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.SPOILER (clicca per visualizzare)Role tra Tabris_17 e VanclauNon senza una certa soddisfazione, Haiiro guardò l’ora dal suo cellulare e confermò che era in anticipo. Si sentiva orgoglioso di quel piccolo traguardo. Per un motivo o per l’altro (tipicamente perché intento a bere uno o più caffè al Maid), arrivava al club di judo sempre al limite del ritardo. Ma quel giorno aveva ben venti minuti di anticipo. Un ottimo risultato.
Così ottimo che il portone del club era ancora chiuso.
“Mi sa che ho esagerato…”
Decise di aspettare. Passarono cinque minuti e non arrivò nessuno. Ne passarono dieci, ma Haiiro continuava a essere l’unico studente di fronte alla porta del club di judo.
“Strano, pensavo che il capitano con altri membri venisse prima al club per preparare l’attrezzatura.”
Decise di farsi una passeggiata, che casualmente terminò di fronte alla più vicina macchinetta del caffè, e tornò indietro dopo aver donato qualche yen alla macchinetta del caffè e aver accresciuto la pila di bicchierini dentro il cestino dei rifiuti. Erano passati qualche minuto dall’ora standard dell’inizio del club, ma visto quanto aveva aspettato Haiiro si sentiva giustificato a ritardare.
Ma la porta del club era ancora chiusa.
“Eppure, l’ora è questa.” Confermò tirando fuori di nuovo il cellulare. Il suo sguardo stavolta rimase più a lungo sul display dell’apparecchio e dall’ora scivolò alla data. La dovette leggere più volte, prima di capire cosa non andasse.
“Ah… oggi è mercoledì, non giovedì. Non ci sono lezioni del club.”
Aveva sbagliato giorno. Tipico. Ma sconsolante. Rimase qualche secondo a osservare il cellulare, come se oltre a svelare perché quel giorno non ci fosse nessuno al club potesse rivelargli cosa fare in quel momento. Ma il cellulare si limitò ad accrescere di un minuto il conto dell’ora. Haiiro lo rimise in tasca e si mise a percorrere l’ala della scuola riservata ai club sportivi.
Si domandò oziosamente se andare al Maid, oppure fermarsi a una macchinetta del caffè e tornare al suo appartamento a fare i compiti. Mentre la sua mente si trastullava su quel quesito, il suo corpo avanzava in modo pressoché automatico.
“Se torno a casa posso mettere il cellulare sotto carica, altrimenti mi si scarica e… sì, ma chi è che mi chiama? Kasumi, no, è al club di arte, non vuole distrazioni… chissà se Tatsuya mi può contattare via telepatia...? A Galatea va bene, le basta mandare dei fiori... ma se c’è una nuova minaccia anormale, è necessario il mio intervento e non rispondo al cellulare… però in un modo o nell’altro faranno gli altri… Poi è così stancante…”
Era in un tale stato mentale, non troppo dissimile dal suo usuale dormiveglia, quando udì il rumore di un pallone da basket che rimbalzava. Senza starci troppo a pensare, seguì quel suono e si affacciò a una delle palestre, quella adibita proprio al basket. Un ragazzo correva palleggiando, poi a poca distanza dal canestro prese in mano la palla e, fatti poco passi, saltò verso il canestro, mettendo dentro il pallone.
Dal vano della porta Haiiro lo guardò, sempre in quel suo stato poco ludico, trasognante, con invidia.
“Vorrei averla io una simile agilità…” Pensò tra sé rimanendo sempre lì ad osservare, in silenzio e quasi inerte.. -
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.Dopo quell’azione, il ragazzo si diresse a una panchina, dove prese a detergersi il sudore con un asciugamano. Se non si fosse trovato in quel suo stato meditabondo e distratto, Haiiro se ne sarebbe andato in quel momento. Invece rimase fermo a fissare il pallone da basket con intensità, come se esso recasse, inscritto nelle linee e nei punti che ne ricoprivano la circonferenza, un messaggio segreto che doveva decifrare. In realtà era così immerso in pensieri confusi – quei pensieri che si hanno quando si è mezzi addormentati o con la mente altrove, che sul momento sembrano tanto importanti ma che il momento dopo neppure si ricordano – che il pallone praticamente non lo vedeva. Per lo stesso motivo, quando il ragazzo gli si rivolse chiedendogli scusa per non averlo visto, Haiiro ebbe un soprassalto e lo guardò come smarrito.
«Posso aiutarti?»
Haiiro rimase un attimo titubante, fissando quella faccia che, si accorse, sorrideva amichevolmente.
“Aiutarmi… non è che mi serva qualcosa. Cioè, non so neppure io perché sono finito qua.”
«Beh… no. Stavo solo… ecco, ho sbagliato giorno per l’attività al mio club – in realtà quello di judo non era proprio il suo club, formalmente non ne faceva parte, diciamo che si trovava in una zona grigia – quindi mi sono trovato senza nulla da fare e… sono arrivato qua. Guidato dal rumore di quella sul pavimento, immagino.» Dicendo «quella» indicò con un gesto vago della mano la palla da basket. Dalla palla fece poi vagare lo sguardo per tutta la palestra, rendendosi conto, per quella che gli sembrò la prima volta, di come a parte loro la palestra fosse vuota. Dagli spazi della palestra ritornò poi a guardare il ragazzo.
“Pensavo fosse parte del club di basket, ma qui non c’è nessun altro tranne lui. Aspetta, non sarà che…?”
«Per caso… anche tu hai sbagliato giorno per il club di basket e già che eri qua ti sei messo ad allenarti lo stesso?». -
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.A quanto pare la sua deduzione era sbagliata: il ragazzo non aveva sbagliato come lui il giorno di allenamento del club – ripensandoci si accorse che una cosa del genere doveva accadere piuttosto raramente – bensì un club di basket non esisteva di partenza.
«Davvero non esiste? Credevo fosse uno sport piuttosto popolare. Non che sia un esperto o altro.» Aggiunse dopo una breve pausa. Il suo sguardo andò, quasi catturato, alla palla che ruotava sul dito del giocatore. Riuscire a mantenere la palla in equilibrio sulla punta del dito gli sembrava una sorta di magia o forse un’anormalità, invece era semplice abilità. Tenendo le braccia distese lungo il fianco, ma sporgendo il dito indice, gettò involontariamente uno sguardo alla sua mano destra, prima di cambiare posizione e portare le braccia dietro la schiena, stirandole.
«Capisco…» rispose all’affermazione di lui sull’amare lo sport e volersi mantenere in forma. Mentiva, in parte: se poteva capire la parte del tenersi in forma, l’amore per una pratica sportiva era invece qualcosa di estraneo, che non riusciva ancora a comprendere.
Mentre il pallone cessava i suoi giri e veniva agguantato dal ragazzo, questi gli fece una domanda.
«Faccio parte del club di judo. Beh, non esattamente parte. Ho cominciato da poco a frequentarlo. Per mantenermi, anzi, per mettermi in forma. E per imparare a combattere. Anche se come vedi non sono il tipo più atletico che ci sia a scuola… né il più “sveglio” se è per questo.»
Facendo un mezzo sorriso indicò con il suo indice destro le pesanti borse nere che portava sotto gli occhi, a chiarire il senso di quella battuta.. -
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.Il sorriso di Haiiro si allargò. Era riuscito a provocare una risatina al giocatore di basket. Era un buon risultato. L’umorismo – quantomeno l’umorismo volontario, quello involontario era un’altra questione – non rientrava tra i punti forti del sognatore, quindi ne fu soddisfatto.
“In effetti quand’è che ho fatto ridere altre persone? Sorridere sì, ma fare una battuta che faccia ridere…? Che sia la prima… no, di certo l’ho già fatto. Ad esempio… ad esempio… vediamo, mi tornerà in mente… Magari uscendo con Kasumi, o quando mi sono incontrato con Enma o con Tatsuya o con Satomi o con Goro… no, con Goro di certe non è accaduto. Non può essere accaduto e se è accaduto doveva essere un sogno. Non riesco neppure a immaginare un Goro che ride. Però forse la sua fidanzata potrebbe riuscire in questa impresa impossibile?”
Fu la palla che rimbalzava a piccoli balzi sul terreno a riportare la sua mente al presente e alle parole che l’altro studente – Tetsuya, come riuscì a capire anche per l’assonanza con un suo conoscente – gli stava rivolgendo. Si era presentato. E che cosa si faceva quando qualcuno si presenta? Questo Haiiro lo sapeva: ci si presentava a propria volta.
«Haiiro Kugatsu» disse facendo in risposta alla presentazione del ragazzo un leggero movimento con testa e parte superiore del busto, in una sorta di inchino.
«Uno studente trasferito, eh? Lo sono stato anch’io, quello che sembra molto tempo fa…» Dopo aver pronunciato quella frase fu a un passo dal perdersi di nuovo nei suoi pensieri e fantasticherie, ma con uno sforzo di volontà riuscì a riportare la concentrazione in campo.
«Ehm… sì. Quello che voglio dire è che in questo istituto si trovano un sacco di persone interessanti da conoscere. Che tu lo voglia o meno.»
Prese a camminare per il perimetro del campo. Così, senza un motivo preciso.
“Uhm… ora che mi viene in mente quel “che tu lo voglia o meno” non suona bene. Avrei potuto dirgli qualcosa sulla linea del “gli incontri e le conoscenze speciali qui non ti mancheranno” e così via. Mah, ormai è tardi.”
Mentre pensava a cos’altro avrebbe potuto dire, si accorse di aver afferrato il pallone e di starlo rigirando tra le mani. Già che c’era, provò a fare un tiro. Aveva imparato le basi del basket alle lezioni di educazione fisica, quindi più o meno sapeva come si faceva. O almeno così credeva. Prese la palla con entrambe le mani e, portandola dietro la testa, la tirò verso il canestro. Il tiro fu insieme troppo potente e completamente decentrato, superando di gran lunga il canestro, sbattendo contro la parete, rimbalzando come per vendetta indietro, ma non verso Haiiro bensì verso Tetsuya – fortunatamente non troppo forte.
Intanto Haiiro fissava, più irritato che sconsolato, il canestro mancato di larga misura.
«Cos’è che ho sbagliato?». -
.Code by -Vanish- Don't copy!SPOILER (clicca per visualizzare)Siccome ho deciso di tornare mi sembrava giusto risponderti visto che la role non è stata chiusa, anche se non so se vuoi comunque continuarla ^^'' Anyway, mi scuso se forse mi sono dilungato un po' troppo nella spiegazione fatta da Tetsu ma in parte rischiava di venirmi un post troppo corto ed essendo io un ex giocatore di basket credo di essermi lasciato prendere un po' la mano XD
Edited by Vanclau - 9/12/2018, 12:27. -
.Haiiro ascoltò con attenzione – sottinteso, con quanta più attenzione fosse per lui possibile – Tetsuya spiegarli i movimenti giusti per tirare il pallone.
«Innanzitutto la postura del corpo e la posizione del pallone tra le mani.»
Haiiro annuì e imitò la posizione del cestista, piegando le ginocchia e tenendo tra le mani un ipotetico pallone.
«Il pallone lo tieni in questo modo.»
Annuì, di nuovo, e cambiò la posizione delle sue mani come mostrato.
«La maggior parte della potenza deve essere indirizzata verso l’alto e la palla va sollevata in questo modo.»
Visto che non c’è due senza tre, il Sognatore annuì una terza volta e, per una terza volta, imitò il movimento di Tetsuya, portando le braccia sopra il proprio corpo.
«Nell’esecuzione ricordati solo che per dare maggiore precisione è sempre meglio fare in modo che la palla abbia una buona rotazione in aria, ed è l’indice della mano a dare quel moto rotatorio, essendo l’ultimo dito che deve lasciarla.»
E fu da questo punto in poi che Haiiro perse il restante discorso del ragazzo e si limitò ad ascoltarlo senza sentire e ad annuire quanto qualcosa nel tono di Tetsuya gli faceva intendere che si dovesse annuire.
Alla fine Tetsuya recuperò il pallone con cui aveva fatto canestro e lo porse ad Haiiro.
«E poi questo è il tiro classico che insegnano in ogni scuola di basket, ma ci sono giocatori professionisti che hanno un loro modo di tirare personalizzato che non segue tutte queste nozioni teoriche e fanno comunque entrare il pallone nel canestro.»
«Quindi finché faccio canestro posso ignorare tutte queste indicazioni?»
Disse subito speranzoso Haiiro. Ma l’attimo successivo si rabbuiò. Visto il suo tentativo di canestro precedente, era ovvio che una cosa simile non potesse funzionare.
Per infrangere le regole, bisogna conoscere le regole: così gli aveva insegnato la regina stessa delle infrazioni. Per creare un tiro personale doveva quantomeno conoscere la base dei tiri 'accademici'.
“No, di partenza perché sto pensando di creare un mio tiro? Mica voglio mettermi a giocare a pallacanestro o altro…” Rifletté tra sé osservando il pallone ancora nelle mani di Tatsuya.
“Però il pensiero di un tiro intitolato a me stesso non è male. Il “tiro Haiiro”… suona pure bene.” Pensò mentre afferrava il pallone offertogli.
«Dunque, ginocchia piegate e mani in questa posizione…»
Così mormorando Haiiro imitò i movimenti che aveva visto prima compiere da Tetsuya e lanciò la palla verso il canestro. Appena lasciò le sue mani, capì che il tiro era stato decisamente migliore del primo che aveva eseguito. Mentre prima aveva tirato quasi a caso, adesso gli pareva di star seguendo nei movimenti di quel tiro un binario già tracciato, costruito nel modo più semplice e insieme efficace possibile. La palla compì una parabola non troppo dissimile da quella del tiro di Tetsuya, ma sbilanciata verso l’alto e verso sinistra. Abbastanza perché, colpito il tabellone, rimbalzasse non dentro il canestro ma sull’estremità esterna dell’anello e di là verso il campo.
«Prendo io la palla…» Disse Haiiro a Tetsuya. Era insieme soddisfatto per il tiro molto migliore del precedente e irritato per avere mancato di poco il canestro. Il pallone intanto stava ancora rimbalzando per il campo. Haiiro allungò la mano per afferrarlo... e lo mancò di poco. Shero, invece, l’ombra che grazie alla sua seconda anormalità poteva evocare – quando, come in quel caso, non si auto-invocava lei stessa – afferrò al balzo la palla e la ripassò ad Haiiro che, sorpreso, rischiò di vedersela finire sul naso. L’Ombra, come era comparsa, scomparve subito dopo, mentre il ragazzo rimase lì a guardare il punto in cui si era concretizzato, inebetito.
“Possibile che quella dannata ombra debba comparire e scomparire come voglia lei?! E sempre in presenza di altre persone?! Non sa che la base per i poteri sovrannaturali segreti è di rimanere segreti?!”
Aveva voglia di gridare, di infuriarsi con l’Ombra, di rievocarla al solo e unico scopo di prenderla a pugni (cosa inutile in quanto essa non provava dolore e poteva rigenerarsi, ma forse l’avrebbe fatto sfogare un po’). Tuttavia non poteva: dietro di lui c’era ancora Tetsuya. Sperava che il cestista non si fosse accorto di quella misteriosa apparizione, o che essa fosse stata talmente tanto breve e impossibile da convincerlo di aver avuto le traveggole. Per esperienza personale, dubitava che le cose sarebbero andare così lisce.
Si girò verso di lui – restare là fermo sarebbe stato ancora più sospetto – e gli sorrise nervosamente, camminando nella sua direzione e provando qualche maldestro palleggio.
«Strani giochi di luce e ombre che si vedono a quest’ora, non è così?»
Fu la prima, assurda cosa che gli venne da dire raggiunto Tetsuya. Appena l’ebbe pronunciata capì di essersi fregato con le sue stesse mani.. -
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.Tetsuya non si mostrò particolarmente convinto dall’affermazione di Haiiro… il che, considerando che neppure Haiiro lo era, non risultava affatto sorprendente.
«Tu dici? Ma come potrebbe esserci un “gioco di luci e ombre” in una palestra chiusa con un’illuminazione da soffitto che non lascia poi così tanta ombra?»
«Uhm…»
Lasciando uscire quell’esclamazione dubbiosa, Haiiro girò lo sguardo al soffitto, appoggiando la mano destra, pollice e indice, sul mento, e rifletté su quella questione, per lui piuttosto oscura.
Alla fine riportò l’attenzione al cestista e disse solo, in tono serio: «Mi spiace, non sono ancora arrivato all’ottica in scienze.»
Quello decise di provare con un altro approccio. Preso un altro pallone dalla cesta, gli disse solo: «Voglio farti vedere una cosa», poi tirò la palla. Da campo a campo. Proprio dentro un’altra cesta. E, soprattutto, stando di spalle. Haiiro lo guardò esterrefatto.
Ora, lui non aveva la minima idea di quale fossero le capacità medie di un giocatore di basket. Di certo aveva capito che Tetsuya, oltre ad amare quello sport, non era un giocatore qualsiasi. Ma… fare un tiro simile senza vedere il bersaglio? Era qualcosa che poteva rientrare nelle capacità di un giocatore, fosse pure uno eccezionale? Inoltre sembrava che, con quel tiro, gli volesse dire qualcosa.
“Beh, contando quando è cambiato il suo atteggiamento, anch’io riesco a capire come stanno le cose a grandi linee…” Ciò nonostante decise di stare ancora un po’ al gioco.
«Bel tiro.» Disse semplicemente andando verso il cesto con i palloni e ricuperando quello lanciato da Tetsuya.
“Dunque, la precisione non posso aumentarla in ogni caso. Ma se si tratta di pure capacità atletiche, è un’altra cosa.”
Evocò l’Ombra e la fece subito ‘entrare’ dentro di sé adoperando lo Shadow’s Puppet. Il tutto avvenne rapidamente, ma Haiiro a quel punto nutriva pochi dubbi sul fatto che Tetsuya si fosse accorto di quella stranezza. Senza contare che non poteva eliminare un’altra stranezza che avveniva utilizzando la sua seconda anormalità: ai piedi di Haiiro non si proiettava più nessuna ombra.
«Guarda.»
Haiiro si mise a correre verso il canestro opposto. Anche se aveva una buona resistenza, era tutt’altro che un velocista. Questo, almeno, di norma. Ma adesso che l’Ombra – Shero come la chiamava – era entrata in lui e sosteneva i suoi movimenti, le sue capacità atletiche erano migliorate e gli permisero di attraversare il campo in poco tempo. Poi Haiiro saltò.
Non era un ragazzo alto, anzi. Il sonno e una nutrizione sbilanciata – troppa caffeina per cominciare – avevano impedito una sua crescita ottimale. In pratica si attestava intorno al metro e sessantacinque. Se a questo si aggiungeva una scarsa preparazione atletica, se non nell’ultimo periodo, e la mancanza di allenamento nel basket, era ovvio che non potesse schiacciare. Questo, in situazioni normali. Ma con l’Ombra a sostenere il suo corpo e rafforzare i muscoli, Haiiro riuscì a raggiungere un’elevazione sufficiente per schiacciare. Purtroppo Shero non poteva sopperire alla sua inesperienza in quello sport e scarsa coordinazione, quindi il ragazzo sbagliò il momento in cui schiacciare la palla, che finì contro il cerchio di metallo e rimbalzò lontana.
“Riuscirò a metterla dentro almeno una volta, quella palla…”
Ma non ebbe il tempo di finire quel pensiero che si trovò con un altro problema: aveva preso la rincorsa con un tale impeto, che al momento di atterrare si ritrovò a carambolare per terra. Per fortuna che a judo gli avevano insegnato come cadere per evitare di farsi male…!
Ancora scosso dalla caduta, si rialzò in piedi con qualche difficoltà. L’ombra era di nuovo sotto le sue suole.
«Immagino che hai visto, Tetsuya, no?».