Una giocata casuale

Multipla chiusa - Vanclau & Tabris

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    Role tra Tabris_17 e Vanclau


    Haiiro Kugatsu
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    Non senza una certa soddisfazione, Haiiro guardò l’ora dal suo cellulare e confermò che era in anticipo. Si sentiva orgoglioso di quel piccolo traguardo. Per un motivo o per l’altro (tipicamente perché intento a bere uno o più caffè al Maid), arrivava al club di judo sempre al limite del ritardo. Ma quel giorno aveva ben venti minuti di anticipo. Un ottimo risultato.
    Così ottimo che il portone del club era ancora chiuso.
    “Mi sa che ho esagerato…”
    Decise di aspettare. Passarono cinque minuti e non arrivò nessuno. Ne passarono dieci, ma Haiiro continuava a essere l’unico studente di fronte alla porta del club di judo.
    “Strano, pensavo che il capitano con altri membri venisse prima al club per preparare l’attrezzatura.”
    Decise di farsi una passeggiata, che casualmente terminò di fronte alla più vicina macchinetta del caffè, e tornò indietro dopo aver donato qualche yen alla macchinetta del caffè e aver accresciuto la pila di bicchierini dentro il cestino dei rifiuti. Erano passati qualche minuto dall’ora standard dell’inizio del club, ma visto quanto aveva aspettato Haiiro si sentiva giustificato a ritardare.
    Ma la porta del club era ancora chiusa.
    “Eppure, l’ora è questa.” Confermò tirando fuori di nuovo il cellulare. Il suo sguardo stavolta rimase più a lungo sul display dell’apparecchio e dall’ora scivolò alla data. La dovette leggere più volte, prima di capire cosa non andasse.
    “Ah… oggi è mercoledì, non giovedì. Non ci sono lezioni del club.”
    Aveva sbagliato giorno. Tipico. Ma sconsolante. Rimase qualche secondo a osservare il cellulare, come se oltre a svelare perché quel giorno non ci fosse nessuno al club potesse rivelargli cosa fare in quel momento. Ma il cellulare si limitò ad accrescere di un minuto il conto dell’ora. Haiiro lo rimise in tasca e si mise a percorrere l’ala della scuola riservata ai club sportivi.
    Si domandò oziosamente se andare al Maid, oppure fermarsi a una macchinetta del caffè e tornare al suo appartamento a fare i compiti. Mentre la sua mente si trastullava su quel quesito, il suo corpo avanzava in modo pressoché automatico.
    “Se torno a casa posso mettere il cellulare sotto carica, altrimenti mi si scarica e… sì, ma chi è che mi chiama? Kasumi, no, è al club di arte, non vuole distrazioni… chissà se Tatsuya mi può contattare via telepatia...? A Galatea va bene, le basta mandare dei fiori... ma se c’è una nuova minaccia anormale, è necessario il mio intervento e non rispondo al cellulare… però in un modo o nell’altro faranno gli altri… Poi è così stancante…”
    Era in un tale stato mentale, non troppo dissimile dal suo usuale dormiveglia, quando udì il rumore di un pallone da basket che rimbalzava. Senza starci troppo a pensare, seguì quel suono e si affacciò a una delle palestre, quella adibita proprio al basket. Un ragazzo correva palleggiando, poi a poca distanza dal canestro prese in mano la palla e, fatti poco passi, saltò verso il canestro, mettendo dentro il pallone.
    Dal vano della porta Haiiro lo guardò, sempre in quel suo stato poco ludico, trasognante, con invidia.
    “Vorrei averla io una simile agilità…” Pensò tra sé rimanendo sempre lì ad osservare, in silenzio e quasi inerte.
     
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    Era una bella giornata per allenarsi, o almeno questo aveva pensato Tetsu, che pensava fosse sempre un buon momento per fare qualche palleggio in un campo di basket. Questo il motivo che lo aveva portato nella palestra e questo il motivo per cui stava esercitandosi con qualche semplice azione in palleggio concludendo con alcuni tiri; non aveva neanche veramente bisogno di usufruire delle sua “particolari abilità” in quel frangente, senza veri avversari da dribblare e con il canestro completamente sguarnito.
    La sua poca altezza non gli permetteva comunque di andare in schiacciata, ma per un playmaker specializzato nel rendere “più forti” i suoi compagni di squadra e nel tiro da tre punti non era una qualità indispensabile eseguire quello che per molti poteva essere l’azione più spettacolare del basket. Da anni ormai Tetsu preferiva fare bei passaggi e, se non possibile, andare a segno da fuori la linea dei tre punti, e per tutto il tempo durante il quale aveva giocato nella sua vecchia scuola il numero di assist fati surclassava di gran lunga quello dei punti segnati, cosa che rappresentava di gran lunga il suo stile di gioco considerando come di assist se ne potevano fare uno per volta mentre ogni canestro tranne i tiri liberi valeva minimo due punti.
    Dopo un buon terzo tempo conclusosi con la palla che si infilava quasi pigramente all’interno dell’anello di ferro, decise di fermarsi per riprendere un po’ il fiato, andando a una delle panchine e prendendo l’asciugamano bianco che usò per detergersi almeno in parte il sudore. Gli mancava far parte di una squadra, gli mancava giocare in partita e confrontarsi con avversari forti sul campo, e il club di basket che voleva fondare non aveva ancora trovato sufficienti membri. Poteva forse chiedere a Dazai di farne parte se fosse stato interessato, anche se sarebbe forse stato strano diventare compagno di squadra suo quando per anni si erano affrontati da avversati; c’erano anche Enma e Fuuta che inizialmente erano sembrati interessati, pur avendoli incontrati per un semplice errore sul volantino in lingua inglese con una E diventata una A.
    Immerso in quei pensieri non si era accorto subito di un’altra presenza nella palestra finché non si voltò proprio verso la porta d’ingresso, scorgendo in quel momento un ragazzo che lo stava guardando.
    «Scusa, non ti avevo visto.» Cosa strana da dire per Tetsu, la cui anormalità comprendeva una vista a 360 gradi, ma come a ogni persona normale anche a lui poteva sfuggire qualcosa se distratto. Avvicinandosi al giovane constatò che se non era suo coetaneo doveva avere massimo un anno in più o uno in meno, e che presentava due vistose occhiaie sul viso, come se non dormisse da giorni. Particolare che intrigò non poco la rinomata curiosità del giovane Sakurai, pur riuscendo a contenersi dal fare domande in proposito.
    «Posso aiutarti?» chiese poi sorridendogli. Poteva anche essere capitato lì guidato dal volantino sull’apertura di un club di basket, non era da escludere come possibilità, e Tetsu iniziò a sperare che non fosse di nuovo per un errore come era accaduto per Enma e Fuuta, anche se in quel caso aveva comunque trovato nei due ragazzi i suoi primi veri amici all’Hakoniwa.

    Legenda: Narrato - «Parlato» - "Pensato"

    «La vita è come il basket... Il risultato può cambiare in una manciata di secondi»


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    Haiiro Kugatsu
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    Dopo quell’azione, il ragazzo si diresse a una panchina, dove prese a detergersi il sudore con un asciugamano. Se non si fosse trovato in quel suo stato meditabondo e distratto, Haiiro se ne sarebbe andato in quel momento. Invece rimase fermo a fissare il pallone da basket con intensità, come se esso recasse, inscritto nelle linee e nei punti che ne ricoprivano la circonferenza, un messaggio segreto che doveva decifrare. In realtà era così immerso in pensieri confusi – quei pensieri che si hanno quando si è mezzi addormentati o con la mente altrove, che sul momento sembrano tanto importanti ma che il momento dopo neppure si ricordano – che il pallone praticamente non lo vedeva. Per lo stesso motivo, quando il ragazzo gli si rivolse chiedendogli scusa per non averlo visto, Haiiro ebbe un soprassalto e lo guardò come smarrito.
    «Posso aiutarti?»
    Haiiro rimase un attimo titubante, fissando quella faccia che, si accorse, sorrideva amichevolmente.
    “Aiutarmi… non è che mi serva qualcosa. Cioè, non so neppure io perché sono finito qua.”
    «Beh… no. Stavo solo… ecco, ho sbagliato giorno per l’attività al mio club – in realtà quello di judo non era proprio il suo club, formalmente non ne faceva parte, diciamo che si trovava in una zona grigia – quindi mi sono trovato senza nulla da fare e… sono arrivato qua. Guidato dal rumore di quella sul pavimento, immagino.» Dicendo «quella» indicò con un gesto vago della mano la palla da basket. Dalla palla fece poi vagare lo sguardo per tutta la palestra, rendendosi conto, per quella che gli sembrò la prima volta, di come a parte loro la palestra fosse vuota. Dagli spazi della palestra ritornò poi a guardare il ragazzo.
    “Pensavo fosse parte del club di basket, ma qui non c’è nessun altro tranne lui. Aspetta, non sarà che…?”
    «Per caso… anche tu hai sbagliato giorno per il club di basket e già che eri qua ti sei messo ad allenarti lo stesso?»
     
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    Sakurai Tetsuya
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    Il ragazzo sembrava perso nei suoi pensieri come poco prima lo era stato anche Tetsu, tanto che ebbe un sussulto quando il giovane cestista gli rivolse la parola, rispondendo poi che in realtà aveva semplicemente sbagliato giorno per l’attività del suo club giungendo lì attirato dal rumore del pallone da basket, o almeno così Tetsuya dedusse quando l’altro indicò l’oggetto che quasi pigramente ondeggiava sul terreno senza restare ferma in un punto ben preciso in seguito alla sua forma sferica.
    Il diciassettenne annuì come a voler far intendere di aver capito mentre riponeva l’asciugamano sulla panca tornando poi a guardare il suo interlocutore che stava riprendendo la parola, strappando un live sorriso a Tetsu che scosse la testa in segno di diniego.
    «Non esattamente» rispose alla domanda di lui. «Un club di basket ancora non esiste all’Hakoniwa, anche se vorrei fondarlo io stesso.»
    Riprendendo il pallone in mano, gli diede qualche lieve “spinta” cominciando a farlo ruotare sul dito indice della mano destra. Insieme al palleggio e alle basi del tiro, era stata una delle prime cose che aveva imparato a fare e che gli riusciva del tutto naturale come respirare. «Ma nonostante questo mi piace continuare ad allenarmi per tenermi in forma e perché amo questo sport» finì di rispondere. Certo gli sarebbe piaciuto allenarsi con qualcuno, ma non era riuscito a trovare Enma e Fuuta (e comunque non sapeva se sarebbero stati interessati) mentre Dazai era impegnato, quindi come del resto accadeva anche piuttosto spesso s’era ritrovato a esercitarsi in solitaria. Alla fine, comunque, che fosse in compagnia o da solo, l’unica cosa che importava veramente a Tetsu era di poter giocare a basket e migliorarsi. «Posso chiederti, per curiosità, di che club fai parte?» domandò infine, incuriosito dal fatto che quel ragazzo avesse sbagliato giorno per le attività, cosa che di certo (almeno secondo Tetsu) era alquanto inconsueta. In passato gli era capitato anche a lui di fare errori “simili” con gli allenamenti della sua squadra di basket, ma al massimo sbagliava orario arrivando quasi sempre con un paio d’ore d’anticipo, solo una volta gli era capitato di far tardi perché stava aiutando un compagno di classe con lo studio e aveva perso la cognizione del tempo; mai s’era ritrovato a sbagliare proprio il giorno.
    Il pallone alla fine fermò il suo moto rotatorio sul dito di Tetsu mentre quest’ultimo poneva il suo quesito all’altro ragazzo, andando prima a essere agguantato dalla mano del cestista per poi venire portato all’altezza del fianco, tenuto saldamente con il braccio.

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    Haiiro Kugatsu
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    A quanto pare la sua deduzione era sbagliata: il ragazzo non aveva sbagliato come lui il giorno di allenamento del club – ripensandoci si accorse che una cosa del genere doveva accadere piuttosto raramente – bensì un club di basket non esisteva di partenza.
    «Davvero non esiste? Credevo fosse uno sport piuttosto popolare. Non che sia un esperto o altro.» Aggiunse dopo una breve pausa. Il suo sguardo andò, quasi catturato, alla palla che ruotava sul dito del giocatore. Riuscire a mantenere la palla in equilibrio sulla punta del dito gli sembrava una sorta di magia o forse un’anormalità, invece era semplice abilità. Tenendo le braccia distese lungo il fianco, ma sporgendo il dito indice, gettò involontariamente uno sguardo alla sua mano destra, prima di cambiare posizione e portare le braccia dietro la schiena, stirandole.
    «Capisco…» rispose all’affermazione di lui sull’amare lo sport e volersi mantenere in forma. Mentiva, in parte: se poteva capire la parte del tenersi in forma, l’amore per una pratica sportiva era invece qualcosa di estraneo, che non riusciva ancora a comprendere.
    Mentre il pallone cessava i suoi giri e veniva agguantato dal ragazzo, questi gli fece una domanda.
    «Faccio parte del club di judo. Beh, non esattamente parte. Ho cominciato da poco a frequentarlo. Per mantenermi, anzi, per mettermi in forma. E per imparare a combattere. Anche se come vedi non sono il tipo più atletico che ci sia a scuola… né il più “sveglio” se è per questo.»
    Facendo un mezzo sorriso indicò con il suo indice destro le pesanti borse nere che portava sotto gli occhi, a chiarire il senso di quella battuta.
     
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    Sakurai Tetsuya
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    Tetsu ascoltò con attenzione le parole dell’altro ragazzo, ed effettivamente doveva dargli ragione. Il basket come sport era piuttosto popolare, anche se presumibilmente in nessuna parte del mondo raggiungeva la fama che aveva in America (luogo dove per altro un giorno sarebbe voluto andare solo per assistere dal vivo a una partita di NBA) ma evidentemente, almeno in quell’istituto, non dovevano essere molti gli amanti di quello sport dato che ancora nessuno aveva pensato di inserirne il club.
    Annuì quindi a quella constatazione. «Sì, la popolarità non gli manca ma sembra che qui non vada poi tanto per la maggiore» si limitò a commentare in risposta. Forse un giorno sarebbe riuscito a “convertire” altri al gioco che tanto amava, e in cuor suo sperava di esserci riuscito almeno un poco con Enma e Fuuta, ma per il momento doveva accettare che altre discipline risultavano più quotate come per esempio il calcio, che Tetsu non disprezzava guardare seppur non avrebbe saputo giocarlo, e il judo, club del quale sembrava far parte quel ragazzo.
    Soffocando una risata divertita alle sue seguenti affermazioni, non poté fare a meno di ammettere che quel tipo sembrava davvero avere una grande carenza di sonno a giudicare dalle occhiaie che presentava sul volto, una particolarità del suo aspetto che non era proprio passata inosservata a Tetsuya, sebbene aveva accuratamente evitato di far domande nascondendo la sua curiosità a tal proposito.
    Nonostante quanto dimostrato al Maid Café, dove doveva ancora ripagare un tavolino distrutto, Tetsu non era mai stato un tipo che amava particolarmente ritrovarsi in mezzo alle risse e non si poteva proprio definire come un amante di pratiche che comprendevano il colpirsi come fine ultimo, come appunto le arti marziali o la boxe; non aveva niente contro quelle discipline, certo, ma non rientravano tra le sue preferite.
    «Io comunque sono Sakurai Tetsuya, mi sono trasferito da poco quindi ancora non conosco molti altri studenti» si presentò infine lasciando che il pallone gli “scivolasse” dalla mano andando a rotolare per qualche metro lungo il campo prima di fermarsi.

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    Haiiro Kugatsu
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    Il sorriso di Haiiro si allargò. Era riuscito a provocare una risatina al giocatore di basket. Era un buon risultato. L’umorismo – quantomeno l’umorismo volontario, quello involontario era un’altra questione – non rientrava tra i punti forti del sognatore, quindi ne fu soddisfatto.
    “In effetti quand’è che ho fatto ridere altre persone? Sorridere sì, ma fare una battuta che faccia ridere…? Che sia la prima… no, di certo l’ho già fatto. Ad esempio… ad esempio… vediamo, mi tornerà in mente… Magari uscendo con Kasumi, o quando mi sono incontrato con Enma o con Tatsuya o con Satomi o con Goro… no, con Goro di certe non è accaduto. Non può essere accaduto e se è accaduto doveva essere un sogno. Non riesco neppure a immaginare un Goro che ride. Però forse la sua fidanzata potrebbe riuscire in questa impresa impossibile?”
    Fu la palla che rimbalzava a piccoli balzi sul terreno a riportare la sua mente al presente e alle parole che l’altro studente – Tetsuya, come riuscì a capire anche per l’assonanza con un suo conoscente – gli stava rivolgendo. Si era presentato. E che cosa si faceva quando qualcuno si presenta? Questo Haiiro lo sapeva: ci si presentava a propria volta.
    «Haiiro Kugatsu» disse facendo in risposta alla presentazione del ragazzo un leggero movimento con testa e parte superiore del busto, in una sorta di inchino.
    «Uno studente trasferito, eh? Lo sono stato anch’io, quello che sembra molto tempo fa…» Dopo aver pronunciato quella frase fu a un passo dal perdersi di nuovo nei suoi pensieri e fantasticherie, ma con uno sforzo di volontà riuscì a riportare la concentrazione in campo.
    «Ehm… sì. Quello che voglio dire è che in questo istituto si trovano un sacco di persone interessanti da conoscere. Che tu lo voglia o meno.»
    Prese a camminare per il perimetro del campo. Così, senza un motivo preciso.
    “Uhm… ora che mi viene in mente quel “che tu lo voglia o meno” non suona bene. Avrei potuto dirgli qualcosa sulla linea del “gli incontri e le conoscenze speciali qui non ti mancheranno” e così via. Mah, ormai è tardi.”
    Mentre pensava a cos’altro avrebbe potuto dire, si accorse di aver afferrato il pallone e di starlo rigirando tra le mani. Già che c’era, provò a fare un tiro. Aveva imparato le basi del basket alle lezioni di educazione fisica, quindi più o meno sapeva come si faceva. O almeno così credeva. Prese la palla con entrambe le mani e, portandola dietro la testa, la tirò verso il canestro. Il tiro fu insieme troppo potente e completamente decentrato, superando di gran lunga il canestro, sbattendo contro la parete, rimbalzando come per vendetta indietro, ma non verso Haiiro bensì verso Tetsuya – fortunatamente non troppo forte.
    Intanto Haiiro fissava, più irritato che sconsolato, il canestro mancato di larga misura.
    «Cos’è che ho sbagliato?»
     
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    Sakurai Tetsuya
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    Tetsuya non avrebbe saputo esattamente come interpretare l’ultima parte della frase di Haiiro, così si era presentato il ragazzo, ma per sua fortuna ebbe modo di non andare avanti con il discorso notando come il ragazzo avesse appena preso il pallone e sembrasse apprestarsi a provare un tiro.
    Tetsu si fece immediatamente attento, limitandosi a osservare la postura del ragazzo quasi con sguardo clinico e vedere se quel pallone sarebbe entrato o meno nel cerchio di ferro del canestro. Dopo qualche attimo il tirò partì e al giovane fu immediatamente chiara sia l’eccessiva forza sia l’imprecisione nel tentativo; come si stava aspettando, infatti, la palla non arrivò neanche a colpire il tabellone finendo sulla parete dietro il canestro e rimbalzando nella sua direzione. Nonostante la potenza del tiro di Haiiro, il pallone di rimbalzo giunse lentamente verso Tetsu che lo fermò semplicemente alzando la mano destra che venne immediatamente portata con il palmo verso l’alto per impedirgli di rimbalzare a terra. Un pallone da basket era decisamente più pesante di una palla da calcio, cosà che facilitava non di poco il rallentamento dello stesso se veniva respinto da qualcosa di statico come un muro; di certo se si fosse trattato di un pallone da calcio calciato con forza avrebbe potuto forse fermarlo ma senza poter raccoglierlo al volo con una sola mano.
    Il cestista ascoltò attentamente la domanda di Haiiro senza avere una vera certezza che fosse rivolta a lui o un semplice quesito retorico, ma decise comunque di rispondere.
    «Innanzitutto la postura del corpo e la posizione del pallone tra le mani» spiegò afferrando la palla con entrambi i palmi e piegandosi leggermente sulle ginocchia per mostrare ad Haiiro come avrebbe dovuto fare. «Il pallone lo tieni in questo modo» continuò posizionando la mano destra sotto la sfera e quella sinistra sul “fianco” come a formare una specie di T. «Ovviamente ciò dipende dalla tua mano dominante. Io sono destrorso, ma se sei mancino le inverti» aggiunse.
    Preparandosi ad eseguire un tiro, continuò la spiegazione. «La maggior parte della potenza deve essere indirizzata verso l’alto e la palla va sollevata in questo modo.» Quelle parole vennero accompagnate da un lieve movimento delle braccia che si portarono poco sopra la testa di Tetsu e comunque in una posizione più avanzata rispetto al resto del corpo. «Nell’esecuzione ricordati solo che per dare maggiore precisione è sempre meglio fare in modo che la palla abbia una buona rotazione in aria, ed è l’indice della mano a dare quel moto rotatorio, essendo l’ultimo dito che deve lasciarla.»
    Una breve pausa prima di continuare.
    «Infine, ma non per importanza, ci sono vari punti del canestro che devi mirare per aiutarti a far entrare il pallone.» Terminata quella frase eseguì il suo tiro. Appena lasciate le mani del giovane, la palla eseguì una parabola verso l’alto arrivando a scendere poi verso il canestro, nel quale si insaccò dopo aver sbattuto leggermente contro il tabellone. Sorrise. Per quella dimostrazione si era limitato a utilizzare le sue capacità da cestista senza ricorrere ad alcuna capacità sovrannaturale dovuta alla sua Anormalità, o magari sarebbe anche riuscito a far entrare il pallone senza il rimbalzo sul tabellone, ma per una dimostrazione riteneva fosse meglio così. Certo avrebbe potuto tentare di farlo pur senza alcuna capacità anormale, non era impossibile, ma la difficoltà sarebbe stata maggiore e preferiva andare sul sicuro.
    «Tranne che dalla posizione del tiro libero è sempre meglio accompagnare il tutto con un salto per dare più forza alle braccia.» Si diresse verso il canestro e riprese il pallone. «E a seconda della posizione da dove tiri devi mirare a questi precisi punti» aggiunse subito dopo indicando per primo il piccolo quadrato dipinto sul canestro. «Se tiri da fermo o in movimento da una posizione decentrata miri all’angolo più vicino del quadrato. Se sei più centrato miri al lato alto dello stesso.» Partendo da sotto il canestro, infine Tetsu si spostò verso la sua destra, da una posizione dal quale nel suo campo visivo il tabellone appariva quasi completamente di profilo e non poteva vedere il quadrato. «Da qui, invece, miri al “secondo ferro”, ovvero la parte del cerchio di ferro più lontana dalla tua posizione.»
    Tornato vicino ad Haiiro sorrise porgendogli il pallone. «Per chi non gioca a basket come sport posso capire se sono molte informazioni da assimilare tutte insieme, ma a parte la teoria che ti ho appena spiegato credo che la cosa migliore sia la pratica.» Scrollò le spalle. «E poi questo è il tiro classico che insegnano in ogni scuola di basket, ma ci sono giocatori professionisti che hanno un loro modo di tirare personalizzato che non segue tutte queste nozioni teoriche e fanno comunque entrare il pallone nel canestro.»

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    Siccome ho deciso di tornare mi sembrava giusto risponderti visto che la role non è stata chiusa, anche se non so se vuoi comunque continuarla ^^'' Anyway, mi scuso se forse mi sono dilungato un po' troppo nella spiegazione fatta da Tetsu ma in parte rischiava di venirmi un post troppo corto ed essendo io un ex giocatore di basket credo di essermi lasciato prendere un po' la mano XD


    Edited by Vanclau - 9/12/2018, 12:27
     
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    Haiiro Kugatsu
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    Haiiro ascoltò con attenzione – sottinteso, con quanta più attenzione fosse per lui possibile – Tetsuya spiegarli i movimenti giusti per tirare il pallone.
    «Innanzitutto la postura del corpo e la posizione del pallone tra le mani.»
    Haiiro annuì e imitò la posizione del cestista, piegando le ginocchia e tenendo tra le mani un ipotetico pallone.
    «Il pallone lo tieni in questo modo.»
    Annuì, di nuovo, e cambiò la posizione delle sue mani come mostrato.
    «La maggior parte della potenza deve essere indirizzata verso l’alto e la palla va sollevata in questo modo.»
    Visto che non c’è due senza tre, il Sognatore annuì una terza volta e, per una terza volta, imitò il movimento di Tetsuya, portando le braccia sopra il proprio corpo.
    «Nell’esecuzione ricordati solo che per dare maggiore precisione è sempre meglio fare in modo che la palla abbia una buona rotazione in aria, ed è l’indice della mano a dare quel moto rotatorio, essendo l’ultimo dito che deve lasciarla.»
    E fu da questo punto in poi che Haiiro perse il restante discorso del ragazzo e si limitò ad ascoltarlo senza sentire e ad annuire quanto qualcosa nel tono di Tetsuya gli faceva intendere che si dovesse annuire.
    Alla fine Tetsuya recuperò il pallone con cui aveva fatto canestro e lo porse ad Haiiro.
    «E poi questo è il tiro classico che insegnano in ogni scuola di basket, ma ci sono giocatori professionisti che hanno un loro modo di tirare personalizzato che non segue tutte queste nozioni teoriche e fanno comunque entrare il pallone nel canestro.»
    «Quindi finché faccio canestro posso ignorare tutte queste indicazioni?»
    Disse subito speranzoso Haiiro. Ma l’attimo successivo si rabbuiò. Visto il suo tentativo di canestro precedente, era ovvio che una cosa simile non potesse funzionare.
    Per infrangere le regole, bisogna conoscere le regole: così gli aveva insegnato la regina stessa delle infrazioni. Per creare un tiro personale doveva quantomeno conoscere la base dei tiri 'accademici'.
    “No, di partenza perché sto pensando di creare un mio tiro? Mica voglio mettermi a giocare a pallacanestro o altro…” Rifletté tra sé osservando il pallone ancora nelle mani di Tatsuya.
    “Però il pensiero di un tiro intitolato a me stesso non è male. Il “tiro Haiiro”… suona pure bene.” Pensò mentre afferrava il pallone offertogli.
    «Dunque, ginocchia piegate e mani in questa posizione…»
    Così mormorando Haiiro imitò i movimenti che aveva visto prima compiere da Tetsuya e lanciò la palla verso il canestro. Appena lasciò le sue mani, capì che il tiro era stato decisamente migliore del primo che aveva eseguito. Mentre prima aveva tirato quasi a caso, adesso gli pareva di star seguendo nei movimenti di quel tiro un binario già tracciato, costruito nel modo più semplice e insieme efficace possibile. La palla compì una parabola non troppo dissimile da quella del tiro di Tetsuya, ma sbilanciata verso l’alto e verso sinistra. Abbastanza perché, colpito il tabellone, rimbalzasse non dentro il canestro ma sull’estremità esterna dell’anello e di là verso il campo.
    «Prendo io la palla…» Disse Haiiro a Tetsuya. Era insieme soddisfatto per il tiro molto migliore del precedente e irritato per avere mancato di poco il canestro. Il pallone intanto stava ancora rimbalzando per il campo. Haiiro allungò la mano per afferrarlo... e lo mancò di poco. Shero, invece, l’ombra che grazie alla sua seconda anormalità poteva evocare – quando, come in quel caso, non si auto-invocava lei stessa – afferrò al balzo la palla e la ripassò ad Haiiro che, sorpreso, rischiò di vedersela finire sul naso. L’Ombra, come era comparsa, scomparve subito dopo, mentre il ragazzo rimase lì a guardare il punto in cui si era concretizzato, inebetito.
    “Possibile che quella dannata ombra debba comparire e scomparire come voglia lei?! E sempre in presenza di altre persone?! Non sa che la base per i poteri sovrannaturali segreti è di rimanere segreti?!”
    Aveva voglia di gridare, di infuriarsi con l’Ombra, di rievocarla al solo e unico scopo di prenderla a pugni (cosa inutile in quanto essa non provava dolore e poteva rigenerarsi, ma forse l’avrebbe fatto sfogare un po’). Tuttavia non poteva: dietro di lui c’era ancora Tetsuya. Sperava che il cestista non si fosse accorto di quella misteriosa apparizione, o che essa fosse stata talmente tanto breve e impossibile da convincerlo di aver avuto le traveggole. Per esperienza personale, dubitava che le cose sarebbero andare così lisce.
    Si girò verso di lui – restare là fermo sarebbe stato ancora più sospetto – e gli sorrise nervosamente, camminando nella sua direzione e provando qualche maldestro palleggio.
    «Strani giochi di luce e ombre che si vedono a quest’ora, non è così?»
    Fu la prima, assurda cosa che gli venne da dire raggiunto Tetsuya. Appena l’ebbe pronunciata capì di essersi fregato con le sue stesse mani.
     
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    Haiiro parve aver ascoltato quanto spiegato da Tetsu e sembrava intenzionato a riprovare, così il giovane cestista si limitò a osservare quasi con sguardo clinico ogni movimento dell’altro ragazzo, ritrovandosi anche ad annuire in un paio di occasioni laddove si poteva già intuire una migliore postura del corpo.
    Alla fine tirò e gli occhi di Tetsu seguirono la parabola tracciata dal pallone che, sebbene l’esecuzione era stata di gran lunga migliore, finì per colpire il tabellone e l’anello esterno del canestro senza insaccarsi, andando a rimbalzare sul terreno. Tetsu comunque sorrise compiaciuto. Non c’era stato alcun canestro ma comunque il tiro aveva giusto bisogno di qualche piccolo accorgimento come minore forza e l’aggiustamento della mira.
    Prima ancora che potesse muoversi per andare a prendere il pallone, però, Haiiro lo anticipò muovendosi verso lo stesso e fu in quel momento che qualcosa di incredibile accadde di fronte agli occhi di Sakurai Tetsuya. Il ragazzo era infatti convinto che Haiiro nell’allungare la ano avesse solo sfiorato il pallone ma quello misteriosamente dopo essersi allontanato sembrava essere tornato indietro “come un boomerang” o qualcosa del genere, seguito da una strana ombra che un momento dopo era sparita. In condizioni normali Tetsu avrebbe pensato di essere solo stanco o che si fosse trattato di una semplice illusione ottica dovuta alla luce, come lo stesso Haiiro stava suggerendo, ma Tetsu non era proprio di quell’avviso, e non solo perché conosceva le Anormalità; o forse era meglio dire che quella sua conoscenza di poteri speciali costituiva solo parte del motivo del suo scetticismo. Infatti non era stato il “conoscere l’esistenza delle Anormalità” a suscitare in lui il dubbio di quel che aveva appena visto ma il “possedere lui stesso un’Anormalità.” Tetsuya era assai sicuro di aver visto il pallone allontanarsi in un primo momento, e sebbene le sue previsioni non avevano una sicurezza del 100% dei semplici fenomeni che in qualche modo potevano essere considerati ambientali o scientifici non potevano interferire con le stesse, questo perché sempre comprese nell’equazione, quindi la risposta doveva trovarsi in qualcosa di cui Tetsu non era a conoscenza in quel momento, e non poteva essere una semplice illusione.
    «Tu dici?» rispose con tono non troppo convinto sistemandosi meglio gli occhiali sul naso con l’indice destro. «Ma come potrebbe esserci un “gioco di luci e ombre” in una palestra chiusa con un’illuminazione da soffitto che non lascia poi così tanta ombra?» Il tono di Tetsu lasciava trasparire semplice constatazione per un fatto per lui piuttosto ovvio. Dopo quelle parole sorrise dirigendosi a una cesta dove giacevano altri palloni da basket e prendendo il primo che gli era capitato sotto mano, per poi voltarsi nuovamente verso Haiiro. «Voglio farti vedere una cosa» disse semplicemente eseguendo un unico e fluido movimento del braccio e facendo partire il pallone alle sue spalle. Questo compì una parabola ad attraversare tutto il campo da lato lungo a lato lungo fino a ricadere esattamente in un’altra cesta che si trovava da quelle parti piena di palloni da pallavolo. Non era poi un’impresa così difficile, in condizioni normali per qualcuno che sapeva giocare a basket, di certo un bersaglio più semplice di un canestro, ma farlo senza guardare poteva consistere in una ben più ardua impresa e Tetsu non era proprio solito essere “vanitoso” delle sue abilità, ma voleva vedere la reazione di Haiiro a quell’azione per lui tanto naturale e ovviamente aveva visto la posizione esatta della seconda cesta con l’utilizzo della sua Anormalità, consentendogli di tirare quasi come se la stesse vedendo direttamente.

    Legenda: Narrato - «Parlato» - "Pensato"

    «La vita è come il basket... Il risultato può cambiare in una manciata di secondi»


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    Tetsuya non si mostrò particolarmente convinto dall’affermazione di Haiiro… il che, considerando che neppure Haiiro lo era, non risultava affatto sorprendente.
    «Tu dici? Ma come potrebbe esserci un “gioco di luci e ombre” in una palestra chiusa con un’illuminazione da soffitto che non lascia poi così tanta ombra?»
    «Uhm…»
    Lasciando uscire quell’esclamazione dubbiosa, Haiiro girò lo sguardo al soffitto, appoggiando la mano destra, pollice e indice, sul mento, e rifletté su quella questione, per lui piuttosto oscura.
    Alla fine riportò l’attenzione al cestista e disse solo, in tono serio: «Mi spiace, non sono ancora arrivato all’ottica in scienze.»
    Quello decise di provare con un altro approccio. Preso un altro pallone dalla cesta, gli disse solo: «Voglio farti vedere una cosa», poi tirò la palla. Da campo a campo. Proprio dentro un’altra cesta. E, soprattutto, stando di spalle. Haiiro lo guardò esterrefatto.
    Ora, lui non aveva la minima idea di quale fossero le capacità medie di un giocatore di basket. Di certo aveva capito che Tetsuya, oltre ad amare quello sport, non era un giocatore qualsiasi. Ma… fare un tiro simile senza vedere il bersaglio? Era qualcosa che poteva rientrare nelle capacità di un giocatore, fosse pure uno eccezionale? Inoltre sembrava che, con quel tiro, gli volesse dire qualcosa.
    “Beh, contando quando è cambiato il suo atteggiamento, anch’io riesco a capire come stanno le cose a grandi linee…” Ciò nonostante decise di stare ancora un po’ al gioco.
    «Bel tiro.» Disse semplicemente andando verso il cesto con i palloni e ricuperando quello lanciato da Tetsuya.
    “Dunque, la precisione non posso aumentarla in ogni caso. Ma se si tratta di pure capacità atletiche, è un’altra cosa.”
    Evocò l’Ombra e la fece subito ‘entrare’ dentro di sé adoperando lo Shadow’s Puppet. Il tutto avvenne rapidamente, ma Haiiro a quel punto nutriva pochi dubbi sul fatto che Tetsuya si fosse accorto di quella stranezza. Senza contare che non poteva eliminare un’altra stranezza che avveniva utilizzando la sua seconda anormalità: ai piedi di Haiiro non si proiettava più nessuna ombra.
    «Guarda.»
    Haiiro si mise a correre verso il canestro opposto. Anche se aveva una buona resistenza, era tutt’altro che un velocista. Questo, almeno, di norma. Ma adesso che l’Ombra – Shero come la chiamava – era entrata in lui e sosteneva i suoi movimenti, le sue capacità atletiche erano migliorate e gli permisero di attraversare il campo in poco tempo. Poi Haiiro saltò.
    Non era un ragazzo alto, anzi. Il sonno e una nutrizione sbilanciata – troppa caffeina per cominciare – avevano impedito una sua crescita ottimale. In pratica si attestava intorno al metro e sessantacinque. Se a questo si aggiungeva una scarsa preparazione atletica, se non nell’ultimo periodo, e la mancanza di allenamento nel basket, era ovvio che non potesse schiacciare. Questo, in situazioni normali. Ma con l’Ombra a sostenere il suo corpo e rafforzare i muscoli, Haiiro riuscì a raggiungere un’elevazione sufficiente per schiacciare. Purtroppo Shero non poteva sopperire alla sua inesperienza in quello sport e scarsa coordinazione, quindi il ragazzo sbagliò il momento in cui schiacciare la palla, che finì contro il cerchio di metallo e rimbalzò lontana.
    “Riuscirò a metterla dentro almeno una volta, quella palla…”
    Ma non ebbe il tempo di finire quel pensiero che si trovò con un altro problema: aveva preso la rincorsa con un tale impeto, che al momento di atterrare si ritrovò a carambolare per terra. Per fortuna che a judo gli avevano insegnato come cadere per evitare di farsi male…!
    Ancora scosso dalla caduta, si rialzò in piedi con qualche difficoltà. L’ombra era di nuovo sotto le sue suole.
    «Immagino che hai visto, Tetsuya, no?»
     
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