[Contest] C'era una volta... Hansel & Gretel

A modern fable

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    C'era una volta... Hansel & Gretel
    Haiiro & Kasumi


    LEGENDA:
    Parlato Haiiro
    Parlato Kasumi
    Parlato Hiroshi
    Parlato altri


    Haiiro & Kasumi


    C'era una volta una strana famiglia. Era composta da un fratello maggiore, una sorella minore e un fratellino più piccolo che non era loro fratello. I tre vivevano in una casa che non era loro, ma occupavano abusivamente.
    Il fratello maggiore, Hiroshi, era colui che si occupava dei fratelli più piccoli e in pratica faceva loro da padre. Si occupava amorevolmente di loro, però dentro di sé era preoccupato. I suoi due fratelli più piccoli, Kasumi e Haiiro, erano entrambi dotati di poteri distruttivi e incontrollati, per timore dei quali non uscivano quasi mai di casa e avevano pochi contatti con le altre persone. Hiroshi sapeva che in futuro avrebbero dovuto affrontare prove difficili e non poteva permettere che fossero impreparati. Dovevano imparare a essere indipendenti e ad affrontare le difficoltà. Pertanto, decise di metterli alla prova usando uno stratagemma.

    «Bambini, esultate! Domani andiamo al parco divertimento a divertirci!»

    «Ci sono troppe persone, non voglio andarci. E poi perché ci chiami “bambini”? Abbiamo quasi la stessa età.»

    «Mah, finché c'è il caffè per me va bene tutto.»

    «Non si va al parco divertimenti per bere caffè. E trovarvi in compagnia di altre persone vi farà solo bene.»

    E così si chiuse la discussione.
    Tuttavia quella notte Kasumi parlò a Haiiro.

    «C'è qualcosa che non va in questa storia. Secondo me Hiroshi, sta progettando qualcosa...»

    «E cosa?»

    «Non ne ho idea, ma è meglio se tieni gli occhi aperti.»

    Haiiro sorrise tristemente.

    «Non ti preoccupare, non chiudo mai gli occhi. Non posso.»

    Anche se non aveva idea di cosa Hiroshi volesse fare, Kasumi pensò di premunirsi. Andò nella sua stanza e prese un foglio e una penna. Sentiva che le sarebbero servite.

    Passate le ore della notte, arrivò il sole e con esso il momento della partenza.

    «Svegliatevi bambini! Su forza, dovete essere contenti che andiamo al parco divertimenti!»

    «Uff, ancora con questo “bambini”...»

    «Io ero già sveglio... purtroppo.»

    Presero l'autobus, poi scesero e ne presero un altro, poi salirono sul treno, fecero un pezzo a piedi e infine su un altro autobus. Ancora più insospettita da quello strano vagabondaggio, Kasumi si mise a disegnare sul foglio. Hiroshi la guardò curioso.

    «Cosa stai disegnando?»

    «La casa da cui ci allontaniamo.»

    Rispose mostrandole il foglio in cui era disegnata la casa in cui vivevano. Hiroshi non aggiunse nulla e Kasumi tornò a trafficare col foglio.
    Alla fine, dopo ulteriori giri, giunsero al parco divertimenti.

    «Bambini, qua ci separiamo per un po'. Prendete qualche soldo e divertitevi. Ci rincontreremo più tardi.»

    E se ne andò, tornando a casa per una via più diretta e veloce.

    «Cosa facciamo Kasumi?»

    «Lo aspettiamo. Se non torna... beh, allora sarà il caso che noi raggiungiamo lui.»

    Aspettarono, girando per il parco, ma senza salire sulle giostre. Quando fu evidente che Hiroshi non sarebbe tornato, Kasumi tirò fuori dalla tasca il pezzo di carta. Sul fronte del foglio aveva disegnato casa loro, per poterlo mostrare a Hiroshi se si fosse insospettita. Sul retro invece invece c'era il tragitto che avevano percorso e i nomi di tutte le stazioni. Lo seguirono, acquistando i biglietti per i mezzi grazie ai soldi che Hiroshi aveva dato a loro per il parco.
    Arrivarono che era notte: Hiroshi fu felice del loro ritorno, avevano dimostrato di sapersela cavare. Più difficile fu per Hiroshi giustificare il suo comportamento di fronte a loro due...


    Passarono alcuni settimane, prima che Hiroshi tornasse a pensare che fosse il caso di metterli alla prova di nuovo, ma in modo più serio. Alla fine, la volta scorsa si erano limitati a fare il tragitto inverso, restando fuori casa qualche ora o poco più. Che esperienza di vita poteva essere? In futuro avrebbero dovuto affrontare di molto peggio, Hiroshi non poteva lasciare che fossero impreparati!
    Così deciso, Hiroshi preparò un nuovo viaggio. Stavolta scelse un parco divertimento ancora più lontano, in un'altra regione del Giappone.

    «Visto che l'ultima volta non che lo siamo goduti al meglio, andremo un'altra volta a un parco divertimento. Preparatevi, che domani presto partiamo.»

    Haiiro e Kasumi si guardarono in faccia per un attimo. Non era difficile capire quale fosse il piano di Hiroshi.

    «Che facciamo stavolta?»

    «Lo stesso che abbiamo fatto la volta scorsa.»

    Così detto Kasumi andò nella sua stanza, ma... ogni penna, matita, pennino o altro strumento con cui avrebbe potuto disegnare era svanito.

    «Maledetto! È entrata nella mia camera e mi ha preso tutto...! E adesso?»

    Anche così, Kasumi non si perse d'animo. Il giorno dopo, quando partirono, Kasumi fece del suo meglio per ricordare il tragitto percorso e i vari nomi delle stazioni, che ripeteva sottovoce tra sé. Dopo molti passaggi arrivarono al parco divertimenti.

    «Bene, come l'altra volta ci dividiamo. Voi godetevi pure il parco per conto vostro, poi ci rincontreremo.»

    E di nuovo se ne andò, tornando a casa per una via più breve. Ma stavolta Hiroshi non aveva consegnato soldi ai due. Kasumi aveva qualche risparmio con sé, ma non bastavano.

    «Kasumi... che facciamo?»

    Kasumi rimase qualche secondo in silenzio, sentendo su di sé le aspettative di Haiiro. Adesso era lei la maggiore e doveva prendersi la responsabilità non solo per lei, ma anche per Haiiro. Facendosi forza, sorrise.

    «Semplice, torniamo indietro.»

    Cercando di ricordare il tragitto percorso, Kasumi guidò Haiiro. Ma nella sua mente i nomi si accavallarono, sfocavano e scomparivano, finché non seppe più dove fossero e dove andare. Presto finirono i soldi. Non potevano comprare neppure un caffè.

    «...»

    Persino Haiiro aveva capito la gravità della situazione e cercava di non lamentarsi, ma era sempre più stanco e i suoi occhi non chiedevano che di potersi chiudere.

    «Haiiro, forza... siamo vicini.»

    «Vicini... quanto?»

    «Beh... Vicini.»

    Era una bugia, come anche Haiiro dovette capire, ma non replicò. A che pro farlo?
    Per loro la città sconosciuta in cui si trovavano era una foresta, una foresta di metallo, vetro e asfalto. Le macchine correvano veloci sulle strade, indifferenti ai pedoni, e le mille persone che l'attraversavano erano troppo indaffarate per prestare aiuto a due bambini. Pur in mezzo a una folla, i due erano soli, persi in un luogo a loro indifferente, se non ostile.
    Passarono due giorni a girare per le strade, passando le notti all'addiaccio. Erano sempre più stanchi e Haiiro ogni tanto si addormentava, per essere svegliato da Kasumi prima che qualcosa di male succedesse. Sapendo di essere al limite, fecero del loro meglio per poter ritornare. Ma non ci riuscirono. Quando stava per giungere la sera, stavano ancora girando per una città sconosciuta, senza un posto dove fermarsi. È allora che una donna si rivolse a loro.

    «Bambini, mi sembrate in difficoltà. Volete che vi aiuti?»

    La donna doveva essere sulla sessantina, ma il volto conservava il ricordo di una bellezza sfiorita. Il suo aspetto aveva un che di duro, ma il suo sorriso era invitante. Ma i due erano diffidenti.

    «La ringrazio, ma stiamo tornando a casa. Buonasera.»

    «Su, bimba mia... anzi, non è giusto chiamarti così. Ormai sei quasi una donna fatta.»

    Kasumi arrossì a quel complimento inaspettato, ma non rispose e fece per allontanarsi.

    «Su, conosco quelli come voi: dubito che abbiate una casa a cui tornare, o almeno una in cui siete i benvenuti. Non vi preoccupate: non chiamerò la polizia, né vi chiederò informazioni sui vostri genitori o su altro. Ma venite con me. Vi porterò dove abito io e vi offrirò un pasto caldo e un letto dove dormire. Vi darò pane e focaccia per riempire la pancia, zucchero e miele per addolcire le vostre amare esperienze cioccolato e marzapane per ridare sapore alla vita.»

    Senza più muoversi, i due guardarono la donna, troppo diffidenti per avvicinarsi, troppo allettati dall'offerta per andarsene. Fu infine Haiiro a rompere il silenzio, sporgendosi verso la donna.

    «E caffè?»

    «Caffè? Oh oh oh, che strana richiesta per uno della tua età! Ma non ti preoccupare: da me se vuoi qualcosa, lo avrai. Su, venite!»

    Vedendo che ancora esitarono, li rassicurò con altre parole rassicuranti.

    «La mia casa è sempre aperta per chi vuole entrarci. Il suo sapore soddisfa tutti i palati. Una sola notte è abbastanza: se volete andarvene il giorno dopo io non vi fermerò.»

    Convinti dalle parole della donna e dalla necessità di riposo e cibo, i due si decisero a seguirla. La donna li portò in un grande edificio, facendoli entrare dal retro, e diede loro da mangiare e bere. Mentre Haiiro beveva ancora il caffè, la donna condusse Kasumi in una bella stanza, arredata con gusto, fornita di un bagno e con un letto largo, così largo che oltre a Kasumi ci sarebbe potuto stare un'altra persona.

    «Riposate pure cara: sarai stanca. Non prestare attenzione ai rumori che potresti sentire dalle altre stanze.»

    Ma Kasumi era così stanca che si addormentò appena toccò il letto.
    La donna tornò da Haiiro, ma il modo a cui si rivolse a lui fu molto diverso da prima.

    «Ragazzino, tu non mi interessi. Puoi scegliere se andartene da solo o rimanere qui. Ma se vuoi rimanere dovrai lavorare: pulire, riordinare, uscire a fare compere e altro ancora.»

    Pur sorpreso da quel repentino cambiamento, Haiiro non esitò.

    «Se Kasumi rimane, rimango anch'io. Lavorerò, in cambio mi basta avere pane e caffè.»

    «Sei proprio strano, ma finché ti darai da fare va bene. Si comincia ora.»

    E tenendo fede alle sue parole, la donna lo mise a lavorare, senza dargli mai tregua. Ma Haiiro non si lamentò mai.

    Il giorno dopo, quando Kasumi si svegliò, scoprì di essere chiusa in camera e di non poter uscire. Gridò, provò a sfondare la porta, la prese a calci, rigirò tutta la camera per vedere se la chiave fosse lì. Tutto inutile. La porta infine si aprì per far entrare la donna che l'aveva condotta lì e altre due donne più giovani.

    «Voglio uscire da qui. Non avevi detto che saremmo potuti andare via quando volevamo?»

    «Ti ho dato da mangiare e da bere. Ti ho dato un letto. Prima di andartene devi ripagarmi.»

    «Non ho soldi con me.»

    «Pagherai con il tuo corpo.»

    E Kasumi rabbrividì, perché aveva visto lo sguardo penetrante della vecchia e il riso soffocato delle due giovani. Avrebbe forse potuto usare il suo Breath-Taker, l'anormalità che sottrae l'energia vitale attraverso il respiro, ma non lo fece. Quell'anormalità era più adatta contro un singolo bersaglio, inoltre era il potere che aveva quasi ucciso i suoi genitori – come adoperarlo a cuor leggero?
    Le tre donne le diedero del cibo da mangiare e nuovi vestiti da indossare. Dopo che si fu lavata la pettinarono e la truccarono. Le promisero cibo per quella sera e qualsiasi altra cosa che volesse, tranne uscire e andarsene via.

    «Ma è proprio quello che voglio! E poi vi ho detto che non ho soldi, come posso ripagare il cibo, il vestito e le cure?»

    «Ripagherai tutto, vedrai.»

    E se ne andarono, lasciandola sola. Kasumi indurì il suo volto, perché non scoppiasse in lacrime e le donne potessero sentire, da oltre la porta, i suoi singulti.

    Il luogo in cui era entrata era il postribolo della strega, dove le ragazze che avevano smarrito la strada venivano adescate e rinchiuse per essere date in pasto alla bramosia degli uomini, per nutrire con il ricavato la fame di denaro della strega, per essere fagocitate da quel luogo e dai suoi meccanismi senza poterne più uscire.
    La strega – la donna che aveva condotto lei e Haiiro lì dentro – avrebbe nutrito Kasumi, perché dalla sua carne svanisse il pallido colore della fame, le avrebbe dato vestiti per agghindarne il suo bel corpo, l'avrebbe lavata, pettinata e truccata per farne risaltare la bellezza. E quanto la ragazza fosse stata pronta, l'avrebbe gettata in pasto ai lupi: un gioiellino simile, ancora puro e inviolato, le avrebbe fruttato molto.
    In quanto ad Haiiro, non interessava alla strega, ma decise di tenerlo: il ragazzino era lento di comprendonio e mancava di senso pratico, ma era in grado di lavorare senza quasi lamentarsi e riposarsi.

    Dopo due settimane passate in quel luogo, Kasumi appariva rifocillata e bella come mai prima di quel momento, il suo passato di privazioni stemperato dai pasti regolari e coperto dal trucco e dai vestiti. La strega decise che era giunto il momento per la ragazza di essere consumata.

    «Oggi conoscerai il tuo primo cliente. Il tuo corpo verrà preso e consumato, usato per saziare la bramosia di uno sconosciuto. Opponiti e sarà ancora più doloroso, accettato senza fare resistenze e finirà presto. Ascolta il consiglio di chi ci è passata prima di te.»

    Ma Kasumi non volle piegarsi ad ascoltare e mantenne la sua espressione altera, anche se dentro di sé si sentiva morire.
    La strega uscì e, dopo un tempo che Kasumi non riuscì a conteggiare, ne entrò un uomo.

    Quando fu mattina, la strega tornò dalla camera sorridente, già pregustando il guadagno. Ma quando aprì la porta trovò l'uomo steso a terra con gli occhi chiusi e Kasumi al suo fianco. Entrambi indossavano ancora i loro abiti, intonsi.

    «Che diavolo...?!»

    «Ho paura che “l'uomo” che mi ha scelto fosse troppo nervoso: è svenuto poco dopo avermi visto, non ho potuto farci nulla...»

    La strega ingoiò saliva e rabbia. Quella ragazza aveva fatto qualcosa... ma cosa? L'uomo non aveva segni esteriori che mostrassero un'aggressione. In più, quando si riprese, confermò che quando era rimasto solo con Kasumi aveva sentito le sue forze venir meno ed era svenuto. La strega non aveva elementi per punire la ragazza.

    «Questa notte hai avuto fortuna, ma tra tre giorni verrà un nuovo cliente interessata a te. Preparati: un miracolo non si ripete una seconda volta.»

    Detto fatto: passarono tre giorni e di nuovo un altro uomo era lì per saziarsi del corpo di Kasumi. La strega chiuse di nuovo la porta che riaprì solo il mattino dopo. Ai suoi occhi si ripresentò la stessa scena di tre giorni fa.

    «Piccola insolente, pensi di potermi prendere per il naso ancora a lungo?!»

    «Non ho idea a cosa lei si riferisca.»

    «Non mentirmi!»

    E le tirò un pugno allo stomaco, dove non rimane segno sul corpo che ne possa deturpare la bellezza. Kasumi si piegò dolorante, ma non cedette.

    «Non so di cosa lei parli... ma se ascolterà una mia richiesta, allora le prometto che il prossimo uomo non svenirà e potrà... potrà fare tutto quello che vuole. Voglio che Haiiro se ne vada. Deve però andarsene di sua volontà, senza essere costretto.»

    «Lo farei volentieri se potessi, ma quel moccioso è cocciuto e non ti vuole abbandonare.»

    «La soluzione è semplice: non dategli più caffè. Offriteli cibo per quando ha fame e acqua per quando a sete, ma niente caffè. Così vorrà andarsene.»

    «In effetti quel ragazzo sembra dipendere dal caffè come se fosse una droga. Ma davvero ti lascerà perché non ha caffè?»

    «Sì, ne sono convinta.»

    «La tua convinzione non mi interessa. Tra tre giorni verrà un nuovo uomo che ha chiesto di te. Io toglierò il caffè al ragazzino, ma, che se ne sia andato o meno, tu dovrai soddisfare il cliente. E niente svenimenti!»


    Un'ombra passò sul viso di Kasumi, ma poi, senza proferire parola, annuì. La strega se ne andò via soddisfatta. Subito ordinò che fosse tolto il caffè da ogni dove nell'edificio e che in nessun modo ne venisse dato a Haiiro. Poi chiamò il ragazzo e gli diede lavori da compiere. Ogni volta che lui chiedeva del caffè, gli rispondeva che era finito.

    «Ma se proprio non puoi farne a meno, puoi andartene: fuori è pieno di posti dove prendere un caffè. Però ricorda: una volta uscito non puoi più tornare e rivedere Kasumi.»

    «Allora resterò qua.»

    Passarono così i giorni, in cui Haiiro riusciva sempre meno a controllare il suo sonno e a non addormentarsi. Si scopriva a sonnecchiare in modo leggero, per svegliarsi un attimo prima che fosse tardi. E ogni volta, il sonno era sempre più pesante e difficile da evitare. All'epoca non aveva ancora imparato a controllare il suo minus e non voleva scatenare il potere che aveva distrutto la sua prima casa. Eppure era proprio da lì che passava la salvezza per i due ragazzi.

    La terza notte, la strega aprì la porta della stanza di Kasumi e fece entrare un uomo, di gran lunga il più brutto tra quelli che erano venuti lì. Kasumi fu scossa da un brivido di paura, mentre l'uomo si avvicinava... e poi, il tremore. Lupi fantasmi veleggiavano per le stanze, passando come spettri attraverso le pareti. Alberi, questi sì veri, spuntavano dalle fondamenta dell'edificio, si allargavano al suo interno dissestando i muri, deformandoli, sfondandoli.. Mentre tutti erano confusi, Kasumi capì cosa stava succedendo. Si slanciò subito verso la porta: il suo “ospite”, pur confuso era in mezzo, d'intralcio. Senza perdere tempo a usare la sua anormalità, chiuse la mano a pugno e lo colpì in faccia – e fu una soddisfazione. Svelta scese le scale, cercando tra il mare di facce, confuse, terrorizzante, paralizzate, una a lei famigliare. Doveva trovare Haiiro... ma non sapeva dov'era il ragazzo! Ma fu lui a trovare lei.

    «Kasumi...? Io... credo di essermi addormentato.»

    «Sì e ti vorrei baciare per averlo fatto! Ma svelto, andiamocene, prima che il sogno svanisca!»

    Ora che Haiiro si era svegliato, quel suo sogno sarebbe presto svanito. Il ragazzo aveva dato vita a una foresta e la foresta aveva inghiottito la casa della strega. I muri si erano dilatati a causa della pressione degli alberi, ma paradossalmente ora erano gli alberi che mantenevano in piedi la struttura. Quando fossero svaniti, tutto l'edificio sarebbe crollato. Kasumi voleva essere fuori da lì in tempo.

    Corsero a più non posso: Haiiro conosceva la strada e guidò Kasumi prendendola per mano. Fecero in tempo a uscire: poco dopo le piante svanirono e l'edificio crollò. Anche le altre persone erano uscite fuori, molte mezze nude al freddo della notte, ma salve. Solo una faccia mancava.

    «Andiamocene Kasumi.»

    «No, ho ancora qualcosa da fare.»

    Kasumi si mise a cercare tra le macerie, conscia sia del poco tempo a disposizione, sia della pericolosità dell'azione. Ma sentiva di doverlo fare. Alla fine, trovò colei che cercava.

    «Eccoti qua. Volevi imprigionarci nella tua casa, ma noi non solo ci siamo liberati, ma abbiamo distrutto la tua preziosa dimora. Cosa ti è rimasto, ora?»

    «Risparmiati... i tuoi sbeffeggi. Non avrei mai dovuto portare voi... mostri... da me. Siete solo una disgrazia per chi vi sta accanto!»

    «Forse, ma sei stata tu ad aver chiamato questa disgrazia preso di te. E ora sei lì, mezza sepolta tra le macerie. Cosa puoi fare, ora?»

    La donna la guardò e mentre si rendeva conto della sua situazione, la sua faccia passava dall'ira alla disperazione, mentre si rendeva conto della sua impotenza.

    «Cosa mi vuoi fare?»

    Il suo tono era così misero che Kasumi si chiese come avesse fatto ad aver paura di quella donna, prima.

    «Nulla. Ti lascerò qui e dirò ai soccorritori di venire a tirarti fuori.»

    «Non... non stai mentendo, vero? Non è che adesso te ne vai e mi lasci qui...? Voglio dire, li chiamerai sul serio. Vero? Vero?»

    Kasumi se ne andò che la vecchia si stava ancora disperando a quel modo. Mantenne la sua promessa di chiamare i soccorritori, non per gentilezza o per buona grazia, ma perché aveva già ottenuto la sua compensazione. L'umiliazione provata dalla vecchia a dover implorare colei che poco prima era sua prigioniera, l'impotenza da lei provata, la disperazione per aver perso la sua casa. Quello, non la morte, era il giusto castigo per quanto la donna aveva fatto.

    «E ora che facciamo, Kasumi?»

    Chiese Haiiro quando si furono allontanati da lì.

    «Che ne torniamo a casa. Non sarà difficile»

    «Ma come...?»

    Kasumi, sorridendo, tirò fuori diverse banconote, nonché gioielli e altri preziosi.

    «Cercavo una strega sepolta tra le macerie, invece ho trovato un piccolo tesoro. Con questo possiamo mangiare a sazietà, comprarci nuovi vestiti e tornarcene a casa: in treno, autobus, taxi, come vogliamo!»

    E così fecero. Tornati a casa trovarono Hiroshi. Il ragazzo era sinceramente preoccupato per loro e si era pentito della sua azione. Non che la cosa lo salvò dall'essere pestato da Haiiro e Kasumi, come punizione per tutto quello che aveva fatto.
    Grazie al gruzzoletto recuperato da Kasumi vissero felici e contenti. Almeno finché Haiiro non scatenò di nuovo il suo potere, distruggendo la loro casa e portando i loro cammini a separarsi di nuovo.


    La storia è finita
    se ti è piaciuta batti le dita.
    Un applauso a chi ha narrato
    cento a te che l'hai ascoltato!




    Edited by CellO_o - 10/11/2016, 13:02
     
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