Don't take her away... don't leave me

Multipla - chiusa [Salvare000 - AlexMatteh]

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    Enma

    Cominciamo come al solito la narrazione dal mattino? Ma sì dai, in fondo il buon giorno si vede dal mattino, e questa giornata non poteva promettere peggio!
    Era una normale domenica, alle 7 il sole faceva capolino tra le fessure delle persiane sulle mie finestre, e dolcemente andava a posarsi sul mio viso, accarezzandomi le gote e riscaldandomi con quel piacevole tepore tipico di questa stagione. Se non fosse stato per la luce accecante che ogni volta mi sveglia così bruscamente forse avrei anche potuto apprezzarlo un risveglio simile!
    Ah! Odio il sole proprio per questo motivo.
    Mi rigirai nel letto, guardando dall'altra parte -un giorno dovrò decidermi a togliere le persiane e mettere qualcosa di più serio- per non averlo di nuovo in faccia, brontolando e inveendo contro la sfera infuocata, ma proprio mentre pensavo di non poter avere altro riposo ecco squillare il telefono: era appoggiato sulla mensola proprio di fianco la mio letto, all'altezza del cuscino e con la suoneria impostata al massimo, come al solito. Ancora una volta brontolando, mi rigiro a prendere l'apparecchio, inveendo contro chiunque mi stesse chiamando in quel momento senza ancora aver letto l'avviso.
    Uuufff ma chi è che rompe a quest'ora del mattino!? Uh? Fuuta? Ma è domenica... sarà meglio rispondere.
    Appoggiai il dito allo schermo touch per avviare la risposta, ma per qualche strano motivo il telefono entrò in trance: lo schermo si spense, entrò in schermata di riavvio, a nulla valsero i miei tentativi di riaccenderlo premendo tasti a caso -che anzi, in qualche modo riuscirono ad aumentare il volume che già era al massimo!- e la suoneria intanto continuava ad andare, e ad andare, e ad andare, tanto che ad un certo punto mi parve di capire che il volume continuasse a salire, e a salire, e a salire... finchè non divenne insopportabile, e sbottai.
    TI PREGO SMETTILA!! STAI ZITTO!! NON VOGLIO AVERE NIENTE A CHE FARE CON TE, BASTA CHE STAI ZITTO TI PREGO! Uff ma perchè non ci capisco niente di tecnologia?! A volte vorrei essere in grado di capirci qualcosa di questi affari...
    E così aspettai ben 5 minuti -che sembrarono più un'ora non avendo l'orologio del telefono attivo- che il reboot si attuasse, a metà fra il sonno e la veglia, quello stato che sembra essere tanto caro ad Haiiro, e quindi con quell'irritabilità che accompagna ogni risveglio del genere in cui si litiga con la tecnologia per coronare il tutto.
    Quando finalmente quell'incubo finì, tolsi le mani dalle orecchie, mi rialzai da rannicchiato in fondo al letto come ero e ripresi il cellulare, richiamandola a mia volta.
    TUUUU - TUUUU - TUUUU
    Rispose, dopo qualche squillo, una voce assonnata e leggermente irritata, ma sempre gentile e amorevole -Oh, sei tu Enma. Cosa vuoi a quest'ora del mattino? Credevo non ti piacesse essere sveglio così presto...
    Rimasi piuttosto sorpreso da quest'affermazione: non mi aveva appena chiamato lei?! Certo che la domenica mattina non mi piace essere sveglio alle 7, infatti avrei fatto volentieri a meno. Ciò venne interrotto da uno sbadiglio e dal suono di lei che si stiracchiava, doveva essere proprio stanca.
    Guarda che sei stata tu a chiamarmi poco fa, e mi hai fatto passare un brutto quarto d'ora per cercare di risponderti. Mi dici che c'è oppure fai ancora la finta assonnata?
    Non darmi della finta assonnata, io qui... YAWN! ... io qui mi sono appena svegliata per colpa tua, quindi sei tu a dovermi dire che cosa vuoi e anche in fretta.
    Sei sicura di quello che dici?
    Sì.
    A quella risposta non potevo controbattere, forse le era semplicemente partita la chiamata. Certo che però, che sfiga!
    Riattaccai, non prima di essermi scusato con lei, e pensando che ormai eravamo svegli tanto valeva farla venire da me per passare la mattinata, visto che prima di pranzo dovevo andare di nuovo con Galatea ad allenarmi. Ah, ma Fuuta non sa nulla ancora, ed è meglio che non si immischi in queste faccende, potrebbe essere presa di mira -mi sento un super eroe a dire questo tipo di cose, ma di fatto è vero, il pericolo che corre è concreto e non voglio che le succeda nulla.

    ***
    Fuuta POV



    Riattaccai il cellulare, una volta che ebbi accettato l'invito di Enma.
    Ah dannazione! E io che stavo dormendo così bene. Mah, ormai mi conviene alzarmi. Kotetsu, Cherry, venite anche voi?
    Da una pistola giocattolo e una shinai appoggiate al muro si levarono due voci, che insieme risposero in modo affermativo.
    Da quando ho scoperto di avere questo potere sono riuscita a farmi amici persino gli oggetti! Per quelli pericolosi come Cherry è meglio stare attenti, e portarli via facendo molta attenzione che nessuno a scuola scopra che porto armi -seppure giocattolo, anche se con la mia anormalità non si parla proprio di giocattoli- o potrei passare dei guai.
    Al limite la faccio trasformare in forma umana e fingo che sia una mia amica. E' già successo, visto come sono sbadata -e non è colpa mia!
    Mi preparai per uscire, tolto il pigiama era la volta dell'outfit: prevedendo che Enma avrebbe optato per il solito look casual mi misi qualcosa di sobrio, una t-shirt bianca e dei jeans normalissimi, con degli stivaletti in pelle alti fino alla caviglia. Oh, e l'immancabile nastrino viola ai capelli! Cosa sarei senza la mia coda?!
    Eheh, bella come al solito! -al commento della shinai replicai con un sorriso compiaciuto. Non mi pareva di essere tutto questo granchè, non era un look così impegnato, ma se è apprezzato fa sempre piacere.
    Bene, Shinai in spalla e Cherry in tasca e sono pronta ad uscire!
    Toglimi una curiosità -mi interruppe la shinai- Come mai hai preso a chiamarmi "Shinai"? Guarda che ho un nome eh! E lo conosci benissimo... e poi mi spieghi che te ne fai di due armi come noi se vai da Enma?
    Non feci nemmeno in tempo a rispondere che una voce provenne dall'arma da fuoco.
    Sta esattamente lì il problema. Conosci Enma, sai che non puoi mai dare nulla per scontato quando sei intorno a lui, sciocca shinai.
    Ed ecco che cominciò il solito battibecco fra quei due. Il fatto che uno fosse un aarma corpo-a-corpo e l'altra una da fuoco non aiutava, anzi, le differenze erano troppe. Ma in fondo bisticciavano fra amici.
    Oh, fantastico! Cos'è? Il festival "rispondiamo a tono al povero tetsu apostrofandolo col suo nome da oggetto?" Io ho almeno la cortesia di toccarlo il mio nemico quando lo colpisco.
    Su su, basta litigare voi due! Abbiamo un appuntamento a cui presentarci. Forza!

    ***
    Enma POV



    Oh, è già di nuovo il mio turno di presentare le cose? Un ritorno improvviso del privilegio di narrare, non me l'aspettavo... immagino che questo caffè che avevo preparato oramai lo berrò insieme a lei. Ecco che suona.
    Andai alla porta, chiedere chi fosse a un'ora del genere era superfluo. La feci entrare, ma non potei non notare la shinai che si era portata dietro. Che insolito.
    Ciao Fuuta. Ma... la shinai?
    Oh, questa? No è che dopo devo fare allenamento, quindi mi porto avanti e vado direttamente lì.
    Rispose con un tono quasi colpevole, se non la conoscessi abbastanza direi che mi stava nascondendo qualcosa, ma non aveva molta importanza visto che non era così. Probabilmente era il fatto che si era svegliata presto.
    La feci accomodare al tavolo, le portai la tazza di caffè, e come al solito ci perdemmo in chiacchiere, e passammo le ore a parlare del più e del meno, fra lei che mi istigava e faceva degli scherzi sciocchi ed io che... beh, mi portavo sfortuna da solo.
    Il bilancio di quella mattinata fu: un cuscino completamente distrutto, un piatto rotto, due tazze spaccate e un cucchiaio finito nella sezione delle forchette -non odiate anche voi quando succede?!
    Mi ha fatto piacere rivederti anche oggi Enma! Solo, la prossima volta, cerca di non chiamarmi alle 7 ok?
    Ma se sei stat-Ciao ciao!!
    E come la tempesta arriva in fretta e furia, quando passa porta casino e una volta finita torna quel silenzio inquietante e per nulla rassicurante, così mi lasciò lei in balia di quelle emozioni e... un set di piatti e stoviglie da ricomprare. Fortunatamente stavolta non dovrò andare da Medaka a chiedere un muro nuovo per la stanza!
    Bene, e anche questa è andata. Ora dovrei davvero partire, si è fatto tardi per i nostri standard. Galatea mi starà aspettando.
    Mi incamminai così verso la Babele, ma a quanto sembrava ero addirittura in anticipo. Nonostante tutte le mie sfortune mi si deve senz'altro riconoscere il fatto che riesco sempre ad arrivare in orario quando richiesto! -tranne a scuola, quella la salto, ma sono un teppista dopotutto.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

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    Fuuta

    Perfetto ragazzi, allora noi dove andiamo adesso?
    Domanda retorica, sapevo benissimo dove saremmo andati, volevo solo sentirglielo dire.
    Andiamo a sparare!
    Andiamo a kendo!
    Che cosa!? Ma no! Ha bisogno di allenarsi nel tiro a distanza, col kendo già ci sa fare!
    Già, ma ha detto ad Enma che sarebbe andata ad allenamento, se non vuole disonorare la sua promessa deve andare a kendo.
    Eccolo che ricomincia con questi suoi discorsi sull'onore... ma falla finita!
    Come osi?! I misi sono discorsi profondi, fondati su anni e anni di storia di shogunato giapponese e cavalieri fedeli al proprio feudo: se si ritiene una vera giapponese allora dovrebbe stare attenta anche ai valori della sua tradizione!
    Bla bla bla... ecco perchè un samurai non avrebbe chances contro un moderno cecchino: vi perdete troppo in chiacchiere e mancate di spirito pratico e precisione nelle cose. Non come quel fucile... aah! Quanto era figo!! Ti ricordi, Fuuta? Eh? Ti ricordi? Quando potrò rivederlo?
    Misi fine a quell'ennesimo battibecco fermandomi dalla lunga passeggiata che ormai avevamo fatto.
    Intanto fermatevi a guardare questo panorama!
    Li avevo portati su una collinetta, piuttosto distante dal centro abitato, un posto veramente magico dove al mattino si può godere di aria fresca e un sole tiepido che scalda la pelle quel tanto che basta per coprire dolcemente la brezza.
    Non vi sentite rigenerati guardando la città da qui? Penso davvero che sia un posto magico e sensazionale, potrei passare le giornate a dormire qui...
    I due smisero di litigare, presero le loro sembianze umane e si sedettero ai miei lati, mentre io mi sdraiai a braccia tese verso l'esterno a guardare il sole che piano piano si alzava.
    Potrei... davvero... dormire...
    Mi addormentai, protetta dai miei due guardiani, in un sonno così profondo che sembrava poter durare in eterno. Ma ho già avuto esperienze simili, meglio evitare.


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    Edited by Darkdesire.em - 29/7/2018, 14:38
     
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    GALATEA E KAGARI


    Quella mattina Galatea sentiva che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto. Era una sensazione che raramente provava, o che forse non aveva mai provato in vita sua. Probabilmente, avendo unito alla sua anima quelle del Demone e di Yumil la sua sensibilità era aumentata di parecchio. Ora sembrava in grado di percepire cose e fare attenzione a dettagli che prima ignorava totalmente, o che riteneva poco importanti. Forse era proprio vero che tre menti sono meglio di una, e che addirittura sei occhi sono meglio di due. Eppure c'era qualcosa nell'aria in quella domenica.
    La notte precedente non aveva chiuso occhio, si sentiva irrequieta e le due voci nella sua mente avevano percepito questo stato d'animo, cercando di capire da cosa derivasse. Essendo tutti e tre collegati, le emozioni di Galatea venivano trasmesse a loro due, che a loro volta si sentivano a disagio e agitati. Cosa avrebbe potuto essere?
    Si era vestita in fretta, senza fare colazione, ed era uscita di tutta fretta. Una volta raggiunta la Babele Fantasma, Kagari era già lì ad aspettarla.
    Mi spiace averti svegliata così presto, ma più tardi ho un impegno e dovevo assolutamente parlarti""
    "So benissimo di quale impegno parli, state sviluppando un profondo legame tu e quel ragazzo, non è vero?"
    "Sai che questi discorsi sentimentali non funzionano con me, ma sì, credo si stia rivelando un ottimo allievo"
    Kagari sorrise leggermente, prima di voltarsi a guardare l'orizzonte. Si trovavano sulla cima della Babele Fantasma, e così in alto avevano una bellissima panoramica della città. Prima di parlare di nuovo, Kagari sospirò profondamente: "anche tu non hai chiuso occhio stanotte vero?"
    "Esattamente..... Sento che sta per arrivare qualcosa, ma non saprei che cosa.... Speravo potessi aiutarmi a capirlo"
    "Sai che dopo gli ultimi avvenimenti qualcosa in me è cambiato profondamente, proprio come è accaduto a te... Non credo di essermi ancora ripresa del tutto, ho perso coscienza per un periodo piuttosto prolungato e durante questo stesso periodo ho ricevuto parecchie visite"
    "Visite?" chiese Galatea, raggiungendola per godere di quella vista.
    "I miei poteri sono cambiati, e lo sai benissimo anche tu... Dopo l'ultima volta credevo di aver perso il controllo definitivamente, temevo di non poter più tornare indietro... Ma durante questo periodo sono entrata in contatto con la parte più intima e nascosta del mio potere"
    Galatea fissava l'orizzonte senza rispondere, preferiva lasciarla finire. "Non nascondo che sia stato doloroso in alcuni momenti... Eppure, dopo ho ritrovato me stessa! La mia mente è molto più potente di prima, molto più stabile, ho pieno accesso ai miei poteri e li so controllare... Finalmente non sono più preda delle mie emozioni"
    "Sai, ho sempre pensato che la nostra amicizia sia qualcosa di strano... Pensaci: una incapace di controllare le proprie emozioni e una incapace di mostrarle" Disse Galatea accennando a un sorriso, prima di continuare: "ma ora siamo entrambe cambiate, anche se io continuo ad essere di pietra".
    "Anche le rocce più dure non resistono per sempre al fuoco, dovresti saperlo ormai" Fu la risposta di Kagari, che le appoggiò una mano sulla spalla. "Cercherò di capire cosa sta succedendo, le mie fiamme sono utili in questo genere di cose.... Ma se fossero loro, dovremo essere pronte"
    "Lo so... Mi spiace chiederti così tanto, non ti sei ancora ripresa...."
    Ma Kagari si era già avviata, dicendo: "non sarei comunque rimasta a guardare, dopotutto questa è una delle cose che mi hai insegnato tu".
    E così dicendo, Kagari si allontanò dal tetto della Babele, lasciando Galatea sola alle sue riflessioni.

    CITAZIONE
    I Gemelli
    "Una delle due se ne sta andando, dici che è il momento di intervenire?"
    "No, dobbiamo aspettare che arrivi lui, e sei sempre così frettolosa di fare del male... Sai che la nostra avversaria non è da sottovalutare, mia dolce sorella "
    "Hai ragione, ma è da tanto tempo che non mi diverto con qualcuno.... Prometti che me lo lascerai per un po'?"
    "Non dobbiamo ucciderlo.... Ma potrei accidentalmente distrarmi mentre tu ti diverti con lui"
    "Sei il fratello migliore che ci sia AHAHAHAHAAH"
    I due si abbracciarono, lasciandosi andare ad un lungo bacio. Passionale, violento, sensuale. Proprio come loro due. I due gemelli si abbassarono il cappuccio delle rispettive vesti, nessuno aveva mai visto il loro volto per intero. Nemmeno Anne, la volpe che guidava tutti loro. "Non trovi che la nostra Anne sia estremamente sexy?" chiese lei.
    "Dovremmo invitarla nelle nostre stanza prima o poi"
    Sono assolutamente d'accordo
    Erano seduti sul ramo di un albero, l'uno appoggiato all'altra. Il tempo scorreva e l'ora era quasi giunta.
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    CITAZIONE

    ANNE REDFOX


    Anne Redfox era pronta per la caccia. Adorava quella sensazione. In qualche modo, le permetteva di dimenticarsi di tutto ciò che affollava i suoi pensieri, dei suoi sottoposti, della persona che stava cercando. Di tutto e di tutti, ed era una sensazione meravigliosa. Amava camminare leggera sull'erba, fra gli alberi, fra le case, avvicinarsi lentamente al suo obiettivo per coglierlo di sorpresa. Senza spaventarlo. Era sempre stata rapida, veloce, quasi indolore nel colpire.
    Questa volta però doveva ricordarsi di non uccidere. Questo era l'unico ricordo che le era rimasto della sua vita precedente: l'istinto da cacciatrice. Qualcosa di implacabile, una voglia di sangue che la invadeva, iniziando in un piccolo punto vicino al cuore per poi diffondersi in tutto il corpo. Proprio come un incendio.
    L'aveva seguita per giorni, l'accordo che aveva fatto con quello strano tizio era utile anche a lei dopotutto. E un rapimento non era niente di troppo difficile, specie se qualcuno distraeva quella ragazza infernale.
    "Non riesco a capire come possa diventare sempre più potente ad ogni incontro, i suoi poteri crescono a dismisura... Molto meglio tenerla lontana, questa volta avrà pane per i suoi denti visto che dovrà affrontare i miei adorati gemellini". Doveva ammettere che un po' li trovava inquietanti, ma c'era qualcosa nel loro desiderio, nella loro oscurità ma soprattutto nell'aura di mistero che li avvolgeva che attraeva Anne come nulla l'aveva mai attratta prima del loro incontro. Curioso e spaventoso allo stesso tempo.
    Una collina, dunque il suo obiettivo aveva deciso di isolarsi dai luoghi conosciuti e dalla folla. Le stava davvero rendendo tutto così semplice? Fosse stato un altro obiettivo avrebbe potuto anche pensare a una trappola, ma nessuno si era accorto di lei. E soprattutto, la sua vittima non sembrava avere intuito alcunché. Vista da lontano sembrava piuttosto innocente. Per un istante, per un solo attimo, mentre Anne stava per intervenire qualcosa la colpì allo stomaco. Non una fitta di dolore. Non un'arma. Non un attacco. Non un proiettile. Qualcosa di più profondo, di invisibile. Un dolore che non proveniva dall'esterno. Quella fitta arrivava dall'interno. Chi le ricordava?
    "Stupida, concentrati, è un obiettivo facile e ne hai bisogno" disse fra sé e sé, mentre si riprendeva. Il suo sangue freddo impressionante aveva fatto durare quella distrazione per meno di un secondo. Eppure....
    Anne Redfox attivò il suo potere, rilasciando la sua nebbia rosa in grandi quantità, puntando ad avvolgere l'intera collina. A quanto pare non era sola, probabilmente aveva un potere in grado di difenderla. "Si è addormentata, a quanto pare vuole proprio facilitare il mio compito". La nebbia ormai aveva invaso la zona, chiunque l'avesse respirata sarebbe caduto preda delle illusioni di Anne. La coda della volpe si muoveva sinuosa mentre si avvicinava con un'agilità impressionante verso il suo obiettivo. Un profumo estremamente dolce aveva invaso l'aria.

    CITAZIONE

    GALATEA


    Kagari si era allontanata da un po' ormai, ma tutte le sensazioni negative che Galatea provava non si erano allontanate. Chissà Enma dov'era. Conoscendolo sarebbe arrivato estremamente puntuale. Fissò ancora per qualche istante l'orizzonte per poi voltarsi e scendere. Non si sentiva a suo agio lassù, sentiva il desiderio di scendere. "Meglio che io vada ad accogliere Enma" disse mentre iniziò a scendere le scale. Nel farlo, osservava dalle varie finestre ciò che accadeva in basso. Fu proprio così che lo vide arrivare. Senza rendersene conto, sorrise.
    Scese le scale più velocemente, aveva deciso che si sarebbero allenati all'aria aperta quel giorno, di conseguenza era inutile che lui salisse fin lassù. Una volta uscita dalla Babele Fantasma si diresse verso il punto in cui aveva visto arrivare Enma, ma non lo trovò. "Che strano, era qui...." Sentì un leggero rumore di passi e si voltò di scatto. Il ragazzo stava arrivando dalla direzione opposta. "Che io mi sia sbagliata?". Galatea socchiuse gli occhi per un attimo, guardandosi intorno. Si avviò verso Enma. Una leggera brezza le diede un brivido lungo la schiena. Anche gli alberi sembravano avere gli occhi in quella mattinata.
     
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    Fuuta

    Ehi, shinai! Shinai! - la voce della pistola Tokarev TT-33 echeggiava nella sua forma oggetto, sicché non fosse possibile scoprire quale punto corrispondesse alla bocca. Non che per Kotetsu valesse un discorso dissimile, anzi, era una legge degli Ayakashi nella loro forma originale.
    Cosa? Che c'è? Te l'ho detto tante volte oggi, chiamami col mio nome. - rispose, seccato, il suo compagno.
    Sì sì hai ragione, non ti scaldare o ti si incenerisce il bambù. Fuuta sta dormendo, noi che facciamo? Finché non si sveglia non possiamo trasformarci, ed io mi sto un po' annoiando.
    Il suo tono era sensibilmente scocciato, ma lui le rispose sorpreso. Stare in questa forma per me è rilassante. Tipico di voi armi moderne: dovete sempre fare qualcosa e agitarvi per ogni inezia, non avete un minimo delle virtù e pazienza che dovrebbe avere un samurai.
    Quella risposta sembrò irritare notevolmente la pistola, perché questa cessò di rispondere a parole, limitandosi a grugnire ancora più scocciata. Poi, qualcosa sembrò attirare la sua attenzione più delle provocazioni di Kotetsu: l'aria intorno alla collina si era fatta più densa e profumata, e tutt'intorno a loro il cielo, l'erba e gli alberelli si tinsero di una lieve sfumatura rosea, come se stessero guardando attraverso un vetro colorato.
    Kotetsu... te ne stai accorgendo anche tu, vero? Che cos'è questa nuvola rosa? - da questa domanda il suo tono passò ad essere più preoccupato che stizzito. Era preoccupata per sé stessa e Fuuta, ma non avrebbe mai ammesso di esserlo anche per il compagno con cui stava parlando.
    Sì, me ne sono accorto, è da un po' che vedo questa valle riempirsi di questo strano colore... penso sia un gas. - fu la calma risposta dell'altro. . Dannazione, ora come la svegliamo? Fuuta? Ehi, ragazza, svegliati!
    Sta succedendo qualcosa di strano, avanti, svegliati!
    SVEGLIATI!

    * * *


    Lentamente mi svegliai dal mio sonno ristoratore, le palpebre vibrarono prima di aprirsi del tutto e mostrarmi la luce rosata che stranamente mi circondava, inoltre un forte profumo mi penetrò nelle narici. Non ricordavo di aver lasciato la collina in questo stato prima di dormire. Mi sedetti sulle ginocchia, nella classica posizione di seiza cui ormai ero abituata, mi strofinai gli occhi e poi parlai.
    Che cos'avete da strillare voi due? E si può sapere che cos'è questa... nebbia? Perchè vedo tutto rosa?
    Il sonno che mi teneva era evidente dal tono strascicato delle parole e dai frequenti sbadigli che interrompevano le mie frasi.
    Sembrava che Toka volesse dire qualcosa, ma prima che potesse parlare prese parola Kotetsu.
    Non lo sappiamo nemmeno noi, ma forse è il caso che tu stia in guardia. Questo profumo improvviso e innaturale non promette nulla di buono.
    Quando mi chiese il permesso trasformai Kotetsu in umano ed impugnai Cherry tra le mani come arma di difesa mentre lui non poteva difendermi. Era molto bravo a percepire chi gli sta intorno in un grande raggio, probabilmente ciò è dovuto al fatto che pur essendo stato fabbricato come arma da allenamento doveva essere comunque impugnata seriamente dai samurai, perciò il suo spirito forse aveva sviluppato quei sensi acuti che i guerrieri dello shogun tanto vantavano.
    Era affascinante vedere come, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente, emanasse quest'aura di concentrazione totale, sembrava quasi che avrebbe percepito una foglia cadere anche al parco dall'altra parte della città.
    Non riesco a sentire molto, questo profumo mi annebbia e mi distrae troppo. Mi dispiace.
    Era impossibile per me non notare la gelosia che si concentrava fra le mie mani in quel momento.
    Ma tu pensi che davvero tutto questo sia opera di qualcuno? Come sarebbe possibile?
    In generale se ci pensi non è proprio un evento naturale che una nebbia rosa e profumata scenda su una collinetta. Se pensi ai poteri che hai tu di trasformare oggetti in persone una nuvoletta simile potrebbe essere un giochetto per qualcun altro.
    Ancora una volta mi sorprese la serietà con cui un ragazzo normalmente così spensierato stava affrontando questa situazione. Forse bastava il semplice fatto che fosse qualcosa di veramente straordinario, o forse davvero aveva l'impressione che dietro tutto questo ci fosse qualcuno.
    Richiamò una shinai fra le sue mani e si mise in posizione di guardia, invitandomi a fare lo stesso con la Tokarev.
    Stai attenta Fuuta, forse è ancora... qui vicino...
    Che cosa succede... ehi, Kotetsu... mi sento strana...
    Entrambi cominciammo a barcollare, era come se piano piano stessimo cominciando a perdere il pieno controllo dei nostri corpi. Sentivo come se la coscienza mi scivolasse via dalla mente, e tuttavia capivo perfettamente cosa mi accadeva intorno. L'unica a non essere influenzata da questa cosa era Cherry.
    Ragazzi che vi prende? Ehi, dico a voi due? Che vi succede, perchè barcollate così tanto?


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    Enma

    Non ero in anticipo, mi sbagliavo: con sorpresa vidi Galatea venirmi incontro per salutarmi... o per farmi una mossa di wrestling ed annunciare così l'inizio dell'allenamento. Voi ridete, ma è capitato, e più di una volta.
    Accelerai il passo sperando in un semplice saluto amichevole, e quando fu abbastanza vicina le espressi il mio stupore nel vederla già lì quando normalmente sono io ad arrivare per primo.
    Oh, Galatea! Ciao, è strano vedere che... - Ma dov'è finita? Eppure ero sicuro che fosse qui un attimo fa... che mi sia inventato tutto?
    Quando sentii una mano sulla spalla ed una voce provenire da dietro di me feci un balzo per lo spavento.
    Galatea!? Ma scusa... non mi stavi venendo incontro un attimo fa? - ma mentre parlavo qualcosa si mise in moto nella mia testa e capii quale doveva essere la verità. A meno che... adesso è tutto più chiaro. Hai usato la tua velocità sovrumana per farmi uno scherzo? O è un allenamento in stile "non abbassare mai la guardia" o "non sempre ciò che vedi corrisponde alla realtà"?
    Notai però una certa confusione nel suo volto mentre le ponevo quelle domande.
    È che ti ho appena vista alla Babele che mi venivi incontro, ho ipotizzato che per una volta fossi arrivata prima tu e che volessi darmi un benvenuto più caldo del solito. - e con questo intendevo "un benvenuto che non fosse a ceffoni per una volta", ma non potevo dirglielo direttamente, altrimenti sarebbe stato proprio quello a cui sarei andato incontro.


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    ANNE REDFOX


    La nebbia iniziava sicuramente a fare effetto, mentre Anne correva agilmente verso la ragazza. A quanto pare si era accorta che qualcosa non andava e aveva trasformato uno degli oggetti - che potere curioso, avrebbe potuto godersi quello scontro almeno un po' allora - in un essere umano. "Mossa azzardata, non conoscendo la natura di questa nebbia ha esposto la sua possibilità di difesa ai suoi effetti.... Sempre che possa subirli" pensò Anne.
    Ormai era nel campo visivo del "gruppetto" e, per disorientarli, iniziò a compiere diversi balzi in varie direzioni, anche se poi avrebbe colpito dall'alto, piombando fra i due. La nebbia, a questo punto, avrebbe dovuto dare i primi frutti, rendendo le loro capacità di concentrazione e ragionamento più offuscate.
    Avrebbe poi colpito con un calcio la figura umana vicino alla ragazza, e stretto la coda attorno al collo di lei, per immobilizzarla.
    "Credo sia necessario che tu venga con me, ragazzina" Disse poi la volpe, fissandola con un sorrisetto divertito. Per ultima decise di soffiarle in faccia della nebbia rosa, per aumentarne ancora gli effetti.
    Nonostante sembrasse divertita, non avrebbe mai abbassato la guardia.

    Effetto della nebbia rosa: +30% a turno (a causa dell'elevata quantità)
    0-30%: difficoltà a concentrarsi, aumento del desiderio
    30-60%: prime allucinazioni
    60-90%: si cammina involontariamente verso Anne, in preda al desiderio verso di lei


    CITAZIONE

    GALATEA


    Enma si era spaventato. Era quasi come se non si fosse accorto della presenza di lei. Eppure era convinta di essergli corsa incontro, era assolutamente impossibile che lui non l'avesse vista arrivare. Ciò che il ragazzo le avrebbe detto dopo contribuì a far aumentare i suoi sospetti. "Io non ho minimamente usato la mia velocità.... E l'allenamento non era ancora iniziato! Stavo camminando verso di te da quella direzione" Disse indicando il punto da dove era arrivata. In quel preciso istante, si accorse che stava indicando la direzione opposta rispetto a quella da cui credeva di aver raggiunto la posizione in cui si trovava. Galatea prese a guardarsi attorno disorientata. Vertigini? No, impossibile. In nessun modo avrebbero potuto averle entrambi nello stesso momento. Una stranissima coincidenza.
    E quella strana sensazione che l'aveva accompagnata fin dal mattino? Che fosse quello?
    "Possibile che non mi sia accorta di nulla?" disse parlando fra sé e sé, iniziando a camminare verso il centro del cortile. Una volta arrivata lì attivò il suo radar, quello derivante dal potere del gene Huntress. L'onda si estese per un'area piuttosto grande e, immediatamente, Galatea si rese conto di ciò che aveva ignorato fino a quel momento: non erano soli. Aveva individuato le posizioni no di una sola persona, ma di due.
    "Tsk! Come ho fatto ad essere così ingenua? Avrei dovuto farlo prima". L'energia che percepiva era fortemente ostile. "Enma!" Ma prima che riuscisse a lanciare l'avvertimento, una figura misteriosa emerse dall'ombra. Era un ragazzo dai capelli arancioni e arruffati, metà del suo volto coperto da un cappuccio appartenente ad una veste scura. Le maniche della veste erano molto lunghe e coprivano le mani. Continuava a sorridere e camminava in modo molto strano, mettendo i piedi l'uno esattamente di fronte all'altro. Era come se stesse tentando di fare l'equilibrista su un filo, nonostante stesse camminando sul terreno. Cosa stava facendo?
    Il terreno, inaspettatamente, iniziò a ricoprirsi di rovi neri che serpeggiavano per tutta la zona. Iniziarono a ricoprire tutto l'edificio, gli altri alberi. La Babele Fantasma si era trasformata in un enorme giardino di spine. Dal centro di quel groviglio di rami emerse una grossa rosa rosso sangue, lo stesso colore che aveva assunto il cielo. Una volta sbocciata, dalla rosa emerse una fanciulla. Indossava una veste molto simile a quella del ragazzo, che le copriva gli occhi ed era scollata sul petto. Anche lei, sorrideva selvaggiamente.
    "Chi diavolo siete?" Chiese Galatea.
    "Ehehe ma come? Non ci riconosci?" disse lui, facendo un passo di danza prima di concludere la frase.
    "Siamo i tuoi gemellini preferiti" proseguì lei, aprendo le braccia con fare teatrale. "E vedo che viaggi proprio con un bel bocconcino" concluse inarcando la schiena a tal punto da poter vedere Enma direttamente. Le spine si mossero con lei intorno a lui, sembrava volessero avvolgerlo interamente.
    Fu Galatea a scattare per prima, durante le chiacchiere dei due aveva attivato ben due anime animali, potenziando forza e velocità a in modo elevato. In un istante si trovò esattamente sopra di lei, dirigendo verso di lei un pugno che.... Mancò palesemente il bersaglio, frantumando il terreno in vari punti. La ragazza mascherata era dall'altro lato del cortile. "Cosa!?"
    In quell'istante, il corpo della ragazza si ricoprì di rovi. "Sembra che tu debba affinare la mira, impicciona"

    Il ragazzo intanto stava saltellando verso Enma, canticchiando. Nonostante la camminata strana, era sorprendentemente veloce. Era tutto così folle e strano, che i due sembravano spaventosi e bellissimi allo stesso tempo. Fece una capriola, il cui scopo era sferrare un poderoso calcio al ragazzo all'altezza dello stomaco. L'effetto del colpo, però, si sentì a livello dei reni. Il ragazzo era sparito e ora era dietro Enma, sempre con lo stesso sorriso stampato in faccia.
    I rovi si stavano agitando, e serpeggiavano per tutta l'area. Eressero un muro intorno ad Enma e la faccia del ragazzo iniziò a sparire poco per volta dietro di esso. La sua risata, però, continuava a riecheggiare.
     
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    La parte di Fuuta cambia da prima a terza persona per l'effetto della nebbia. (non saprei come narrare altrimenti ^^" non ho mai provato a scrivere da mezzo eccitato o brillo, forse un giorno proverò, ma non stasera u.u)

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    Fuuta

    La situazione si stava facendo grave, Fuuta e Tetsu si reggevano in piedi sì, ma a fatica riuscivano a pensare e muoversi in direzioni diverse da quella dove era Anne. Il problema stava nel fatto che questa esercitando una certa influenza in entrambi li attirava a sè costantemente, ma balzando da una parte all'altra le due vittime si trovavano in un forte stato di confusione ed erano visibilmente disorientati.
    Solo quando Anne balzò tra di loro Cherry intuì cosa stava succedendo, ma divenne tutto più chiaro quando scagliato a terra Kotetsu e afferrata Fuuta per il collo le sussurrò con voce suadente che sarebbe venuta con lei, implicando col gesto che l'avrebbe anche presa con la forza. Dopo di che le soffiò in faccia la stessa nebbiolina rosa che li aveva circondati e Fuuta parve ancora meno in controllo di sè.
    Sì... portami con te, ti prego...
    Cherry sapeva ormai che non poteva tornare umana finchè non si fosse diradata la nebbia, e con Kotetsu fuori gioco poteva solo restare lì a terra a osservare inorridita la sua amica che cadeva vittima delle mosse di quella strega.


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    Enma

    Galatea sembrava confusa quanto me: negò di avere usato poteri particolari e anche di avere iniziato preventivamente gli allenamenti come a volte aveva già fatto. Disse invece di essere arrivata "da quella parte", indicando però proprio il punto da cui l'avevo vista arrivare.
    Esatto, te l'ho detto che sei arrivata da lì, o almeno così credevo. Ti ho vista arrivare da quel punto e invece mi spaventi da dietro, per questo credevo fosse un allenamento. Ma tu sei sicura di stare bene?
    Speravo di non offenderla con quella domanda, però cominciavo a preoccuparmi se veniva da una parte per poi mostrarsi dall'altra indicando di essere venuta da quella precedente. Normalmente non succede così.
    Galatea camminò fino a raggiungere il centro della piazzetta fra gli alberi, stavo per chiederle cosa stesse facendo ma mi accorsi che non era il caso di interromperla: aveva bisogno di concentrarsi per attivare una delle sue abilità più utili e percepire pericoli che con i normali sensi non avremmo nemmeno potuto notare.
    Infatti poco dopo urlò il mio nome, probabilmente per dirmi di fare attenzione a ciò che sarebbe venuto dopo, ma nessuno poteva prevederlo: un ragazzino un po' eccentrico che si divertiva a fare l'attore circense sul nulla e un brulicare di liane e rovi, al centro dei quali da una grande rosa sbucò una ragazza apparentemente uguale a quell'altro.
    Siamo i tuoi gemellini preferiti
    Galatea, tu li conosci?
    Prima che potesse rispondere alla mia domanda un manipolo di quei tentacoli si diresse verso di me, e Galatea attivò le sue abilità per cercare di colpire la fonte di quell'attacco - ovvero la ragazza -, ma... stava andando dalla parte opposta! No Galatea, girati! Dall'altra parte...
    Le liane cominciarono ad avvolgermi e tagliarmi con le loro spine, ma fortunatamente la mia ombra si attivò in risposta a quel pericolo e le tranciò di netto liberandomi dal legamento. Una cosa ormai l'avevo capita: quell'ombra stava dietro di me non solo come sfortuna incombente, ma anche per coprirmi le spalle, come un'amica.
    Tuttavia non era finita: attivai allora la mia arma consueta, le due spade di sfortuna concentrata, per parare un imminente calcio dal ragazzino - che non ci stava nemmeno provando a nascondersi, anzi: mi stava venendo incontro a passo lento con il palese intento di colpirmi. Il mio tentativo di difesa non servì a nulla dal momento che un attimo dopo aver cercato di tagliare quella figura a metà avvertii un colpo dietro di me, senza che nemmeno la mia ombra potesse coprirmi, e mentre rideva riuscì anche a sigillarmi entro una foresta di rovi.
    A nulla valevano gli sforzi di squarciare quel muro con gli artigli affilati della mia ombra, poichè quelle piante ricrescevano subito senza darmi il tempo di imbucarmi e uscire dall'altra parte.
    Galatea! C'è qualcosa che non va, vengono da una parte ma colpiscono dall'altra... e io qui ho bisogno di fiamme!
    In realtà non sapevo se mi avrebbe sentito o meno, ma urlavo con tutte le mie forze sperando che mi sentisse. Quando mi resi conto che probabilmente non l'avrei mai raggiunta ripresi ad aggredire i rovi tentando di crearmi una via di fuga, più li tagliavo e più questi ricrescevano e anche se mi sembrava di compiere un'impresa erculea dovevo comunque uscire e aiutarla, dopotutto un due contro uno non è mai corretto, specie se quei due riescono ad annebbiarti i sensi.


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    ANNE REDFOX



    Fu tutto più facile del previsto: mettersi a dormire in cima a una collina era stata tutt'altro che una buona idea, anzi. Un'esperta assassina (quale era Anne) trovava sempre intrigante un minimo di difficoltà nel catturare le sue prede, ma quella volta non aveva provato nessun gusto in quella cattura. "Certo che ti porterò con me, mia cara... O meglio, ti porteranno con loro perché io ho altro da fare prima di raggiungerti" disse sorridendo alla giovane, ormai in preda ai suoi poteri. Anne Redfox schioccò le dita e due creature, entrambe dotate di ali che parevano essere le stesse che possiedono le fate, fecero la loro comparsa prendendo una Fuuta e l'altra Cherry e Kotetsu. In particolare, loro due vennero cosparsi da una strana polvere di colore viola (dello stesso colore delle ali) che li fece rimpicciolire, in modo da poter essere trasportati con una mano ciascuno. Anne si sorprendeva di quanto quel potere, per quanto temporaneo, potesse rivelarsi utile in questi incarichi. Sorrise mentre osservava il gruppo allontanarsi verso la sua base. Rimase a godersi quell'aria di libertà, priva del caos cittadino, ancora per un attimo prima di avviarsi a gran velocità verso una nuova destinazione: doveva raggiungere gli altri due e assicurarsi che fosse tutto sotto controllo.

    CITAZIONE

    GALATEA



    I rovi correvano dappertutto, era impossibile eliminarli tutti o liberarsi. Sentì Enma urlare qualcosa, ma poi sparì anche lui in mezzo a tutte quelle spine. Perché non sparivano? Per quanto li colpisse e li strappasse non c'era modo di eliminarli né di liberarsi. Colpì nuovamente il terreno con il massimo della forza, creando una sorta di voragine e un'esplosione di macerie. I rovi ritornarono esattamente al loro posto. Come?
    Fu in quell'istante che si rese conto di essere sotto attacco: dal lato destro vide la ragazza arrivare, pronta a colpirla con un calcio. Per quanto i rovi le offuscassero la vista, tentò di schivare ma... Il colpo giunse da sinistra, cogliendola totalmente di sorpresa e facendole perdere l'equilibrio. Riuscì con una rapida mossa a rimettersi in piedi, fronteggiando la sua avversaria. "Questi tuoi trucchetti mi stanno stancando" disse minacciosa, rivolgendosi all'altra. "Beh se non ti piacciono le spine distruggile..... O forse non ci riesci?" rispose la giovane incappucciata, ridendo per prenderla in giro.
    "Qualunque sia il vostro obiettivo è me che volete, il ragazzo non c'entra assolutamente nulla"
    "Infatti terremo il tuo innamorato per divertirci più tardi" la sbeffeggiò nuovamente, passandosi la lingua sulle labbra
    Galatea abbandonò la sua posizione da combattimento, fermandosi di colpo. I rovi, intanto, continuavano a contorcersi e a muoversi su tutta l'area. Evocò i cristalli dei girasoli, che immediatamente furono avvolti dalle fiamme. I flussi di fuoco iniziarono a muoversi intorno a Galatea, incrociando i rovi e diffondendosi nell'aria - non era necessario che usasse le mani per spostarli, si muovevano seguendo il suo pensiero. Diresse una parte delle fiamme nella zona di Enma, colpendo i rovi che lo avvolgevano alla base. "Ti avevo avvertita" disse, attivando Respira per scagliare un getto di fiamme verso l'avversaria. Concluso l'attacco, però, Galatea si accorse che la sua avversaria si era spostata nuovamente, tornando alla sua destra. I rovi non accennavano a diminuire.
    "Rovi che non possono essere bruciati dalle fiamme e che non possono essere distrutti, si rigenerano a una velocità a dir poco impressionante, ma le cui spine non sembrano causare ferite particolarmente gravi... O meglio, aspetta, sento il dolore e la sensazione di costrizione quando mi avvolgono: ma se davvero stringono con tale forza le mie braccia e le mie gambe dovrebbero sanguinare o riportare per lo meno delle ferite data la dimensione delle spine! Non feriscono e non possono essere distrutti.... Per quanto sia possibile una loro immunità al fuoco, non sembravano cedere nemmeno sotto i miei colpi poco fa; o la mia avversa ha un potere sovrumano, o questi rovi non hanno origini organiche e fisiche nel senso stretto". Mentre parlava, provò a colpirli nuovamente con il fuoco e usò di nuovo Respira, per generare un attacco di ampia portata con il vento. Nel frattempo, la ragazza continuava a ridere sotto al suo cappuccio e a cambiare posizione. "Nessun oggetto o essere vivente fisico è indistruttibile, a meno che non usi un particolare potere per diventarlo: in questo caso avrebbe come minimo dovuto attivare un qualche tipo di segnale o abilità per renderlo tale, a meno che non abbia preparato il tutto prima - tuttavia, i rovi non erano presenti fin da subito: come preparare un'abilità su un qualcosa di non ancora presente? Inoltre il radar Huntress non percepisce parte dei suoi movimenti.... Perché solo una parte?".

    Galatea decise di saltare per spostarsi, ma fu colpita alle spalle con quello che pareva essere un altro calcio ben assestato. Prima di cadere riprese il controllo, fece una capriola a terra e riprese l'equilibrio. Perché quei rovi non la imprigionavano mai veramente? E come faceva quella ragazza ad ingannare sempre il suo radar? Decise di attivarne il potere alla massima estensione, senza farsi notare. Ecco, ora avvertiva la presenza di entrambi: era dietro di lei... Galatea si lanciò verso la sua nemica, caricandola apertamente. A metà strada, però, convogliò le fiamme dei Girasoli scagliando un grosso vortice infuocato nella direzione opposta, esattamente dietro di lei. La figura di fronte a lei scomparve e sentì un'imprecazione provenire da dietro di lei, a seguito dell'esplosione generata dal suo colpo. Anche i rovi scomparvero del tutto.
    Si voltò verso Enma prima, che sembrava alla prese con: il nulla...? Ma certo!
    "Rovi indistruttibili che provocano dolore senza realmente ferire con le spine e immuni al fuoco: un potere davvero molto forte, complimenti. Per quanto l'idea di spine delicate e innocue sia decisamente interessante, a giudicare dalle vostre intenzioni mi sembra un po' contraddittoria: a meno che non si trattasse di un'illusione, giusto?" Disse sorridendo rivolta ad entrambi i gemelli. Rivolse uno sguardo ad Enma, per assicurarsi che stesse bene.
    "Ooooh a quanto pare ci ha scoperti, mia dolce sorellina"
    "A quanto pare la nostra cara amica conosce le regole del nostro gioco... O almeno alcune"
    "Puoi rivelare tutte le illusioni che vuoi, ma vale poco se non ci riesci a colpire"

    Galatea saltò verso Enma, raggiungendolo con un paio di balzi. "Quei rovi non erano una minaccia, stavano semplicemente giocando con la nostra vista e con la nostra mente, inoltre penso di aver scovato anche l'altro trucchetto che hanno utilizzato più volte". Tenendo lo sguardo fisso verso i due, Galatea scagliò nuovamente una serie di sfere di fuoco alle sue spalle, direttamente dietro di lei. I due scomparvero all'istante. Sorrise. "Le loro illusioni sono alquanto potenti: fin'ora non abbiamo visto direttamente loro, ma loro riflessi nella direzione opposta a quella in cui sono realmente, ecco perché colpendo all'indietro ero sicura di centrare il bersaglio corretto". Si voltò, questa volta sicura di trovare i due veri bersagli. Avevano schivato il colpo, vero, ma le loro facce avevano perso la spavalderia di poco prima.
    "Il vostro giochetto è stato divertente, devo ammetterlo, ma credo sia il momento di porre fine a questa misero gioco degli specchi" Disse, mentre i simulacri generavano dei flussi di fiamme che danzavano attorno a lei e ad Enma. Ma proprio mentre lei stava per scagliare l'ultimo attacco, iniziò a risuonare nel cortile della Babele Fantasma un applauso. Qualcuno stava battendo le mani, divertito o divertita, e il rumore si avvicinava sempre di più.
    Da dietro gli alberi comparve una donna con un lungo abito nero, stivali dal tacco alto e.... Coda e orecchie da volpe. I due gemelli iniziarono a sorridere, stringendosi l'uno all'altra. La volpe si fermò a qualche metro da loro, concludendo il suo applauso: "non mi sarei aspettata niente di meno da te, cara Galatea!".
    Anne Redfox era lì? Per quale motivo? Galatea si era voltata di scatto appena aveva udito l'applauso e quella voce. Spense le fiamme.

    "Enma, tieni gli occhi bene aperti, questa è Anne Redfox, colei che guida gli Eaters e i due gemelli dietro di noi... Non abbassare la guardia nemmeno per un secondo!"

    INDICAZIONI PER ENMA: mentre Galatea combatte, il gemello attacca Enma sbucando attraverso i rovi con cui lui sta lottando. Ogni volta che il colpo proviene da una direzione, in realtà lui viene colpito dalla parte opposta. Dopo un po' i rovi spariranno e inizierà il discorso di Galatea.
     
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    Colpo dopo colpo, fendente dopo fendente, per quanto le mie capacità potessero essere limitate e le mie armi deboli sarei comunque dovuto riuscire a danneggiare la gabbia in cui mi avevano rinchiuso. Inoltre era una gabbia fatta di rovi e liane, non di ferro e acciaio, con un po' di giardinaggio si possono annientare... ma non queste. Poteva essere l'effetto di un'anormalità a renderli più resistenti, oltre che a permettere all'anormale di controllarli, o magari erano due poteri distinti e complementari.
    Mentre io cercavo di liberarmi da quella prigione potevo solo immaginare cosa stesse facendo Galatea lì fuori nel frattempo, e perchè quei due gemelli avessero voluto separarci in questo modo, forse pensavano che imprigionare Galatea avrebbe avuto meno senso vista la sua forza immane - ricordatemi di non contraddirla mai -, e bloccare me avrebbe di sicuro sortito effetti migliori.
    Ero completamente separato dall'esterno, tanto che non riuscivo nemmeno a sentire ciò che accadeva intorno a me, e credo che nemmeno chi era all'esterno riuscisse a sentire me per quanto potevo urlare. Dopo la terza decina di raffiche contro quelle piante mi fermai, era inutile e serviva solamente a stancarmi, così decisi di aspettare che dall'esterno arrivasse l'aiuto che mi serviva... e in effetti arrivò! Non saprei dire come, ma la gabbia si dissolse nel nulla, e quando i miei occhi si riabituarono alla luce dopo essere stati avvolti dall'ombra per così tanto tempo scoprii che mi trovavo di fianco a Galatea che guardava soddisfatta in direzione dei due, ma intorno a me non c'era traccia degli effetti che una crescita rapida di rovi così grandi avrebbe dovuto procurare.
    Grazie, Galatea. Immagino sia opera tua, come hai fatto?
    Lei mi spiegò che quei due stavano giocando con la nostra percezione, quindi era tutta un'illusione, ed ecco spiegato come mai poco prima io le vedevo camminare in una direzione mentre lei stava arrivando da tutt'altra parte, e anche lei aveva avuto un'esperienza simile.
    Beh, adesso che lo sappiamo non sarà più un problema affrontarli - dopotutto le illusioni sono utili a tenere occupato il nemico, ma quando questo riesce a sferrarti un pugno nello stomaco sono poco efficaci.
    Mi preparai nuovamente al combattimento, ma subito venni fermato dalla mia compagna. Aveva fatto la sua entrata in scena una donna molto affascinante, che da come si atteggiava sembrava essere la mente dietro a tutto questo.
    Enma, tieni gli occhi bene aperti, questa è Anne Redfox, colei che guida gli Eaters e i due gemelli dietro di noi... Non abbassare la guardia nemmeno per un secondo!
    Una buona mente in un corpo del genere, insomma una donna tanto ammaliante quanto pericolosa, Galatea ha fatto bene ad avvertirmi, ma lo capii subito che era un pericolo, emanava un'aura di pericolo molto forte.
    Senza abbassare la guardia, anzi più guardingo di prima, gli occhi fissi su di lei a captarne il minimo movimento e le due spade sollevate mi portai in posizione di guardia e chiesi: Anne Redfox, eh? Che cosa diavolo vuoi da noi? E perchè ci hai mandato contro questi due Eater così fastidiosi?
    La mia domanda era quasi inutile, se si era mostrata in questo modo a noi poteva essere per ammonirci o minacciarci di qualcosa, e avrebbe parlato da sola, ma più che ad ottenere risposte erano atte a concentrarmi sull'obbiettivo senza lasciarmi distrarre dai gemelli di prima, chissà se stavano ancora giocando con le nostre menti o se quella era la realtà?


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    Galatea ormai riusciva a stento a controllarsi. La mano destra era stretta a pugno e il suo braccio tremava, nello sforzo di mantenersi calma. Una qualunque mossa azzardata le sarebbe costata cara contro tre avversari di quel calibro; Kagari si era allontanata, e probabilmente non aveva idea di cosa stava accadendo lì. In uno scenario ancora peggiore Anne aveva mandato qualche strana creatura anche ad attaccare lei. Ma questo la preoccupava meno della situazione in cui si trovavano lei ed Enma, Kagari era più che in grado di sopravvivere e cavarsela da sola: ci voleva ben altro che qualche semplice Eater a farla fuori. Questo era indubbio. Era la prima volta che incontrava così da vicino i due gemelli, anche se aveva sentito qualche voce su di loro e i loro poteri, ma ora avevano capito il funzionamento di quelle illusioni - cosa che li rendeva prevedibili e più facili da aggirare in uno scontro diretto. Molto probabilmente un attacco del genere poteva rappresentare il loro più grande punto debole: affrontare qualcuno che si scaglia su di loro rapidamente era ciò di quanto più sconveniente potesse esserci per due illusionisti.
    L'attenzione di Galatea, però, era rivolta quasi esclusivamente ad Anne. Si erano affrontate raramente, ma tutte le volte la donna era riuscita a fuggire e a metterla in difficoltà. Il suo potere era pericoloso quanto affascinante. Nel vero senso della parola. "Enma, nel caso vedessi comparire una nebbia rosa intorno a noi, cerca di trattenere il respiro il più possibile, è la fonte del suo potere e crea altrettante pericolose allucinazioni" disse, cercando di avvertire il suo compagno. La donna volpe, intanto, sorrise a quelle parole, del tutto noncurante della rivelazione sui suoi poteri.
    Quella donna aveva qualcosa in mente, era evidente. Nel suo sorriso. Nella sua posa. Nel suo atteggiamento sprezzante. C'era qualcosa sotto. Perché attaccarli ora? In quel momento? Con i membri più potenti del loro "esercito"? Che fosse per Enma? No, era impossibile. Una come Anne avrebbe avuto altri mille modi per rapirlo o ucciderlo, soprattutto quando Galatea non era nei paraggi o con lui. Dunque perché? Galatea fece un paio di passi avanti, facendo sparire i fiori che aveva attorno:"ci siamo incontrate svariate volte, ma mai hai messo in scena o dispiegato i tuoi migliori esemplari per uccidermi... Deduco tu abbia qualcosa in mente, ho avuto l'impressione che questi due fossero semplicemente distrazioni. Eri perfettamente consapevole che avrei trovato il loro punto debole, che la loro forza sta nell'affrontare le persone con il vantaggio numerico, ovvero due contro una. Il loro potere si riduce se affrontano due avversari o un numero maggiore di persone, perché diventa più semplice tenere sott'occhio le variabili e capire dove si nasconde la loro forza: ovvero l'inversione del senso di orientamento e delle direzioni. Quindi a cosa ti serviva tenere Enma qui?"
    La donna sorrise ancora, spostando le mani sui fianchi e scuotendo leggermente la testa. Prese poi a parlare, con un tono sorpreso e divertito allo stesso tempo, cosa che non nascondeva il timbro sensuale della voce che la distingueva: "sei a dir poco sorprendente, hai capito di non essere l'obiettivo? Interessante"
    "Hai avuto mille occasioni per colpire me, e sapevi che avrei comunque percepito la loro presenza se fossi stata nei paraggi. Inoltre, credo tu sia pienamente consapevole del fatto che da sola avrei usato i miei pieni poteri, cosa che non faccio in sua presenza" disse indicando Enma, ma senza voltarsi, per poi riprendere, "quindi era un piano per tenerci qui entrambi, e di certo non ero io l'obiettivo, ne ti serviva ferirlo perché sapevi che mi sarei arrabbiata. A cosa serviva questa perdita di tempo?"
    "Davvero impressionante; sei sempre più perspicace, complimenti. Beh, credo però che questa volta ti sia sfuggito un particolare non del tutto indifferente". Mentre parlava prese ad avvicinarsi a Galatea ed Enma. "Vero, ammetto che mi serviva tenere qui il ragazzino il più possibile, temo che la sua libera uscita avrebbe potuto intralciare i nostri piani, o comunque avrebbe causato più baccano e problemi del necessario. I vostri allenamenti sono prevedibili, quindi mi bastava aspettare il momento e il luogo giusto per avervi assieme, e scegliendo i miei due gemellini sapevo che avrei guadagnato tempo sufficiente.". Continuava ad avvicinarsi a Galatea, che manteneva lo sguardo fisso su di lei e i pugni stretti. La tensione nell'aria era palpabile. E se avesse scatenato la Fusione? No, Enma era a poca distanza da lei, e uno scontro aperto avrebbe potuto ferirlo gravemente. Non era sufficientemente veloce per eliminarla in un colpo solo, probabilmente Anne era più agile di lei. Senza contare i gemelli, il loro potere l'avrebbe rallentata nella comprensione dei movimenti della donna volpe. Che fare?
    "Mi serviva tempo per recuperare una persona molto cara al tuo amico... Mi serviva per onorare un accordo preso con qualcuno di piuttosto importante e pericoloso, per assicurare la sopravvivenza del mio popolo, il popolo che tua madre stessa ha creato e che rischia il collasso", continuò Anne Redfox. "Non è affar mio, siete pericolosi e pericolose". Anne Redfox fece un altro sorriso, per poi fermarsi all'improvviso: "Sì, lo siamo: ma l'ho trovato... Il passaggio è aperto, ma devo tornare dall'altra parte per trovarlo". Galatea spalancò gli occhi. Dunque era quello? Scattarono entrambe, con una velocità impressionante. I loro obiettivi, però, erano diversi. Galatea aveva preso Enma per il busto, spostandosi indietro a gran velocità. Nel frattempo, Anne Redfox aveva colpito rapidamente i due gemelli. Due colpi secchi, alla gola. Il sangue iniziò a sgorgare sui loro corpi. Sui loro vestiti. Fino a giungere a terra. Scioccati da quell'attacco a sorpresa, i due portarono le mani alla gola e cercarono di abbracciarsi l'uno con l'altra, consci di essere giunti alla fine delle loro vite. Sopra di loro stava Anne Redfox, due pugnali nelle mani, intrisi di sangue che gocciolava dalla punta. Con un rapido movimento della mano le due armi sparirono.
    Galatea posò a terra Enma. "Scusami, spero di non averti fatto male" disse al ragazzo, assicurandosi che fosse tutto a posto, per poi rivolgersi alla donna che aveva appena assassinato i gemelli: "che cosa diavolo hai in mente? Ti ammazzerò prima che tu possa portare qualche altra mostruosità da questa parte e-". Ma la volpe la zittì, iniziando a parlare con voce più alta e sopra di lei: "non ho alcuna intenzione di portare niente! Devo andare dall'altra parte, devo trovare quella persona.... Io... Io non ho alcun interesse nel governare questo branco di creature di cui so poco o nulla; condividiamo lo stesso creatore, ma non lo stesso destino. Io sono la prima, ma non vengo dal potere di Akane come gli altri" disse abbassando lo sguardo. "So che c'è un'altra persona in città che lo sta cercando, per motivi diversi dai miei... Sono qui per avvertirti che non sei più un mio obiettivo". Galatea era sorpresa, e probabilmente lo era anche Enma nel sentire tutto quello. "Come faccio a sapere che si tratta della verità? Che tutto questo non è un piano per farci abbassare la guardia? Anche se devo dire che su una cosa hai ragione, Satomi mi ha avvertita della frattura che ha trovato...". Doveva crederle?
    Anne Redfox trasse un profondo respiro, rivolgendosi ad Enma: "per fare in modo che vi fidiate di me vi rivelerò una cosa molto importante - il ragazzo doveva rimanere qui perché era necessario che fosse lontano dal mio obiettivo: Fuuta, la ragazza che lui conosce molto bene. E' stata facile catturarla, ma" disse prima che lui potesse interromperla, "non è una mia iniziativa. C'è qualcun altro dietro tutto questo: si tratta di uno scienziato, o qualcosa di simile. Vive in una specie di orfanotrofio o laboratorio, è stato lui a commissionare questo rapimento". Galatea muoveva il suo sguardo da Enma ad Anne e viceversa, tentando di capire cosa stava accadendo. Conscia del fatto che il ragazzo era estremamente preoccupato e arrabbiato per quanto era accaduto, proseguì dicendo: "ma la fanciulla non è nelle mani dello scienziato, ho provveduto a portarla in un posto sicuro, anche se ho dovuto fingere di assecondare i piani di quell'uomo... Credevo avesse qualcosa a che fare con quell'uomo, ma a quanto pare la sua tecnologia non c'entra nulla con il nostro mondo. Ma ormai ero in ballo, e doveva continuare a ballare". Galatea non parlava, lasciando spazio ad Enma, il diretto interessato. Solo ad un certo punto fu costretta a rispondere, dopo essere stata interpellata direttamente.
    "Dunque cosa intendi fare ora?"
    "Intendo lasciar perdere tutta questa storia, vi porterò dove si trova la ragazza, dopo di che mi concentrerò sul mio obiettivo... Tu piuttosto... Cosa intendi fare?"
    Colta di sorpresa, Galatea rispose con un semplice "in che senso?"
    "Nel senso che dall'altra parte potrebbe esserci qualsiasi cosa. Anche vecchie anime sopravvissute, o trasformate in altre creature... Pensi che non sappia di non essere l'unica delle due alla ricerca delle proprie origini?"
    Galatea abbassò lo sguardo. In silenzio.
    Anne Redfox abbozzò un sorriso. La smorfia sul suo viso non lasciava trasparire altro che un profondo senso di vuoto. Si voltò, iniziando a camminare. Il lungo vestito svolazzante. La coda che si muoveva sinuosa intorno al suo corpo. "Potete fidarmi di me oppure no: io so dove si trova Fuuta. A voi la scelta se seguirmi oppure no".
     
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    Come pensavo, il fatto che Anne si fosse presentata davanti a noi non voleva dire nulla di buono. Fu ancora più palese quando la vedemmo prendere i due gemelli, che ci fecero sudare tanto per sconfiggerli, e sgozzarli davanti ai nostri occhi, fiotti di sangue che sgorgarono dalle ferite in una pioggia di sangue.
    ma fu ciò che disse dopo a colpirmi veramente:
    Per fare in modo che vi fidiate di me vi rivelerò una cosa molto importante - il ragazzo doveva rimanere qui perché era necessario che fosse lontano dal mio obiettivo: Fuuta, la ragazza che lui conosce molto bene. E' stata facile catturarla, ma non è una mia iniziativa. C'è qualcun altro dietro tutto questo: si tratta di uno scienziato, o qualcosa di simile. Vive in una specie di orfanotrofio o laboratorio, è stato lui a commissionare questo rapimento.
    In un attimo sentii le forze abbandonarmi, ogni goccia di energia lasciava il mio corpo più pensavo alle sue parole. Fuuta.. rapita? Come? Come è potuto succedere? Quando? E perchè? No... mi stai mentendo! Orfanotrofio? Uno scienziato? Non ha alcun senso, cosa stai cercando di ottenere?
    Ero confuso, ma forse era proprio questo quello che stava cercando di ottenere? Confondermi con una notizia così impressionante per manipolarmi? La fissavo attonito, ma non potevo fare a meno di notare lo sguardo di Galatea, evidentemente nemmeno lei sapeva cosa stava succedendo né quale fosse la verità e chiederle consiglio sarebbe stato inutile.
    È la verità. Non avrei motivo di mentirvi, come vi ho detto i miei interessi sono cambiati e con essi i miei obiettivi. Ho fatto da intermediaria tra questo uomo e Akane in passato, non ha voluto rivelarmi il suo piano ma ha chiesto che gli portassimo questa ragazza, Fuuta, e in cambio avrebbe aumentato le schiere di Eater di Akane amplificandone i poteri.
    Ma se tutto questo è vero... perchè proprio Fuuta? - chiesi con il cuore in gola. La storia si stava riempiendo di dettagli, non era credibile che se la fosse inventata, ma d'altro canto stiamo pur sempre parlando di Anne Redfox, la donna dalla quale Galatea mi ha sempre messo in guardia proprio per la sua capacità di ingannare e manipolare le persone.
    Non lo so il perchè, ragazzo. Io ti riferisco solo ciò che so, questo perchè non voglio essere un burattino nella mani di Akane, e come ho detto non sono stato al gioco, l'ho rapita io stessa, sì, ma non per portarla da lui. Volevo solo che entrambi credessero che stavo seguendo gli ordini, e se fra loro scoppierà una guerra non sarà affar mio. Intendo invece condurvi pacificamente da lei, anche in segno di tregua.
    Ci pensai a lungo: in fondo non pretendeva se non di portarmi da lei, e se tutto ciò che mi aveva detto fino a quel momento fosse stato vero sarebbe stato stupido lasciarla lì da sola. La preoccupazione che in realtà si trattasse di una trappola, visto il soggetto con cui avevamo a che fare, era molto alta, ma l'incolumità di Fuuta vince su tutto per cui non avrei sentito ragione: l'avremmo seguita, e nel caso in cui si fosse trattato di una trappola me ne sarei assunto la responsabilità, e fu ciò che dissi a Galatea.
    Va bene, portami da lei. - fu la mia risposta, decisa, con un cenno a Galatea di seguirmi e stare all'erta. Non ne aveva bisogno, ma volevo farle capire che non ero del tutto ignaro del fatto che potesse trattarsi di un inganno e che anche io tenevo la guardia alta.
    Anne rispose con un cenno preoccupato, forse per l'austerità e la diffidenza con cui la stavamo considerando, ma continuava a comportarsi con il suo solito atteggiamento disinvolto e ci fece da guida lungo un cammino che doveva portarci ad una radura, molto lontana dalla Babele Fantasma e dalla scuola in generale.
    Passarono molti minuti e la tensione che provavo non accennava a diminuire.
    Ero ancora in contrasto con me stesso: da una parte continuavo a pensare al fatto che potesse essere stata tutta una farsa e che ci stesse conducendo ad un'imboscata, dall'altra invece l'immagine di Fuuta tenuta prigioniera da uno sconosciuto per motivi non meglio specificati mi faceva ribollire di rabbia e vergogna, perchè avrei dovuto tenerla al sicuro, era il motivo per cui chiesi a Galatea di prendermi con sé e fortificarmi.
    Ancora: perchè mai qualcuno avrebbe voluto prenderla? Cominciai a pensare a tutti i nemici che mi ero fatto fino a quel momento, ma... non ce n'erano, o almeno nessuno che potesse presentare davvero un pericolo per me o per lei... anche se in realtà pensarci mi faceva provare una strana sensazione in fondo alla mente, come se non riuscissi a ricordare qualcosa di importante.
    Siamo quasi arrivati, è in fondo a questo sentiero.
    Sarà meglio per te che sia come dici tu, altrimenti non esiterò a colpire. - l'ammonii preparandomi ad attivare qualsiasi variante dei miei poteri per ogni evenienza. Ma ciò a cui non ero preparato era il grido scioccato che si levò di lì a poco.
    Non è possibile, doveva essere qui, l'avevo lasciata qui con le mie nubi a proteggerla...!
    Dal suo atteggiamento e dal fatto che non vi era traccia di alcun Eater nei dintorni pronto ad assalirci compresi che Fuuta era davvero lì, o meglio vi era stata, doveva essere lì eppure non vi era traccia nemmeno di lei. Colmo di rabbia mi avvicinai a lei, un'ombra nera aleggiava sopra di me con una pressione indicibile. Anne Redfox, ti avevo avvertita... dimmi dov'è-
    Ti sto dicendo la verità! Era qui e l'avevo messa al sicuro con i miei poteri, nessuno avrebbe dovuto essere in grado nemmeno di avvicinarsi da quanto intensa era la barriera.
    A fermarmi dal saltarle addosso con una spada pregna di energia negativa fu una risata divertita proveniente da dietro di lei. Ci voltammo tutti a capire quale ne fosse l'origine: un ragazzo alto e snello, vestito elegantemente di bianco e dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda ci scherniva da lontano, avvicinandosi lentamente e sorridendo.

    E così infine ci rivediamo, fratellone. Mi dispiace, ma la tua principessa è in un altro castello.
    In un attimo scomparve dalla nostra vista per ricomparire davanti a me, assestarmi un calcio in pieno stomaco e riapparire dov'era un attimo fa. Io crollai sulle indebolito ginocchia, tenendomi il ventre con un braccio.
    Caspita, quindi è questa la distanza che ci separa? Me l'avevano detto che un colpo fortunato sarebbe stato il tuo punto debole, ma non pensavo che saresti stato così inerme!
    Anne lo guardò sconvolta, mentre Galatea si domandava come avesse fatto quel ragazzo a sfuggire al suo radar e ad essere più veloce dei suoi riflessi.
    Mi dispiace, ma malgrado tutto non sono nato proprio ieri: non rivelerò così facilmente le mie carte. Diciamo solo che ho avuto fortuna, ecco tutto. Si fermò un po' a osservare il cielo con aria pensosa, poi sembrò avere un'illuminazione. Oh, che sbadato! Non mi sono ancora presentato, almeno il mio nome posso dirvelo: sono Ryuji. Caro Enma, io e te ci siamo già incontrati se ben ricordi, anche se non credo vista la tua faccia.
    Sembrava che si stesse divertendo a schernirci, mentre parlava sorrideva e assumeva espressioni assolutamente innocenti.
    Che... cosa diavolo stai facendo? - chiesi una volta ripresomi dal colpo. Chi sei? Perchè sei qui e cosa vuoi da me?!
    Lui si fermò e sfoggiò un sorriso tanto gentile quanto irritante. Ma come? Te l'ho appena detto: sono Ryuji! Oh, ma forse sei più interessato a cosa ci faccio qui? Beh, è semplice: sono stato incaricato dal mio caro pa-... capo a consegnargli una certa fanciulla che una certa signorina qui presente non ha voluto portargli lei stessa.
    Fece un cenno ad Anne, la quale attonita ancora cercava di capire come qualcuno fosse riuscito ad eludere il suo potere di infatuazione.
    Non ti preoccupare, cara Anne. Il tuo potere funziona, e anche molto bene, forse è stato un caso che con me non abbia funzionato.
    Non era credibile, ci doveva essere qualcosa sotto che non voleva dirci. A me in ogni caso non importava di cosa avesse fatto per eludere un potere, le mie priorità erano altre in quel momento e il mio odio verso di lui andava intensificandosi ad ogni battuta che quel ragazzo pronunciava con quel tono noncurante.
    Dov'è? Dove l'hai portata?
    Su su, calmati. Non è successo niente ancora, non a lei almeno. In quanto a "dove l'ho portata", diciamo che la vostra amica lì di fianco può essersi fatta un'idea. Chiedete a lei se avete dei dubbi, io ora ho da fare... ma ci rivedremo, venitemi a trovare quando avete del tempo libero! - con un sorriso e un'esplosione di luce il ragazzo abbandonò la radura e ci lasciò soli.
    A me non importava più di nulla, volevo solo ritrovare la mia sorellina. Probabilmente Galatea era preoccupata per me, ma non ci feci per nulla caso poichè rimasi assorti nei miei pensieri per quella che sembrò un'eternità, dalla quale mi destò Anne con parole gonfie di rammarico.
    Mi dispiace, era proprio quello che volevo evitare... penso che l'abbia portata dallo scienziato di cui vi parlavo prima, ma se è questo il caso non c'è da stare tranquilli. Lui voleva i corpi di alcuni Eater da usare come cavie per i suoi esperimenti in cambio dell'aiuto che avrebbe concesso ad Akane, e con tutta probabilità vorrà fare le stesse cose alla vostra amica.
    Seguì una breve pausa, non saprei dire quanto lunga, in cui nessuno osò alzare la voce finchè la volpe non riprese a parlare. Ora vi dirò come raggiungerlo. Il posto non dista molto da qui, si trova ad ovest della vostra scuola e si chiama... scusate ma non ricordo bene il nome, era scritto si cancelli ma penso che molte siano cadute per il tempo, dopotutto è un orfanotrofio ormai abbandonato, o almeno così dovrebbe essere. Credo che il nome fosse "Kawatori Orphanage", o qualcosa di simile.
    Un brivido mi percorse la schiena e un senso di vuoto mi azzannò allo stomaco. C-come hai detto scusa?
    Sì, deve essere proprio il "Kawatori Orphanage".
    Sentii il sangue congelarsi nelle mie vene, portandosi con sè ogni residuo di energia accumulata con la rabbia di cui fino a poco prima ero colmo, e di cui ora l'unica traccia erano i sudori freddi. Era come se una doccia gelata si fosse improvvisamente riversata su di me,.
    Strinsi i denti e serrai i pugni, ruotai e con balzo scattai verso ovest, dove sapevo trovarsi il luogo indicatomi da Anne. Il Kawatori Orphanage... era il luogo dove ho vissuto la mia infanzia!


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico


    Edited by Darkdesire.em - 3/8/2019, 13:40
     
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    Che Anne Redfox si fosse ravveduta era una cosa del tutto inaspettata e, per certi aspetti, ben poco credibile. Galatea stava rimuginando su svariate possibilità relative a quel cambio improvviso di atteggiamento. Non era pienamente certa che stesse dicendo la verità, dopotutto non sarebbe stato saggio fidarsi di una conclamata assassina e leader di una fazione il cui obiettivo era quello di distruggere l'umanità e lei per prima, ma conosceva molto bene la storia della donna volpe. Ciò che quest'ultima non sapeva era che Galatea aveva lo stesso desiderio. Varcare quella spaccatura, andare oltre, vedere ciò che era rimasto. Scoprire chi era rimasto, soprattutto. Era come se quel mondo non avesse ancora esaurito la profonda influenza esercitata su di lei, come se quel portone gigantesco non si fosse ancora del tutto chiuso. C'era ancora uno spiraglio. Una piccola apertura. Solo che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di varcarla, di andare oltre. Non per paura di cosa avrebbe trovato, la ragione non era di certo quella. Forse, per la paura di ciò che non avrebbe trovato. In fin dei conti stava ancora cercando le sue origini. Anne Redfox non sapeva nemmeno che c'era una persona al lavoro per lei su quel passaggio. Fu proprio in quell'istante che Galatea si ricordò di Satomi e del suo lavoro con i computer: stava monitorando la spaccatura dimensionale che si era creata verso il mondo da cui provenivano lei e gli Eaters. Avrebbe dovuto ricordarsi di chiederle gli sviluppi più recenti. Avrebbe dovuto accennarle anche dell'intenzione della volpe di andare in quel luogo. Ma già sapeva che Satomi non avrebbe apprezzato l'intenzione di Galatea.

    Mentre si spostavano verso il presunto luogo in cui si trovava Fuuta, Galatea era così impegnata a pensare alle ultime novità e ai suoi piani futuri che si era persa i discorsi fatti dai due accompagnatori. Ritornò alla realtà quando sentì la voce scocciata di Anne: a quanto pareva Fuuta non era più lì. Era sparita. La ragazza sbuffò, facendo qualche passo avanti: Hai dato i tuoi Eaters in mano a uno scienziato folle e non hai pensato che avrebbe cercato una soluzione contro i tuoi poteri? Da quando sei così ingenua? Se ero in dubbio sul tuo cambio di "fazione", devo ammettere che questo mi fa ben sperare: la spietata assassina dalle sembianze di volpe che cade in un tranello di infimo livello come questo. Nella sua voce c'era sì sarcasmo, ma anche (e stranamente) comprensione. Che fosse davvero cambiata così tanto nell'ultimo periodo? Enma era agitato e nervoso, e lo capiva. "Se ha trovato un modo di superare la mia nube, allora credo abbia intuito il mio piano, o comunque parte di esso. E potrei avervi guidato in una trappola" iniziò a dire la volpe, per poi essere interrotta. Una voce strana e sconosciuta si era appena rivolta a lei. Galatea si voltò lentamente verso la nuova figura, guardando Enma e poi lui. Una strana sensazione la investì - quella creatura era tutt'altro che umana, e non era un buon segno. Prima ancora che il nuovo arrivato finisse di parlare, infatti, il gene Huntress di attivò, potenziando il fisico di Galatea. Una leggera aura viola apparve sul suo corpo.

    All'improvviso, però, fece la sua mossa. Così veloce che addirittura Galatea fece fatica a seguirne lo spostamento. Essendo vicina ad Enma, però, riuscì a percepirne gli spostamenti grazie all'Huntress: il tizio riuscì a colpire il suo obiettivo, certo, ma la sua presenza (per quanto veloce) non poteva sfuggire al radar naturale della ragazza. Galatea lo raggiunse sferrando un pugno con la mano destra. Il ragazzo era estremamente veloce, sicuramente il colpo non avrebbe sortito gli effetti desiderati. Tuttavia, aveva una potenza sufficiente a rimandarlo al suo posto. "Fare lo spavaldo ti riesce molto bene, devo ammetterlo - ma crederci tanto incapaci da non capire che tu abbia usato qualche trucchetto per evitare il potere di Anne potrebbe essere ritenuto un insulto" disse Galatea, sorridendo sarcastica. Lanciò un rapido sguardo ad Enma, che cercava di capire dove fosse Fuuta. Sì, c'era decisamente qualcosa di più grande sotto a quello sfoggio di abilità e a quelle provocazioni. E Galatea era stufa delle provocazioni: e i gemelli, e la volpe, e ora questo ragazzetto pettinato in modo impensabile. Strinse la mano a pugno canalizzando tutta la rabbia suscitata da quegli individui bizzarri, attivando svariati suoi poteri con così tanta rabbia e velocità da essere impossibili da nominare in tempo, per poi colpire il terreno con un colpo tanto forte da generare un'enorme voragine. Rocce furono scagliate per la radura. Sollevò la testa, i capelli mossi dal vento sollevato con quel pugno. Ma poco prima che lei si scagliasse con violenza contro il nuovo nemico, questi sparì con un'ultima provocazione rivolta ad Enma, con un'esplosione di luce.

    Dopo che Anne Redfox si era messa a spiegare dove si trovavano Fuuta e quello scienziato folle, Galatea vide il cambio repentino in Enma. Quel luogo lo toccava nel profondo. Che fosse il posto di cui le aveva parlato qualche tempo prima, nel parco? Si avvicinò, tentando di controllare la rabbia. Non possiamo fare nessuna mossa azzardata, se questa persona ha superato i poteri di Anne, dobbiamo assumere che sia preparato anche a noi due. Si aspettava il tuo tradimento, Redfox, è probabile che avesse anche programmato di usarti per fare in modo di portarci dove voleva lui. E tu proseguì rivolgendosi al ragazzo, "per quanto sia difficile non devi cadere in queste provocazioni. Se ci ha portati qui e ha fatto apparire quel tizio, il suo obiettivo era fare in modo di portarti dove vuole lui senza troppo sforzo. Inoltre! Se sta lavorando sugli Eaters, ho motivo di credere che ad aspettarci ci siano altre minacce, ben più forti di quelle che abbiamo affrontato fin'ora. Credo che il suo obiettivo fosse fin da subito quello di formare nuove unità genetiche e biologiche per portare a termine chissà quale piano - l'unica certezza che abbiamo è che tu, Enma, sei parte di quel piano sicuramente più di me e Anne". Fece un respiro profondo, continuando a riflettere sulla loro situazione: "è innegabile che il nostro compito, ora, sia di andare verso questo "Kawatori Orphanage" per salvare Fuuta. Il problema è andarci con molta consapevolezza.... So che probabilmente voi due ve ne siete dimenticati, ma avete visto i gemelli prima?"
    "Sì, stavo pensando proprio a quello; è come se, una volta uccisi, avessero rivelato le loro vere sembianze, come se avessimo combattuto contro due illusioni. Il responsabile non è certamente uno dei miei Eaters, non ne ho mai visti di così potenti, capaci di ingannare qualcuno per così tanto tempo... E poi vuol dire che ha usato due innocenti come tramite per il suo potere, su cui ha piazzato le sue illusioni. Se ciò è vero, potrebbero esserci altri innocenti nell'orfanotrofio: ora, non mi causa particolari problemi eliminare un po' di persone, ma deve stare bene a voi due"

    Galatea si fece più cupa per un attimo. Quel genere di strategia le ricordava qualcosa. Scacciò via quel pensiero scrollando la testa. Ma proprio mentre stava per parlare di nuovo, la voce di una ragazza, allegra e squillante, la interruppe. Da dietro di loro, sopra quello che sembrava un disco di energia, arrivò una giovane fanciulla vestita di azzurro e circondata da schermi di energia (pieni di dati, numeri e scritte). "S-Satomi?" Chiese Galatea, stupita. "Yep! Eccomi! Ci ho messo parecchio a raggiungervi perché correvate! Ma poi ho percepito un picco di emozioni strane e ho capito che vi trovavate qui! Ma che sbadata - Piacere di conoscervi! Sono Rino Satomi" Disse poi, stringendo la mano a Enma (Anne si limitò a squadrarla dall'alto verso il basso). Galatea informò rapidamente gli altri due del lavoro che stava conducendo Satomi per lei, cosa che fece rivalutare la ragazza agli occhi della volpe.
    "Proprio così! Però ero convinta che la mia scoperta recente fosse di vostro interesse, quindi vi ho rintracciati: i miei dati rivelano un enorme impulso di attività biologica e cognitiva in questo punto" disse indicando una località sullo schermo, "che corrisponde a un orfanotrofio, il Kawatori Orphanage. I dati a disposizione di questa struttura sono tutti criptati, bloccati e piuttosto oscuri. Ciò a cui sono riuscita ad accedere è semplicemente una facciata, qualcosa di costruito per non rivelare ciò che succede davvero. Ho fatto alcune sovrapposizioni con rilevazioni precedenti, e i dati corrispondono: è pieno di creature provenienti dal tuo mondo, Galatea. Sono Eaters, anche se molti di loro hanno qualcosa di strano" proseguì Satomi, cliccando sui suoi schermi.
    "Ma la cosa veramente interessante e spaventosa allo stesso tempo, sono questi due" aggiunse, ingrandendo la mappa su uno degli schermi e rivelando due enormi punti rossi all'interno della struttura. ""Questi due punti sono i due picchi più alti di energia, così grandi da essere difficili da controllare addirittura per la mia empatia: non si tratta della tua amica Fuuta, ma di qualcosa di ben peggiore. Si tratta dei due essere più potenti all'interno dell'orfanotrofio. Uno corrisponde al tizio che avete appena incontrato, e ha una somiglianza impressionante a te, Enma. L'altro punto, Galatea, possiede emozioni e una psiche estremamente simili ai tuoi... Dobbiamo fare davvero attenzione, ma credo sia possibile salvare la tua amica senza rischiare troppo. Era deciso, dunque, Satomi li avrebbe seguiti. Forse, i suoi computer avrebbero potuto aiutarli.

    Tuttavia, un'ombra comparve negli occhi di Galatea. Piuttosto simili a lei? Ripensò ad alcuni rilevamenti fatti da Satomi negli ultimi mesi. Le due si lanciarono uno sguardo: Satomi preoccupata, Galatea cupa e indecifrabile. Enma, nel frattempo, si era già messo in marcia. Le altre lo seguirono in silenzio.
     
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    Il ragazzo se ne era ormai andato, ma non senza lasciare traccia del suo passaggio nei presenti: Galatea sembrava stufa - e a ragione - di essere presa per i fondelli prima da quei gemelli e ora da questo tipetto in bianco, e forse in un impeto d'ira scagliò un pugno al terreno con la solita potenza di cui ha dimostrato di essere capace, l'onda d'urto era sufficiente per creare crepacci e spaccature nella radura. Successivamente sembrò voler assaltarlo, ma il ragazzo ormai se ne era andato.
    Galatea riprese Anne per essersi fatta manipolare, io però non stavo ascoltando la loro conversazione: ero assorto nei ricordi e nei dubbi che quelle due sole parole erano riuscite a portarmi alla mente; cosa aveva a che fare con Fuuta quel luogo? e perchè era tornato a perseguitarmi, non bastava la crudeltà delle punizioni subite negli anni a scolpire nel mio animo certe umiliazioni? Tutto ciò non aveva senso, e aveva ancora meno senso pensare che ci era andata di mezzo Fuuta... non riuscivo a capire che cosa diavolo potessero volere da lei, e rimasi a pensarci per molto tempo, guardando in basso e stringendo i pugni.
    Come aveva osato prendere la mia amata sorellina e pensare di farla franca portandola in quella casa degli orrori? Non l'avrei mai lasciata nelle mani di certa gente, e sarei andato da lei anche fosse stata una trappola, anche da solo se necessario. Non mi sarebbe importato nulla di nessuno se non mi avessero accompagnato, sarei andato in quel posto e l'avrei travolto con tutta la rabbia che avevo in corpo in quel momento. L'ombra nera reagì ai miei sentimenti e si mostrò più forte e cattiva di quanto non l'avessi mai vista, e capii che il Fato ancora una volta si era messo contro di me.
    Credo che Galatea mi abbia letto nel pensiero in quel momento, perchè venni richiamato alla realtà dalla sua voce. "E tu, per quanto sia difficile non devi cadere in queste provocazioni. Se ci ha portati qui e ha fatto apparire quel tizio, il suo obiettivo era fare in modo di portarti dove vuole lui senza troppo sforzo. Inoltre! Se sta lavorando sugli Eaters, ho motivo di credere che ad aspettarci ci siano altre minacce, ben più forti di quelle che abbiamo affrontato fin'ora. Credo che il suo obiettivo fosse fin da subito quello di formare nuove unità genetiche e biologiche per portare a termine chissà quale piano - l'unica certezza che abbiamo è che tu, Enma, sei parte di quel piano sicuramente più di me e Anne".
    Aveva ragione, aveva ragione e lo sapevo, non potevo dirle nulla di rimando. Andarci da solo sarebbe stata una follia, se si era preso la briga di venirci ad avvisare del misfatto era di sicuro perchè voleva che lo seguissimo. Senza dubbio ci avrebbe teso un'imboscata, e chissà quante armi biologiche ci sarebbero state lì dentro in attesa solo di un segnale per scatenarsi su di noi. Ma anche fatte queste considerazioni non mi importava, c'era un modo per salvarla, c'è sempre un modo e io lo avrei trovato, l'avrei seguito e l'avrei riportata a a casa senza conseguenze. Se mi fossi ferito nel tentativo mi sarei fatto medicare da lei, e avremmo passato una bella serata come avevamo sempre fatto... sì, sarebbe sicuramente andata così, non per un calcolo delle probabilità ma perchè volevo che finisse così.
    Galatea, mi dispiace, ma io vado.
    Potevo sentire il mio stomaco contorcersi, il vuoto prendeva il posto delle mie viscere, un vuoto d'ansia e mi accorsi dagli sguardi di Galatea e Anne che dovevo essere sbiancato completamente in volto perchè sembrava avessero visto un fantasma. Potevo sentire le forze abbandonarmi ogni volta che pensavo ad un esito negativo, ma subito un impeto furente mi scuoteva dal profondo e mi sentivo bruciare con rinnovata energia.
    Questa volta fu la voce della Volpe a fare breccia tra quei miei pensieri. "E poi vuol dire che ha usato due innocenti come tramite per il suo potere, su cui ha piazzato le sue illusioni. Se ciò è vero, potrebbero esserci altri innocenti nell'orfanotrofio: ora, non mi causa particolari problemi eliminare un po' di persone, ma deve stare bene a voi due". Penso che dallo sguardo che le lanciai di rimando in risposta capì che sarebbe stata l'ultima delle mie preoccupazioni in quelle circostanze.
    Una ragazza a bordo di un disco luminoso fece il suo ingresso fra lo stupore generale, Galatea sembrò riconoscerla e da lei capii che doveva essere la famosa Satomi di cui mi aveva parlato molto. Dopo aver fatto le dovute presentazioni Satomi si mise ad armeggiare con degli schermi luminosi - alla vista dei quali, non saprei dire perchè, rabbrividii - da cui trasse tantissime informazioni sul luogo che avremmo dovuto assaltare. Lì capii che sarebbe stato futile andare da solo, e mi vergognai anche solo di averlo pensato: non sapevo nemmeno dove fosse locato, nè come raggiungerlo da quella radura spaccata, e soprattutto straripava di creature biologicamente modificate... se avessi testardamente seguito l'idea di andarci da solo forse non sarei tornato per pentirmene.
    Dopo aver riguadagnato un minimo di lucidità entrai anche io nel discorso. Dici che quelle due persone sono simili a noi? Cosa vorrà mai dire? Ecco un altro mistero in quella faccenda, un altro su cui avremmo fatto luce solo recandoci in quel posto. Sembrava che non avessimo alcuna scelta, se volevamo scoprire di più su queste due persone dovevamo andare lì, se volevamo sgominare un attacco su una scala così grande di Eaters modificati dovevamo recarci lì, se volevamo riprenderci Fuuta... dovevamo andare lì.
    Galatea, Satomi, e anche tu Anne, io ho intenzione di andare a riprendermi Fuuta e se possibile eliminare più Eater possibili. Stando a quello che dice Satomi quello dovrebbe essere il luogo di origine di questi mostri, potrebbe essere una specie di laboratorio e forse distruggendo questo potremmo impedire che ne nascano altri... però, per quanto lo voglia, da solo non posso farcela.
    Seguì una breve pausa, le ragazze si guardarono come per decidere il da farsi attraverso degli sguardi, e quando mi guardarono e vidi negli occhi la decisione che avevano preso mi incamminai seguendo la mappa di Satomi. Pensare che presto avrei potuto eliminare tutti quegli Eater e i rapitori di Fuuta mi dava un senso di appagamento e gli angoli della mia bocca si tirarono in un sorriso bieco, mi piaceva l'idea di potergli fare del male, come forse stavano facendo loro con lei - cosa che non osavo nemmeno pensare, altrimenti avrebbero passato guai ben peggiori di una sonora batosta.
    La strada non fu particolarmente lunga nè tortuosa, ma senza la mappa a guidarci dubito che l'avremmo mai trovata. Mi ricordai che in effetti avevamo Anne Redfox con noi, che la via la conosceva, ma ancora non sapevo se potevo fidarmi di lei e penso che per precauzione persino la mia mente non abbia preso in considerazione quella possibilità.
    Ed eccolo lì, davanti ai nostri occhi si ergeva nella sua decadenza un edificio alto e mal tenuto, i vetri tutti rotti e l'edera che si inerpicava su per le mura come impacchettandolo per me, un regalo che veniva dal passato a grattare ferite mai del tutto cicatrizzate. A tenerci lontano da quel luogo c'era solo l'ampio giardino che ricordavo ancora troppo vivamente, ma davanti ai miei occhi era spoglio, l'erba cresceva selvaggia e gli alberi erano rinsecchiti rattrappendosi in spirali contorte. Un grande cancello di metallo arrugginito, semi chiuso, gracchiava e cigolava ad ogni minimo soffio di vento, alcune delle punte in alto erano cadute o tanto deformate dalla ruggine che sarebbe stato impossibile dire cosa fossero in origine se qualcuna non si fosse salvata per permettere un confronto. Più in alto ancora si leggeva a grandi lettere "KA...TORI ORP... NA... E", alcune erano sparite.
    Non c'era anima viva, solo i corvi che gracchiando davano un'aria ancora più spettrale al luogo. Mancavano solo delle lapidi e con quel cielo grigio - che si era andato coprendosi via via che ci avvicinavamo all'edificio, ora il sole era completamente scomparso - avremmo anche potuto aspettarci un finale da film dell'orrore.
    Siamo arrivati, è questo. Asserii con decisione, osservando disgustato quella casa fatiscente.
    Un soffio di vento più forte degli altri si levò improvvisamente costringendoci a coprirci gli occhi, e quando li riaprimmo due figure torreggiavano snelle sopra alle due colonne ai lati del cancello che ne costituivano i cardini: due donne vestite in abiti clericali, all'apparenza due suore ma io sapevo che se si trovavano in quel luogo più che figlie di Dio dovevano essere sorelle del Diavolo; una di esse aveva una lunga katana come arma appesa al fianco, l'altra invece sembrava completamente sguarnita.

    Esther, credo siano arrivati gli ospiti. Disse la ragazza con la katana.
    Sì, Misaki, e sembra anche un bel gruppetto. Non ci avevano detto che dovevano essere due o tre? Rispose l'altra, la sua voce risuonava dolce nell'aria, un tono quasi materno, in contrasto con la durezza del tono dell'altra.
    Dove l'avete portata? Ditemi dove l'avete portata e perchè questo posto è tornato a perseguitarmi! - replicai in modo aggressivo, cercando di mascherare il disagio che provavo nel vedere quelle due figure.
    Le ragazze si guardarono, poi quella sguarnita saltò giù dalla colonna e si avvicinò al centro del cancello. Io piegai le ginocchia e tesi tutti i muscoli del corpo, creai persino una spada nera, ero pronto a rispondere nel caso in cui avesse deciso di attaccare; con gli occhi tenevo d'occhio anche l'altra nel caso in cui avesse tentato un assalto dall'alto, ma sembrava rilassata come se non avesse intenzione di intromettersi. Lei spalancò le porte di ferro con un frastuono doloroso, poi voltò verso di noi con un sorriso dolce e fece per dire qualcosa come "Benvenuti" ma la aggredii con un fendente prima che potesse proferir parola. In un istante però il mio colpo venne parato dalla lama dell'altra ragazza che si era calata nella frazione di un secondo davanti a noi. Indietreggiai con uno scatto e lei ripose la lama nel fodero.
    Oh, cielo, non essere così precipitoso Enma-kun. Sei l'ospite d'onore, pensavo che ti avrebbe fatto piacere entrare subito. Coraggio, non essere timido.
    Mi voltai guardando Galatea, Anne e Satomi che mi avevano accompagnato, per fargli capire con lo sguardo che non avevo intenzione di abbassare la guardia e che avrebbero dovuto fare altrettanto. Non era una raccomandazione, sapevo benissimo che erano troppo sveglie per cadere in un simile errore, volevo solo sincerarmi della loro convinzione ad accedere. Risposi avanzando prudentemente, un passo dopo l'altro, le ragazze al seguito. Quando attraversai le porte di ferro, però, la suora con la katana si frappose fra il cancello e le altre, in posizione di guardia. Sembrava quasi ringhiare come un cane per la ferocia con cui intendeva fermarle, mentre l'altra lo richiuse alle mie spalle.
    Che cosa succede? Perchè non le fai passare?
    Non ti agitare, ti fa male. - replicò lei, ancora una volta con un accento quasi materno nella voce. Avevo detto che avrei fatto passare l'ospite d'onore, e l'ho fatto. Ma loro non sono ospiti graditi, e senza invito non posso permettermi di farle passare. vero, Misaki?
    L'altra rispose con un grugnito, guardava fissa Galatea e le altre negli occhi con aria di sfida. Tu vai avanti, ti stanno aspettando tutti quanti.
    Satomi però non ci stava, e a bordo del suo disco luminoso balzò oltre le inferriate e
    Oh, cielo, ci è scappata! Asserì la giovane suora, un'aria smarrita le si dipinse sul volto, sorrideva imbarazzata come se fosse abituata ad essere così goffa. L'altra ancora non si muoveva. Poco importa, più avanti troveranno un'accoglienza come si deve. Ma torniamo a noi.
    Se Galatea e Anne, con la loro agilità, avessero tentato di scavalcare con un balzo l'inferriata sarebbe intervenuta Misaki ad intercettarle con un fendente che le avrebbe ricacciate indietro. Quella donna era come un segugio per il pericolo, e l'unico motivo per cui aveva lasciato passare Satomi era perchè in lei non aveva percepito una grande forza offensiva, come invece ne sprigionava Galatea, sulla quale infatti teneva fissi gli occhi e tesi i muscoli.
    Un due contro due, eh? Ah, da quanto non facevamo una cosa a quattro, Misaki? Però sai, io preferisco le cose fatte in privato, mi troverei meglio ad andare contro una sola di loro... Misaki scattò in avanti, se avessero dovuto dividersi le prede aveva deciso che la sua sarebbe stata Galatea. La sua abilità con la spada era resa ancora più potente dalla sua forza fisica, non era un segreto a quel punto che non fosse del tutto umana: la sua natura era quella di Eater, e grazie all'ingegneria genetica praticata in quel luogo aveva raggiunto picchi ancora più alti. Allo scatto seguì un fendente diretto alla sua gola, in una frazione di secondo portò le mani che reggevano la spada al fianco e spinse in avanti tentando un affondo al suo stomaco.
    Esther, dall'altra parte, aveva già adocchiato da un po' la Volpe e avanzò verso di lei con ancora quel sorriso imbarazzato stampato sul volto. Sollevò un braccio e da dietro l'inferriata un'enorme falce le volò tra le mani quasi come fosse attratta da una forza magnetica. Brandendola con entrambe le mani anche lei menò fendenti verso Anne. Anche nel modo di attaccare era impacciata e maldestra, sembrava fosse il peso dell'arma a guidare le sue braccia e non il contrario, e avanzò con una scarica di tagli per l'aria come una mietitrebbia. Sarebbero stati attacchi relativamente semplici da evitare, se non fosse che dal terreno mani violacee protendevano verso Anne tentando di ghermirla e trattenerla ferma, così che potesse venire tranciata dalla falce.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico


    Edited by Darkdesire.em - 30/8/2019, 21:51
     
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    Proprio come sospettava Galatea, Enma era più che deciso ad andare all'orfanotrofio a salvare Fuuta: e lei che sperava di poterlo lasciare lì ed occuparsene da sola. Per quanto fosse testarda, Satomi decise di intervenire nella loro discussione facendo riflettere la ragazza su come avrebbe reagito lei se fosse stata al posto di Enma. "Avrei fatto la stessa cosa.... D'accordo, ci andremo tutti e tutte - ma ti avverto, al primo segnale di pericolo vero e proprio tu Satomi userai i tuoi poteri per proteggere Enma e portarlo via, siamo intesi?" Concluse Galatea, guardando in maniera minacciosa entrambi. Un po' distante dalla conversazione, Anne Redfox aveva iniziato a prepararsi: come al solito, il desiderio di uccidere si stava risvegliando in lei. "Che ne dite di procedere? Inizio ad annoiarmi!";
    con quell'ultima frase, il gruppo iniziò a muoversi. Dopo un viaggio piuttosto tortuoso, e grazie alle mappe ideate da Satomi, riuscirono a raggiungere il loro obiettivo: l'edificio era estremamente inquietante. All'esterno appariva diroccato ed era chiuso da un enorme cancello. Una volta giunti davanti a quello che doveva essere l'ingresso principale, fu Galatea a parlare per prima, dicendo: "a quanto pare non siamo soli, il proprietario di questo luogo orripilante ha deciso di accoglierci come si deve". Due figure vestite da suore li guardavano dall'alto verso il basso e, come previsto, confermarono quello che tutte e tutti loro avevano pensato: Enma era l'ospite d'onore a quella festa. Galatea lo guardò per un attimo, per poi rivolgersi di nuovo alle suore: "vi ringraziamo per la vostra accoglienza più che calorosa, penso proprio che voi non siate venute fin qui solo per conversare amabilmente" disse, per poi scambiare uno sguardo verso Anne. La Volpe stava sorridendo, ironica: "un incontro a quattro con tre meravigliose donne: sento già i brividi lungo la schiena". Mentre parlava, intorno a lei aveva già iniziato a sollevarsi una vibrante nebbia rosa, mista ad un profumo dolcissimo e intenso.
    Enma passò oltre, ma le due suore erano decise ad impedire a Galatea ed Anne di procedere. Fu Satomi a sorprendere tutti, riuscendo ad oltrepassare quel blocco, per raggiungere Enma. Si rivolse a lui con un grande sorriso: "tranquillo! Quelle due se la caveranno egregiamente! Noi pensiamo a salvare la tua amica Fuuta: vieni, dobbiamo fare il più in fretta possibile". Così dicendo si avviarono verso l'edificio. Satomi lanciò un ultimo sguardo a Galatea dall'altra parte: probabilmente le due sapevano che la minaccia maggiore era lei, e di conseguenza avevano lasciato passare Satomi. "Uuuuuuff! E' così snervante viaggiare con lei, non trovi? Nessuno si preoccupa mai di me perché tanto c'è Satana in persona che mi cammina accanto.... è totalmente ingiusto!" si lamentò la ragazza vestita di blu, mentre attivava uno schermo più piccolo (grande quanto il palmo della sua mano) su cui era comparsa la mappa. "La tensione però è enorme.... Forse è meglio essere passati ed aver evitato quello scontro....".

    Mentre i due proseguivano verso l'orfanotrofio, Galatea tentò di passare il cancello. La suora, però, mostrò un'incredibile agilità: in un istante le fu davanti, iniziando a colpirla con una serie di fendenti. Grazie al gene Huntress, la ragazza schivò (aiutandosi con le braccia) i primi colpi, deviandoli con i palmi delle mani e i gomiti. Non era un'avversaria comune: la sua forza fisica era impressionante, così come la sua velocità. Probabilmente era il risultato finale di uno degli esprimenti di quel luogo. La sua forza era sì elevata, ma la sua vera debolezza era un'altra: la mancanza di esperienza sufficiente. Galatea intravide l'ultimo colpo, l'affondo, e ne fu trafitta - la spada passò da parte a parte, tingendosi di rosso. La creatura vestita da suora aveva messo tutta la sua forza in quel fendente, riuscendo probabilmente a fare parecchi danni. Un istante dopo, però, si accorse che la ragazza stava sorridendo: la pressione intorno al suo corpo aumentò istantaneamente, ricoprendosi di un'aura viola. Con la mano destra si mosse a una velocità fuori dal normale, afferrando la donna per il collo e stringendo con una forza disumana. "Il tuo primo errore è stato credere che quel fendente potesse colpirmi - hai esitato nel momento in cui la spada mi ha trafitta. Lascia che ti dica una cosa fondamentale" disse mentre stringeva la gola e bloccava con la stessa forza il braccio della spada. Nel braccio sentì le ossa fremere sotto quella stretta micidiale. Attivò una delle sue anime animali, quella dell'elefante: a quel punto la sua forza raddoppiò ancora. I suoi occhi si erano coperti di un'ombra malvagia: "ho lasciato che la spada mi perforasse, spostandomi con la mia velocità lo spazio sufficiente a farti evitare gli organi vitali: caricare a testa bassa un avversario sconosciuto è sempre un errore". Galatea attivò Respira: dalla sua bocca partì un gigantesco tornado di fiamme incandescenti miste ad un vento potentissimo. Lasciò la presa, il suo intento era quello di spazzare via la suora. L'impatto del tornado elementale e la sua ampiezza erano tali che si schiantarono contro il cancello, abbattendolo. Anche parte del muro circostante venne danneggiato. Il raggio proseguì ancora per diversi metri, spaccando il terreno.
    Galatea atterrò poco dopo, attivando un'altra delle sue anime animali, il serpente. Il potere della muta guarì la sua ferita, non essendo grave né tanto meno letale. Per precauzione, attorno a lei comparvero una serie di cristalli a forma di fiore: Giglio, Girasole e Amarallidi. Si mosse quindi avanti, superando il cancello distrutto. Era certa che il suo scontro con la suora non fosse per niente concluso, anzi.

    Poco più in la, l'altra suora aveva preso a combattere contro Anne. "Impressionante! Hai richiamato una falce gigante" disse la Volpe, mentre la sua nebbia avvolse tutto il terreno intorno a loro. Non era certa che quell'essere ne subisse gli effetti illusori, ma non era ciò a cui era interessata. La nebbia avrebbe coperto i suoi movimenti: la donna si scagliò contro la suora, munita di pugnali. La sua avversaria era lenta e impacciata: Anne schivò i primi due fendenti, fece una capriola a destra e con la gamba puntò a farle uno sgambetto per farla cadere. Non si era accorta, però, che una serie di mani la volevano intrappolare dal terreno sottostante. Quelle orride creature chiusero le loro dita attorno alle sue gambe e al braccio destro - non poteva scappare. La suora, che probabilmente si era rimessa in piedi o aveva evitato il colpo, la trafisse con la falce in pieno petto. Anne non ebbe nemmeno il tempo di emettere un suono. Il suo corpo, però, iniziava a cambiare: si gonfiò rapidamente, fino ad esplodere. Un'esplosione di nebbia rosa investì la suora e le mani - si trattava di una delle copie di nebbia di Anne Redfox. Un istante dopo, la nebbia si trasformò in una serie di catene solide, che intrappolarono la suora bloccandone braccia e gambe: le altre formarono una sorta di rete attorno a lei, schiacciando le mani a terra e impedendo loro di muoversi. La Volpe attaccò dall'alto, nascosta dalla nebbia e, usando una presa, con le gambe strinse il collo dell'avversaria, appoggiandosi sulle sue spalle. Ruotò a destra, cercando di spezzarle il collo: sentì le ossa cedere, ma prima di allontanarsi, usò uno dei suoi pugnali per mutilare e ferire una delle due mani, cosa che avrebbe reso impossibile usare la falce. Lasciò andare la presa e con un balzo si spostò di svariati metri. "Amo le donne forzute e sexy come te, ma c'è un ragazzo carino che si trova in pericolo e non so resistere agli uomini spaventati e in pericolo, mi dispiace". La nebbia si condensò di nuovo intorno alle mani e alla suora, mentre Anne - con pochi balzi eleganti - raggiunse Galatea oltre il cancello. "Non penso che sarà così facile" le disse. "No, stavo pensando la stessa cosa - non pensavo che mi sarei mai trovata a combattere fianco a fianco con te... Le cose si fanno interessanti: ma tieni gli occhi aperti, quelle due sono più forti e resistenti di quanto non sembrino". Anne rispose con uno dei suoi soliti sorrisi sarcastici.

    Nel frattempo, Enma e Satomi stavano correndo verso l'edificio. Avvertirono l'esplosione del cancello e Satomi si voltò per un istante. Sperava con tutto il cuore che quelle due li avrebbero raggiunti il prima possibile. Aveva un terribile presentimento. La sua empatia sembrava funzionare in modo strano in quel posto e avvertiva una forte pressione che si avvicinava sempre più. Si ritrovarono di fronte al portone principale, affannati per la corsa attraverso il cortile. Quando raggiunsero i gradini che conducevano dentro l'edificio, sulla sull'ultimo stava una figura inquietante. Si trattava di una giovane donna, vestito con un lunghissimo abito nero, con dei drappeggi di stoffa rossa. Indossava un mantello che copriva le spalle e scendeva fino a terra. L'abito era corredato da varie decorazioni e, inoltre, la donna indossava un paio di guanti neri che, sopra di essi, portavano un fiore azzurro. Ad essere precisi, quelle erano rose. I capelli neri erano raccolti, ma i suoi occhi erano di un marrone tanto tenue da sembrare quasi dorati, ed erano in aperto contrasto con il resto del suo aspetto.
    Satomi si bloccò immediatamente, incapace di proseguire. "E-Enma.... Questa.... Questa donna è.... Estremamente pericolosa....". Le sue gambe tremavano e, da quando lo sguardo di quella figura oscura si era posato su di loro, avevano avvertito una pressione fortissima su di loro, come se di punto in bianco la gravità avesse aumentato la sua forza, rischiando di schiacciarli a terra. La donna non proferì alcuna parola, si limitò a guardarli. Quando il suo sguardo si posò su Enma, però, fece un enorme sorriso. "Andate avanti, non sono io a dovermi occupare di voi due: cerca di riprenderti, ragazzina. La tua empatia non sortirà il minimo effetto su di me", la sua voce era fredda come il ghiaccio e tagliente come mille lame. Eppure, in essa, si avvertiva tutta la sicurezza che aveva in sé stessa: era consapevole di essere fuori dalla loro portata. "Sono qui per occuparmi dei pesci grossi; Enma caro, vai pure avanti, ti sta aspettando" e così dicendo tornò a guardare il punto dove Galatea ed Anne stavano combattendo, rilasciando la pressione dai loro corpi.

     
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    Credeva di essere in vantaggio, la sua agilità disumana e la sua straordinaria abilità con la spada erano frutto dell'ingegneria genetica più avanzata, e la fusione con l'Eater l'aveva resa ancora più temibile, non c'era ragione di temere la sconfitta. Ci fu un momento infatti in cui Misaki credette di avere la vittoria in pugno, di stringere tra le mani la vita della sua avversaria e di averla ottenuta con uno sforzo inesistente, ma era solo un'illusione. Galatea si era lasciata trafiggere, che è ben diverso che se fosse stata trafitta dal suo poderoso fendente: significava che era pronta a ricevere il colpo, che venire ferita faceva parte della sua strategia e che questo piano stava funzionando, perchè le ferite erano tutt'altro che letali - e le rigenerò immediatamente dopo - e fu Misaki stessa a soffrire il colpo decisivo, ritrovandosi a terra tutta bruciata e con la gola frantumata, riversa in una pozza di sangue che con le fiamme si era addensato e scurito molto rapidamente emanando fumi e odori nauseanti
    Anche Esther aveva ricevuto colpi mortali: metà della sua mano era stata tranciata non di netto da un pugnale della kitsune - e il fatto che non sia stato un taglio preciso rese lo schizzo di sangue ancora più raccapricciante -, e dopo un sordo schiocco riusciva a guardarsi le spalle senza voltarsi. La nube rosa, il potere di Anne, non poteva avere l'effetto desiderato su un essere come lei, e la Volpe lo sapeva, ma riusciva comunque a rallentare i suoi movimenti e le sue reazioni, già abbastanza scoordinate di per sè, e fu questa la chiave dello scontro contro una delle guardie più possenti di quel laboratorio, una chiave che era nelle mani della donna che aveva permesso la sua esistenza.
    Le due donne, quelle ancora vive, avevano varcato la soglia del cancello che Galatea aveva divelto con le fiamme, l'odore acre del sangue cotto e rappreso di Misaki si fondeva con quello dolciastro della nube di zucchero filato di Anne rendendo l'aria irrespirabile. Sicuramente le due ragazze in tunica avevano errato nel pensare di poter sconfiggere due combattenti esperte come loro due solo per il fatto di essere state potenziate fisicamente, ma anche Galatea e Anne erravano nel pensare di averla vinta così facilmente. Una nebbia così bassa e leggera da apparire un manto di neve trasparente si levò da terra e ingoiò i piedi delle due fanciulle. Dietro di loro suoni orribili si diffusero per il giardino, scricchiolii e spaccature improvvise facevano eco ad un suono umido, come se qualcuno si stesse agitando in una bara di terra. E come dalle bare si ridestano i morti dei racconti macabri, su quella terra le due suore si rimisero in piedi con movimenti pesanti, lenti, quasi finti, come bambole appese ai fili responsabili dei loro ottusi movimenti. In un batter d'occhio furono in piedi, un ghigno sul volto di ognuna.
    Vi avevamo detto... che solo il ragazzo era invitato... abbiamo fatto un'eccezione per la vostra amica svolazzante, perchè agli inviti delle feste c'è sempre un "+1" e quel "+1" può far comodo ai nostri ranghi in futuro... ma pensate che qui abbiamo finito di divertirci? - disse Esther, la voce inizialmente gracchiava come se la sua bocca fosse piena di terra, poi riprese il suo tono materno e rassicurante. La sua compagna con la spada non disse nulla, si limitò a rimettersi nella posa di guardia che aveva assunto all'inizio.
    Esther non era più la stessa: le sue dita si erano generate, il sangue era sparito, ora era avvolta in un lungo vestito dorato molto diverso dalla tunica, inoltre dalla testa spuntavano ora due enormi corna e una cascata di capelli neri fino ai capelli, che prima erano nascosti dal velo.

    Insieme a lei anche Misaki era muta: , gambe e braccia si erano assottigliate e allungate sensibilmente, le dita erano appuntite, il collo pure era più lungo e la bocca era un covo di stalattiti e stalagmiti d'avorio, tanto accuminate da poter trafiggere la roccia. Aveva quasi le sembianze di un insetto, e questo mutamento le avrebbe reso possibile raggiungere velocità ancora più estreme nei fendenti. Esther però non aveva finito. Sollevò la gonna, in un gesto che in altre occasioni sarebbe sembrato poco appropriato o da riservare alle buie camere da letto, e rivelò un varco nero ai suoi piedi che si sparse per tutto il giardino. Da lì emersero altre figure, prima liquide e indistinte e poi sempre più solide finchè non furono riconoscibili con precisione: erano tutte copie di sè ancora prima della trasformazione; ce ne era una quantità esagerata e continuavano ad apparire, ognuna brandendo una falce più grossa del proprio corpo.
    Non sono mai sazia dopo la prima volta.
    Misaki sibilò.

    * * *



    Nel frattempo, io e Satomi avevamo imboccato il sentiero che conduceva alla porta principale. Il mio disagio nel lasciarle da sole lì con quelle due tipe così losche doveva essere palpabile perchè la mia accompagnatrice - viste le circostanze si potrebbe aggiungere "abusiva" - si sentì di dover pronunciare parole di conforto.
    "Tranquillo! Quelle due se la caveranno egregiamente! Noi pensiamo a salvare la tua amica Fuuta: vieni, dobbiamo fare il più in fretta possibile".
    "Amica", eh?, pensai. Se sapesse quanto è profondo il nostro legame si accorgerebbe che "amica" è una parola ancora troppo debole. Però su una cosa ha ragione, non c'è motivo di disperarsi. Conosco bene Galatea e so di cosa è capace quell'altra, non avranno sicuramente problemi a raggiungerci.
    Avanzavo seguendo la guida di Satomi, tenendo la guardia ben alta e i muscoli pronti e attenti ad ogni movimento, ero intenzionato ad evitare sorprese per più motivi: chiunque avesse preso Fuuta l'ha fatto per condurmi qui, sapendo che non avrei mai potuto lasciarla nelle mani di uno sconosciuto; se così era, il mio anfitrione doveva per forza di cose essere pronto ad accogliermi, pronto ad anticipare ogni mia mossa e chi poteva dire che non avesse anche preparato qualche subdolo tranello? Se c'è una cosa che ho imparato dalla mia maestra è che non si è mai troppo attenti quando si tratta di queste cose, e di sicuro non si attacca per primi senza aver prima studiato l'avversario, e in quel momento io del mio avversario non conoscevo nemmeno il volto.
    Arrivati all'ingresso una donna si frapponeva tra noi e l'orfanotrofio. Era davvero bella, slanciata e coperta di nero, due fiori spiccavano nel loro gelido blu. Il tono di Satomi, la ragazza che avevo imparato a conoscere come un diapason umano per la sua capacità di assorbire le emozioni altrui e amplificarle nella sua forte empatia, era svuotato di ogni sicurezza che poteva avere avuto fino ad uno scalino prima, si era fatta tremante e riuscì a passare anche a me il terrore che stava provando, senza che ne fossi consapevole.
    La donna però ci lasciò avanzare, il suo tono pareva tutt'altro che ostile e aveva una nota familiare, ma era così tenue che si perdeva nel flusso di paura che provavo. Accettai il suo invito, non senza tenermi ben all'erta passandole di fianco, più perchè sentivo di non volerla avere come nemico che per l'intenzione di continuare la missione. Fu in quel momento che per la prima volta temetti per Galatea.

    Ci addentrammo nell'edificio, orientarsi non fu affatto difficile soprattutto grazie alle mappe di Satomi, ma aiutava anche il fatto che il posto non fosse labirintico come mi ricordavo. Tutto era esattamente come lo avevo lasciato anni prima, solo ancora più diroccato e muschioso, e il grande buco nel retro di una stanza segnava ancora il momento della nostra fuga. Era diviso in più piani, il pianterreno aveva un lungo corridoio trasversale ai lati del quale vi erano la mensa e le "stanze dei giochi" - i luoghi che presto imparammo a odiare: le chiamavano così, ma in realtà vi ci portavano i bambini per sfogare la rabbia repressa delle curatrici, in questo senso erano sì delle stanze dei giochi, ma per loro. Gli altri piani superiori, dovevano essere tre o quattro, presentavano la stessa struttura del primo, ma le stanze erano quelle dei bambini, più simili a celle penitenziarie che a camere accoglienti.
    Mi sono sempre chiesto come facesse un luogo del genere a esistere, trattavano gli orfani in modo disumano, non se ne prendevano cura e anzi ne abusavano, le stanze erano fredde e umide e i letti erano duri, inoltre erano stanze singole che venivano chiuse a chiave ogni sera, mentre di norma in posti del genere si hanno ampie stanze dove i bambini dormono tutti insieme, e di sicuro non li si chiudono a chiave lì dentro durante la notte.
    Ti ringrazio di avermi accompagnato, Satomi, esordii io, mentre camminavamo nel buio di quel luogo tetro squarciato solo dalla luce proveniente dal grande buco nella stanza in fondo al corridoio. So che sei molto abile a mantenere sane le persone intorno a te, anche emotivamente. Galatea mi ha parlato tanto di te.
    Tentai una conversazione con lei, mentre salivamo ad esplorare anche gli altri piani, cercando di capire chi ci voleva lì dentro e perchè. Parlammo un po' durante la ricognizione, fino al quarto piano, per sciogliere un po' la tensione - consapevoli di non avere diritto ad alcun effetto sorpresa -, ma arrivati in cima ancora non avevamo trovato nessuno. Perlustrammo ogni stanza, ogni centimetro di quella prigione, con l'impeto e la cura di una squadra militare in assedio, ma non c'era traccia di anima viva.
    Eppure è strano, rilevo due picchi di energia proprio qui, in questo punto, ma le coordinate sono sballate. Abbiamo controllato ovunque, giusto? Satomi era perplessa, ma io sapevo che c'era di più in quel posto di quanto non mostrasse a prima vista.
    A dire la verità c'è ancora un punto in cui non abbiamo controllato. Speravo di non doverci mai ritornare, ma sembra che non abbia scelta... Risposi, stringendo i pugni e guardando in basso. Alla domanda di Satomi risposi con la verità: non volevo tornare in quel posto per via dei ricordi. Era lo scantinato, o il piano interrato, era così buio che nessuno ha mai capito cosa fosse davvero nè sarebbe stato in grado di dire quando fosse grande; era la stanza dove venivano portati i "bambini cattivi", quelli che disobbedivano alle curatrici, e ciò a sentire loro accadeva molto frequentemente benchè tutti fossimo talmente terrorizzati da ciò che avveniva oltre quella porta nel sottoscala da preferire le punizioni della stanza dei giochi per un mese. Ci entrava un bambino alla volta, e non c'era modo di dire dopo quanto sarebbe uscito, se un giorno, una settimana, un mese... alcuni non fecero più ritorno. Quando era occupata, e le curatrici si premuravano di tenervi quasi sempre uno di noi segregato, gli stridii, i terribili rumori di acciaio e scariche elettriche e le orribili urla strazianti dei nostri compagni giungevano fino in mensa, in quei giorni perdevamo tutti l'appetito. Quando il poveretto vi usciva non era più lo stesso, e se ancora riusciva a parlare diceva di non ricordare nulla di quando accaduto, e si portava sempre dietro qualche menomazione che rendesse indelebile il suo soggiorno lì sotto.
    Onestamente, non saprei dire se ci sono mai stato anche io oppure no.
    Arrivati al pianterreno, prima ancora di scendere l'ultima rampa di scale, scorgemmo una macchia fluente rossa e una voce ci diede il benvenuto.
    Bentrovati!
    Ryuji?
    Ma che piacere, vedo che questa volta ti sei ricordato di me! Ad ogni modo, permettetemi di darvi il benvenuto nella nostra umile dimora. Fate come foste a casa vostra, e..., lo interruppi bruscamente prima che potesse completare il suo inchino beffardo.
    Dov'è? Dove l'avete portata?
    Lui rise. Alt, alt. Non mi pagano per darti risposte gratis, anzi a dire il vero non mi pagano proprio... però mi mantengono! E io ci tengo al mio cibo, dunque se vuoi delle risposte dovrai fare un gioco con me.
    Bastardo... io ti ammazzo. Satomi dovette aver percepito immediatamente la mia rabbia, forse ancora mentre stava ancora bollendo, perchè immediatamente mi afferrò il braccio tirandomi indietro, fermandomi dal balzare giù dalle scale e scattargli contro.
    Vedo che la tua amica ha capito, Enma. Continuò lui, tirando fuori tre dadi a sei facce dalla tasca. Ecco le regole del gioco: io lancio questi dadi, e se esce una combinazione qualsiasi di numeri che non sia un triplo uno hai vinto tu, e ti dirò tutto ciò che vuoi senza ribattere; ma se escono tutti uno... beh, dovrai seguirmi senza fiatare, o ne pagherai le conseguenze. Ti va l'affare? Non sono truccati, e credo che la tua amica possa confermare che non sto mentendo.
    Mi voltai a guardare Satomi, ed effettivamente il suo cenno mi disse che non stava mentendo.
    Anche se fosse vero, non ho intenzione a stare dietro ai deliri di un pazzo come te!
    Ehi, ehi, la scelta è tua. Potrei benissimo colpirti ora senza che tu nemmeno te ne accorga, eppure ti sto offrendo un patto più che vantaggioso. Hai una possibilità su duecentosedici di vincere, dopotutto.
    L'affare non mi convinceva affatto, ma era troppo tardi: senza aspettare un mio assenso, forse per il mero gusto della scommessa, Ryuji lasciò cadere i tre dadi per terra, e con un tintinnio mostrarono tutti e tre la stesa faccia: 1.
    Il dado è tratto.
    Dietro di lui si levò con uno scoppio di vento una colonna di luce completamente bianca che andò definendosi in una figura angelica grande circa due volte il ragazzo dai capelli rossi. Assomigliava in tutto e per tutto alla mia ombra, eccetto che dove la mia era oscura la sua era luminosa, dove la mia aveva i caratteri dell'inferno la sua aveva quelli del paradiso. Rimasi estasiato da una simile visione, e nonostante non lo avvertissi chiaramente potevo sentire l'energia sgorgare lentamente dal mio corpo, indebolendomi.
    Enma!
    L'urlo di Satomi mi fece riprendere, ma il colpo era già andato a segno e mi ritrovai a terra provando un forte dolore alla mandibola, Ryuji era ora di fianco a me.
    Mi guardò dall'alto in basso, come richiamata da quell'entità estatica la mia ombra si presentò a proteggermi dal colpo di spada che nel frattempo il suo avatar di luce aveva creato nella propria mano. Sentii l'ombra gemere, fu la prima volta che le sue sensazioni riecheggiarono nella mia mente come fossero mie. E forse erano mie, anche mie. Eravamo più uniti che mai, forse Haiiro e Shero provavano questa sensazione di continuo e per questo si stuzzicavano spesso, deve essere pesante avere un inquilino del genere nella propria anima, ma per me fu la prima volta, e non fu piacevole.
    I fendenti si susseguirono uno dopo l'altro, se qualcuno ci avesse visto senza sapere nulla avrebbe pensato di stare assistendo ad un dipinto raffigurante il giudizio divino che calava implacabile su un diavolo dell'Inferno, ma in quel caso ero io il personaggio positivo. Se quel qualcuno mi avesse chiamato demone, io avrei replicato che piuttosto sarei stato un Devilman. Il demone riusciva a proteggermi dagli attacchi dell'angelo, abbastanza da permettermi di rialzarmi e attivare i miei poteri per destabilizzare il mio nemico, ma il demone gemeva e supplicava di toglierlo da quel supplizio che lo feriva così profondamente, come fosse stato contro il suo nemico naturale, un batterio contro un antibiotico.
    Resisti ancora un po', ti prego...
    Nel frattempo io e Ryuji ingaggiammo uno scontro corpo a corpo, lui con l'alabarda e io con la spada nera, un concentrato di sfortuna, che però in quel momento sembrava più piccola e debole del solito.
    Se ti sembra di essere in svantaggio è perchè è così: il mio potere assorbe la tua sfortuna e la trasforma nella mia fortuna; il tuo, d'altro canto, prende la tua stessa fortuna e te la ributta addosso come sfortuna. Immagina: ora sei il mio generatore personale di infiniti poteri!
    Bastò uno solo dei suoi calci per spedirmi dall'altra parte del corridoio, debole e mal ridotto.
    Sa... tomi...


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
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    Edited by Darkdesire.em - 30/3/2020, 15:52
     
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    Galatea e Anne avevano varcato la soglia di quell'enorme cancello, ormai a terra bruciacchiato e distrutto. "Dovresti imparare a controllare la tua rabbia, lo sai vero?" Disse Anne alla sua nuova alleata, accennando un mezzo sorriso. Galatea non rispose, limitandosi a sorridere a sua volta. Eppure quel breve momento di ironia era destinato a durare molto poco: proprio come aveva previsto Galatea, le loro due avversarie non erano ancora state del tutto sconfitte. Entrambe si erano rialzate, con un nuovo aspetto, un nuovo vestito. Insomma, erano rinate a nuova vita e sembravano essere più potenti che mai. "Tsk! Sapevo che quelle due stavano nascondendo un qualche asso nella manica: erano troppo sicure di avere la vittoria in pugno". Ma non appena Galatea ebbe finito di pronunciare questa frase, una sorta di nuovo esercito di creature e mani oscure aveva iniziato a generarsi dal corpo di una delle due creature (che ormai avevano definitivamente perso ogni parvenza di umanità). "Sei pronta, dunque?" chiese Anne, ormai già in posizione di battaglia; "io sono nata pronta, dovresti saperlo" fu la risposta. Entrambe attivarono le loro trasformazioni, generando un gigantesco turbinio di nebbia rosa, vento ed energia oscura. Quest'enorme concentrazione di energia rilasciò una potente esplosione che spazzò via parte delle creature, liberando lo spazio intorno a loro. Un angelo fatto di luce e oscurità e una gigantesca volpe dalle molteplici code. Le due saltarono parecchio in alto, iniziando a bombardare il campo di battaglia con una serie di attacchi potentissimi.

    Nel frattempo, sulle scale all'ingresso, la misteriosa figura dal lungo abito nero osservava la scena. Divertita. In attesa. Lei aveva un altro obiettivo rispetto all'uomo all'interno, che cercava Enma. Il suo obiettivo era proprio lì davanti a lei.

    Satomi ed Enma si erano, nel frattempo, addentrati nell'orfanotrofio. La sua empatia, potenziata dal network installato dentro di lei, faceva fatica a rimanere stabile: c'era una quantità di emozioni negative, rabbia, paura, sofferenza, tristezza intrappolate in quell'edificio senza precedenti. Non aveva mai sentito niente di simile. Il racconto di Enma aveva contribuito parecchio ad aumentare quelle sensazioni negative che provava dentro di lei, quasi come se le stesse provando lei stessa direttamente.

    Si addentrarono nell'unico punto in cui, da quel che sentiva, Enma non avrebbe mai più voluto visitare in vita sua. Una volta giunti in quella zona, però, trovarono qualcuno. Uno dei due enormi punti di energia che erano segnalati sulla sua mappa. Un certo Ryuji. Ma chi era quel tipo? "Enma, cerca di calmarti, questo non è un tipo con cui scherzare.... Oltretutto Galatea è ancora fuori!" lo avvertì lei, ma sapeva che quel genere di rabbia non poteva essere tenuto a bada molto facilmente. Eppure, avvertiva una differenza in termini di forza a dir poco imbarazzante.

    Si preparò a combattere, ma il loro avversario era estremamente veloce: aveva messo in ginocchio Enma in meno di un paio di secondi. Non poteva più stare a guardare. Quando il tizio sferrò un nuovo attacco, si schiantò contro uno dei campi di forza di Satomi, che aveva attivato lo scudo per proteggere lei ed Enma. Senza perdere tempo, aumentò di molto la velocità di se stessa e di Enma. Tuttavia, fu abbastanza furba da utilizzare il Comando: ologramma. Lei ed Enma erano invisibili, ma il loro avversario avrebbe continuato a vedere due loro copie olografiche. Grazie al boost ai suoi movimenti, Satomi prese Enma e lo caricò su un campo di forza, sfrecciando via lungo il corridoio. "Resisti!"" pensò lei, mentre attivava il Comando:cura. Nel frattempo, le copie olografiche avrebbero attaccato Ryuji. "Spero solo di riuscire a seminarlo".

    Nel frattempo, fuori, nel cortile, la donna-volpe e la donna-demone avevano raso al suolo l'intero cortile, i muri e parte della facciata dell'orfanotrofio. I loro attacchi erano di una potenza inaudita, soprattutto quelli scagliati da Galatea: i suoi attacchi elementali erano di portata troppo ampia per essere arginati da quelle armate. Le due donne erano state attentamente distrutte e bloccate in modo da rendere impossibile la loro rigenerazione. Le catene e il fuoco di Anne erano stati parecchio utili. "Finisci tu qui? Io vado avanti!" disse Galatea. Era passato troppo tempo ed era in pensiero per Enma. Sì, era insieme a Satomi, ma qualcosa le diceva che non sarebbe stato sufficiente a tenerlo al sicuro. Si avviò a tutta velocità verso l'ingresso, ma si fermò al fondo delle scale.

    Una strana donna stava ferma sull'ultimo gradino, di fronte al portone. Il suo sorriso era estremamente inquietante. La strana figura mosse lentamente la mano sinistra, sulla quale Galatea scorse un fiore azzurro ad ornamento dei guanti. La ragazza sgranò gli occhi: possibile? Per la prima volta era totalmente incapace di muoversi. Non sapeva nemmeno cosa dire..... Era.....

    "Bentornata..... Sorellina"
     
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    Uh... dove... dove siamo?.
    Avevo finalmente ripreso conoscenza, senza in realtà sapere quanto per quanto tempo l'avessi persa. Mi ritrovai sdraiato a terra in una stanza grigia e buia, la schiena appoggiata ad un muro marcio; di fianco a me Satomi stava controllando i miei valori vitali per assicurarsi che stessi bene. Mi girava ancora la testa per il forte senso di nausea che provavo a causa dei ripetuti colpi che avevo subito poco prima, ma ora almeno riuscivo a tenere insieme i pensieri.
    Ringraziai la ragazza che mi aveva tratto in salvo, che mi rispose con un cenno cordiale e un'espressione preoccupata. Ho lasciato due nostre copie olografiche e ci ho resi invisibili, non lo distrarranno per molto, ma almeno per ora siamo salvi. Ora dovremmo pensare a cosa fare, ce la fai a rialzarti?
    Risposi alzandomi in piedi, dimostrando di averne ancora la forza. Il problema principale era mantenere l'equilibrio, forse non sembra ma un colpo ben assestato allo stomaco può davvero debilitare una persona.
    Se quello che dice corrisponde al vero, allora non devono essere passati che pochi minuti, quindi non ho perso troppo tempo. Forse possiamo ancora trovare Fuuta.
    Controllai alle mie spalle e vidi con piacere che l'ombra non mi aveva ancora lasciato, ma notai che sembrava più piccola e incattivita del solito. Ricordai immediatamente i fendenti di luce che fino a qualche minuto prima l'avevano squarciata senza darle tregua, ma non credevo che potessero ridurla in questo stato. Per la prima volta provai dispiacere a vedere l'incarnazione della mia sfortuna messa in difficoltà, e provai una rabbia tanto forte che mi chiesi se non fosse in realtà la sua.
    Già, dovremmo pensare a cosa fare,e in fretta. Per ora dovremmo- La stanza era così buia che non mi accorsi di aver calpestato qualcosa che emise un lungo e forte squittio. Non feci neppure in tempo ad accorgermi di ciò che era successo che qualcosa mi assestò un colpo talmente potente da scaraventarmi contro l'altro lato della stanza aprendo un piccolo varco verso l'esterno; il grido di Satomi riecheggiò tra le macerie che avevo creato con l'urto, mentre la luce inondò una delle stanze giochi.
    E di nuovo dalla polvere si levò la voce più irritante che si possa immaginare. Non sei molto bravo a nascondino, vero?
    Satomi cercò di attivare i suoi poteri per proteggermi ma probabilmente non fece in tempo perchè Ryuji convocò immediatamente l'angelo alle sue spalle, che riuscì a bloccarla sul posto. Come faceva ad essere così potente era un mistero per me.
    Maledetto... gridai a denti stretti, un rivolo di sangue colava dalla fronte rigandomi il volto. Quando Ryuji lo notò cambiò espressione per un millesimo di secondo, fu tanto rapido che pensai di essermelo immaginato ma mi parve di scorgere preoccupazione nei suoi occhi.
    Ah, che fortuna! Non ti sei fatto troppo male. Per un attimo ho creduto di averti danneggiato in modo irreparabile, sei così fragile. Nostro Padre mi avrebbe sicuramente sgridato se ti avessi ucciso ora, e non mi va di subire il trattamento. Ad ogni modo stai bene, ed è questo ciò che conta.
    Si avvicinò a passo lento a me, consapevole di avere tutto il tempo del mondo, e quando mi mossi per combattere e impedirgli di avvicinarsi venni nuovamente inchiodato al muro da una sorta di appendice luminescente che partiva dalla schiena dell'angelo, ancora intento a bloccare Satomi.
    Come hai fatto a trovarci così in fretta...?
    Lui si fermò sorpreso a un passo da me, e sorrise. Ah, beh passavo di qua e vi ho scovati per caso. Quando la tua amica ha creato quegli ologrammi è riuscita a fermarmi per un po', erano davvero convincenti, peccato che bastasse toccarli per accorgersi del trucco. Non so come abbia fatto a sfuggirmi in quel modo, ma poteva essere andata solo in una delle due ali dell'edificio, peccato che quelle lì fuori abbiano fatto un tale casino che quella a sinistra è completamente andata... poco male, mi hanno risparmiato di controllare lì, dunque sono andato a destra ed eccomi qua. Dovresti fare più attenzione ai giocattoli che trovi qui, Enma, alcuni di questi potrebbero essere i miei.
    A quell'affermazione strinsi pugni e denti per la rabbia che mi assaliva. Come osi!? Questo posto maledetto... tu non sai cosa voglia dire essere vissuti qui. L'ultima volta che questo posto ha accolto dei poveri bambini è stato quando io e gli altri siamo fuggiti... da allora questo posto ha smesso di operare come orfanotrofio, lo avevamo ridotto come vedi ora pur di fuggire... ricordo tutti quelli con cui sono scappato, e tu non eri tra di loro! Non infangare la loro memoria, bastardo!
    La risata in cui scoppiò dopo questa mia affermazione servì solo a farmi irritare ancora di più. Era assurdo pensare che un ragazzo appena conosciuto potesse irritarmi così tanto, e quella rabbia unita alla copiosa perdita di sangue contribuivano al mio giramento di testa, tanto che cominciavo a vedere sfocato.
    TU vieni a dire a ME che non ho idea di come sia vivere qui?! Disse, e la sua risata si trasformò in un grugnito mentre mi assestò un pugno alla mandibola. Non infangare oltre la mia esistenza, Enma.
    Sotto lo sguardo impotente di Satomi io ero alla mercè di Ryuji. La ragazza si dimenava e cercava continuamente di attivare i suoi poteri, ma qualcosa glielo impediva e tutti i suoi sforzi andavano a vuoto. Ryuji la osservò dimenarsi per poi spiegarle quanto fosse inutile provarci, l'uomo che chiamava "Padre" aveva dedicato la sua vita a studiare le Anormalità e aveva sviluppato delle contromisure adeguate, di cui ora Ryuji era in possesso. Quell'angelo teneva ferma Satomi, ma tramite un attrezzo strano era anche in grado di annullare i suoi poteri. Prima che potessi chiedermi se ciò avesse influito anche sui miei lui mi assestò un altro pugno sul volto, ma questa volta colpì una striscia nera che si era allungata fino alla mia guancia.
    Oh-ho, a quanto pare qualcuno qui si rifiuta di lasciarti andare. Tanto verrai con me, che tu lo voglia o no. Opporre resistenza è inutile.
    L'ombra si ritirò tremando, non l'avevo mai vista così piccola e tenace, ma credo avesse raggiunto il suo limite. Ryuji parlò di nuovo, come se mi potesse leggere nel pensiero.
    So cosa ti stai chiedendo. Rifletti: come potrei disattivare il potere che mi sta dando tutta questa forza? Io e te siamo uguali, eppure completamente differenti, tu produci infinita sfortuna da te stesso, mentre io raccolgo la negatività intorno a me e la trasformo in fortuna, tutta per me. A che serve la forza quando sei l'essere più fortunato del mondo? La risata con cui accompagnò queste parole non aveva nulla di naturale, echeggiò nella mia anima e mi scosse nel profondo. In un attimo capii: non avevo speranze contro una persona che sembrava nata per contrastarmi, solo il fatto di stargli vicino mi rendeva il suo generatore personale di forza, lo rinvigorivo con la mia mera esistenza...
    Quando anche l'ombra perì sotto la scarica di pugni del ragazzo e si ritrasse definitivamente un ghigno soddisfatto illuminò il suo volto. L'angelo scaraventò Satomi fuori in cortile e si dissipò lasciandoci soli. Ora che sei stato reso innocuo, che ne dici di venire a trovare quella ragazza?
    Fuuta!.
    Proprio lei!
    Dimmi come sta, dimmi che è viva! Grugnii io puntando i miei occhi su di lui, come a incenerirlo con lo sguardo. Era proprio ciò che avrei voluto fare in quel momento.
    Lui fece un cenno con la testa e come rinvigorito solo dal sapere che era viva mi rialzai in piedi. Ryuji non indietreggiò, era consapevole della disparità di livello tra noi due e sapeva che non avrei tentato di attaccarlo. Mi invitò a uscire da quella stanza, attraverso la porta alle sue spalle e non il buco dietro le mie, sfoggiando il suo sorriso più beffardo, e mi pregò di precederlo.
    Una volta nei corridoi mi scortò verso lo scantinato, la porta nel sottoscala, dove stavo per entrare assieme a Satomi. Pensai che lì dentro avrei potuto trovare chiunque e qualunque cosa: l'uomo che chiamava Padre o un gruppo di Eater, o chissà che altro, ma niente di ciò che immaginavo era positivo; il mio istinto mi gridava di non fidarmi, ma non volevo dargli ascolto, avrei dato qualunque cosa pur di ritrovare Fuuta...

    * * *


    Sebbene Satomi fosse stata lanciata fuori dall'edificio, era difficile chiarire in quale parte del cortile fosse finita: questo era stato infatti completamente distrutto dai colpi di Anne e Galatea, l'insieme dei loro attacchi elementali aveva bruciato gli alberi morti, le piante secche, l'erba ingiallita e persino le mura esterne e i cancelli. Solo l'edificio in sè rimaneva ancora in piedi, anche se per miracolo; tuttavia, se anche le due ragazze fossero riuscite a entrare non avrebbero avuto alcun modo di scoprire in quale stanza segreta fossero finiti Ryuji ed Enma.
    Neppure Satomi avrebbe potuto raggiungerli con i suoi poteri, infatti la stanza nel seminterrato in cui stavano andando era stata completamente isolata da qualsiasi potere anormale.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

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    Lividi e perdita di sangue :Status Fisico
     
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