[CONCLUSA] Not a night for dream

privata

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    Haiiro & Kasumi

    Anche se era ormai da un po' di tempo che uscivano assieme – compresa un'interessante uscita a quattro con altri due anormali – ogni volta che si accordavano per un appuntamento, Haiiro era nervoso. Ogni volta si preparava con notevole anticipo, e ogni volta rischiava di far tardi a causa dei continui ripensamenti sull'abbigliamento da indossare – ciò faceva paio con lo scegliere alla fine le stesse combinazioni di vestiti – per poi accorgersi di essere in anticipo e passare il tempo stando sulle spine. Quella volta non aveva fatto eccezione: dopo aver fatto le corse era arrivato con quasi dieci minuti di anticipo, passati camminando su e giù per la stessa via affollata, rassettandosi pieghe dei pantaloni scuri che non era sicuro esistessero e chiedendosi se non avrebbe fatto meglio a scegliere la camicia bianca con i bordi neri al posto di quella bianca e basta. Ma quando vide arrivare Kasumi, con qualche minuto di anticipo pure lei, tutto il nervosismo se ne andò via, sostituito dalla gioia di vederla.
    «Kasumi!»
    Alzò la mano per farsi vedere e la ragazza si diresse verso di lui, per rivolgergli la parola quando gli fu vicino.
    «Haiiro.»
    Disse soltanto, sorridendo. Era un bel sorriso rilassato, ma anche stanco. Haiiro le mise un braccio intorno al collo, quasi a sostenerla, mentre prendevano a passeggiare per le vie dell'area svago.
    «Sei di nuovo andata col Merovingio?»
    Ancora sorridendo, Kasumi annuì.
    «Dove sei stata questa volta? Londra, Berlino...»
    «Venezia. Avresti dovuto esserci, è qualcosa di meraviglioso. Nessuna macchina, ma solo ponti e canali. E la cosa bella è camminare per le vie comuni e trovare, magari infissa nei muri di una casa comune, un qualcosa di antico: un tondo di chissà quale epoca, un bassorilievo, un'iscrizione ornata...»
    Anche Haiiro sorrise: non coglieva la bellezza in quello che Kasumi descriveva, ma la coglieva nella faccia della ragazza mentre ne parlava entusiasta.
    «E com'è andata con i tuoi dipinti? Ne hai venduti oppure hai fatto solo da turista?»
    «Qualcuno sì, l'ho venduto, ma avrei sperato in qualcosa di più... pazienza. Vendere quadri per le strade non rende poi così tanto, ma è una bella esperienza.»
    «A me sembra già incredibili che ti sei ritrovata a viaggiare e a vendere i tuoi quadri in giro per tutto il mondo.»
    «È normale, anch'io a volte non me ne capacito. Devo proprio ringraziare mio fratello e il Merovingio.»
    «Uhm... questo Merovingio... sicuro che sia affidabile? Mi sembra un po' equivoco, poi è troppo estroverso...»
    «Oh oh, qualcuno è geloso qua...»
    «Non si tratta di questo!»
    Ma ormai era troppo tardi. Kasumi aveva ripreso il suo sorriso malizioso con cui amava prendersi gioco di Haiiro e che lui non sapeva reggere. Certe cose non cambiavano mai.

    Altre invece si evolvevano così rapidamente e in modo così inaspettato che era difficile seguirle. Haiiro si ricordava quando, non molto tempo fa, Kasumi gli aveva detto che il suo minus era diventato più forte. Haiiro sapeva quanto Kasumi avesse sofferto a causa di quel potere e temeva che avesse un effetto negativo sulla ragazza. Invece si era sbagliato: Kasumi sembrava non avere particolari problemi con quello sviluppo. Riusciva a tenerlo a bada, in più non si era isolata dalle altre persone per paura di ferirle, come aveva fatto in passato. La stessa cosa era successo quando aveva appreso un ulteriore utilizzo di quel potere. Haiiro a un certo punto le aveva chiesto perché non ne fosse spaventata.
    Ricordava molto bene la risposta che Kasumi gli aveva dato in quell'occasione: “Non è che non sia spaventata. È solo che ho accettato che la mia esistenza possa arrecare danno agli altri. Non voglio dire che non me ne freghi nulla delle altre persone, solo che... ho accettato di prendere questo rischio, piuttosto di rinunciare alla mia felicità.”
    Ancora una volta Haiiro aveva sentito il divario di maturità che separava lui da Kasumi, ma non ne era stato spaventato. Col tempo avrebbe cercato di colmare questo divario, avanzando fianco a fianco con Kasumi.
    Poco giorni dopo, Kasumi aveva incontrato il Merovingio, venuto a parlare con suo fratello Hiroshi. Il Merovingio era un anormale capace di spostarsi per tutto il mondo tramite l'uso di chiavi e quando aveva sentito che Kasumi dipingeva, le aveva proposto di accompagnarlo in certi suoi viaggi e provare a vendere i suoi quadri in giro per le strade e le piazze di tutto il mondo. Kasumi aveva subito accettato.

    «Ti tranquillizzerebbe sapere che i miei rapporti col Merovingio sono esclusivamente professionali o ti renderebbe solo più geloso?»
    «Te l'ho già detto che non intendevo dire questo. E non sono geloso.»
    «Bene, allora posso uscire tranquillamente con Ryou.»
    «Uscire?! Ryou?!»
    Sorpreso che lo chiamasse col primo nome – il ragazzo l'aveva sempre sentito nominare col soprannome di Merovingio – Haiiro si girò allarmato verso Kasumi... per scoprire il sorriso canzonatorio sul volto della ragazza. Imbarazzato per essersi fatto prendere in giro un'altra volta, distolse il viso rosso, maledicendo Kasumi tra sé.
    «Con te è troppo facile, Haiiro... Ma se te la prendi tanto, facciamo così: la prossima volta vieni anche tu con noi. Non vendo neppure i quadri, facciamo solo un giro per dove ci porta il Merovingio.»
    «Sicura che non vi disturberò?»
    «Haiiro...» Il tono di Kasumi si era fatto sottilmente arrabbiato, quasi minaccioso. Non sembrava aver apprezzato il commento risentito del ragazzo.
    «Scusa è solo che... beh, immagino di essermi sentito escluso, dopo che in questi ultimi giorni non ti ho neanche visto. Verrò volentieri.»
    «Bene.» Esclamò Kasumi col volto rasserenato.
    «Visto che ci trasporta gratis, non fa un viaggio apposta solo per noi, ma quando deve andare in qualche luogo potrebbe chiedere se vogliamo andare con lui. Ah, il fuso orario dei luoghi dove va lui è diverso dal Giappone, quindi le sue richieste possono venire a orari molto improbabili. Ma questo per te non è un problema... a differenza di me.»
    Dicendo così coprì con la mano un grosso sbadiglio. Haiiro sorrise tra sé. Quanto era diverso il fuso orario in Italia rispetto al Giappone? Otto, dieci ore? Per poter vendere i suoi quadri a Venezia, Kasumi doveva essere stata sveglia per gran parte di quella che in Giappone era la notte. Anche se avesse saltato scuola il giorno dopo – come effettivamente aveva fatto – non avrebbe recuperato tutto il sonno arretrato.
    «Già, gli orari improbabili non sono un ostacolo per me, così come il poco sonno...»
    «Ho sempre voluto sapere come fai a restare sveglio tutte quelle notti. Già solo una notte a fare le ore piccole e sono distrutta. Tu invece ne sopporti un'infinità dopo l'altra senza quasi effetto. Da un certo punto di vista devo dire di ammirarti.»
    «Senza quasi effetto? Hai visto le mie occhiaia?»
    «Sarebbe difficile non vederle.» Rispose ridendo piano. «Ma quello che voglio dire è che da una notte all'altra non riporti nessun effetto negativo aggiuntivo.»
    «È perché ormai gli effetti negativi li ho già presi tutti e peggio di così non posso andare. Hai detto che per te una notte fuori è distruttiva, no? Io ormai sono già tutto distrutto dentro.»
    Sorrise storto. Parlare della sua mancanza di sonno di norma non lo entusiasmava, ma con Kasumi era diverso. Se parlava con lei, non si sentiva miserevole né infastidito. Kasumi non gli dava nessuna pietà o commiserazione, non lo riteneva un argomento sensibile o delicato, quindi Haiiro ne poteva parlare con normalità.
    «E quindi a tuo modo sei indistruttibile?»
    Haiiro ci pensò un attimo. In effetti aveva senso, secondo la logica dei contrari che piaceva tanto a Kasumi.
    «Immagino di sì...»
    Kasumi sorrise come se avesse sciolto un enigma – o ne avesse architettato uno. Con un cenno del capo indicò a Haiiro un ristorante di ramen.
    «Andiamo lì a mangiare? Dopo tanti viaggi ho bisogno di qualcosa di giapponese, meglio se è un buon piatto caldo.»
    Haiiro non aveva nulla in contrario.


    Si sedettero e ordinarono da mangiare. Kasumi descrisse i suoi vari viaggi: parlò delle varie località che aveva visto, le usanze in quei luoghi e le differenze rispetto al Giappone. Gli raccontò certi aneddoti che le erano capitati, eventi curiosi, incontri particolari con personaggi sopra le righe. Quei racconti, anche se raramente sforavano nell'ambito soprannaturale delle anormalità, ad Haiiro non sembravano da meno delle vicende decisamente anormali che lui aveva vissuto. E se le anormalità entravano nel discorso, erano solo quelle del Merovingio o di Kasumi.
    «Quindi con questa tua nuova abilità riduci e attenui la voglia degli acquirenti di ribattere e contrattare per concludere subito l'affare e a un prezzo migliore?»
    «Esatto, è proprio così..»
    Haiiro la guardò, sbalordito da quanto Kasumi stesse dicendo.
    «Fantastico.»
    Kasumi lo guardò, sorpresa da un'accettazione così entusiasta e scocciata che Haiiro non avesse sollevato critiche per quell'uso più che moralmente ambiguo.
    «Beh, è molto comodo.» Tagliò corto.
    Ma Kasumi non aveva capito a cosa quel fantastico si riferisse. Haiiro non stava parlando di quell'uso particolare del Breath-Taker. Ciò che trovava fantastico, era la disinvoltura con cui adesso Kasumi adoperava il suo potere. La ragazza aveva rimosso le limitazioni che lei stessa si era imposto sull'uso del potere e che la tenevano legata; per questo Haiiro non poteva che essere entusiasta. Certo quelle limitazioni erano nate per impedire di danneggiare le altre persone, ma al momento non ci volevano pensare.
    Haiiro ci stava ancora rimuginando sopra quando sentì il rumore di un bicchiere che si rompeva: il suo bicchiere, che sovrappensiero aveva cercato di afferrare facendolo invece cadere mandandolo in frantumi. Distrattamente, si guardò con un misto di sorpresa e confusione il taglio che gli correva per il palmo destro.
    “I tagli del vetro sono sempre così: netti al punto tale che all'inizio non senti il dolore, tanto da chiederti se sia vero o solo un sogno...”
    «Haiiro! Cosa fai lì impalato!»
    A ridestarlo fu Kasumi, che tirato fuori un fazzoletto gli prese la mano sanguinante e glielo premette contro.
    «Come fai a ferirti così?!»
    Il ragazzo scrollò le spalle.
    «Il sonno, la poca concentrazione, cose così... Ero felice per te.»
    «Felice?! Perché vendo quadri?»
    «No, perché non ti fai più problemi per il Breath-Taker.»
    Sul volto di Kasumi, passò un'ombra di incertezza.
    «Questo...»
    «Signore, è profondo il taglio? Portiamo via subito il bicchiere e ne portiamo un altro. Le serve qualcosa?»
    Haiiro guardò sorpreso il cameriere, come se fosse strano che si trovasse lì, dentro il ristorante, lo sguardo di Kasumi invece era risentito. Il cameriere – un giovane con pochi anni più di loro – fece passare lo sguardo confuso tra i due, sentendosi fuori posto, prima che Haiiro si riprendesse.
    «Sì... sto bene grazie. Non serve nulla. Mi spiace per il bicchiere.»
    Il cameriere gettò un'occhiata prima al bicchiere infranto e poi alla mano di Haiiro, ma il taglio era coperto dal fazzoletto di Kasumi, che si stava tingendo di rosso,
    «Non se ne preoccupi.»
    Portò via il bicchiere infranto, più sollevato lui di andarsene che Haiiro di non doversi addossare, a quanto pareva, il prezzo del bicchiere.
    Haiiro poco dopo, su consiglio di Kasumi, andò in bagno a pulirsi la mano con l'acqua, per poi tamponare il taglio con un altro fazzoletto. Non ci volle molto perché smettesse di sanguinare e Haiiro fece del suo meglio per non prestare attenzione alle occasionali fitte di dolore che partivano dalla mano. Tornato a tavola di fronte a Kasumi, si misero a parlare della loro situazione scolastica e di altre piccole faccende. Per il resto della cena i due non fecero più riferimento al Breath-Taker di Kasumi.

    Quando uscirono dal ristorante, dopo aver ovviamente bevuto anche un caffè, scoprirono che era più tardi di quanto pensassero. Visto che Kasumi era ancora assonata dalla notte scorsa, Haiiro propose che per quella sera si lasciassero lì.
    «Va bene, ma prima ti accompagno all'Ovile.»
    «Ma... da qui fai prima ad arrivare a casa tua. Se vieni da me perdi un sacco di tempo e sei già stanca adesso.»
    «Domani non c'è scuola, posso dormire finché voglio. Ma il tempo che tu puoi dormire è contato e non voglio si accorci di più.»
    Capendo a cosa Kasumi si riferisse, Haiiro annuì. A dire la verità, neppure lui lo voleva.
    «Va bene, andiamo.»
    Mano nella mano, si incamminarono verso l'Ovile, il dormitorio degli studenti dove alloggiava Haiiro. Non parlarono molto durante il tragitto, entrambi stanchi, ma si godettero la brezza della sera, l'unico momento di quel caldo giugno in cui si stesse bene fuori, e il contatto reciproco. Percorsero l'area svago, attraversarono il parco Hijifu per giungere al complesso Hakoniwa, ed erano già di fronte all'Ovile, troppo presto per loro. Salirono le scale, percorsero i corridoi, si fermarono nel vano della porta dell'appartamento di Haiiro, in attesa. C'era sempre un attimo di sospensione, di aspettativa, tra il fermarsi davanti a quella porta e il salutarsi per poi allontanarsi.
    «Dunque... ci vediamo.»
    E fece per chinarsi verso di lui, a dargli un bacio sulla guancia. Il loro bacio della buona notte, il Relieve Kiss, che sigillava i poteri di Haiiro e gli permetteva di poter dormire finché durava il suo effetto: per due o tre ore, sempre troppo poco, sempre meglio di nulla. Haiiro avrebbe forse dovuto essere soddisfatto anche solo di quello. Ma non lo era. Si ritrasse dal bacio della ragazza, che lo guardò incerta. Prima che potesse dire qualcosa, Haiiro trovò il coraggio per parlare.
    «Kasumi... vuoi entrare un attimo da me? Per... bere un caffè.»
    Sul volto confuso di Kasumi si disegnò un sorriso ironico, ma gli occhi spaziavano ancora ansiosi, muovendosi dal ragazzo ai dintorni.
    «Un caffè? Dopo che ne abbiamo già bevuto uno al ristorante e che ho solo voglia di dormire?»
    «Oh... vero...»
    Si sentì sprofondare. Per una volta che era riuscito a chiederle di entrare da lui, gli veniva in mente una cosa simile. Un caffè... beh, aveva le sue scusanti per quella proposta: per lui che beveva il caffè proprio per non dormire era inconcepibile che qualcuno non lo bevesse per il motivo opposto. Per lo stesso motivo, il fatto di averne bevuto uno non più di venti-trenta minuti prima, per lui non era un problema.
    «Haiiroooo... ci sei?»
    Kasumi era ancora là, di fronte a lui che si era imbambolato, a fissarlo. Non se n'era andata, ma aspettava ancora che lui dicesse qualcosa.
    «Ehm, sì... allora se sei stanca perché non vieni dentro per riposarti un po'? Prima di tornare a casa, intendo.»
    Kasumi gli diede una lunga occhiata, o almeno per lui fu lunga, quasi interminabile, poi annuì.
    «Perché no?»
    “Perché no?” Per qualche strano motivo, continuava a ripetere nella sua testa quelle parole di Kasumi mentre apriva la porta e la faceva accomodare dentro.




    Edited by CellO_o - 8/2/2017, 13:32
     
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    Haiiro & Kasumi

    Dopo essere entrati Kasumi si sedette sul letto del ragazzo a riposare un po', mentre Haiiro andò in bagno dove tolse il fazzoletto che gli copriva la mano destra e si versò dell'acqua ossigenata sul taglio. Era superficiale, ma anche abbastanza esteso, avrebbe lasciato una bella cicatrice per molti giorni. Pazienza, aveva subito e sopportato ben di peggio.
    Uscito dal bagno andò in cucina: riempì la base della moka con l'acqua, poi mise la miscela di caffè nel filtro e chiuse la moka, adagiandola sul fornello. Solo mentre stava per accendere il fuoco si ricordò che non doveva preparare il caffè. Kasumi aveva già detto di non volerlo e lui non si sarebbe sentito a suo agio a berlo da solo.
    “Riflesso automatico. In fondo ogni volta che torno a casa mi preparo un caffè.”
    “Di piuttosto che sei così stordito da non sapere cosa stai facendo. Tanto che non riesci neppure a controllare la tua anormalità e le permetti di uscire a piacere.”
    E in effetti di fronte a lui c'era proprio il prodotto della sua seconda anormalità, Shero, la sua ombra resa solida.
    “Che ne sai tu di come mi sento?”
    “Sono te e percepisco le tue emozioni. Tu cosa dici?”
    “Dico che non ho tempo da perdere con un'ombra, adesso.”
    E uscì dalla cucina, lasciando lì l'Ombra che, non avendo di meglio da fare, tornò ai suoi piedi.
    Sul letto trovò Kasumi che, buttatasi giù in posizione scomposta, dormiva.
    “Era davvero stanca...”
    Haiiro ne osservò il viso mentre dormiva. Quand'era sveglia, non poteva fissarla in quel modo, di certo Kasumi si sarebbe lamentata di quell'attenzione. Anzi, più probabilmente avrebbe ribattuto con un commento tagliente o allusivo che avrebbe spinto Haiiro a distogliere gli occhi. Haiiro poteva quasi sentire la ragazza che gli diceva qualcosa come “è così bella la mia faccia che non riesci a smettere di fissarla?” e vedere lui che, incapace di una risposta all'altezza, abbassava gli occhi imbarazzato farfugliando qualche scusa. Ma adesso che dormiva, aveva il lusso di poterla osservare a suo piacere. Il viso completamente rilassato le toglieva quell'aria tagliente che aveva di solito attorno, la rendeva indifesa, ma mostrava anche quanto avesse bisogno di riposo. I capelli mossi di quel suo nero sfumato in un tenue blu notte le ricadevano in parte sul viso, sopra gli occhi e le labbra; Haiiro si premurò di scostarli di lato. Gli occhi di quel suo verde smeraldo erano chiusi e l'attenzione di Haiiro ricadde invece sulle sue labbra, leggermente dischiuse mentre respirava piano, così piene, così invitanti... Il suo petto si sollevava e discendeva a ogni respiro e anche lì l'attenzione di Haiiro, non senza un moto di vergogna, ricadde.
    Sentiva un desiderio di fare la guardia a Kasumi, di proteggerla e mantenerla inviolata, e insieme un impulso a toccarla, a svegliarla, a prenderla nelle sue braccia, che era quasi indomabile. Con un compromesso, Haiiro ne sfiorò con mano esitante la guancia.
    “Così liscia...”
    Incapace di fermarsi, fece scorrere le sue dita dalla guancia al morbido collo di lei, ne sfiorò i capelli, s'immobilizzò. Occhi smeraldi lo stavano fissando. Un sorriso, un sorriso non sarcastico, né tagliente, né ironico, si disegnò sul volto di Kasumi, un sorriso angelico che Haiiro non aveva mai sognato di vedere sul suo volto, ma che in quel momento trovava perfetto.
    «Quindi... sei il tipo che se ne approfitta durante il sonno, Haiiro?»
    Distolse lo sguardo imbarazzato, mantenne la mano dov'era. La voce impastata dal sonno faceva uno strano effetto mischiata al commento mordace.
    «Non ti volevo svegliare.»
    «Allora la domanda è... cosa volevi fare?»
    Prima che Haiiro potesse rispondere – se una risposta fosse riuscito ad articolare – Kasumi si dette uno sguardo intorno, scrollandosi di dosso la mano del ragazzo.
    «Non hai preparato un caffè?»
    «No. Avevi detto che non lo volevi.»
    «Infatti è così. Ma ero sicura che lo avresti preparato lo stesso. Due belle tazze, che avresti bevuto entrambe.»
    «Beh, c'ero quasi...»
    Kasumi lo guardò interrogativo e Haiiro preferì cambiare discorso.
    «Ti senti meglio adesso?»
    «Decisamente... no. Mi sento ancora più stanca e senza nessuna voglia di alzarmi.»
    «Puoi stare qua se vuoi.»
    «Lo so.»
    Haiiro deglutì il blocco di saliva che aveva in gola. Non era la risposta che si aspettava. Ma forse era la risposta che desiderava.
    «Ehi Kasumi...»
    «Sì..?»
    «Tu... mi hai perdonato per essere fuggito via, tre anni fa?»
    Neppure lui sapeva perché l'aveva chiesto proprio ora. Non era quello che avrebbe voluto dire, in quel momento. Eppure era una cosa che voleva chiedere da quando lui e Kasumi si erano messi assieme. Sapeva che per Kasumi la sua fuga era stato un abbandono, ancora più doloroso perché dopo il fratello, lui era stata l'unica persona verso cui si era aperta.
    Ma Kasumi, quasi se l'aspettasse, sorrise con tenerezza.
    «Haiiro... ci siamo incontrati dopo tanto tempo solo qualche mese fa. In questo lasso di tempo abbiamo preso a vederci regolarmente: alla caffetteria, a scuola o anche fuori per la città. A volte ci siamo trovati bene assieme, a volte non ci siamo capiti. Una volta abbiamo anche rischiato la vita insieme. Poi ci siamo baciati, mi hai confessato i tuoi sentimenti, io gli ho accettati perché erano anche i miei sentimenti. E ora siamo qua, noi due soli nel tuo appartamento... ma non fraintendere Haiiro. Io non ti ho ancora perdonato nulla e non ho intenzione di farlo, almeno per i prossimi dieci anni.»
    La risposta lasciò Haiiro senza fiato. Dieci anni. Dieci anni almeno, prima di poter essere perdonato. Era un periodo così lungo che quasi non riusciva a immaginarlo. Così lungo che si sentì sollevato. Per tutto quel tempo aveva esitato proprio perché era incerto se lei l'avesse perdonato o meno. Ma quella risposta metteva tutto in chiaro. Non doveva più esitare aspettando un perdono che non sarebbe giunto nell'immediato.
    La baciò sulle labbra con trasporto, quasi irruenza. Prima che potesse metterla lui, sentì la lingua di lei premere sulla sua. Erano ora distesi sul letto, lui sopra lei, a baciarsi, a far scorrere le mani sotto i vestiti sopra la pelle, a scoprirsi vicendevolmente. I vestiti caddero poco dopo per terra senza cura, prima le maglie poi i pantaloni, più tempo per il reggiseno perché Haiiro proprio non capiva come slacciarlo e Kasumi intanto sorrideva ironica e gli carezza la testa mentre l'altra sua mano andava dal petto del ragazzo più giù sempre più giù. Tanto che tempo di slacciare il reggiseno e già Kasumi aveva sfilato le mutande del ragazzo.
    «Beh? Ti fermi al momento clou?»
    E davvero Haiiro, senza apparente motivo, si era fermato, nonostante la sua eccitazione e il suo desiderio fossero ora, rimosse le mutande, ben visibile.
    «No... non è nulla, solo che... volevo guardarti per bene.»
    Kasumi abbandonò le sue braccia sul letto, mostrandosi.
    «Io sono qui, di fronte a te.»
    Era lì, di fronte a lui, l'intera figura nuda tranne le mutandine. Poteva vedere le linee del suo corpo, la modulazione delle sue forme, i dettagli celati sotto i vestiti. Come un neo sul fianco sinistro oppure un livido sulla coscia che forse si era fatta cadendo chissà dove o sbattendo contro qualcosa. Poteva toccarla, godere di quel contatto, della sensazione di far scorrere la propria mano sulla sua pelle, di stringerne le forme. Ne sentiva il respiro, pesante e accaldato, e gli occasionali ansimi. Poteva persino sentire un certo odore del suo, dei loro, corpi, odore che non riusciva a determinare con precisione, di sudore ma non solo. Quella ricchezza di dettagli e sensazioni, visive, tattili, uditive e persino olfattivo non potevano appartenere al regno di sogno, fatto di suggestioni e vaghezze. Quelle sensazioni potevano darsi solo nella realtà (o forse anche nelle righe di un racconto, ma a questo certo non pensava Haiiro). Quella che aveva di fronte era Kasumi, in carne e ossa.
    «Allora, ti sei deciso?»
    All'usuale sbeffeggio della voce si univa una sotterranea ma evidente impazienza. Annuì, Haiiro – se avesse usato le parole la sua voce sarebbe stata forse troppo acuta, oppure farfugliante, di certo inadeguata – e fece passare la propria mano dalla guancia di Kasumi, al collo, per scendere al petto, stringerle uno dei seni (gemette) e poi giù ancora, l'ombelico, la vita, sotto le sue mutandine (una sensazione nuova), gliele sfilò facendole passare tra le gambe. Kasumi lo tirò a sé, con trasporto e urgenza. Il resto si perse nella notte, nel silenzio rotto dai gemiti di piacere e nel muoversi ritmico di due corpi.


    Distesi sul letto si guardavano a vicenda a lungo, cercando il maggior spazio possibile di contatto tra la loro pelle nuda, scambiandosi talvolta sorrisi sciocchi. Pregustavano l'intimità di quel quieto contatto, come prima avevano pregustato la passione del movimento reciproco uno sull'altro.
    «Haiiro... questo letto è stretto.»
    «Beh, è un singolo e siamo in due... Mettiti a dormire sopra di me.»
    «Tu sei scomodo, hai le ossa spigolose...»
    «Non te ne va mai bene una...»
    E sorrisero entrambi. Alla fine Kasumi si appoggiò a lui, con la testa sopra la spalla e le braccia intorno al corpo, e gli diede un bacio sulla guancia. Haiiro si sentiva appagato. Chiuse gli occhi. Sentiva il sonno pesare su di lui, con un peso ancora più grave del consueto. Di solito sapeva resistere, ma in quell'occasione non aveva né voglia di farlo, né necessità, grazie al Relieve Kiss di Kasumi. Ma quando era lì lì per addormentarsi...
    «Ehi Haiiro... non provare neppure a dormire, dopo che mi hai tenuta sveglia finora, nonostante avessi sonno.»
    «Veramente tra i due quello con più sonno sono io... e poi anche tu puoi dormire.»
    «... Mi è passato il sonno, adesso.»
    «Ma...!»
    «Raccontami qualcosa che ti è capitato. Io ti ho parlato di me, ma tu non hai fatto altrettanto.»
    «Devo farlo proprio adesso?»
    «Assolutamente.»
    Passando lenta la propria mano sul petto del ragazzo, Kasumi lo fissava con sguardo intenso, che non ammetteva deroghe. Dentro la sua testa, Haiiro la paragonava a un grosso felino che fissava la preda con cui stava giocando.
    "Non posso crederci, per una volta che posso dormire senza problemi non mi è permesso!
    ...
    Però, devo ammettere che in realtà non mi dispiace."

    «D'accordo... Hai presente quella parte della scuola in cui è spuntato un albero?»
    «Non dirmi che c'entri tu...?»
    Haiiro sorrise vedendo il lampo di curiosità comparso negli occhi di Kasumi.
    «Beh... non sono stato io a crearlo ma in qualche modo sono invischiato anch'io nella faccenda... È iniziato quando una notte, vagando per la scuola per i fatti miei, sentii l'urlo di un drago, oppure vidi alto nel cielo un drago, o comunque mi accorsi di questo drago che stava combattendo contro due ragazzi e tentava di distruggere la scuola. Ovviamente mi unii anch'io alla lotta, a fianco del drago per riequilibrare la situazione e, magari, evitare il compito di matematica del giorno dopo grazie alla distruzione della scuola...»
    Quando, intervallato da sonni, risvegli e carezze, Haiiro finì di raccontare tutte le sue storie su anormali e anormalità in cui gli era capitato di trovarsi in mezzo, era già l'alba.


    Haiiro mise su il caffè – stavolta era sicuro che anche Kasumi lo volesse – e tirò fuori le provviste che aveva per colazione: una scatola di biscotti piena per un quarto e delle fette biscottate, con marmellata da intingere e salumi vari. Lui stesso nell'attesa che il caffè fosse pronto si stava mangiando una fetta biscottata con la marmellata. Si sentiva più in forma del solito, nonostante la notte sostanzialmente in bianco o meglio proprio a causa sua.
    “Forse d'ora in poi dovrei acquistare dello zucchero, non credo che a Kasumi piaccia il caffè senza... nah, aspetta, basta prendere le bustine di zucchero che mi danno in caffetteria. Anche se dal Maid non me le danno più, visto che sanno non le uso...”
    «Ehi Kasumi, per oggi ti va bene il caffè senza zucchero?»
    Esclamò ad alta voce, per farti sentire sopra il suono dell'acqua scrosciante. Tese l'orecchio per sentire la risposta, che arrivò dopo un attimo dal bagno.
    «Va bene... ma solo se ci metti del latte.»
    “... Ecco un'altra cosa che dovrò comprare.”
    Tempo che il caffè fosse pronto e servito – colpevolmente senza latte – sulle tazze, Kasumi era uscita dalla doccia. Haiiro ne ammirò la figura coperta dal suo accappatoio, che non nascondeva le gambe snelle e pur celandolo lasciava presagire la misura del seno – o forse era l'immaginazione del ragazzo, nutrita dal ricordo della notte appena passata, a fargliela presagire? Ma l'aspetto che più adorava, non avrebbe saputo spiegare perché, erano i capelli ancora bagnati che le ricadevano lisci – diversamente dal solito – sulle spalle.
    «Che c'è? Mai visto una ragazza dopo essersi fatta una doccia?»
    Haiiro ci pensò un attimo su, poi scosse la testa.
    «Prima volta per ogni cosa...»
    Non sottolineerò i sottintesi e le allusioni dietro questa frase, in quanto sarebbe superfluo.
    Avvicinatasi, Kasumi diede un'occhiata alla tavola. Non ne sembrava entusiasta, ma neppure sorpresa.
    «Non hai uova?»
    «Ne dovrei avere un paio in frigo. Oppure le avevo finite ieri?»
    «Che bello avere un ragazzo che ti dà certezze...» commentò mentre apriva il frigo e guardava lei stessa. «Per fortuna ci sono ancora. Uova alla coque, una a testa, ti va?»
    «Come vuoi te.»
    Ottenuto il consenso Kasumi si mise a preparare le uova, anche se il caffè era già pronto. Almeno non sarebbe stato troppo caldo.
    Quando finì di cuocerle le mise in due piattini e si sedette sul tavolo, imitata da Haiiro che subito prese a bere il suo caffè. Scuotendo sconsolata la testa Kasumi prese a mangiare il suo uovo.
    «Ma tu mangi sempre così a colazione...?»
    «Non sempre. Se ho voglia so anche preparare una colazione tradizionale, con riso, zuppa di miso, uova, se c'è l'ho anche del pesce o del natto. Anche se il natto lo compro già pronto.»
    «E perché non l'hai preparata stamattina, una simile colazione?»
    «Beh, questo è più veloce no?»
    La ragazza scosse la testa sconsolata. Haiiro non aveva senso del gusto, o meglio l'aveva riversato tutto sul caffè. Un cibo o l'altro, per lui faceva differenza solo come consistenza e temperatura, tempo necessario e voglia di cucinarlo, non come piacere di mangiarlo.
    «Così tanto su cui lavorare...»
    «Hai detto qualcosa?»
    «Ho chiesto se almeno hai sale o pepe.»
    «Quelli sì.»
    «E allora perché non lo zucchero? Anche quello si usa per cucinare.»
    «Rovina il sapore del caffè.»
    «Guarda che lo zucchero si usa anche per altro, come per preparare il tamagoyaki...»
    «Non gli perdono di rovinare il gusto del caffè.»
    «Se non compri lo zucchero – compri, non scrocchi bustine alle caffetterie – non vengo più qua.»
    «... Ok.»
    Sotto il tavolo, riparata dalla vista di Haiiro, Kasumi piegò il braccio in segno di vittoria. Aveva trovato la leva giusta per far fare quello che voleva al Sognatore.
    Fecero colazioni, parlottando tra di loro di vari argomenti, tutti ordinari. Kasumi bevve il caffè, ma si accorse che era davvero stanca, tanto da chiedersi come avesse fatto a trascorrere quella notte dormendo così poco. Finita la colazione e rivestitasi, disse che sarebbe andata a casa, con l'intenzione di precipitarsi subito a letto.
    «Puoi anche dormire da me se vuoi. Intendo... dormire sul serio. Io andrei in qualche caffetteria per i fatti miei, mentre tu riposi...»
    «Grazie, ma nel mio letto credo che dormirò meglio, senza altri pensieri a distrarmi.»
    A malincuore, Haiiro annuì.
    «Va bene. Ci vediamo Kasumi.»
    E fece per avvicinarsi a darle un bacio, toccandole i capelli con la mano destra. Ma invece del bacio ebbe uno schiaffo sul braccio.
    «Ehi! Cosa ho fatto di male?!»
    «Scusa, mi dà fastidio che tocchi i miei capelli adesso che sono ancora bagnati.»
    «Ma sono più belli così!»
    Per qualche motivo a lui ignoto, Kasumi lo guardò offesa.
    «Ehm...»
    «Lasciamo perdere... Ci vediamo Haiiro e... dormi anche tu per un paio d'ore.»
    Gli diede così un bacio sulla guancia e se ne andò. Haiiro la osservò allontanarsi. Non importava se erano stati insieme tutta la notte, avrebbe voluto che fosse ancora lì... ma in fondo Kasumi aveva bisogno di riposo. Eppure stavolta era lui che non avvertiva l'esigenza di dormire. Anzi, si sentiva più in forma che mai.
    Rientrò nell'appartamento e si mise a riordinare casa, ma il suo pensiero ero continuamente rivolto alla ragazza.
    “Chissà perché non ha voluto farsi toccare i capelli...” Si chiese guardandosi la mano che era stata schiaffeggiata.
    “C'è qualcosa di strano.” Quel pensiero gli spuntò dal nulla e non voleva lasciarlo. In effetti non riusciva a capire quel comportamento di Kasumi, ma si poteva dire lo stesso per molti altre sue azioni, quindi cosa c'era di strano? Gli ci vollero venti minuti abbondanti, per capire che lo “strano” non riguardava Kasumi, ma la sua mano. La sua mano, che non molte ore prima aveva tagliato con un vetro. La sua mano, che ora non aveva più nessun segno di taglio, né una cicatrice. Non poteva essere guarita così in fretta, non era possibile. E allora c'era solo una soluzione. Kasumi, il suo fiato.
    «Non è solo un togliere.. né solo un sigillare...»
    Poteva guarire, il Breath-Taker di Kasumi poteva anche guarire le ferite e ridare le energie, a giudicare da come si sentiva. Non era solo un minus.
    Doveva dirlo a Kasumi. Non per telefono o con un messaggio, doveva dirglielo di persona. Subito. Senza aspettare un secondo si precipitò fuori dall'appartamento e si mise a correre. Non c'era un attimo da perdere.




    FINE

     
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