultare il menù.

    Le faceva uno strano effetto poterlo fissare liberamente, quando per ore (o soltanto minuti?) aveva potuto solo sentirne la voce. Del resto neppure andare in macchina bendata con uno sconosciuto era molto normale. Ma quando quello sconosciuto, Soya, le si era presentato qualche ora prima e le aveva promesso di portarla da Sensui, non aveva potuto rifiutare. Ed ora si trovava addirittura a cenare (cenare? Era così tardi?) con quell'insolito individuo, incontrato solo poche ore fa, e verso cui non nutriva la minima simpatia.
    Una volta che ebbero fatta la loro ordinazione, Soya si rivolse alla ragazza.

    Avevo detto che avrei risposto alle tue domande, ma prima vorrei che tu rispondessi a un mio quesito.
    La muta occhiata di Kasumi, ancora risentita per "l'invito" a entrare nel ristorante, lo esortava a continuare.
    Vorrei che mi dicessi cosa ne pensi del tuo incontro con Sensui.
    Perché? Se avete filmato l'intero colloquio, non dovreste aver bisogno di chiedermi una cosa simile.
    Invece è necessario. Anche se è diffusa l'idea che foto e video diano un'immagine oggettiva della realtà – e tale credenza è tutt'altro che sciocca o infondata – allo stesso tempo la stessa cosa vista da persone diverse può dare origine a interpretazioni diverse. Questo poiché ognuno pone l'accento su aspetti diversi, sulla base di una vasta gamma di criteri e atteggiamenti per la maggior parte inconsci. Perciò le tue impressioni sono importanti.

    In maniera all'apparenza distratta, Soya si risistemò sulla sua sedia.
    Inoltre non vorrei che equivocasti: queste domande te le sto facendo io, come singolo, e non come mandante dell'istituto Kyokida. Quindi il tuo plurale è fuori luogo.
    La cosa aveva senso: ripensandoci Kasumi si accorse di come Soya si fosse mostrato critico e parzialmente esterno alle direttive del Kyokida. Forse fu anche quella consapevolezza a spingerla a parlare.

    La prima cosa che ho pensato quando l'ho incontrata, è che avevi ragione. Sensui non è più lo stesso. Ciò che gli è successo, qualsiasi cosa sia, l'ha cambiato nel profondo. Il suo odio è rimasto lo stesso, ma il modo di esprimerlo è quasi opposto. Ho anche pensato che sia pericoloso. Molto più che in passato, pur essendo ora detenuto.
    Soya annuì, sempre formale e compassato.
    Qualcos'altro?
    Beh... – Kasumi esitò prima di parlare. – Il motivo per cui mi ha chiamato... Mi ha detto che era per ripagare un debito, ma non mi sembra proprio il tipo da fare una cosa simile.
    Credo che tu abbia toccato un tasto importante. Un atteggiamento simile non è da lui. Allora, la domanda che dobbiamo farci è: perché l'ha fatto?
    Kasumi lo guardò fisso, mentre un sospetto si faceva strada in lei.
    Tu hai già una teoria, non è vero?
    Hai ragione. Ma prima farei un passo indietro: tu hai detto che è cambiato, ma queste non sono state le mie parole. Io avevo infatti detto che “sta cambiando”.
    A me sembra che sia già cambiato parecchio...
    Eppure, gli manca ancora qualcosa. Non è cambiato del tutto, non fino al punto in cui vorrebbe. Per farlo, è probabile che debba prima slegarsi da ogni cosa che lo lega al passato. E fra queste cose ci sei anche tu: chiudendo il discorso aperto una volta con te, lui taglia un altro ponte col sé passato, avvicinandosi al suo nuovo sé.
    Il “nuovo sé”? Ma che significa?!
    Kasumi, secondo te da cosa nascono le anormalità?

    Soya pose la domanda con sguardo serio, ma prima che la ragazza potesse rispondere, continuò il discorso.

    Io non posso ancora confermare questa mia teoria, ma sono fermamente convinto che lo loro origine sia da individuare nella psiche degli individui. In molti casi è una certa visione del mondo, una mentalità fuori dal normale a creare un'anormalità, dando esistenza oggettiva a una visione che dovrebbe essere soltanto soggettiva. Altre volte invece può essere un trauma che colpisce l'anormale a un livello profondo. Oppure può essere un'ossessione, come anche un interesse eccezionale. Ci sono poi casi in cui è difficile risalire a una causa precisa.
    Ma nel caso di Sensui è evidente che la sua anormalità si origina dal suo odio verso gli anormali. In realtà essa stessa ha dei caratteri contraddittori: per combattere ciò che ritiene “erroneo”, deve approfondirlo, capendone il funzionamento. Deve comprendere ciò che vuole annientare.

    È davvero così strano? In fondo anche un criminologo deve immedesimarsi nella mente di un criminale per poterlo combattere. Credo che un simile aspetto contraddittorio sia, al contrario, piuttosto normale.
    Osservazione interessante... in effetti anche Sensui aveva parlato di “guardare l'abisso” e dei rischi che comporta. Ma vorrei mettere l'accento su un altro punto: se un'anormalità nasce da un certo modo di pensare, cosa succede se quel modo di pensare cambia?
    Stai dicendo che Sensui potrebbe perdere la sua anormalità?! In effetti aveva detto che forse sarebbe diventato inabile a farlo, ma... No, non è questo il punto che vi impensierisce.

    Kasumi guardò Soya, finalmente conscia di quale fosse la posta in gioco.
    Voi avete paura che Sensui sviluppi una nuova anormalità. Una con cui possa combattere direttamente contro gli anormali, “fuoco contro fuoco”.
    Esatto, inoltre stavolta l'uso del plurale è adeguato. L'istituto Kyokida teme un simile sviluppo, poiché non sa che tipo di anormalità svilupperà né i metodi per affrontarla. Infatti gli anormali lì presi in custodia sono tutti schedati e le loro anormalità conosciute; le misure di sicurezza che li riguardano variano proprio in base ai loro poteri. Curiosamente, anche questo aspetto rafforza il parallelo tra l'istituto Kyokida e il vecchio metodo di Sensui. È molto probabile che se non fosse impazzito, Sensui sarebbe stato assoldato nel suo personale.
    Paradossale... ma forse anche qua meno di quanto appare all'inizio. Voglio dire, se il pensiero alla base delle azioni di Sensui e del Kyokida è lo stesso, allora non è strano che anche il loro metodo di operare sia lo stesso, no?

    In risposta a quella frase, Soya la guardò fissa, uno sguardo penetrante che la mise a disagio. Le sue successive parole furono inaspettate.

    Tu... pur essendo in molto del tutto diverso da lui, per certi versi me lo ricordi.
    Cosa? Ma di che diavolo stai parlando?!
    Sto parlando di un mio kohai, incontrato quando io andavo al terzo anno del liceo e lui al primo. Tuo fratello, Hiroshi Natsui.
    Mio... fratello? Allora lo conosci e...
    Sta arrivando.

    Kasumi lo guardò a dir poco stranita.
    Hiroshi...?
    No, il cameriere – quel suo tono pacato, che non sembrava rendersi conto del colpo che aveva fatto prendere alla ragazza, la fece infuriare di nuovo. Sarà meglio fare silenzio ora.
    Soffocando sia gli insulti che la rabbia, Kasumi aspettò in silenzio. Dopo pochi istanti il cameriere entrò e posò sul tavolo i rispettivi piatti.
    Bene, mangiamo.
    No, aspetta, voglio sapere cosa...
    Non mi piace discorrere mentre mangio. Non su cose serie, almeno. Continueremo la discussione una volta finito.

    Kasumi guardò Soya con occhi ardenti.
    Sei consapevole che mi stai portando a odiarti più di quanto io odi Sensui?
    Fedele al suo dettame, Soya non rispose.


    Edited by Tabris_17 - 22/10/2015, 11:22
     
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    Ancora insofferente per quell'interruzione, Kasumi guardò il suo piatto, consistente in un'insalata leggera. L'aveva presa pensando che sarebbe a malapena riuscita a mandare giù qualche boccone, ma proprio nel momento in cui le veniva servito, si era accorta di quanto fosse affamata.
    Un'insalata come questa non mi basterà mai... certo, se avessi preso una bella bistecca come ha fatto Soya...
    Guardò con desiderio il piatto, non abbondante ma certo sostanzioso, di quest'ultimo. Senza dire una parola, Soya prese l'insalata di Kasumi e le mise davanti la sua bistecca.
    Ma...
    Mangia, ti farà bene.
    La frase suonava insieme educata e distaccata.
    Come disse una volta un mio conoscente – anche se io non posso dire di essere d'accordo – la carne è l'unica cosa di cui una persona ha bisogno per essere felice. E continuava: carne, carne, carne fino a scoppiare.
    Kasumi guardò interdetta Soya.
    Sicuro di non starmi prendendo in giro?
    Chissà? Forse sto solo scherzando, o forse sto mentendo. Del resto la differenza tra burla e bugia è di sole due lettere. Molto di meno rispetto alla parola "verità".

    Kasumi non lo capiva, proprio non lo capiva. Soya aveva detto che non gli piaceva parlare di cose serie mentre mangiava, quindi le parole pronunciate in quel momento potevano essere considerate non serie? Incerta su come interpretare quel comportamento, Kasumi decise quindi che la cosa migliore era ignorarlo e basta.

    Si mise a mangiare, con una certa voluttà, la sua bistecca. Le sembrava che per la prima volta da che era partita, fosse libera di gestire la situazione coi suoi tempi, senza interdizioni esterne.
    Quando ebbe finito guardò il suo commensale. Nonostante la bistecca fosse ben più abbondante dell'insalata, Soya si stava ancora servendo, senza alcuna fretta.
    Kasumi aveva mangiato, doveva ammetterlo, con una certa premura, ma non si poteva dire che si fosse ingozzata. Eppure quando la ragazza aveva finito, Soya era ancora nel bel mezzo della sua cena. Senza dare l'impressione di accorgersi dello sguardo di Kasumi o del fatto che lei avesse già terminato, continuava il suo pasto senza accelerare.
    Non sembrava starsi gustando quello che mangiava – la sua espressione restava quella neutra che aveva mentre sfogliava il menù – ma non mangiava neppure a forza. Come nel parlare, anche nel cibarsi era pacato e composto, facendo tutto al suo ritmo senza condizionamenti esterni e senza far trapelare le sue emozioni.
    Una volta che ebbe finito il pasto, rimesse giù le posate e pulito mani e bocca con il tovagliolo, parlò. Kasumi lo fissava indispettita per quell'attesa, ma, manco a dirlo, lui non sembrava curarsene.

    Dunque, riprendiamo il nostro discorso. Forse ora sei curiosa di conoscere il mio rapporto con tuo fratello, ma io preferirei prima terminare di discutere su Sensui. Quindi, se hai altre domande su di lui, falle pure.
    Certo che ne ho. Se anche non ne avessi, avrei avuto abbastanza tempo per crearmene, considerando il tempo che qualcuno ci ha messo per mangiare.
    Devo rispondere o possiamo saltare queste ovvie provocazioni e arrivare al punto?

    La sua voce faceva trapelare, pur mischiata alla sua solita pacatezza, una punta di annoiato fastidio. Kasumi non sapeva se doveva esserne contenta.
    Per quanto mi piacerebbe assillarti, direi di passare alle domande. Se Sensui sta cambiando e se questo cambiamento potrebbe portare a una nuova problematica anormalità, perché mi avete permesso di vederlo? L'incontro con me, stando alle tue parole, dovrebbe aiutarlo a staccarsi dal suo io precedente, giusto?
    Giusto, hai sollevato un'obiezione corretta. In effetti hai ragione, ma c'erano delle ragioni che hanno spinto l'istituto Kyokida e me a preferire che l'incontro avvenisse. Primo: speravamo che il vostro incontro ci desse informazioni sul cambiamento di Sensui e su che tipo di anormalità si stia formando.
    Non mi sembra che abbia detto nulla di rilevante.
    Questo è ancora presto per dirlo. Secondo: anche senza incontrarti il cambiamento di Sensui sarebbe andato avanti lo stesso. Anzi, c'era, c'è, un rischio forse maggiore: che si sviluppasse in modo incorretto e imperfetto. Una simile evoluzione, a seconda dei casi, può essere ancora più problematica da gestire. Soprattutto se la sua anormalità avesse quel “qualcosa” di caotico ed erroneo di cui tu e Sensui avete parlato...
    Un minus... aspetta, cosa sapete voi dei minus?
    Terzo –
    Soya ignorò del tutto la domanda di Kasumi. La ragazza avrebbe voluto insultarlo o provocarlo, ma credeva che con lo psicologo non sarebbe servito – e questo riguarda l'istituto Kyokida più che me, volevano informazioni su di te.
    Su di me? Perché?!

    L'esclamazione della ragazza non conteneva solo sorpresa, ma anche una nascosta paura. Avvertiva istintivamente che quello non era un buon sviluppo per lei.
    Perché Sensui, così vicino per mentalità e modo di operare, ti aveva preso di mira. E perché la natura paranoide del Kyokida non può lasciarsi sfuggire un anormale potenzialmente pericoloso.
    Credo che l'Hakoniwa sia pieno di anormali più pericolosi di me
    . Kasumi non lo disse sottostimandosi: era solo la natura conclusione della sua esperienza in quella particolare scuola.
    Vero, ma l'Hakoniwa è un posto difficile in cui operare, il Kyokida questo lo sa. Di solito non interviene mai nei suoi affari per primo, ma solo in seguito a fatti che non può ignorare. Questa per te è una buona notizia, significa infatti che farà attenzione nei suoi movimenti. Però, dopo ciò che è emerso nel dialogo con Sensui, è probabile che il Kyokida ti tenga d'occhio.
    Si riferisce a quanto detto sull'utilizzo del mio potere, il bacio che dà la morte... Realizzò Kasumi con un brivido freddo.
    Ignorando, almeno all'apparenza, la sua reazione, Soya la guardò con occhi penetranti, eppure allo stesso tempo calmi.
    Altre domande?

    Kasumi esitò per parecchio prima di rispondere. Eppure quella domanda così sciocca avrebbe dovuto avere una rapida risposta. C'era, certo che c'era una domanda che voleva fare. In fin dei conti, era l'unica domanda di cui davvero volesse conoscere la risposta. Ma esitava a porla, perché dalla sua risposta molto, tutto, dipendeva.
    Non è da me esitare così. So che devo fargliela, per cui perché esito?
    Sì... c'è... – le sue parole erano lenti e riluttanti nell'uscire dalla sua bocca; Soya attese con calma, come se il passare del tempo non lo scalfisse – quello che mi ha detto... posso fidarmi di quello che mi ha detto sul mio potere?
    Per la prima volta Soya esitò, tamburellando con l'indice sul tavolo.
    Ritengo... ritengo di sì.
    Quelle poche parole bastarono perché Kasumi fosse colmata da un immenso piacere, ma la ragazza cercò di allontanare quel sentimento: era ancora troppo presto.
    Non pensi che possa aver mentito, che tutto quello che abbia detto sia una menzogna, affinché io uccida qualcuno?
    Credo di no. Per cominciare, lui ti ha chiamato per dare un taglio col passato. Per far questo deve mettere chiarezza dentro di sé e, per quanto possa apparire paradossale, spesso per far chiarezza con noi stessi abbiamo bisogno di mettere le cose in chiaro anche con le altre persone con cui siamo venuti in contatto. Per questo credo ti abbia detto la verità.
    Però...
    Inoltre se ti avesse mentito, correrebbe il rischio che tu inavvertitamente uccida dei normali. Non credo che sia qualcosa che il “nuovo” Sensui, tanto fissato nel combattere gli anormali con gli anormali, desideri il verificarsi di una simile eventualità.

    Kasumi rimase in silenzio, meditando. Capiva quello che Sensui le diceva e vedeva che aveva la sua razionalità, eppure continuava a tormentarsi senza riuscire a persuadersi. Per questo aveva riversato ogni suo dubbio su Soya, sperando che lui potesse scioglierli, ma anche con quelle risposte razionali, non riusciva a convincersi. La sua situazione appariva paradossale: voleva essere convinta, ma allo stesso tempo non faceva che sollevare obiezioni contro ciò che avrebbe potuto convincerla.
    Sapeva che non poteva andare avanti così, perciò pose la questione nel modo più radicale.

    E se, nonostante tutto, ci sbagliassimo e Sensui mi avesse mentita?
    Soya la guardò, con uno sguardo che non nascondeva la verità, e lapidario rispose.
    Non abbiamo modo di saperlo in modo certo. Almeno, non finché tu non ucciderai qualcuno.
    Prevedendo la risposta caustica di Kasumi, Soya continuò.
    Oppure finché non capirai la motivazione nascosta dietro la tua anormalità. Ogni anormalità ha alle spalle una qualche motivazione che le ha dato forma. Trovala e forse troverai la tua risposta.
     
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    Kasumi, sulla soglia di casa, sospirò profondamente. Le sembrava di non aver mai dovuto ascoltare tante spiegazioni quanto in quel giorno. Le diverse rivelazioni si confondevano tra loro, mentre continui dubbi e incertezze l'assalivano. Le parole di Sensui sul suo potere, i discorsi di Soya sul Kyokida, sull'origine delle anormalità e su suo fratello, tutto le appariva sfocato. Ora capiva le parole dello psicologo sul dormire durante il tragitto in macchina. E forse non era un caso che, prima di approfondire altre questioni, Soya avesse fatto portare due caffè per entrambi. Forse quel silenzio mentre bevevano il caffè serviva per darle il tempo di assimilare ciò che aveva sentito, prima che Soya riprendesse a parlare.
    Anche se fosse così, parlare con lui è sfibrante. Tutte quelle digressioni e circonlocuzioni prima di giungere al sodo... Davvero, come mi ha detto, lui e Hiroshi parlavano volentieri? Anche se si tratta di mio fratello, mi chiedo come facesse a reggerlo...
    Già, mio fratello...

    Con uno sforzo, molto più mentale che fisico, Kasumi aprì la porta. La figura che, come si aspettava, l'accolse nel locale era appunto quella di Hiroshi.

    Ehi Kasumi, finalmente sei tornata! Certo che questo tuo viaggio misterioso ti ha portato via un bel po' di tempo! E non sai che cosa ti sei persa.
    Kasumi non aveva detto a Hiroshi dove era andata, si era limitata a informarlo prima di partire che quel giorno non ci sarebbe stata.
    Cosa mi sono persa? Ripeté con torno monocorde la ragazza, per nulla interessata, almeno in quel momento, a ciò che Hiroshi voleva dirle.
    È venuto Haiiro, e fin qua nulla di strano, solo che non era il solito Haiiro. Era sveglio, totalmente. Come se non avesse passato una solo notte insonne. Sembra sia grazie al potere di un qualche anormale. Non sai quanta voglia aveva di vederti ora che è in quella situazione... credo che ne voglia approfittare per far colpo su di te.
    Kasumi guardò il fratello, provando un vacuo senso di sorpresa, come se la notizia la sfiorasse appena.
    Ah sì? Beh, domani lo vedrò coi miei occhi.
    Esatto, domani sera, dopo che avrai finito il turno di lavoro che non hai fatto oggi, potrai vederlo per tutto il tempo che vuoi.
    Guarda che non serve essere così indiretti per dirmi che domani devo lavorare.
    Forse non serve, ma io preferisco così.

    Kasumi sospirò, stanca. Talvolta avere a che fare con suo fratello non era semplice.
    Comunque questa cosa di Haiiro, com'è che funziona?
    Stai cominciando a interessarti? Da quanto ho capito per due giorni si sentirà completamente sveglio, con le sue facoltà mentali normali e non sentirà neppure il bisogno di dormire.
    E quindi non corre il rischio di usare la sua anormalità?
    Accanto all'incredulità si mescolò, senza che Kasumi lo volesse, una piccola parte di invidia.
    Esatto. Quindi non temere: domani sera, per tutta la durata della serata – o della nottata, se fosse il caso – rimarrà bello pimpante, qualsiasi cosa voi facciate! È l'occasione giusta per voi due! Dateci dentro!
    Sì, certo, ora ti saluto e vado a dormir... Aspetta un attimo! Cosa esattamente intendi per “pimpante qualsiasi cosa facciate”?! E per “dateci dentro”?!

    Hiroshi la guardò con un'aria di finta - o era reale? - sorpresa, come se non capisse il perché della sua reazione.

    Dai Kasumi, non fare quella faccia arrabbiata... anche se forse è meglio di quella che avevi prima... comunque sai cosa intendi: tra voi l'attrazione c'è ed è reciproca, il desiderio pure... questa potrebbe essere una buona occasione per fare qualche passo in avanti.
    E quindi per te questo è un buon motivo per incitare tua sorella ad andare a letto con quello che definisci il “tuo fratellino”?!
    Veramente quella sul “darci dentro” era solo una battuta scherzosa. Visto che mi eri sembrata assente, volevo smuoverti un po'. Però è strano che tu l'abbia letto subito in quel modo e abbia reagito così... non è che sia un tuo modo inconscio per sollevare la questione?

    Kasumi ebbe la mezza sensazione di aver fatto un passo falso, ma cercò di non pensarci e di cambiare discorso.
    Ti prego, non metterti anche tu a fare lo psicologo...
    Ho un senpai che si è iscritto a psicologia, magari è la sua influenza... o forse sono tutti quei discorsi pseudo-psicologici che si sentono nei programmi televisivi. Sì – disse Hiroshi annuendo tra sé – direi che la responsabilità è di questi ultimi.
    A quel commento apparentemente casuale sul senpai che faceva psicologia Kasumi si irrigidì, ma Hiroshi non dette segno di essersene accorto. Come non aveva dato segno di accorgersi del “anche tu” pronunciato dalla sorella.
    Comunque per risponderti l'incesto per me non è un problema, non lo condanno come non condanno altro. E anche se questo pensiero è solo mio va tutto bene, perché io sono l'unico a considerare Haiiro nostro fratello.
    Guarda che io non volevo nessuna rispost...
    Quindi la questione è semplice: se volete fare sesso, fatelo. Se no, non fatelo.

    Kasumi a quelle parole arrossì. Non era tanto il discorso in sé, quanto il fatto che fosse proprio Hiroshi, suo fratello, a pronunciarlo.

    Non ti facevo capace di certi discorsi... disse sinceramente.
    E perché no? La nostra società sul sesso si comporta al limite dello schizofrenico. Da un lato lo schiaffeggia continuamente davanti alla gente, nella televisione, nelle pubblicità, nelle chiacchiere. Dall'altro c'è ancora questo anelito moralista verso di esso: la parola “sesso” in molti ambiti è ancora impronunciabile, un tabù inviolabile, qualcosa con cui i più giovani non devono mai venire in contatto, neanche per sbaglio. Poco importa che in realtà loro sappiano già tutto, o la gran parte, di quello che c'è da sapere...
    Fantastico, prima il discorso di Soya sul manicomio paranoico, ora quello di mio fratello sulla società schizofrenica. Adesso capisco come potevano parlare con piacere tra loro: entrambi amano ammorbare la gente con i loro sproloqui pseudo-intellettuali e pseudo-intelligenti!
    All'oscuro di quanto Kasumi stesse pensando, Hiroshi continuò la sua filippica.
    Prendiamo Shonen Jump. Sfogliandolo si possono trovare molte scene ammiccanti, ma credo che gli accenni a una vera e propria sfera della sessualità, non ridotta ai soliti cliché stereotipati, siano minimi se non assenti. L'unica parziale eccezione è Hunter x Hunter.
    E quindi? Vorresti mostrare scene di sesso esplicite in una rivista per ragazzi? Non lo farebbero neppure più uscire e anche se lo facessero verrebbe seppellito dalle proteste dei genitori.
    Non serve che sia esplicito. In realtà non è neppure necessario che ci sia del sesso implicito. Solo, vorrei che non si mostrassero le persone come esseri asessuali, privi del benché minimo impulso sessuale, se non nelle solite, stereotipate, circostanze. In fondo il sesso fa parte della nostra vita, se non ci fosse non ci saremmo neppure noi, e ci condiziona nel bene e nel male. Quindi perché scrivere opere come se neppure esistesse?

    Kasumi si massaggiò le tempie con le dita. Aveva dovuto affrontare lo stress di un viaggio in macchina bendata, aveva ascoltato i complicati discorsi di Soya e le importanti rivelazioni di Sensui. Era stata una giornata snervante e aveva ancora molte cose importanti su cui riflettere. E, invece, era lì a parlare con Hiroshi del sesso negli shonen. Era paradossale.

    E allora perché non prendersi un seinen? In molti il sesso è presente. Anzi, prendi un hentai: fai prima.
    Mah, certo ci sono seinen ben fatti da questo punto di vista, però molti nei loro sviluppi non sono altro che shonen in cui la morte dei personaggi è ammessa – e non limitata ai flashback o a momenti capitali – e dove è presente il sesso. Purtroppo in tali casi, come se si volesse compensare la mancanza di questi elementi negli shonen, vengono entrambi massimizzati e, così, banalizzati. La morte diventa un continuo affastellarsi di scene splatter e drammatiche, il sesso si restringe a stupri e violenze varie. Ci sono anche casi come Violence Jack in cui la cosa è realizzata con una forza espressiva notevole, ma per la maggior parte a me paiono banali, stereotipati, immaturi e inconcludenti. Ci saranno di sicuro persone che li apprezzano, ma io cerco qualcos'altro.
    Kasumi guardò il fratello, almeno in piccola parte interessata.
    Almeno ha messo da parte la sua autoproclamata neutralità e sta esprimendo una sua opinione...
    Non succedeva poi così spesso. Le tornarono in mente le parole di Soya su Hiroshi a fine della cena, dopo che avevano bevuto il caffè, ma non era sicura che quello fosse l'ambito esatto a cui ricollegarle. Forse non sarebbe stata fatica sprecata continuare un poco il discorso, anche se Kasumi si sentiva al limite.
    E gli hentai? Su di loro hai glissato.
    Te l'ho già detto: io non sono tanto interessato a vedere scene di sesso, ma desidero opere in cui il sesso, o meglio la sessualità, non sia taciuta, come non lo è nella vita reale. Io voglio leggere storie di vita con i piccoli e grandi successi, i piccoli e grandi sentimenti, le emozioni negative e quelle positive, l'intrecciarsi di vite e di persone che si conoscono. In questo continuo interagire di persone diverse che è la vita, la sessualità è un aspetto che dubito sia possibile considerare marginale... ma di certo non esaurisce tutte le situazioni umane, come accade negli hentai.

    Hiroshi scosse tra sé la testa, sconsolato.
    Purtroppo non trovo spesso quello che cerco. Solo in pochi seinen e qualche josei. Forse sono questi ultimi che si avvicinano di più al mio ideale.
    Una vera tragedia...

    È forse necessario sottolineare che quella frase di Kasumi era intrisa di sarcasmo?

    Mi scuserai se non mi fermo a cercare un manga adatto ai tuoi gusti, ma ora sono piuttosto stanca e vorrei andare a letto.
    Se sei stanca vai, ma avrei prima voluto dirti un'altra cosa. Qualcosa di slegato rispetto a quello che stavamo dicendo, ma che si colloca nello stesso ambito.

    Kasumi lo guardò, interrogativa.
    Quando parli di stesso ambito ti riferisci ai manga?
    No. Al sesso.

    Chissà perché, lo temevo...
    Devo proprio stare a sentire?

    Certo che no. È solo una possibilità: puoi scegliere di ascoltare come no.
    Una frase usuale da parte di Hiroshi, che tuttavia la ragazza non avrebbe voluto sentire e a cui replicò con un tono di voce al limite dello sprezzante.
    Basta che non sia una tua personale esperienza. Sai, di fronte a certe rivelazioni, potrei imbarazzarmi...
    Non preoccuparti. Non riguarda me. Riguarda Shirai Yamamoto e Suzuka Yasuda.
    Shirai Yamamoto e Suzuka Yasuda: il divoratore e la sua vittima, oltre che fidanzata. Possibile che quella storia dovesse ancora perseguitare Kasumi?
    Dalla tua faccia sembra che avresti voluto non sentire nulla in questione. Ma, conoscendoti, ora che hai sentito qualcosa non ti ritrarresti. Giusto?
    Quei due sono morti. La faccenda è chiusa.
    Per loro due di sicuro sì, ma per te, a quanto pare, non ancora. In passato mi hai chiesto di dirti tutto quello che sapevo su Shirai. Ora che è morto, non vuoi che tu dica altro?

    Kasumi esitò, ma sapeva che Hiroshi aveva ragione: non si sarebbe ritratta, dopo aver visto balenare di fronte a sé l'esca.
    Di cosa si tratta?
    Beh, in realtà è una questione piuttosto marginale. Ne hanno parlato prima al telegiornale. Sai, l'indagine è ancora in corso per la polizia. Hanno individuato l'ultimo luogo in cui Yasuda si è recata insieme a Shirai. Ossia, dove è probabile che sia stata divorata.

    Kasumi non replicò, ma il suo corpo era teso, aspettando il continuo.
    Si tratta di un love hotel: credo che Shirai abbia divorato la sua fidanzata dopo che avevano fatto sesso.
    E...?
    E niente, questo è tutto.
    Cosa?!
    Dai, non guardarmi così sorpresa, ti avevo detto che era una questione marginale. Però forse ha a che fare con il motivo per cui Shirai ha sentito l'inarrestabile impulso di mangiare Yasuda. O forse no. Lascio a te le interpretazioni.

    Kasumi si limitò a scuotere la testa. Suzuka per lei era stata un'amica e all'epoca si era chiesto il perché di quel gesto da parte di Shirai, ma in quel momento non voleva pensarci. Aveva questioni più urgenti su cui riflettere.

    Ho capito. Grazie per avermelo detto. Ho solo una domanda: come fai a sapere che Shirai non l'abbia uccisa prima di andarci a letto?
    Ovviamente non lo so con certezza. Ma credo che l'abbia fatto dopo. Se mi chiedessi perché, ti risponderei che è una supposizione. E il motivo di questa mia supposizione è molto semplice: perché Shirai, come me, era un maschio. Per questo penso che l'abbia divorato dopo. Tutto qui.

    La ragazza guardò il fratello senza sapere come rispondere. Alla fine si limitò ad aprire la porta che dava al piano superiore e al comodo letto che l'attendeva. Ma, appena varcata la soglia, parlò.
    Sai una cosa? Dopo questa shockante rivelazione, il fatto che tu sia un maschio intendo, credo che dormirò con la porta chiusa a chiave...
    Ma io sono tuo fratello e non potrei mai... Il ragazzo si fermò, ricordandosi quanto aveva detto sull'incesto e capendo dove la sorella voleva andare a parare.
    Mi sono fregato da solo, vero?
    E-sat-to. Scandì la ragazza con soddisfazione prima di chiudere la porta. La quale porta mosse la maniglia in su e giù, producendo un sordo cigolio che assomigliava a una risata.
     
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    Il giorno dopo le preoccupazioni e i dubbi non se n'erano andati, ma la ragazza si sentiva almeno un po' meglio. Ora più che avere la sensazione di affogare sotto la mole di pensieri nuovi e di vecchi interrogativi che la tiravano in basso senza possibilità di salvezza, sentiva di trovarsi in balia di una tempesta durante una traversata marina a bordo di una zattera. Tutto sommato era un bel miglioramento.
    A scuola finse di concentrarsi sulle lezioni, pensando in realtà a tutt'altro. Soprattutto rifletteva sulla sua anormalità e cercava, come Soya gli aveva suggerito, di capire quale potesse essere la sua origine. Se ciò che Sensui aveva detto era vero (e Kasumi, per quanto lo volesse, non riusciva ancora a convincersi che lo fosse), il suo potere di togliere l'energia vitale col respiro nasceva come “deformazione” del potere di dare la morte con un bacio. Dunque come prima cosa doveva scoprire da cosa si fosse sviluppato il suo “death kiss”.
    So con certezza che a otto anni già possedevo il Breath-Taker com'è ora, ma probabilmente si era già manifestato prima. Mettiamo che il mio “respiro” si sia sviluppato a sette anni, significa che già prima di quell'età possedevo il bacio della morte. Ma perché avrei dovuto sviluppare un simile potere in tenera età? So di non essere proprio “normale” come carattere, ma non mi sembra nemmeno di essere così distorta da possedere un simile potere...
    Continuava a pensarci, ma senza giungere a nulla. Insoddisfatta dalla mancanza di risultati, andò a lavorare nel locale di Hiroshi. Lì, per forza di cose, doveva concentrarsi sul lavoro e riflettere meno sulla questione. Eppure fu proprio lì che, mentre fissava uno dei pupazzi del fratello dare il resto a una ragazza delle medie, trovò la soluzione.
    La chiarezza con cui in un attimo afferrò la motivazione della sua anormalità fu spaventosa. Le sembrò che avesse avuto sempre la spiegazione davanti agli occhi, ma fosse stata fino a quel momento incapace di comprenderla. Ora non più. Ora vedeva ed era una vista che la terrorizzava e riempiva di colpa.
    Chiuse gli occhi, colta da un attacco di vertigini. Chissà quanto sarebbe rimasta così se una bambina, rincorrendo il suo amico, non le fosse venuta addosso. Quel piccolo fatto insignificante le dette la scossa per riprendersi e rimettersi al lavoro, anche se in modo un po' meccanico e forzato.
    Non parlò con Hiroshi di quanto aveva capito, non subito almeno, avrebbe aspettato la chiusura del locale. Mandò invece una mail a Haiiro pregandolo di non presentarsi là per quel giorno ma, eventualmente, di aspettare un altro suo messaggio. Non replicò alla mail di risposta in cui Haiiro chiedeva spiegazioni.

    Giunta l'ora di chiusura, Kasumi e Hiroshi stavano riordinando il locale. Kasumi non aveva ancora detto nulla a Hiroshi, spaventata dall'enormità di quanto doveva riferire.
    Strano che Haiiro non si sia fatto vedere oggi. Che senza il sonno a perseguitarlo non senta più il bisogno di caffè? Stento a crederlo.
    Già... – Kasumi esitò ancora un istante prima di svelare l'arcano. – Ma un motivo c'è.
    Davvero?
    Hiroshi alzò lo sguardo per osservarla, leggermente sorpreso e ignaro.
    Sai per caso qualcosa che io non so?
    La bocca di Kasumi si storse in un sorriso sghembo. Già, lei sapeva qualcosa di cui Hiroshi era all'oscuro. L'aveva ricordato poche ore prima, ma forse dentro di sé l'aveva sempre saputo.
    Gli ho chiesto io di non venire. E no, prima che tu possa dirlo, non abbiamo litigato. La ragione è più semplice: devo parlare con te.
    Stavolta Hiroshi la guardò più serio e composto.
    C'entra qualcosa il tuo impegno di ieri?
    In un certo senso sì, ma non è di quello che ti devo parlare. È qualcosa che riguarda il passato. Il passato e la mia, come la tua, anormalità.
    Hiroshi continuava a fissarla, in silenzio. Kasumi in quel momento avrebbe voluto fermarsi, dimenticare tutto quello che aveva detto, tornare nel passato e fermarsi prima di iniziare il discorso. Ma sapeva quanto questi pensieri fossero velleitari.
    Ieri... ho avuto occasione di parlare con Sensui, l'anormale che può vedere le anormalità – non spiegò come avesse potuto incontrarlo e Hiroshi non chiese dettagli, fedele al suo dettame di lasciare che le persone dicessero solo quanto volessero dire. – Mi ha detto che la mia anormalità è composta da due poteri, distinti per natura e origine. Il primo, sotto il mio controllo, è il potere di dare la morte con un bacio. Il secondo è il potere di togliere la forza vitale con il respiro e questo in parte può sfuggire al mio controllo.
    Aspetta, si tratta di due anormalità o due poteri della stessa anormalità?
    Questo... non lo so bene. Sensui diceva che il secondo, il Breath-Taker propriamente detto, deriva, quasi come una corruzione dal primo. Ma non è questo mi interessa dirti. Non ti volevo parlare del funzionamento della mia anormalità, ma di un'altra cosa.
    Kasumi prese un respiro prima di continuare, sentendo come un'ombra, un'angoscia, che ricopriva il suo petto.
    Tu... ti ricordi il primo giocattolo a cui hai dato vita...
    Il viso di Hiroshi, nonostante il tentativo del ragazzo di nasconderlo, si adombrò.
    Ikiru, certo. Non mi posso dimenticare di lui.
    Si ricorda anche il suo nome... io ho dimenticato persino il suo aspetto ormai...
    Dopo che tu gli hai dato la vita per la seconda volta... –
    Kasumi non aveva più la forza di guardare in faccia Hiroshi, altrimenti avrebbe visto l'infinita pena che si formava nel volto del fratello. Per lui la morte dei giocattoli, di quelli che a volte chiamava suoi figli, era un dolore spaventoso, ma che si inseriva nel ciclo della vita e in esso acquisiva significato. Ma il tentativo di riportare in vita quel suo primogenito era una colpa incancellabile, contro cui la Vita gridava vendetta. – Lui era impazzito, ricord... ma certo che ricordi. Ricorderai anche che, qualche giorno dopo, tu tornasti a casa e lo trovasti morto. Pensasti che avesse finito la carica di vita che il tuo respiro concede. Anch'io negli anni mi convincei che fosse stato così. Ma è falso. Fu il mio bacio ha dargli la morte, quel giorno. Sono stata io, e non altri, a ucciderlo.
    Con gli occhi coperti da lacrime che non sembravano intenzionate a scorrere sulle guance, Kasumi aspettò in silenzio qualsiasi reazione da parte del fratello, fossero invettive o pugni. Immaginava che persino uno come Hiroshi, di fronte a quella rivelazione, si sarebbe infuriato. Per questo, quando sentì le braccia di Hiroshi avvolgerla in un gentile abbraccio e sentì il fratello sussurrarle piano «Grazie» non riuscì a reagire, sconcertata, per diversi istanti. E fu ancora più stupefatta quando Hiroshi aggiunse «Scusami».
    Scu... scusarti?! Ma che stai dicendo?! Dovrei essere io a scusarmi, a implorarti perdono e invece...!
    Con uno strattone Kasumi si sottrasse all'abbraccio del fratello.
    Perché?! Perché dici così?! Fai sempre così, non ti arrabbi, non dici mai che ho fatto qualcosa di male...!
    Eppure sono stato io a ucciderlo...

    È per questo che ti ringrazio. Proprio perché l'hai ucciso. Così, gli hai dato la pace che io gli avevo sottratto.
    Ma...
    Morire è normale quanto lo è nascere. Però io, cercando di dare una seconda nascita a chi era già morto, ho commesso un sacrilegio. E tu hai rimediato al mio errore, dandogli una seconda morte. Per questo ti ringrazio. E mi scuso, perché se io non avessi mai tentato di ridargli la vita, tu non avresti sviluppato questa tua anormalità.
    Kasumi era come immobilizzata, in silenzio. Con la ragione riusciva a seguire il discorso di Hiroshi, ma non riusciva a perdonare se stessa così facilmente.
    Però se non l'avessi ucciso, lui sarebbe vissuto più a lungo...
    Non credo... non credo che lui volesse vivere una simile vita. Credo che per Ikiru la morte che gli hai concesso sia stata un sollievo. Anzi, è probabile che la desiderasse.
    La desiderava...

    Era come le aveva detto Sensui: la sua anormalità dava la morte a chi voleva morire. Senza dolore, senza sofferenza. Quello era il suo death kiss.
    Quindi sorridi Kasumi, verso di te non ho che riconoscenza.
    Kasumi guardò Hiroshi, con gli occhi irrorati di lacrime, e gli sorrise. Poi scappò a perdifiato fuori dal locale.

    Corse, ma la sua fu una breve fuga. Pochi passi dopo esser uscita, finì contro una persona. Senza quasi curarsene né scusarsi, tentò di ripartire, ma un braccio la fermò. Era quello dell'individuo contro cui era andata a sbattere. Provando un misto di candida paura e feroce stupore, si girò verso di lui e attivò il suo Breath-Taker. Ma il volto che la fissava era oltremodo famigliare.
    Haiiro...?
    Kasumi.
    Cosa ci fai qua...?
    Ti aspettavo.
    Ti avevo detto di non venire...
    Proprio per questo dovevo venire.

    Si guardarono in silenzio per qualche istante, occhi fissi su altri occhi, prima che Haiiro si girasse verso il locale, sulla cui soglia stava Hiroshi.
    Hai litigato con tuo fratello?
    Cos... NO!

    Kasumi guardò esterrefatta Haiiro, chiedendosi come gli avesse potuto balenare per la testa un'idea simile. Hiroshi ridacchiò tra sé. Haiiro la guardò di nuovo, stavolta perplesso.
    No – ripeté più piano la ragazza – ma ti spiegherò. Per ora andiamo.
    Andiamo dove?
    Kasumi fece spallucce, sentendo in sé un entusiasmo gioioso che, tuttavia, non voleva ancora rivelare a Haiiro e che mascherò con un tono casuale.
    Dove vuoi. Possiamo andare in qualsiasi posto tu voglia andare.
    Haiiro la guardò ancora confuso prima di arrendersi alla sua richiesta.
    Va bene. Allora andiamo.
    Si avviarono, verso una destinazione che ancora non conoscevano. Passando davanti a Hiroshi, Kasumi lanciò un saluto segreto al fratello, un sorriso per loro due soli, tra il senso di colpa residuo e una sensazione di liberazione che aspettava da dieci anni di realizzarsi.
     
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    Kasumi guardò di sottecchi Haiiro mentre camminavano. Le occhiaie del ragazzo erano le stesse, ma l'inusuale intensità del suo sguardo tradiva il temporaneo cambiamento a cui era andato incontro e che l'aveva sottratto al suo continuo desiderio di sonno.

    Hiroshi mi ha riferito che per qualche giorno non dovrai più preoccuparti di dormire.
    In realtà mi rimane solo un giorno da passare in questo stato, domani pomeriggio tornerò gradualmente il solito.
    Mhm... e dimmi, come ti trovi così?
    Beh... sono sveglio e non ho mai bisogno di dormire. Quindi, come prima, continuo a non dormire la notte, ma adesso non sento il sonno. È speculare a come sono di solito e, insieme, del tutto diverso. Ed è mille volte meglio, di sicuro.
    Davvero...? Il tono di Kasumi era languido, mentre le veniva qualcosa in mente. Strano come potesse escogitare pensare del genere, quanto tutto quello che desiderava era passare del tempo in compagnia di Haiiro. Eppure stare vicino al ragazzo le dava il desiderio di tormentarlo e metterlo alla prova.
    E se ti dicessi di scegliere tra me e questa tua condizione, anzi tra me e il dover per sempre, da ora in poi fino all'eternità, per tutto il corso della Terra, del Sole e dell'universo intero, restare nella tua condizione di continuo dormiveglia mai soddisfatto, tu cosa sceglieresti?
    Haiiro la guardò interdetto un attimo, prima che la sua bocca – anche la sua – si storcesse in un ghigno feroce, degno compagno del provocante sogghigno della ragazza. Kasumi capì che, sonno o non sonno, la natura profonda di Haiiro non cambiava.
    Che muoia la Terra, il Sole e l'universo, e che io rimanga senza sonno fino alla loro rinascita – rinasce forse ciò che muore? – se solo posso tenerti con me per un istante!
    Haiiro fece scorrere la sua mano – tiepida al tatto della ragazza, quasi fredda dopo aver atteso a lungo fuori del locale – sulla guancia di Kasumi.
    Già, forse è per questo che posso comportarmi così con lui: perché riesce comunque a ribattere.
    Sei un bugiardo –
    replicò, non aspra ma suadente, Kasumi avvicinandosi a Haiiro e intrecciando la sua mano con quella che il ragazzo le aveva posato sulla guancia. Non sapeva se davvero era bugiardo o no, in realtà non le importava.
    Però va bene così. Non ti chiederei comunque una cosa del genere. Che tu stia bene o stia male, che tu sia forte o debole, io starò con te e ti terrò per mano.
    Kasumi sentì che il ragazzo la stava abbracciando e avvertì, forse nel modo in cui la stringeva, l'esitazione e preoccupazione di Haiiro.
    Kasumi... ti è forse successo qualcosa?
    La ragazza si staccò da lui. Sapeva che Haiiro se ne sarebbe accorto, ma ciò non toglieva che lei avrebbe voluto non dicesse nulla e continuasse ad abbracciarla.
    È successo... già, è successo parecchio...

    Prima di continuare, aspettò che giungessero in un parco. A quell'ora non c'era molta gente. Si sedettero su una panchina e Kasumi spiegò a Haiiro quanto era avvenuto il giorno prima. Gli parlò brevemente dell'incontro con Soya Kishou e del Kyokida, per soffermarsi maggiormente sulla discussione avuta con Sensui e illustrandogli le teorie di Soya sulle anormalità.
    È per questo che stavi discutendo con Hiroshi?
    No, c'è dell'altro.
    Fece una pausa, riflettendo sulle sue prossime parole.
    Io... ho fatto come mi ha detto Soya. Ho cercato di capire da cosa derivasse la mia anormalità. E, almeno per il bacio che dà la morte, l'ho capito.
    In silenzio Haiiro aspettò le successiva parole di Kasumi.
    Tu non lo sai, ma quando il primo giocattolo a cui Hiroshi aveva effuso la vita morì, lui, sull'orlo della disperazione, provò a ridargliela con un secondo soffio vitale.
    Cosa?! Ma mi aveva detto che non era possibile...!
    E infatti non lo è. Quando lo fece il giocattolo... diciamo che impazzì. Hiroshi provò a prendersi cura di lui, ma fu tutto inutile. Alla vista di quel suo primo figlio così ridotto, fu vicino a spezzarsi mentalmente. Non sapeva cosa fare. Neanch'io sapevo cosa fare, ma sapevo che volevo fare qualcosa per quella situazione. E ciò che feci... fu prendere la vita del giocattolo.
    Si fermò un attimo, ma ormai non riusciva a trattenere le parole: era come un fiume in piena che superato l'argine si espande senza freni.
    Hiroshi pensa che io l'abbia fatto per lui... ma in realtà l'ho fatto solo per me stessa. Perché non riuscivo a sopportare quella situazione. Perché capivo che, se il giocattolo avrebbe ancora continuato a “vivere”, avrei perso mio fratello. Per questo ho desiderato un bacio che potesse fine alla vita.
    Haiiro la guardò, cercando di trovare le giuste parole per replicare.
    Però... Sensui ha detto che questo potere funziona solo se l'altra persona vuole morire...
    Non “solo” – lo corresse Kasumi – ma prioritariamente.
    Fatto sta che non ignora il volere del bersaglio. E se tutto è avvenuto senza contraccolpi per te, allora anche lui doveva desiderare la morte.
    Alle sue parole rispose il silenzio ostinato di Kasumi.
    Forse... forse è vero che tu volevi eliminarlo per te stessa, per dare un taglio a quella situazione. Però... io credo anche che ci sia un di più. È probabile che tu non fossi affatto sicura della sua uccisione e, per questo, hai voluto che la tua anormalità tenesse conto di ciò che egli provava. Se lui non avesse voluto morire, tu non l'avresti ucciso. Era il tuo modo, l'unico modo, per giungere a una soluzione concordata.
    Kasumi reagì con fastidio a quella teoria. Quelle parole erano troppo ragionevoli e sensate: a differenza di prima, sembrava che non fosse Haiiro a parlare.
    Ma questa è solo una tua ipotesi. E neppure se le cose fossero davvero andate così, mancherebbero delle ombre sulla mia condotta. Chiedere il “parere” di chi si sta per uccidere potrebbe essere solo un modo per alleggerire la coscienza, trasformando quello che è a tutti gli effetti un omicidio in una sorta di suicidio assistito. In fondo non sarebbe diverso dal discorso di Shirai secondo cui – te lo ricordi, no? - Suzuka non era morta ma, dopo essere stata divorata da lui, loro due fossero diventata una cosa sola.
    Suzuka però non desiderava morire.
    Kasumi scosse la testa, sorridendo mesta.
    Il fatto avvilente è che noi non sappiamo se lo volesse oppure no. Chissà, forse anche lei desiderava essere divorata dal suo fidanzato, unirsi a lui in un solo corpo...
    Kasumi! Per la prima volta da che ricordasse, Haiiro le si era rivolta con un tono di autentica rabbia e sdegno. Che diavolo stai dicendo?! Neppure te, soprattutto te, puoi credere a una cosa simile! Allora perché...
    Basta! Quel primo urlo, acuto, isterico, ammutolì Haiiro, ma Kasumi non si fermò lì.
    Basta! Basta! Basta... Ripetendo quella litania, Kasumi si buttò addosso a Haiiro, schiaffeggiandolo con i palmi della mani aperte, come fanno i bambini.
    Tutti! Tutti a dirmi come sono, il perché di cosa faccio... Ma cosa credete di saperne di me!
    Kasumi! Adesso, per favore, calmati... Inutile appello.
    Credete tutti di sapere tutto di me... Chi vi credete di essere!
    Ka... Kasumi! Stiamo attirando troppa attenzione...
    Era vero. Per quanto poco frequentata, una simile cagnara aveva attirato un po' di gente. Qualcuno aveva già il telefonino in mano, pronto a filmare e, se la cosa fosse degenerata, a chiamare la polizia. Ma Kasumi neanche li vedeva. Continuò per un po' a colpire il ragazzo, prima di fermarsi. Solo allora Haiiro riuscì a districarsi e, presa Kasumi per un braccio, la condusse via, lontana dagli sguardi famelici di notizie della gente. Quasi come se fosse una bambola, Kasumi si lasciò condurre docile.
    Solo quando si furono allontanati a sufficienza, il ragazzo parlò.

    Ma che ti è successo?! Questo non è proprio da te...
    Ancora a dirmi cosa è da me e cosa no... La ragazza era uscito dal suo temporaneo stato di apatia e aveva ripreso parte del suo autocontrollo. Tuttavia, il ricordo di come si fosse lasciata andare, di quanto fosse apparsa patetica, era qualcosa che ora le bruciava. Inoltre, si rendeva conto di essere ancora tutt'altro che stabile emotivamente.
    Non si tratta di quello, è che... non ti avevo mai visto comportarti così.
    Perché tu mi idolatri troppo. Non sono così forte come credi.
    Subito dopo averlo detto se ne pentì. Come se avesse esposto qualcosa di troppo intimo di sé, un segreto che doveva rimanere tale. Sapeva che per le sue risposte sprezzanti Haiiro la riteneva una persona forte e sapeva anche che la verità era ben diversa. Ma non era sicura di volere che Haiiro lo sapesse.
    Infatti, di fronte a quella risposta, il ragazzo sembrava essere piombato nei suoi pensieri e solo dopo un certo tempo parlò di nuovo.
    E che io...
    Lo so – non era vero, non sapeva quello che Haiiro voleva dire, solo non voleva più parlare di quell'argomento – ma adesso sono stanca. So che non abbiamo passato insieme molto tempo, ma adesso vorrei tornare a casa.
    Dalla faccia di Haiiro era evidente che il ragazzo tutto voleva, tranne quello. Kasumi lo capiva, ma non cambiava idea. Alla fine Haiiro annuì.

    Camminarono in un silenzio opprimente. Era incredibile, si rese conto Kasumi, come neanche venti minuti fa, quando erano partiti dal locale del fratello, avevano tutt'altro stato d'animo. Tutto stava andando bene, prima, e dopo tutto si era guastato. Kasumi quasi non si capacitava come fosse successo, ma sapeva che la colpa non era della domanda di Haiiro, ma del modo in cui lei aveva risposto. Avrebbe potuto porsi in maniera diversa, invece aveva voluto accusarsi costringendo Haiiro a obbiettare duramente. Per non parlare poi di come aveva reagito, cadendo nell'isteria. La ragazza pensava che, per essersi comportata in quel modo, doveva davvero avere qualcosa che non andava dentro di sé, qualcosa di sbagliato.
    ...Cosa hai detto?
    Persa nei suoi pensieri, Kasumi aveva a stento percepito che Haiiro aveva detto qualcosa. Ma cosa, questo non l'aveva capito.
    “Che tu stia bene o stia male, che tu sia forte o debole, io starò con te e ti terrò per mano”. E quello che mi hai detto tu poco fa, giusto? Anch'io vorrei dirtelo con cognizione di causa.
    Era vero, era stata Kasumi a dirlo, ma dopo la confessione di debolezza della ragazza quella frase assumeva sfumature diverse.
    Sì, ma...
    Sai – stavolta fu Haiiro a non lasciarla finire – anch'io ho pensato a lungo al perché della mia anormalità. L'ho fatto in varie circostanze, in seguito a vari eventi. Ora che posso concentrarmi meglio, ho provato a tirare le somme, ma ho ancora la sensazione che qualcosa mi sfugga. Qualcosa che non posso afferrare con la sola ragione. Per questo domani pomeriggio, quando ritornerò in maniera graduale al mio stato usuale, quando mi troverò in uno stato tra la concentrazione residua e la mancanza di sonno che ritorna, in uno stato quindi a suo modo simile al mio dormiveglia – dove dormo e insieme rimango cosciente – voglio tentare di afferra una volta per tutte la natura della mia anormalità.
    E, anche se non so se ci riuscirò né se possa esserti utile, voglio che tu sia con me. Voglio che mi guardi mentre cerco di afferrare il perché del sogno. Spero che, facendo così, anch'io sia in grado di guardarti senza preconcetti.

    Kasumi non guardò il ragazzo mentre parlava. Non se ne sentiva degna. Mormorò, invece, a occhi bassi:
    Hiroshi ti potrebbe aiutare meglio di me a comprendere la tua anormalità.
    Una pausa. E poi la risposta.
    Io desidero te. Te e nessun altro.

    Stavolta Kasumi alzò gli occhi a fissare Haiiro. Fu solo un lampo, ma la sua espressione in quell'istante, stupefatta, ma anche terribilmente disarmata, fece capire a Haiiro che quanto lei aveva detto era vero: non era forte quanto lui aveva creduto. E in quel lampo, Haiiro se ne innamorò ancora di più.
    Se dici così... allora va bene. Ci sarò.
    Haiiro annuì.
    Allora ci troveremo domani, finite le lezioni, al parco Hijifu.
    Sì, va bene. E scusami per oggi.
    Non serve che...
    Invece serve. Avrei voluto che le cose andassero diversamente, invece... Come se non potesse esprimerlo con le parole, ma solo a gesti, Kasumi scosse la testa.
    Ma se è servito per far sì che domani ci incontriamo, allora ne sono felice.
    E, sporgendosi verso il ragazzo, gli diede un bacio sulla guancia, a mo' di saluto.
    A domani.
    E se ne andò verso il locale, ormai a pochi passi da lì. Non si guardò indietro, altrimenti avrebbe visto che Haiiro, come imbambolato, la stava ancora guardando. Ma, anche senza girarsi, sapeva che il ragazzo si sarebbe comportato proprio in quel modo.

    Fine

     
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    Bene, eccoci qui. Allora, devo dire interessanti sviluppi sul potere di Kasumi e bello il chiarimento sul quel primo pupazzo vivente, anche se il finale non me lo sarei aspettato così, specie dopo quel post :asd: E nemmeno mi aspettavo questo crollo, ma in fin dei conti con tutto quello che le era successo era anche abbastanza comprensibile. Ammetto che alla frase sul divoratore ho reagito proprio come Haiiro :rotfl:

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