Posts written by Darkdesire.em

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    Ma benvenuta! Te l'hanno già detto ma spero che potrai trovarti bene qui da noi ^^ I master sono a tua disposizione per tutto, soprattutto per aiutarti nella fase iniziale di creazione della scheda immagino (è un invito a schiavizzarli, soprattutto Cello, prenditela in particolare con lui anche solo per sfogare la tua frustrazione), e per il resto se hai domande puoi chiedere a chiunque qui dentro, penso che saremo tutti felici di rispondere :D
    Ad ogni modo, siamo felici di vedere un volto nuovo che possa portare una ventata di aria fresca, e se non hai idea di a chi rivolgerti per fare una ruolata introduttiva hit me up, sono più o meno la portinaia del forum e sono fiero di esserlo u.u
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    wXGLPEf
    Enma

    Uh... dove... dove siamo?.
    Avevo finalmente ripreso conoscenza, senza in realtà sapere quanto per quanto tempo l'avessi persa. Mi ritrovai sdraiato a terra in una stanza grigia e buia, la schiena appoggiata ad un muro marcio; di fianco a me Satomi stava controllando i miei valori vitali per assicurarsi che stessi bene. Mi girava ancora la testa per il forte senso di nausea che provavo a causa dei ripetuti colpi che avevo subito poco prima, ma ora almeno riuscivo a tenere insieme i pensieri.
    Ringraziai la ragazza che mi aveva tratto in salvo, che mi rispose con un cenno cordiale e un'espressione preoccupata. Ho lasciato due nostre copie olografiche e ci ho resi invisibili, non lo distrarranno per molto, ma almeno per ora siamo salvi. Ora dovremmo pensare a cosa fare, ce la fai a rialzarti?
    Risposi alzandomi in piedi, dimostrando di averne ancora la forza. Il problema principale era mantenere l'equilibrio, forse non sembra ma un colpo ben assestato allo stomaco può davvero debilitare una persona.
    Se quello che dice corrisponde al vero, allora non devono essere passati che pochi minuti, quindi non ho perso troppo tempo. Forse possiamo ancora trovare Fuuta.
    Controllai alle mie spalle e vidi con piacere che l'ombra non mi aveva ancora lasciato, ma notai che sembrava più piccola e incattivita del solito. Ricordai immediatamente i fendenti di luce che fino a qualche minuto prima l'avevano squarciata senza darle tregua, ma non credevo che potessero ridurla in questo stato. Per la prima volta provai dispiacere a vedere l'incarnazione della mia sfortuna messa in difficoltà, e provai una rabbia tanto forte che mi chiesi se non fosse in realtà la sua.
    Già, dovremmo pensare a cosa fare,e in fretta. Per ora dovremmo- La stanza era così buia che non mi accorsi di aver calpestato qualcosa che emise un lungo e forte squittio. Non feci neppure in tempo ad accorgermi di ciò che era successo che qualcosa mi assestò un colpo talmente potente da scaraventarmi contro l'altro lato della stanza aprendo un piccolo varco verso l'esterno; il grido di Satomi riecheggiò tra le macerie che avevo creato con l'urto, mentre la luce inondò una delle stanze giochi.
    E di nuovo dalla polvere si levò la voce più irritante che si possa immaginare. Non sei molto bravo a nascondino, vero?
    Satomi cercò di attivare i suoi poteri per proteggermi ma probabilmente non fece in tempo perchè Ryuji convocò immediatamente l'angelo alle sue spalle, che riuscì a bloccarla sul posto. Come faceva ad essere così potente era un mistero per me.
    Maledetto... gridai a denti stretti, un rivolo di sangue colava dalla fronte rigandomi il volto. Quando Ryuji lo notò cambiò espressione per un millesimo di secondo, fu tanto rapido che pensai di essermelo immaginato ma mi parve di scorgere preoccupazione nei suoi occhi.
    Ah, che fortuna! Non ti sei fatto troppo male. Per un attimo ho creduto di averti danneggiato in modo irreparabile, sei così fragile. Nostro Padre mi avrebbe sicuramente sgridato se ti avessi ucciso ora, e non mi va di subire il trattamento. Ad ogni modo stai bene, ed è questo ciò che conta.
    Si avvicinò a passo lento a me, consapevole di avere tutto il tempo del mondo, e quando mi mossi per combattere e impedirgli di avvicinarsi venni nuovamente inchiodato al muro da una sorta di appendice luminescente che partiva dalla schiena dell'angelo, ancora intento a bloccare Satomi.
    Come hai fatto a trovarci così in fretta...?
    Lui si fermò sorpreso a un passo da me, e sorrise. Ah, beh passavo di qua e vi ho scovati per caso. Quando la tua amica ha creato quegli ologrammi è riuscita a fermarmi per un po', erano davvero convincenti, peccato che bastasse toccarli per accorgersi del trucco. Non so come abbia fatto a sfuggirmi in quel modo, ma poteva essere andata solo in una delle due ali dell'edificio, peccato che quelle lì fuori abbiano fatto un tale casino che quella a sinistra è completamente andata... poco male, mi hanno risparmiato di controllare lì, dunque sono andato a destra ed eccomi qua. Dovresti fare più attenzione ai giocattoli che trovi qui, Enma, alcuni di questi potrebbero essere i miei.
    A quell'affermazione strinsi pugni e denti per la rabbia che mi assaliva. Come osi!? Questo posto maledetto... tu non sai cosa voglia dire essere vissuti qui. L'ultima volta che questo posto ha accolto dei poveri bambini è stato quando io e gli altri siamo fuggiti... da allora questo posto ha smesso di operare come orfanotrofio, lo avevamo ridotto come vedi ora pur di fuggire... ricordo tutti quelli con cui sono scappato, e tu non eri tra di loro! Non infangare la loro memoria, bastardo!
    La risata in cui scoppiò dopo questa mia affermazione servì solo a farmi irritare ancora di più. Era assurdo pensare che un ragazzo appena conosciuto potesse irritarmi così tanto, e quella rabbia unita alla copiosa perdita di sangue contribuivano al mio giramento di testa, tanto che cominciavo a vedere sfocato.
    TU vieni a dire a ME che non ho idea di come sia vivere qui?! Disse, e la sua risata si trasformò in un grugnito mentre mi assestò un pugno alla mandibola. Non infangare oltre la mia esistenza, Enma.
    Sotto lo sguardo impotente di Satomi io ero alla mercè di Ryuji. La ragazza si dimenava e cercava continuamente di attivare i suoi poteri, ma qualcosa glielo impediva e tutti i suoi sforzi andavano a vuoto. Ryuji la osservò dimenarsi per poi spiegarle quanto fosse inutile provarci, l'uomo che chiamava "Padre" aveva dedicato la sua vita a studiare le Anormalità e aveva sviluppato delle contromisure adeguate, di cui ora Ryuji era in possesso. Quell'angelo teneva ferma Satomi, ma tramite un attrezzo strano era anche in grado di annullare i suoi poteri. Prima che potessi chiedermi se ciò avesse influito anche sui miei lui mi assestò un altro pugno sul volto, ma questa volta colpì una striscia nera che si era allungata fino alla mia guancia.
    Oh-ho, a quanto pare qualcuno qui si rifiuta di lasciarti andare. Tanto verrai con me, che tu lo voglia o no. Opporre resistenza è inutile.
    L'ombra si ritirò tremando, non l'avevo mai vista così piccola e tenace, ma credo avesse raggiunto il suo limite. Ryuji parlò di nuovo, come se mi potesse leggere nel pensiero.
    So cosa ti stai chiedendo. Rifletti: come potrei disattivare il potere che mi sta dando tutta questa forza? Io e te siamo uguali, eppure completamente differenti, tu produci infinita sfortuna da te stesso, mentre io raccolgo la negatività intorno a me e la trasformo in fortuna, tutta per me. A che serve la forza quando sei l'essere più fortunato del mondo? La risata con cui accompagnò queste parole non aveva nulla di naturale, echeggiò nella mia anima e mi scosse nel profondo. In un attimo capii: non avevo speranze contro una persona che sembrava nata per contrastarmi, solo il fatto di stargli vicino mi rendeva il suo generatore personale di forza, lo rinvigorivo con la mia mera esistenza...
    Quando anche l'ombra perì sotto la scarica di pugni del ragazzo e si ritrasse definitivamente un ghigno soddisfatto illuminò il suo volto. L'angelo scaraventò Satomi fuori in cortile e si dissipò lasciandoci soli. Ora che sei stato reso innocuo, che ne dici di venire a trovare quella ragazza?
    Fuuta!.
    Proprio lei!
    Dimmi come sta, dimmi che è viva! Grugnii io puntando i miei occhi su di lui, come a incenerirlo con lo sguardo. Era proprio ciò che avrei voluto fare in quel momento.
    Lui fece un cenno con la testa e come rinvigorito solo dal sapere che era viva mi rialzai in piedi. Ryuji non indietreggiò, era consapevole della disparità di livello tra noi due e sapeva che non avrei tentato di attaccarlo. Mi invitò a uscire da quella stanza, attraverso la porta alle sue spalle e non il buco dietro le mie, sfoggiando il suo sorriso più beffardo, e mi pregò di precederlo.
    Una volta nei corridoi mi scortò verso lo scantinato, la porta nel sottoscala, dove stavo per entrare assieme a Satomi. Pensai che lì dentro avrei potuto trovare chiunque e qualunque cosa: l'uomo che chiamava Padre o un gruppo di Eater, o chissà che altro, ma niente di ciò che immaginavo era positivo; il mio istinto mi gridava di non fidarmi, ma non volevo dargli ascolto, avrei dato qualunque cosa pur di ritrovare Fuuta...

    * * *


    Sebbene Satomi fosse stata lanciata fuori dall'edificio, era difficile chiarire in quale parte del cortile fosse finita: questo era stato infatti completamente distrutto dai colpi di Anne e Galatea, l'insieme dei loro attacchi elementali aveva bruciato gli alberi morti, le piante secche, l'erba ingiallita e persino le mura esterne e i cancelli. Solo l'edificio in sè rimaneva ancora in piedi, anche se per miracolo; tuttavia, se anche le due ragazze fossero riuscite a entrare non avrebbero avuto alcun modo di scoprire in quale stanza segreta fossero finiti Ryuji ed Enma.
    Neppure Satomi avrebbe potuto raggiungerli con i suoi poteri, infatti la stanza nel seminterrato in cui stavano andando era stata completamente isolata da qualsiasi potere anormale.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Stremato
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Lividi e perdita di sangue :Status Fisico
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    CITAZIONE
    Meito prese in spalla il ragazzo e se lo portò dietro fino alla torre, ignorando gli appelli del suo Master di lasciarlo andare. Enma dovette trattenere la risata che minacciava di scappargli di bocca, ma era rincuorato dal non essere l'unico ad avere a che fare con un personaggio piuttosto problematico. Lui e il suo Servant, accorsero velocemente dietro di loro, accelerando il passo non appena la vetta del grattacielo scomparì fra le ombre nere e qualche guizzante luce rossa.
    Una cosa particolare che notò era che più si avvicinavano e più chiaramente avvertiva una forte energia provenire da lassù, ma non sembrava avere un'unica fonte, era come se quell'enorme ammasso di mana fosse generato da più entità diverse... un brivido lo percorse pensando che stava andando incontro ad una sorta di nido di Servant. Considerando che la guerra era in corso e che non più di cinque minuti prima aveva incontrato un altro mago con una di queste entità gli sembrava plausibile che si trattasse di un gruppo di Servant (o così sperava, non avrebbe mai voluto incontrare un gruppo di maghi ognuno con l'energia di un Servant), e anche se dirigersi lì significava potenzialmente entrare in una battle royale doveva avvicinarsi almeno per carpire informazioni. Quando ancora gli sarebbe capitato di trovare così tanti Servant insieme, ammesso che fossero tali, senza che questi sapessero della sua esistenza?
    Ad un tratto una intensa luce sembrò squarciare per un istante quel velo di tenebre, e anche Enma percepì che qualcosa era cambiato in quell'energia, ma tutto ciò lo rendeva ancora più agitato. Quel fascio non prometteva niente di buono, e nessuno gli assicurava che chi lo aveva lanciato sarebbe stato amichevole con lui.
    Quando furono sufficientemente vicini intimò al proprio Servant di fermarsi, ordine al quale lei obbedì immediatamente.
    Master?
    Non avviciniamoci oltre, non sappiamo chi sono e di cosa sono capaci. Sicuramente non è di una persona sola, ma c'è così tanta energia che nessuno potrebbe individuare ogni singola fonte senza averla davanti, il che può giocare a nostro vantaggio. Tu riesci a vedere qualcosa?
    Lei si portò le mani alla fronte e assottigliò le palpebre cercando di osservare il tetto del grattacielo dalla sua base, ma la frangetta bionda che continuava a caderle davanti agli occhi le impediva di vedere chiaramente. No....
    Enma alzò gli occhi al cielo, sperava che la sua fisionomia preternaturale le avesse donato anche una buona vista, e magari era anche vero, ma forse il Graal nell'evocarla si era preso qualcos'altro da lei. Lui allora si mise di fianco a lei e guardò in alto, con l'aria di chi deve fare tutto da solo perchè nessuno lo aiuta, ma fu lì che venne colpito da qualcosa di duro e pesante e si ritrovò a terra.
    Master! Il grido del suo Servant era accompagnato da un tonfo, lei aveva tirato un calcio a quella cosa che lo aveva colpito e che lo costringeva a terra. Ora Enma si sentiva più leggero e poté rialzarsi. Di fronte a sé aveva un essere strano e indefinito, sembrava il rimasuglio di una persona, era completamente nero e la prima cosa a cui lo associò fu un'ombra. Non era particolarmente agile, ma dalla sua forma non riusciva a comprendere come potesse essere così duro e pesante, sembrava ben più morbido alla vista.
    Stai bene, Master?
    Sì, sì, sto bene. Grazie. Non capisco, da dove è saltata fuori una cosa del genere? Che sia...?
    Puntò di nuovo lo sguardo alla vetta del palazzo e le vide: da quella grande nube nera, che ora aveva inghiottito gran parte dell'edificio, si stavano generando a gran velocità delle ombre del tutto uguali a quella che aveva di fronte e che lentamente si stava avvicinando a lui. Ciò che più gli fece orrore fu quante di quelle creature si stavano creando, e con quanta rapidità queste si stessero spargendo lungo la superficie del palazzo. Alcune stavano scendendo verso di lui.
    Che fossero degli emissari creati da un Servant nemico? Se così era allora doveva già essere stato scoperto, ma non riusciva a ricollegare una cosa simile a nessuno Spirito Eroico che conoscesse. Poteva trattarsi anche di un fenomeno magico anomalo, ma scartò questa opzione, non gli sembrava una cosa plausibile che dal nulla si potesse verificare una singolarità simile... sempre che fosse davvero "dal nulla". Poteva però essere sicuro di essere l'obiettivo di quella massa umanoide oscura che lo stava approcciando, come era anche sicuro del fatto che presto sarebbe stato raggiunto da un altro gruppo ben nutrito dello stesso tipo di creature.
    La ragazza a fianco a lui, conscia del pericolo, assunse pigramente una posa da combattimento e con una certa riluttanza si preparò all'imminente scontro. I tuoi ordini... Master!
    Con malcelata soddisfazione Enma fissò il suo Servant che finalmente stava cominciando a comprendere la situazione, e dopo aver preso in considerazione qualche fattore diede il comando finale. Vai, Berserker, e fatti strada tra questi fantocci!
    Enma notò un sorriso tagliare lievemente il suo volto, non certo convinto come avrebbe sperato ma sapeva che Berserker non vedeva l'ora di sgranchirsi un po' dopo tutto quel tempo passato sul Trono degli Eroi; forse lo voleva quanto Meito poco prima ma ora che non correvano il rischio di correre apertamente contro un Servant era convinto che sarebbe stata l'occasione migliore per verificare le abilità del suo stesso Servant.
    Senza perdere tempo la ragazza alzò un braccio al cielo, la mano aperta e le lunghe dita sottili unite, e se la conficcò nello stomaco bucando la propria pancia. Un rumore umido accompagnava i fiotti di sangue che schizzavano sul pavimento, molto pochi considerando la profondità della ferita, e in un attimo estrasse dal proprio addome un gigantesco paio di forbici di un metallo bianco e scintillante, mentre le sue ossa suonavano una sinfonia grottesca. Quando ebbe estratto la sua arma la ferita era ormai completamente rimarginata e i suoi abiti non riportavano neppure una goccia del rosso che le scorreva nelle vene.
    Se le ombre avessero potuto emettere suoni Enma era sicuro che avrebbero urlato fino a farsi sentire da chi abitava la cima del palazzo sotto i colpi del suo Servant, mentre questa li falciava e tranciava con una furia glaciale ma incontrollata.
    Rimaneva ancora la domanda fondamentale: "Cosa sono quelle creature?"; non era sicuro si trattasse di evocazioni di un Servant, se così fosse lo avrebbe probabilmente scoperto a breve, e non osava immaginare che cosa avrebbe potuto infiltrarsi in quella guerra esclusiva tra maghi ed eroi... ma la storia delle guerre per il Santo Graal in fondo non è proprio nota per il suo sviluppo lineare.

    IT'S ALL FICTION


    STATS
    NOTE DI BATTAGLIA
    Slot Attacco: 1  Slot Difesa: 0  Slot Joker: 0  Cariche: 4

    Slot Difesa 1 - /
    Slot Difesa 2 - /
    Slot Attacco 1 - attacco con le forbici, watah!
    Slot Attacco 2 - /
    Slot Joker - /

    Coded by ¬SasoRi

    [/QUOTE]
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    CITAZIONE
    Alle gravi parole del Servant robusto che li fronteggiava Enma rispose guardando con occhio torvo la sua alleata. Doveva solo andare in avanscoperta e convincerli a passare dalla loro parte ripetendo le sue parole, in tal modo gli avrebbe permesso di rimanere nascosto finchè non avessero accettato l'offerta, o finchè non fosse arrivato il momento di uscire come asso nella manica e rafforzare la loro richiesta. Difficilmente un master avrebbe accettato un'alleanza con un altro mago che ancora non si era mostrato, sperava di poter uscire all'occorrenza e dimostrargli che era pronto anche a mostrare il proprio volto per fare un accordo con loro. Ma l'insicurezza del suo Servant si dimostrò una variabile troppo forte e sconvolse i suoi piani più di quanto non si sarebbe aspettato dal nemico.
    E poi cos'era quella scena con i passanti?, si chiese tra sè e sè, il tono di rimprovero gli usciva naturale guardando la sua compagna, nei cui occhi si leggeva perfettamente che non le importava nulla di ciò che le stava accadendo intorno. Sembrava più interessata alle falene che volavano irrequiete attratte dalle luci dei lampioni, che rischiaravano la radura in cui si trovavano abbastanza perchè loro potessero vedersi ma non a sufficienza per permettere ad altri occhi indiscreti - se mai ve ne fossero stati a quell'ora - di scoprire la loro piccola riunione.
    Enma sospirò, rassegnato. Neppure Fuuta lo faceva adirare così tanto con i suoi scherzi. Sarà forse che lì c'era molto in ballo qualcosa di veramente importante e che un minimo errore avrebbe potuto fargli perdere ogni possibilità di vittoria (ma chi è Fuuta? Credevo che in questa storia Enma fosse un personaggio serio oltre che figlio unico...).
    "Posso capire cosa vi porta a pensare una cosa simile", disse il ragazzo, rispondendo alle osservazioni dell'uomo. "Ma vi assicuro che è una forza da cui fareste meglio a tenervi in guardia. Dopotutto le guerre passate non ci hanno insegnato che non bisogna mai giudicare la forza di un Servant - e se è per questo neppure le origini e l'identità - dal suo aspetto fisico?". Il solo fatto di essere stati evocati come Servant, con un corpo magico concesso dal Santo Graal, avrebbe potuto dare alla più insignificante delle superstizioni locali un corpo forte con poteri sbalorditivi; altre volte, invece, capitava che una leggenda al pari del ciclo arturiano poteva essere evocata in un corpo del tutto estraneo a quello a cui siamo abituati a pensarlo, ma al cui interno si nasconde la stessa energia magica che aveva in vita e pure amplificata. Insomma, le regole di questa guerra parlavano chiaro: qualunque entità si evocasse dal passato e quale che fosse l'aspetto con la quale la si riportava nel nostro mondo, era pur certo che questa avrebbe superato i limiti dell'essere umano tante volte da non poter essere contate.
    I due però sembravano più intenzionati a combattere più che a parlare e subito si fecero avanti con una contro proposta, un duello per testare le loro capacità in battaglia.
    Ci hanno presi per due sacchi da boxe...? Non giudicava saggio cominciare un combattimento con qualcuno di cui non sapeva nulla, Meito e il suo master avevano parlato di studiare il nemico con cautela, ma questa era una mossa troppo azzardata. Combattendo in quel momento, senza conoscere nulla dell'avversario, si rischiava di offrire più informazioni di quante se ne potessero guadagnare con l'osservazione dell'altro. Era un'arma a doppio taglio, e non se la sentiva di correre il rischio, dato che non c'era alcun pericolo imminente che li costringesse a sguainare la spada.
    "Un combattimento di prova? Penso che potrebbe essere più pericoloso che utile. Non sono venuto qui a combattere bensì a parlare, tu che ne pensi?", chiese, con una certa riluttanza, al proprio Servant.
    Quando lei uscì dalla rete di fantasie che si stava tessendo nella mente e i suoi occhi si fecero più presenti - vale a dire quando si accorse che Enma stava parlando con lei - rispose concisa mal celando un certo disgusto. "Mi rifiuto".
    Enma sperava che declinasse anche lei l'offerta, ma non si aspettava di certo una risposta tanto rude. "La signora è d'accordo con me" - Strano... - "Combattere qui e ora potrebbe portare degli svantaggi troppo grandi e preferirei non trovarmi in svantaggio fin da subito". Immediatamente si voltò in direzione della zona abitata, dare le spalle al nemico non era una mossa saggia ma in quel momento era sicuro che anche l'altra coppia aveva avvertito un enorme picco di energia magica provenire dai silenziosi palazzi della città. Una grande nuvola di nebbia nera minacciava di inghiottire un palazzo, e se pure si confondeva nella notte i valori magici che emanava rendevano difficile ad un mago esperto non accorgersi della sua presenza.
    "Sembra che stia succedendo qualcosa da quella parte, e a giudicare dall'energia che emana sembra qualcosa di grosso... può essere che sia opera di Caster ma è troppo presto per trarre conclusioni affrettate", disse tra sè e sè, lasciando che solo il suo Servant potesse sentirlo ragionare. Poi, rivolgendosi alla coppia appena incontrata: "Può essere l'occasione per dare un'occhiata a qualcosa di interessante insieme e, magari, stringere un'alleanza. Che ne dite, volete venire con noi?"
    Ancora una volta però l'intervento della sua alleata lo lasciò di sasso. "Io... non vengo".
    "Come sarebbe a dire che non vieni?".
    "Non mi interessa... ho altri obbiettivi... e interessi...".
    Obbiettivi? Interessi? Ma lo capisce di cosa stiamo parlando?
    Enma sospirò ancora una volta. Lo stava facendo sfigurare un'altra volta davanti alle stesse persone che stava cercando di convincere a stare dalla sua parte andando contro le sue decisioni. "Siamo in Guerra, lo capisci che non possiamo preoccuparci di questo adesso? Dopo ti accontenterò, ma adesso non la vedi quella cosa che sta inghiottendo il palazzo? Potrebbe essere solo l'inizio, potrebbe cominciare da quel palazzo e lentamente divorare il resto della città riempiendosi dell'energia magica rubata alle persone che si è mangiata... e se è opera di Caster o di un altro Servant potrebbero essere dolori una volta che l'ha immagazzinata, e allora addio Graal e addio obbiettivi".
    Ma il Servant continuava a guardarsi intorno, il suo sguardo era lontano e quasi assente ma di sicuro non era rivolto a quell'ombra. Sembrava non lo stesse neppure ascoltando e questo lo irritava ancora di più, sentiva crescere la rabbia e la frustrazione di avere un Servant così potente ma anche così incontrollabile al proprio fianco, finchè non ebbe un'idea. Respirò profondamente per calmarsi e si preparò a parlare. "Vedila in questo modo: se è così potente di sicuro non siamo gli unici ad esserci accorti della sua presenza, e se anche gli altri contendenti hanno percepito un pericolo provenire da quella sorta di nebulosa possiamo aspettarci che si radunino lì vicino per ispezionarla". Ancora non ottenne risposta, e pensò con amarezza che se non aveva capito dove voleva arrivare doveva essere piuttosto lenta. Ma non si perse d'animo e continuò: "... può darsi che fra tutti quei master e Servant - tutte quelle persone - ci sia anche... ", l'ultima parte la sussurrò al suo orecchio, e come si aspettava i suoi occhi brillarono di felicità e lei stessa sembrava più attenta e presente, come se fosse tornata da un viaggio lontano che aveva intrapreso con la mente e che si era portata via anche la sua anima e la sua presenza.
    "Andiamo", rispose finalmente in modo deciso. Enma aveva capito ormai come prendere il suo Servant, ma non sapeva dire se fosse una cosa positiva.
    "Con calma, prima vorrei vedere se loro acconsentono a venire con noi, vorrei evitare di lanciarmi in quella direzione per poi venire colpito alle spalle. Noi, d'altra parte, prometteremmo a nostra volta di non compiere simili vigliaccherie nei vostri confronti, che ne dite?".
    Attese una risposta da parte del duo, prima di correre verso quella minacciosa bolla di tenebra con la ragazza nascosta in forma spirituale per non consumare le energie ancora prima di essere arrivato. A seconda di come avrebbero risposto vi sarebbe andato con o senza di loro, tale era il pericolo che percepiva provenire da quel fenomeno che non voleva permettersi di perdere tempo nè con futili tentativi di stringere alleanze che non sarebbero mai andate in porto nè con le eccentricità del suo Servant.
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    wXGLPEf
    Enma

    Vedere Kuron e Asako così tremanti e impotenti era desolante. Le due persone più vicine a Goro di chiunque altro - una era stata persino parte di lui, un tempo - non sapevano nemmeno da che parte volgersi per farlo tornare in sè. Era straziante per me che gli ero amico, sì, e gli ero grato di ciò che aveva fatto per permettermi di capire di più sul mio potere, ma non penso di poter affermare con certezza di aver provato un minimo del loro dolore nel trovarmi in una situazione tanto critica.
    "Vorrei poterti rispondere, ma sinceramente non so neanche io cosa fare in questa situazione...l'ultima volta che gli è successo, due giorni fa, è in qualche modo riuscito a fermarsi da solo quando si è reso conto che stava per attaccarmi, ma questa volta non penso saremo tanto fortunati...non so che fare.". Asako pronunciò parole che risuonavano perse, da esse traspariva perfettamente come si sentisse ad essere tanto vicina eppure tanto lontana da Goro, tanto vicina a lui emotivamente e fisicamente quanto lontana nel supporto che non riusciva a dargli... che non poteva dargli. Ma non era colpa sua, nessuno di noi avrebbe saputo stargli vicino la metà di quanto lo ha fatto lei, se questo non era bastato ciò stava solo a sottolineare quanto questo compito fosse arduo.
    Tatsuya mi rivolse parole di conforto, il suo tono caldo mi aiutò a riprendere fiducia. Era tornato fuori il discorso della sfortuna, a volte ancora mi considero solo un "porta sfortuna", ma il ruolo dello iettatore mi è sempre stato molto stretto, il più delle volte tutto si traduceva in scene comiche, almeno per gli altri, ma di tanto in tanto capitava che le situazioni si facessero più serie ed era per questo che ero andato da Goro: volevo che mi aiutasse per lo meno a comprendere la causa di questo peggioramento. Lui mi diede un grosso aiuto a suo tempo per questo, era ora che ricambiassi e non mi sarei lasciato fermare da un breve attimo di tristezza.
    Fu Kuron ad avere un'idea geniale, o per lo meno il volto le si illuminò con l'espressione di chi è arrivato ad una conclusione che come l'ingranaggio mancante
    Missing Link... brrr
    avrebbe potuto far tornare in funzione il meccanismo più grande. Così interpretai la luce dell'illuminazione che brillava dietro ai suoi occhi e aspettai con ansia che spiegasse cos'aveva in mente, ma quando aprì bocca non fui più tanto sicuro di voler seguire la sua idea.
    "Tu attiri la sfortuna, giusto? Non sarebbe sfortunato per te imbatterti in Goro?"
    Sgranai gli occhi sorpreso e inquietato dalla piega che la conversazione stava prendendo.
    "Se attrai la sfortuna, ne faremo un’arma. Se non sai ancora di cosa sei capace, lo scopriremo combattendo". Fu la volta di Tatsuya, che assecondando le parole di Kuron sembrò voler rendere ancora più tetre le sfumature che aveva già assunto.
    A-a-aspettate... intendete dirmi che volete usarmi come esca?!
    Ero ancora incredulo quando Tatsuya porse a ciascuno di noi un bicchiere con del liquido azzurro fluorescente e una fiamma tutt'intorno, pareva di bere una cucaracha ma non scottava affatto. Bevvi, un po' recalcitrante - mi rilassai solo dopo aver visto il barman stesso bere lo stesso cocktail -, e mi sentii un po' rinvigorito.
    Beh, in realtà avevo pensato anche io al fatto che forse potrei attirarlo io, ero solo sorpreso perchè non mi aspettavo che qualcun altro avrebbe avuto la stessa idea, bevvi un altro sorso. Se non abbiamo idea di dove sia la soluzione migliore e far sì che sia lui a venire da noi. In ogni caso non dovrebbe essere difficile, probabilmente uscendo a fare una passeggiata lo incontrerei alla seconda svolta a destra, o all'ultima casa a sinistra, certo è che quando si tratta di avvenimenti catastrofici sappiamo sempre qual è l'epicentro..
    Mi accorsi di stare descrivendo un uragano prima di ricordarmi che il soggetto del discorso ero io. Tuttavia..., ripresi improvvisamente appoggiando il bicchiere sul tavolo. Mi alzai dirigendomi verso la cucina e mi fermai di fianco alla saliera. ... se vogliamo che funzioni senza intoppi, però, avremo bisogno dell'equipaggiamento adatto. Diedi un colpetto alla saliera che si rovesciò, riversando il suo contenuto sul tavolo.
    Mi servono uno specchio, una scala e un cucchiaio, se vogliamo farlo all'interno dobbiamo procurarci anche un ombrello, ma preferirei che lo facessimo in un luogo lontano da tutti... nessuno sa cosa potrebbe succedere se Goro incontrasse un gruppo di normali in questo stato, e penso che non abbiate più voglia di me di scoprirlo.
    Se si tratta di superstizione, ne so una più del diavolo.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Cariche:
    Equipaggiamento: //
    A - A - D - D - J : Carte Usate
    Sano :Status Fisico
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    CITAZIONE
    Mentre un gruppo di forti energie si raggruppava a qualche decina di metri sopra le loro teste, Enma e il suo Servant avevano approcciato altre due persone dalle quali promanava la stessa energia, e queste avevano risposto. Erano due uomini abbastanza normali, un ragazzo bruno approssimativamente della stessa età di Enma e un uomo molto più grande e grosso che avrebbe potuto essere suo nonno vista la barba e il colore dei capelli.
    Avrebbero potuto essere due persone qualsiasi, e non avrebbero destato il sospetto di nessuno - se non forse per l'affanno provato dal Master nel mantenere in forma fisica il suo guerriero così a lungo -, ma si tradirono con l'energia che emanavano. Come lei stessa aveva sottolineato, la sua percezione lasciava molto a desiderare; c'era solo da sperare che avesse avvertito il mana nella direzione giusta.
    "Mi piace la tua intraprendenza, Ermenegilda. Direi di recarci in periferia per non attirare attenzioni indiscrete...", rispose l'anziano, dimostrando una spiccata forza d'animo e di spirito, probabilmente possedeva la skill Charisma. Una risposta simile non potè che rincuorare Enma, che già si immaginava uno scenario in cui quei due erano davvero “nonno e nipote” e il Servant che aveva captato lei gli piombava alle spalle mettendo fine ai loro sogni di gloria.
    L'altro master, che adottò una strategia differente da quella dei nostri, era in piena vista e sembrava piuttosto turbato dalle parole dell'uomo al suo fianco. Forse anche lui faticava a tenere a bada uno spirito eroico così importante, e al pensiero di non essere l'unico Enma ne fu rincuorato. Il suo Servant, d'altro canto, non aspettandosi un nomignolo simile, inclinò la testa da un lato, gemendo sommessamente con fare interrogativo. “Uuuugh...?”.
    Non ti preoccupare, so il fatto mio. Affidati al mio istinto e vinceremo questa guerra ad occhi chiusi!”. Ancora una volta il vecchio sembrò fin troppo arzillo, doveva essere davvero sicuro delle proprie capacità per dire qualcosa del genere in un momento dove qualsiasi parola poteva far partire uno scontro mortale.
    Lasciarono che li portassero loro in un luogo riparato dalle persone comuni, così da far sembrare meno sospetto il nostro incontro con loro - se li avessero guidati loro avrebbero potuto pensare che si trattasse di una trappola, quando in quel momento sarebbe stato più saggio studiare gli altri partecipanti piuttosto che attaccare alla cieca -, e arrivarono in una zona di confine dove il caos e la frenesia della città incontrano la quiete del bosco. Erano luoghi che la gente frequentava poco, soprattutto in una notte come quella in cui l'ambiente cittadino offriva stimoli ben più appaganti della zona boschiva. Enma li seguii da molto lontano, facendo bene attenzione a non farsi scorgere, e rimase dentro alla zona della città dando solo uno sguardo alla piazzetta selvaggia; a rimandargli le sensazioni e le loro parole ci avrebbe pensato il suo collegamento con la ragazza.
    Allora! Quali sono le tue ultime parole? Naaah, scherzo! - Ma neanche troppo... - Quali sono le tue intenzioni, Esmeralda?”.
    La ragazza inclinò ancora la testa da un lato, e con la stessa vacua espressione interrogativa emise un verso simile al precedente. “Uuuuh... Esmeralda...?”. Era visibilmente a disagio in quel momento, tremava tutta corpo e animo, ma Enma sorvolò su questo dettaglio senza soffermarsi a capire dove stesse il problema.
    Su, su, non indugiare; sta solo cercando di confonderti. È la nostra occasione per raccogliere informazioni e forse anche stringere un'alleanza, o per lo meno un patto di non aggressione. Proponigli un dialogo.
    Il Servant farfugliò qualche verso, le labbra erano l'unica cosa visibile sotto la cascata di capelli ora che aveva la testa protesa in avanti, ma da esse uscivano solo frasi sconnesse, talvolta incomprensibili e altre volte di senso appena percettibile. I due ragazzi avrebbero capito - forse, e comunque non senza difficoltà - che stava cercando di porgergli domande su di loro, sul fatto che partecipassero alla Guerra del Graal e se volessero fare una tregua a momentanea con lei e il suo Master: loro non li avrebbero attaccati, e in cambio nemmeno “nonno e nipote” avrebbero dovuto farlo, inoltre in caso di necessità poter contare su un'altra forza per evitare di perdere immediatamente il diritto alla Coppa poteva tornare comodo ad entrambi. Un patto tra maghi va rispettato fino alla fine, e la tregua era in ogni caso destinata a sciogliersi ad un certo punto, in quel tempo però contava che avrebbero entrambi tenuto fede alla promessa, se ve ne fosse stata una.
    Ah, no. Non dovevi fargli domande così superflue, non serviva... mi pare ovvio che siano uno un mago e l'altro un eroe da molto lontano... va bene, non importa. Cerca di concentrarti ora.
    Lasciarono ora che parlassero i due, ascoltando le loro risposte, ma ancora una volta Enma non potè non notare la distrazione nella mente del suo famiglio visto il collegamento psichico che avevano instaurato.
    Ehi? Tutto bene? Non abbassare la guardia davanti al nemico, nemmeno se stai negoziando!
    Uuuuh.. M-master...”, pensò lei, ma il pensiero si tradusse senza che lo volesse in sussurri sommessi, in risposta ad Enma.
    Prima non ti comportavi così, che succede?
    Mentre “nonno e nipote” gli rispondevano, Enma poteva sentire il suo Servant volgere lo sguardo verso di lui. Aveva ricominciato ad ansimare, le era venuto il fiato corto ed era diventata talmente calda che i suoi respiri si dissolvevano nell'aria in nuvolette. Per un attimo temette che lo stesse per fare scoprire, ma poi si accorse che stava solo “guardando” verso la sua direzione, mentre il suo sguardo si era posato su altro: all'estremo limite della città una coppia di fidanzati aveva deciso la notte sbagliata per mettersi a pomiciare. Allora Enma si accorse da dove proveniva la sensazione di disagio che sentiva in lei, e capì che non si trattava affatto di disagio.
    Lui era appoggiato con la schiena alla portiera della loro macchina rossa, lei gli stava addosso premendogli il seno sul suo petto, lui l'abbracciava e con le mani le accarezzava la schiena mentre le loro labbra si incontravano. Le mani di lui si spostavano lungo la sua schiena come serpi e strisciarono piano fino ai suoi glutei, dove si fermarono per prenderli con forza. A questo il Servant evocato da Enma non riuscì a resistere: già li stava guardando con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca, e un'immagine colpì la mente di Enma così forte che la potè vedere e sentire come l'avesse descritta lui. “Quei glutei così sodi... quel corpicino così minuto... quelle gambe... le voglio, voglio tutto, è bella! È una donna bellissima!”.
    Quando si accorse che quelle non erano solo parole descrittive di un'immagine, ma lo stato d'animo della creatura cui era collegato, era ormai troppo tardi e gli gelò il sangue nelle vene il modo con cui lei si leccava le labbra mentre si avvicinava con passo incerto verso la coppia, barcollando ma mai fermandosi, il desiderio più vivo che mai.
    No, no no no! Che cosa fai!? Se ti avvicini a quella coppia salta tutto, e loro saranno costretti a intervenire per fermarti!
    Master... la voglio... è così bella, l'hai vista? La voglio per me, voglio essere anche io come lei, voglio quel corpo!
    Prima che potesse balzargli addosso, Enma si ritrovò costretto a intervenire: uscì dal proprio nascondiglio e si parò davanti a lei. Recitò una formula di ammonimento e riuscì a tenerla ferma qualche secondo, il tempo necessario a distoglierle lo sguardo dai due giovani e ricordarle che gli sarebbe bastato utilizzare una magia di comando per fermarla, ma che ciò li avrebbe messi in un grosso svantaggio nei confronti delle altre squadre fin da subito.
    Ci siamo intesi?
    ... sì, Master..., rispose lei, abbassando lo sguardo ma mostrando di nuovo la luce della ragione negli occhi. Nel frattempo, con somma gioia e sommo gaudio di Enma, i due ragazzi avevano deciso che era il momento di ritirarsi in luoghi più intimi.
    Si schiarì la voce, posò una mano sul capo del suo Servant sussurrandole le parole che voleva sentirsi dire, e ai due con cui fino ad allora aveva parlato tramite lei rivolse un inchino un po' seccato. È un piacere fare la vostra conoscenza. Io sono il Master di questa qua, e volevo porgervi le mie scuse per la scena a cui avete appena assistito.. Si rialzò in piedi, constatando per l'ennesima volta che non sarebbe stata affatto una passeggiata andare in guerra con un compagno come lei, e continuò a parlare, questa volta prendendo lui stesso le redini della discussione. Come, spero, avrete intuito vi stiamo offrendo di collaborare con noi, una tregua momentanea per assicurarci di non essere eccessivamente colpiti all'inizio della guerra. Vi offriamo una sorta di alleanza: noi non attacchiamo voi e voi non attaccate noi; se avete bisogno di supporto non esiteremo a concedervelo, a patto che siate disposti a riservarci lo stesso trattamento. In questo modo avremo un avversario in meno e un compagno in più, un'ottima economia di guerra direi; ciò significa che per un po' dovremo preoccuparci di un numero inferiore di nemici, fino a che non saremo rimasti in pochi.
    Si avvicinò lentamente a loro, tenendoli ben d'occhio e fermandosi comunque ad una distanza di sicurezza, per entrambe le squadre.
    Tutti e quattro abbiamo un motivo per desiderare quella Coppa, o non saremmo qui. Siete tra i primi partecipanti che abbiamo incontrato e mi sembrate un buon gruppo con cui fare squadra. Se ci alleiamo, anche con un semplice patto di non aggressione, avremo tutti più possibilità di ritrovarci fra gli ultimi sfidanti, che ne dite?
    Naturalmente il suo Servant era appena dietro di lui, pronta a difenderlo in caso di un attacco, ma sotto ordine di Enma non dimostrava alcun intento di uccidere. Non erano lì per questo, e voleva che almeno le transazioni fluissero senza problemi.
  7. .
    wXGLPEf
    Enma

    Credeva di essere in vantaggio, la sua agilità disumana e la sua straordinaria abilità con la spada erano frutto dell'ingegneria genetica più avanzata, e la fusione con l'Eater l'aveva resa ancora più temibile, non c'era ragione di temere la sconfitta. Ci fu un momento infatti in cui Misaki credette di avere la vittoria in pugno, di stringere tra le mani la vita della sua avversaria e di averla ottenuta con uno sforzo inesistente, ma era solo un'illusione. Galatea si era lasciata trafiggere, che è ben diverso che se fosse stata trafitta dal suo poderoso fendente: significava che era pronta a ricevere il colpo, che venire ferita faceva parte della sua strategia e che questo piano stava funzionando, perchè le ferite erano tutt'altro che letali - e le rigenerò immediatamente dopo - e fu Misaki stessa a soffrire il colpo decisivo, ritrovandosi a terra tutta bruciata e con la gola frantumata, riversa in una pozza di sangue che con le fiamme si era addensato e scurito molto rapidamente emanando fumi e odori nauseanti
    Anche Esther aveva ricevuto colpi mortali: metà della sua mano era stata tranciata non di netto da un pugnale della kitsune - e il fatto che non sia stato un taglio preciso rese lo schizzo di sangue ancora più raccapricciante -, e dopo un sordo schiocco riusciva a guardarsi le spalle senza voltarsi. La nube rosa, il potere di Anne, non poteva avere l'effetto desiderato su un essere come lei, e la Volpe lo sapeva, ma riusciva comunque a rallentare i suoi movimenti e le sue reazioni, già abbastanza scoordinate di per sè, e fu questa la chiave dello scontro contro una delle guardie più possenti di quel laboratorio, una chiave che era nelle mani della donna che aveva permesso la sua esistenza.
    Le due donne, quelle ancora vive, avevano varcato la soglia del cancello che Galatea aveva divelto con le fiamme, l'odore acre del sangue cotto e rappreso di Misaki si fondeva con quello dolciastro della nube di zucchero filato di Anne rendendo l'aria irrespirabile. Sicuramente le due ragazze in tunica avevano errato nel pensare di poter sconfiggere due combattenti esperte come loro due solo per il fatto di essere state potenziate fisicamente, ma anche Galatea e Anne erravano nel pensare di averla vinta così facilmente. Una nebbia così bassa e leggera da apparire un manto di neve trasparente si levò da terra e ingoiò i piedi delle due fanciulle. Dietro di loro suoni orribili si diffusero per il giardino, scricchiolii e spaccature improvvise facevano eco ad un suono umido, come se qualcuno si stesse agitando in una bara di terra. E come dalle bare si ridestano i morti dei racconti macabri, su quella terra le due suore si rimisero in piedi con movimenti pesanti, lenti, quasi finti, come bambole appese ai fili responsabili dei loro ottusi movimenti. In un batter d'occhio furono in piedi, un ghigno sul volto di ognuna.
    Vi avevamo detto... che solo il ragazzo era invitato... abbiamo fatto un'eccezione per la vostra amica svolazzante, perchè agli inviti delle feste c'è sempre un "+1" e quel "+1" può far comodo ai nostri ranghi in futuro... ma pensate che qui abbiamo finito di divertirci? - disse Esther, la voce inizialmente gracchiava come se la sua bocca fosse piena di terra, poi riprese il suo tono materno e rassicurante. La sua compagna con la spada non disse nulla, si limitò a rimettersi nella posa di guardia che aveva assunto all'inizio.
    Esther non era più la stessa: le sue dita si erano generate, il sangue era sparito, ora era avvolta in un lungo vestito dorato molto diverso dalla tunica, inoltre dalla testa spuntavano ora due enormi corna e una cascata di capelli neri fino ai capelli, che prima erano nascosti dal velo.

    Insieme a lei anche Misaki era muta: , gambe e braccia si erano assottigliate e allungate sensibilmente, le dita erano appuntite, il collo pure era più lungo e la bocca era un covo di stalattiti e stalagmiti d'avorio, tanto accuminate da poter trafiggere la roccia. Aveva quasi le sembianze di un insetto, e questo mutamento le avrebbe reso possibile raggiungere velocità ancora più estreme nei fendenti. Esther però non aveva finito. Sollevò la gonna, in un gesto che in altre occasioni sarebbe sembrato poco appropriato o da riservare alle buie camere da letto, e rivelò un varco nero ai suoi piedi che si sparse per tutto il giardino. Da lì emersero altre figure, prima liquide e indistinte e poi sempre più solide finchè non furono riconoscibili con precisione: erano tutte copie di sè ancora prima della trasformazione; ce ne era una quantità esagerata e continuavano ad apparire, ognuna brandendo una falce più grossa del proprio corpo.
    Non sono mai sazia dopo la prima volta.
    Misaki sibilò.

    * * *



    Nel frattempo, io e Satomi avevamo imboccato il sentiero che conduceva alla porta principale. Il mio disagio nel lasciarle da sole lì con quelle due tipe così losche doveva essere palpabile perchè la mia accompagnatrice - viste le circostanze si potrebbe aggiungere "abusiva" - si sentì di dover pronunciare parole di conforto.
    "Tranquillo! Quelle due se la caveranno egregiamente! Noi pensiamo a salvare la tua amica Fuuta: vieni, dobbiamo fare il più in fretta possibile".
    "Amica", eh?, pensai. Se sapesse quanto è profondo il nostro legame si accorgerebbe che "amica" è una parola ancora troppo debole. Però su una cosa ha ragione, non c'è motivo di disperarsi. Conosco bene Galatea e so di cosa è capace quell'altra, non avranno sicuramente problemi a raggiungerci.
    Avanzavo seguendo la guida di Satomi, tenendo la guardia ben alta e i muscoli pronti e attenti ad ogni movimento, ero intenzionato ad evitare sorprese per più motivi: chiunque avesse preso Fuuta l'ha fatto per condurmi qui, sapendo che non avrei mai potuto lasciarla nelle mani di uno sconosciuto; se così era, il mio anfitrione doveva per forza di cose essere pronto ad accogliermi, pronto ad anticipare ogni mia mossa e chi poteva dire che non avesse anche preparato qualche subdolo tranello? Se c'è una cosa che ho imparato dalla mia maestra è che non si è mai troppo attenti quando si tratta di queste cose, e di sicuro non si attacca per primi senza aver prima studiato l'avversario, e in quel momento io del mio avversario non conoscevo nemmeno il volto.
    Arrivati all'ingresso una donna si frapponeva tra noi e l'orfanotrofio. Era davvero bella, slanciata e coperta di nero, due fiori spiccavano nel loro gelido blu. Il tono di Satomi, la ragazza che avevo imparato a conoscere come un diapason umano per la sua capacità di assorbire le emozioni altrui e amplificarle nella sua forte empatia, era svuotato di ogni sicurezza che poteva avere avuto fino ad uno scalino prima, si era fatta tremante e riuscì a passare anche a me il terrore che stava provando, senza che ne fossi consapevole.
    La donna però ci lasciò avanzare, il suo tono pareva tutt'altro che ostile e aveva una nota familiare, ma era così tenue che si perdeva nel flusso di paura che provavo. Accettai il suo invito, non senza tenermi ben all'erta passandole di fianco, più perchè sentivo di non volerla avere come nemico che per l'intenzione di continuare la missione. Fu in quel momento che per la prima volta temetti per Galatea.

    Ci addentrammo nell'edificio, orientarsi non fu affatto difficile soprattutto grazie alle mappe di Satomi, ma aiutava anche il fatto che il posto non fosse labirintico come mi ricordavo. Tutto era esattamente come lo avevo lasciato anni prima, solo ancora più diroccato e muschioso, e il grande buco nel retro di una stanza segnava ancora il momento della nostra fuga. Era diviso in più piani, il pianterreno aveva un lungo corridoio trasversale ai lati del quale vi erano la mensa e le "stanze dei giochi" - i luoghi che presto imparammo a odiare: le chiamavano così, ma in realtà vi ci portavano i bambini per sfogare la rabbia repressa delle curatrici, in questo senso erano sì delle stanze dei giochi, ma per loro. Gli altri piani superiori, dovevano essere tre o quattro, presentavano la stessa struttura del primo, ma le stanze erano quelle dei bambini, più simili a celle penitenziarie che a camere accoglienti.
    Mi sono sempre chiesto come facesse un luogo del genere a esistere, trattavano gli orfani in modo disumano, non se ne prendevano cura e anzi ne abusavano, le stanze erano fredde e umide e i letti erano duri, inoltre erano stanze singole che venivano chiuse a chiave ogni sera, mentre di norma in posti del genere si hanno ampie stanze dove i bambini dormono tutti insieme, e di sicuro non li si chiudono a chiave lì dentro durante la notte.
    Ti ringrazio di avermi accompagnato, Satomi, esordii io, mentre camminavamo nel buio di quel luogo tetro squarciato solo dalla luce proveniente dal grande buco nella stanza in fondo al corridoio. So che sei molto abile a mantenere sane le persone intorno a te, anche emotivamente. Galatea mi ha parlato tanto di te.
    Tentai una conversazione con lei, mentre salivamo ad esplorare anche gli altri piani, cercando di capire chi ci voleva lì dentro e perchè. Parlammo un po' durante la ricognizione, fino al quarto piano, per sciogliere un po' la tensione - consapevoli di non avere diritto ad alcun effetto sorpresa -, ma arrivati in cima ancora non avevamo trovato nessuno. Perlustrammo ogni stanza, ogni centimetro di quella prigione, con l'impeto e la cura di una squadra militare in assedio, ma non c'era traccia di anima viva.
    Eppure è strano, rilevo due picchi di energia proprio qui, in questo punto, ma le coordinate sono sballate. Abbiamo controllato ovunque, giusto? Satomi era perplessa, ma io sapevo che c'era di più in quel posto di quanto non mostrasse a prima vista.
    A dire la verità c'è ancora un punto in cui non abbiamo controllato. Speravo di non doverci mai ritornare, ma sembra che non abbia scelta... Risposi, stringendo i pugni e guardando in basso. Alla domanda di Satomi risposi con la verità: non volevo tornare in quel posto per via dei ricordi. Era lo scantinato, o il piano interrato, era così buio che nessuno ha mai capito cosa fosse davvero nè sarebbe stato in grado di dire quando fosse grande; era la stanza dove venivano portati i "bambini cattivi", quelli che disobbedivano alle curatrici, e ciò a sentire loro accadeva molto frequentemente benchè tutti fossimo talmente terrorizzati da ciò che avveniva oltre quella porta nel sottoscala da preferire le punizioni della stanza dei giochi per un mese. Ci entrava un bambino alla volta, e non c'era modo di dire dopo quanto sarebbe uscito, se un giorno, una settimana, un mese... alcuni non fecero più ritorno. Quando era occupata, e le curatrici si premuravano di tenervi quasi sempre uno di noi segregato, gli stridii, i terribili rumori di acciaio e scariche elettriche e le orribili urla strazianti dei nostri compagni giungevano fino in mensa, in quei giorni perdevamo tutti l'appetito. Quando il poveretto vi usciva non era più lo stesso, e se ancora riusciva a parlare diceva di non ricordare nulla di quando accaduto, e si portava sempre dietro qualche menomazione che rendesse indelebile il suo soggiorno lì sotto.
    Onestamente, non saprei dire se ci sono mai stato anche io oppure no.
    Arrivati al pianterreno, prima ancora di scendere l'ultima rampa di scale, scorgemmo una macchia fluente rossa e una voce ci diede il benvenuto.
    Bentrovati!
    Ryuji?
    Ma che piacere, vedo che questa volta ti sei ricordato di me! Ad ogni modo, permettetemi di darvi il benvenuto nella nostra umile dimora. Fate come foste a casa vostra, e..., lo interruppi bruscamente prima che potesse completare il suo inchino beffardo.
    Dov'è? Dove l'avete portata?
    Lui rise. Alt, alt. Non mi pagano per darti risposte gratis, anzi a dire il vero non mi pagano proprio... però mi mantengono! E io ci tengo al mio cibo, dunque se vuoi delle risposte dovrai fare un gioco con me.
    Bastardo... io ti ammazzo. Satomi dovette aver percepito immediatamente la mia rabbia, forse ancora mentre stava ancora bollendo, perchè immediatamente mi afferrò il braccio tirandomi indietro, fermandomi dal balzare giù dalle scale e scattargli contro.
    Vedo che la tua amica ha capito, Enma. Continuò lui, tirando fuori tre dadi a sei facce dalla tasca. Ecco le regole del gioco: io lancio questi dadi, e se esce una combinazione qualsiasi di numeri che non sia un triplo uno hai vinto tu, e ti dirò tutto ciò che vuoi senza ribattere; ma se escono tutti uno... beh, dovrai seguirmi senza fiatare, o ne pagherai le conseguenze. Ti va l'affare? Non sono truccati, e credo che la tua amica possa confermare che non sto mentendo.
    Mi voltai a guardare Satomi, ed effettivamente il suo cenno mi disse che non stava mentendo.
    Anche se fosse vero, non ho intenzione a stare dietro ai deliri di un pazzo come te!
    Ehi, ehi, la scelta è tua. Potrei benissimo colpirti ora senza che tu nemmeno te ne accorga, eppure ti sto offrendo un patto più che vantaggioso. Hai una possibilità su duecentosedici di vincere, dopotutto.
    L'affare non mi convinceva affatto, ma era troppo tardi: senza aspettare un mio assenso, forse per il mero gusto della scommessa, Ryuji lasciò cadere i tre dadi per terra, e con un tintinnio mostrarono tutti e tre la stesa faccia: 1.
    Il dado è tratto.
    Dietro di lui si levò con uno scoppio di vento una colonna di luce completamente bianca che andò definendosi in una figura angelica grande circa due volte il ragazzo dai capelli rossi. Assomigliava in tutto e per tutto alla mia ombra, eccetto che dove la mia era oscura la sua era luminosa, dove la mia aveva i caratteri dell'inferno la sua aveva quelli del paradiso. Rimasi estasiato da una simile visione, e nonostante non lo avvertissi chiaramente potevo sentire l'energia sgorgare lentamente dal mio corpo, indebolendomi.
    Enma!
    L'urlo di Satomi mi fece riprendere, ma il colpo era già andato a segno e mi ritrovai a terra provando un forte dolore alla mandibola, Ryuji era ora di fianco a me.
    Mi guardò dall'alto in basso, come richiamata da quell'entità estatica la mia ombra si presentò a proteggermi dal colpo di spada che nel frattempo il suo avatar di luce aveva creato nella propria mano. Sentii l'ombra gemere, fu la prima volta che le sue sensazioni riecheggiarono nella mia mente come fossero mie. E forse erano mie, anche mie. Eravamo più uniti che mai, forse Haiiro e Shero provavano questa sensazione di continuo e per questo si stuzzicavano spesso, deve essere pesante avere un inquilino del genere nella propria anima, ma per me fu la prima volta, e non fu piacevole.
    I fendenti si susseguirono uno dopo l'altro, se qualcuno ci avesse visto senza sapere nulla avrebbe pensato di stare assistendo ad un dipinto raffigurante il giudizio divino che calava implacabile su un diavolo dell'Inferno, ma in quel caso ero io il personaggio positivo. Se quel qualcuno mi avesse chiamato demone, io avrei replicato che piuttosto sarei stato un Devilman. Il demone riusciva a proteggermi dagli attacchi dell'angelo, abbastanza da permettermi di rialzarmi e attivare i miei poteri per destabilizzare il mio nemico, ma il demone gemeva e supplicava di toglierlo da quel supplizio che lo feriva così profondamente, come fosse stato contro il suo nemico naturale, un batterio contro un antibiotico.
    Resisti ancora un po', ti prego...
    Nel frattempo io e Ryuji ingaggiammo uno scontro corpo a corpo, lui con l'alabarda e io con la spada nera, un concentrato di sfortuna, che però in quel momento sembrava più piccola e debole del solito.
    Se ti sembra di essere in svantaggio è perchè è così: il mio potere assorbe la tua sfortuna e la trasforma nella mia fortuna; il tuo, d'altro canto, prende la tua stessa fortuna e te la ributta addosso come sfortuna. Immagina: ora sei il mio generatore personale di infiniti poteri!
    Bastò uno solo dei suoi calci per spedirmi dall'altra parte del corridoio, debole e mal ridotto.
    Sa... tomi...


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico


    Edited by Darkdesire.em - 30/3/2020, 15:52
  8. .
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    Enma

    Il ragazzo se ne era ormai andato, ma non senza lasciare traccia del suo passaggio nei presenti: Galatea sembrava stufa - e a ragione - di essere presa per i fondelli prima da quei gemelli e ora da questo tipetto in bianco, e forse in un impeto d'ira scagliò un pugno al terreno con la solita potenza di cui ha dimostrato di essere capace, l'onda d'urto era sufficiente per creare crepacci e spaccature nella radura. Successivamente sembrò voler assaltarlo, ma il ragazzo ormai se ne era andato.
    Galatea riprese Anne per essersi fatta manipolare, io però non stavo ascoltando la loro conversazione: ero assorto nei ricordi e nei dubbi che quelle due sole parole erano riuscite a portarmi alla mente; cosa aveva a che fare con Fuuta quel luogo? e perchè era tornato a perseguitarmi, non bastava la crudeltà delle punizioni subite negli anni a scolpire nel mio animo certe umiliazioni? Tutto ciò non aveva senso, e aveva ancora meno senso pensare che ci era andata di mezzo Fuuta... non riuscivo a capire che cosa diavolo potessero volere da lei, e rimasi a pensarci per molto tempo, guardando in basso e stringendo i pugni.
    Come aveva osato prendere la mia amata sorellina e pensare di farla franca portandola in quella casa degli orrori? Non l'avrei mai lasciata nelle mani di certa gente, e sarei andato da lei anche fosse stata una trappola, anche da solo se necessario. Non mi sarebbe importato nulla di nessuno se non mi avessero accompagnato, sarei andato in quel posto e l'avrei travolto con tutta la rabbia che avevo in corpo in quel momento. L'ombra nera reagì ai miei sentimenti e si mostrò più forte e cattiva di quanto non l'avessi mai vista, e capii che il Fato ancora una volta si era messo contro di me.
    Credo che Galatea mi abbia letto nel pensiero in quel momento, perchè venni richiamato alla realtà dalla sua voce. "E tu, per quanto sia difficile non devi cadere in queste provocazioni. Se ci ha portati qui e ha fatto apparire quel tizio, il suo obiettivo era fare in modo di portarti dove vuole lui senza troppo sforzo. Inoltre! Se sta lavorando sugli Eaters, ho motivo di credere che ad aspettarci ci siano altre minacce, ben più forti di quelle che abbiamo affrontato fin'ora. Credo che il suo obiettivo fosse fin da subito quello di formare nuove unità genetiche e biologiche per portare a termine chissà quale piano - l'unica certezza che abbiamo è che tu, Enma, sei parte di quel piano sicuramente più di me e Anne".
    Aveva ragione, aveva ragione e lo sapevo, non potevo dirle nulla di rimando. Andarci da solo sarebbe stata una follia, se si era preso la briga di venirci ad avvisare del misfatto era di sicuro perchè voleva che lo seguissimo. Senza dubbio ci avrebbe teso un'imboscata, e chissà quante armi biologiche ci sarebbero state lì dentro in attesa solo di un segnale per scatenarsi su di noi. Ma anche fatte queste considerazioni non mi importava, c'era un modo per salvarla, c'è sempre un modo e io lo avrei trovato, l'avrei seguito e l'avrei riportata a a casa senza conseguenze. Se mi fossi ferito nel tentativo mi sarei fatto medicare da lei, e avremmo passato una bella serata come avevamo sempre fatto... sì, sarebbe sicuramente andata così, non per un calcolo delle probabilità ma perchè volevo che finisse così.
    Galatea, mi dispiace, ma io vado.
    Potevo sentire il mio stomaco contorcersi, il vuoto prendeva il posto delle mie viscere, un vuoto d'ansia e mi accorsi dagli sguardi di Galatea e Anne che dovevo essere sbiancato completamente in volto perchè sembrava avessero visto un fantasma. Potevo sentire le forze abbandonarmi ogni volta che pensavo ad un esito negativo, ma subito un impeto furente mi scuoteva dal profondo e mi sentivo bruciare con rinnovata energia.
    Questa volta fu la voce della Volpe a fare breccia tra quei miei pensieri. "E poi vuol dire che ha usato due innocenti come tramite per il suo potere, su cui ha piazzato le sue illusioni. Se ciò è vero, potrebbero esserci altri innocenti nell'orfanotrofio: ora, non mi causa particolari problemi eliminare un po' di persone, ma deve stare bene a voi due". Penso che dallo sguardo che le lanciai di rimando in risposta capì che sarebbe stata l'ultima delle mie preoccupazioni in quelle circostanze.
    Una ragazza a bordo di un disco luminoso fece il suo ingresso fra lo stupore generale, Galatea sembrò riconoscerla e da lei capii che doveva essere la famosa Satomi di cui mi aveva parlato molto. Dopo aver fatto le dovute presentazioni Satomi si mise ad armeggiare con degli schermi luminosi - alla vista dei quali, non saprei dire perchè, rabbrividii - da cui trasse tantissime informazioni sul luogo che avremmo dovuto assaltare. Lì capii che sarebbe stato futile andare da solo, e mi vergognai anche solo di averlo pensato: non sapevo nemmeno dove fosse locato, nè come raggiungerlo da quella radura spaccata, e soprattutto straripava di creature biologicamente modificate... se avessi testardamente seguito l'idea di andarci da solo forse non sarei tornato per pentirmene.
    Dopo aver riguadagnato un minimo di lucidità entrai anche io nel discorso. Dici che quelle due persone sono simili a noi? Cosa vorrà mai dire? Ecco un altro mistero in quella faccenda, un altro su cui avremmo fatto luce solo recandoci in quel posto. Sembrava che non avessimo alcuna scelta, se volevamo scoprire di più su queste due persone dovevamo andare lì, se volevamo sgominare un attacco su una scala così grande di Eaters modificati dovevamo recarci lì, se volevamo riprenderci Fuuta... dovevamo andare lì.
    Galatea, Satomi, e anche tu Anne, io ho intenzione di andare a riprendermi Fuuta e se possibile eliminare più Eater possibili. Stando a quello che dice Satomi quello dovrebbe essere il luogo di origine di questi mostri, potrebbe essere una specie di laboratorio e forse distruggendo questo potremmo impedire che ne nascano altri... però, per quanto lo voglia, da solo non posso farcela.
    Seguì una breve pausa, le ragazze si guardarono come per decidere il da farsi attraverso degli sguardi, e quando mi guardarono e vidi negli occhi la decisione che avevano preso mi incamminai seguendo la mappa di Satomi. Pensare che presto avrei potuto eliminare tutti quegli Eater e i rapitori di Fuuta mi dava un senso di appagamento e gli angoli della mia bocca si tirarono in un sorriso bieco, mi piaceva l'idea di potergli fare del male, come forse stavano facendo loro con lei - cosa che non osavo nemmeno pensare, altrimenti avrebbero passato guai ben peggiori di una sonora batosta.
    La strada non fu particolarmente lunga nè tortuosa, ma senza la mappa a guidarci dubito che l'avremmo mai trovata. Mi ricordai che in effetti avevamo Anne Redfox con noi, che la via la conosceva, ma ancora non sapevo se potevo fidarmi di lei e penso che per precauzione persino la mia mente non abbia preso in considerazione quella possibilità.
    Ed eccolo lì, davanti ai nostri occhi si ergeva nella sua decadenza un edificio alto e mal tenuto, i vetri tutti rotti e l'edera che si inerpicava su per le mura come impacchettandolo per me, un regalo che veniva dal passato a grattare ferite mai del tutto cicatrizzate. A tenerci lontano da quel luogo c'era solo l'ampio giardino che ricordavo ancora troppo vivamente, ma davanti ai miei occhi era spoglio, l'erba cresceva selvaggia e gli alberi erano rinsecchiti rattrappendosi in spirali contorte. Un grande cancello di metallo arrugginito, semi chiuso, gracchiava e cigolava ad ogni minimo soffio di vento, alcune delle punte in alto erano cadute o tanto deformate dalla ruggine che sarebbe stato impossibile dire cosa fossero in origine se qualcuna non si fosse salvata per permettere un confronto. Più in alto ancora si leggeva a grandi lettere "KA...TORI ORP... NA... E", alcune erano sparite.
    Non c'era anima viva, solo i corvi che gracchiando davano un'aria ancora più spettrale al luogo. Mancavano solo delle lapidi e con quel cielo grigio - che si era andato coprendosi via via che ci avvicinavamo all'edificio, ora il sole era completamente scomparso - avremmo anche potuto aspettarci un finale da film dell'orrore.
    Siamo arrivati, è questo. Asserii con decisione, osservando disgustato quella casa fatiscente.
    Un soffio di vento più forte degli altri si levò improvvisamente costringendoci a coprirci gli occhi, e quando li riaprimmo due figure torreggiavano snelle sopra alle due colonne ai lati del cancello che ne costituivano i cardini: due donne vestite in abiti clericali, all'apparenza due suore ma io sapevo che se si trovavano in quel luogo più che figlie di Dio dovevano essere sorelle del Diavolo; una di esse aveva una lunga katana come arma appesa al fianco, l'altra invece sembrava completamente sguarnita.

    Esther, credo siano arrivati gli ospiti. Disse la ragazza con la katana.
    Sì, Misaki, e sembra anche un bel gruppetto. Non ci avevano detto che dovevano essere due o tre? Rispose l'altra, la sua voce risuonava dolce nell'aria, un tono quasi materno, in contrasto con la durezza del tono dell'altra.
    Dove l'avete portata? Ditemi dove l'avete portata e perchè questo posto è tornato a perseguitarmi! - replicai in modo aggressivo, cercando di mascherare il disagio che provavo nel vedere quelle due figure.
    Le ragazze si guardarono, poi quella sguarnita saltò giù dalla colonna e si avvicinò al centro del cancello. Io piegai le ginocchia e tesi tutti i muscoli del corpo, creai persino una spada nera, ero pronto a rispondere nel caso in cui avesse deciso di attaccare; con gli occhi tenevo d'occhio anche l'altra nel caso in cui avesse tentato un assalto dall'alto, ma sembrava rilassata come se non avesse intenzione di intromettersi. Lei spalancò le porte di ferro con un frastuono doloroso, poi voltò verso di noi con un sorriso dolce e fece per dire qualcosa come "Benvenuti" ma la aggredii con un fendente prima che potesse proferir parola. In un istante però il mio colpo venne parato dalla lama dell'altra ragazza che si era calata nella frazione di un secondo davanti a noi. Indietreggiai con uno scatto e lei ripose la lama nel fodero.
    Oh, cielo, non essere così precipitoso Enma-kun. Sei l'ospite d'onore, pensavo che ti avrebbe fatto piacere entrare subito. Coraggio, non essere timido.
    Mi voltai guardando Galatea, Anne e Satomi che mi avevano accompagnato, per fargli capire con lo sguardo che non avevo intenzione di abbassare la guardia e che avrebbero dovuto fare altrettanto. Non era una raccomandazione, sapevo benissimo che erano troppo sveglie per cadere in un simile errore, volevo solo sincerarmi della loro convinzione ad accedere. Risposi avanzando prudentemente, un passo dopo l'altro, le ragazze al seguito. Quando attraversai le porte di ferro, però, la suora con la katana si frappose fra il cancello e le altre, in posizione di guardia. Sembrava quasi ringhiare come un cane per la ferocia con cui intendeva fermarle, mentre l'altra lo richiuse alle mie spalle.
    Che cosa succede? Perchè non le fai passare?
    Non ti agitare, ti fa male. - replicò lei, ancora una volta con un accento quasi materno nella voce. Avevo detto che avrei fatto passare l'ospite d'onore, e l'ho fatto. Ma loro non sono ospiti graditi, e senza invito non posso permettermi di farle passare. vero, Misaki?
    L'altra rispose con un grugnito, guardava fissa Galatea e le altre negli occhi con aria di sfida. Tu vai avanti, ti stanno aspettando tutti quanti.
    Satomi però non ci stava, e a bordo del suo disco luminoso balzò oltre le inferriate e
    Oh, cielo, ci è scappata! Asserì la giovane suora, un'aria smarrita le si dipinse sul volto, sorrideva imbarazzata come se fosse abituata ad essere così goffa. L'altra ancora non si muoveva. Poco importa, più avanti troveranno un'accoglienza come si deve. Ma torniamo a noi.
    Se Galatea e Anne, con la loro agilità, avessero tentato di scavalcare con un balzo l'inferriata sarebbe intervenuta Misaki ad intercettarle con un fendente che le avrebbe ricacciate indietro. Quella donna era come un segugio per il pericolo, e l'unico motivo per cui aveva lasciato passare Satomi era perchè in lei non aveva percepito una grande forza offensiva, come invece ne sprigionava Galatea, sulla quale infatti teneva fissi gli occhi e tesi i muscoli.
    Un due contro due, eh? Ah, da quanto non facevamo una cosa a quattro, Misaki? Però sai, io preferisco le cose fatte in privato, mi troverei meglio ad andare contro una sola di loro... Misaki scattò in avanti, se avessero dovuto dividersi le prede aveva deciso che la sua sarebbe stata Galatea. La sua abilità con la spada era resa ancora più potente dalla sua forza fisica, non era un segreto a quel punto che non fosse del tutto umana: la sua natura era quella di Eater, e grazie all'ingegneria genetica praticata in quel luogo aveva raggiunto picchi ancora più alti. Allo scatto seguì un fendente diretto alla sua gola, in una frazione di secondo portò le mani che reggevano la spada al fianco e spinse in avanti tentando un affondo al suo stomaco.
    Esther, dall'altra parte, aveva già adocchiato da un po' la Volpe e avanzò verso di lei con ancora quel sorriso imbarazzato stampato sul volto. Sollevò un braccio e da dietro l'inferriata un'enorme falce le volò tra le mani quasi come fosse attratta da una forza magnetica. Brandendola con entrambe le mani anche lei menò fendenti verso Anne. Anche nel modo di attaccare era impacciata e maldestra, sembrava fosse il peso dell'arma a guidare le sue braccia e non il contrario, e avanzò con una scarica di tagli per l'aria come una mietitrebbia. Sarebbero stati attacchi relativamente semplici da evitare, se non fosse che dal terreno mani violacee protendevano verso Anne tentando di ghermirla e trattenerla ferma, così che potesse venire tranciata dalla falce.


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico


    Edited by Darkdesire.em - 30/8/2019, 21:51
  9. .
    CITAZIONE
    Aveva fatto bene, si disse, a ritirare i rituali: ormai lo scontro stava volgendo al termine e il colpo fatale distrusse il drago facendolo esplodere letteralmente in mille pezzi. Se avesse continuato a spendere energia per mantenerli attivi si sarebbe presto scaricato senza ottenerne vantaggio, dunque si diede una pacca sulla spalla per la scelta arguta - non che davvero avesse fatto qualcosa di particolare, anzi, ma era un buon modo per tirarsi su di morale o così gli avevano insegnato dei manager in un incontro nella sua scuola.
    Si sarebbe congratulato con tutti quanti per gli sforzi compiuti, ma prima che potesse accorgersene si erano tutti dileguati, probabilmente avevano deciso di riposare e recuperare le forze.
    "Questo è ciò che si guadagna ad arrivare per ultimi alle cose", pensò, e prima di ritirarsi a riposare anche lui si appoggiò col gomito alla ringhiera che proteggeva le persone sulla piazzetta dove si trovavano dalle cadute, a osservare il paesaggio fantastico davanti a sè. Pensò anche che non aveva la minima idea di che classe gli fosse capitata, ma sentiva un potere crescente chiamarlo da qualche parte nei recessi della propria mente, una voce indescrivibile e che sentiva lo stesse trascinando nella follia ogni istante che la ascoltava... ma non ci diede troppo peso, e una bella dormita avrebbe potuto ristorare corpo e spirito da tutte le fatiche.

    CITAZIONE
    Scheda: https://medakaboxgdr.forumcommunity.net/?t=60824143

    Statistiche:
    Salute: 200/200
    -Devotion Points: 26
    -Mana: 380/380
    Statistiche:
    -Forza: 3
    -Resistenza: 2
    -Riflessi: 7
    -Intelligenza: 7
    -Magia: 23
    -Rigenerazione del mana a turno: 15

    Inventario:
    x 10 Pozione (Ripristina 20 salute a 1 bersaglio)
    x 5 Megapozione (Ripristina 20 salute a tutti)
    x 5 Granpozione (Ripristina 100 salute a 1 bersaglio)
    x 2 Extrapozione (Ripristina completamente la salute di 1 bersaglio)
    x 10 Etere (Ripristina 20 mana a 1 bersaglio)
    x 5 Turboetere (Ripristina 20 mana a tutti)
    x 2 Megaetere (ripristina completamente il mana di 1 bersaglio)
    x 5 Coda di Fenice (resuscita 1 alleato morto con 20 salute)
    x 1 Elisir (ripristina completamente la salute e il mana di 1 bersaglio)
  10. .
    CITAZIONE
    "Master", esordì la ragazza dopo un paio d'ore, che fino a quel momento aveva continuato a fare avanti e indietro per la stanza, lamentandosi di non avere nulla da fare e chiedendosi perché fosse lì se il suo mago non si decideva a darle un ordine. Tuttavia, non ricevette risposta.
    "Master!", riprovò, questa volta aumentando il tono della voce.
    Enma era troppo assorto nel suo lavoro alla scrivania per accorgersi dello scontento di quella fanciulla così impaziente, e continuava ad armeggiare serenamente con le carte che aveva di fronte. Il Servant allora gli si avvicinò cercando di comprendere cosa avesse davanti, ma quando si accorse che lui la stava ignorando tossì sonoramente in modo seccato, prima di riprendere. "Se posso permettermi, quanto tempo dovrò restare confinata qui? Te l'ho già detto che è umido e polveroso, odio l'umidità e ho passato intere generazioni a soffrire il peso della polvere, comincio a seccarmi... Ma poi, si può sapere che cosa stai facendo lì seduto da così tanto tempo?"
    Questa volta Enma sollevò lo sguardo per risponderle, ma fu sorpreso di vederla già distratta a osservare il riflesso nello specchio dall'altro lato della stanza, dietro di lui, facendo delle smorfie come se... no, stava decisamente ammiccando alla propria immagine. Decise che sarebbe stato meglio evitare commenti sarcastici, almeno nel primo periodo, rimandando le battutine. "Ho appena finito di creare le mie armi per questa guerra. Penso che le troverai molto utili quando ci troveremo in difficoltà. Intanto, che ore sono?". La domanda era rivolta più a sé stesso che a qualcun altro in quella stanza, ma come fece per verificare l'ora sull'orologio da polso il Servant lo interruppe. "È sera inoltrata, quasi notte, la luna è già alta e noi siamo ancora qui!"
    Dicendo questo si accasciò sulla sedia lasciata libera dal suo evocatore, la testa le cadeva languidamente sulle braccia, appoggiate sulla scrivania mentre le gambe vibravano vistosamente, sintomo che a stare confinata lì si stava stufando, ma non poteva fare altrimenti se non voleva venire costretta con una magia di comando. Enma intanto si domandava come facesse a sapere che la luna era già alta dal momento che erano nel seminterrato della vecchia casa polverosa, ma non fece domande. Invece di risponderle si mise la giacca nera, il cappello dello stesso colore e le fece cenno di seguirlo, al che lei sembrò come rivitalizzarsi e lo seguì allegramente fino in città.
    Già aveva capito che tipo fosse la ragazza che aveva evocato, a ripensare alla sua storia non lo avrebbe mai pensato, ma in fin dei conti poteva comprendere il suo stato d'animo se visto nella giusta ottica. Era sicuro che si sarebbe potuta rivelare più difficile del previsto, ma lui aveva dalla sua parte l'autorità delle magie di comando, e anche solo la minaccia di usarle sortiva gli effetti desiderati col vantaggio di preservarle.


    * * *






    Ci misero poco meno di un'ora ad arrivare in città, la strada dalla foresta non era tanta ma dovettero fare molta attenzione a non essere seguiti fin dall'inizio, non sarebbe stato carino venire eliminati dai giochi appena questi sono iniziati.
    L'aria era ferma, le luci tutt'intorno illuminavano di rado le strade sicché queste restavano per lo più in penombra e vista l'ora tarda non vi era nessuno in giro se non le coppie in gita romantica o le comitive di amici. Enma le aveva sempre trovate molto fastidiose, e vedendole anche in quel momento intente a disturbare chiunque gli capitasse a tiro con urla e fischi molesti si augurava che finissero nel mezzo della Guerra insieme a loro.
    Notò però che ogni volta che passavano di fianco ad una coppia il suo Servant cominciava a fremere e ansimare, come fosse agitata. Non sembrava adirata, ma ad ogni suo respiro i suoi occhi si facevano incandescenti e il suo desiderio era così opprimente che lo avvertiva persino quando lei era in forma spirituale. Era la prima cosa di cui lo ha avvertito quando si sono incontrati quella sera, ma non pensava che avrebbe davvero avuto un effetto tanto potente, e ciò lo preoccupava perché avrebbe potuto essere una variabile in più da tenere in conto nelle strategie a venire - come se già non ce ne fossero abbastanza in una guerra normale, agli squilibri già dimostrati dal suo Servant si doveva aggiungere anche questo.
    "Cerca di contenerti." Il suo ordine, deciso e perentorio, piombò grave sulla fanciulla che si lasciò strappare un gemito.
    "Master..."
    Non perdere la concentrazione. Ricorda che ora siamo in ricognizione."
    "Non ce la faccio, se non posso averle almeno lascia che io..." Incapace di trattenersi, la ragazza si lasciò scappare un gemito, ma il languore e la bramosia erano ben percepibili da parte di Enma, e non solo per il rossore di cui era soffuso il suo volto.
    Non qui e non ora!
    I presenti, un gruppo di cinque ragazzini e tre estranei si voltarono a guardarlo: non potevano avvertire un'entità in forma spirituale e tutto ciò che vedevano era un ragazzo che parlava da solo e borbottava contro il vento. Stavano attirando troppo l'attenzione, se quelli avrebbero potuto prenderlo come un matto o uno adirato contro un messaggio nel cellulare poichè è stato scaricato dalla fidanzata, qualcun altro avrebbe potuto invece vedere oltre la maschera, e in questo modo gli avrebbe dato il vantaggio di sapere che era un master e allo stesso tempo la copertura che invece avrebbe voluto Enma.
    Si abbassò il cappello sugli occhi e corse dietro ad un vicolo. Dietro di lui, sempre impercettibile, la ragazza dal lungo vestito in pizzo lo seguiva, sembrava quasi una bambola mentre correva, ma solo lui poteva vederla e visto lo stato in cui versava era meglio così. Quando si fermarono, dopo aver girato per diversi vicoli, Enma la riprese per il suo comportamento "poco professionale", e perché oltre a perdere la concentrazione la toglieva a lui esponendoli come un bersaglio. "Questo è l'ultimo avvertimento, non costringermi ad usare una di queste." La ammonì indicando il sigillo che portava sulla mano destra.
    Fecero entrambi due respiri profondi, lui per recuperare le energie dalla corsa e lei perché così gli aveva imposto il suo Master, il quale sperava che questo la riportasse coi piedi per terra. Si guardò intorno: dovevano essere piuttosto lontani dal posto di prima, perché non riuscivano a scorgere nessun punto familiare o già visto. La nuova area era abbastanza ampia, le strade qui erano più illuminate per la luce che proveniva da qualche negozio ancora aperto, e da lì riuscivano a vedere meglio la gigantesca costruzione che torreggiava su tutta la città. Aguzzando la vista potevano vedere in cima una sagoma risaltare contro la luna, sembrava esserci una persona, ma era molto difficile dirlo e poteva essere solo il frutto della sua immaginazione che scambiava un uccello per un essere umano, dopotutto solo un volatile avrebbe potuto raggiungere quel punto. Poi un'idea gli balenò in mente, e accelerando il passo si incamminò lungo la via senza destare sospetto, o almeno cercando di rimanere in incognito il più possibile. E se invece non mi sbagliassi e fosse davvero una persona? Non un essere umano magari, ma per un Servant con l'occhio lungo quello sarebbe il luogo ideale dove stare. Tu che ne pensi?
    Il collegamento mentale tra Master e Servant gli permette di interloquire psichicamente se sono ad una distanza contenuta, e così non avrebbe rischiato di mostrare il movimento delle labbra. Penso che sto avvertendo delle presenze molto forti intorno a noi. Non so quanti, ma ci sono dei Servant in città.
    Sembra che non siamo stati gli unici ad avere avuto l'idea di venire in città, eh? Sapresti indicarmi almeno una direzione approssimativa?
    La ragazza si concentrò per un minuto intero prima di potergli dargli una risposta definitiva, il che gli fece supporre che il suo radar non era molto affinato e che non ci poteva fare affidamento. La direzione verso cui puntava col dito portava verso una coppia, un uomo ben piazzato e dai capelli lunghi e canuti che gli cadevano su un lato, ed un ragazzo che sembrava avere la sua stessa età oltre che una corporatura molto simile. Un Master e un Servant che camminano così apertamente lungo le strade cittadine? Direi che se sono loro stanno facendo di tutto per attirare l'attenzione degli altri... beh, possiamo cancellare Assassin dalla lista delle sue possibili classi, oltre alla tua naturalmente. Sono entrambi vestiti in modo... normale, ma questo non mi stupisce, chissà da quale epoca lo avrà tirato fuori e con che vestiti bizzarri! Un cambio di look sarebbe il minimo, ma quello che mi lascia più stranito è che non saprei dire chi dei due sia il Master e chi il Servant. Quello grosso, o il giovane? Hm...
    Nell'analizzare quella strana coppia si accorse di un altro particolare, del tutto estraneo ai suoi due obiettivi: il suo Servant appariva stranamente calmo e pacato, e rispetto a poco prima quando stava quasi sudando dal calore che emanava per l'eccitazione il cambiamento era notevole.
    Decise allora di sfruttare la stessa confusione con cui l'avevano colpito loro due e di nascondersi dietro ad un vicoletto lì vicino da dove poteva osservarli senza essere notato, e di mandare davanti a loro - già materializzata - il suo Servant con l'intento di intavolare una discussione diplomatica. Ci sono mille controindicazioni ad una strategia simile in generale, e ancora mille nella sua posizione, ma aveva un valido motivo per cominciare in questo modo, più di uno in realtà, inviando telepaticamente i messaggi alla ragazza così che lei potesse ripeterli.
    Davanti ai due si ergeva una giovane fanciulla dai lunghi capelli di paglia, le gambe piegate in modo precario ma la gonna di pizzo copriva tutto fino poco oltre le ginocchia, le lunghe calze che indossava facevano sì che non fosse scoperto un centimetro quadrato in più di pelle di quello che occorreva, ma quella che mostrava era pallida e contrastava terribilmente con il bagliore scarlatto sprigionato dalle piccole parti dei suoi occhi che i capelli lasciavano intravedere. Questo luogo è un po' troppo affollato, che ne dite se ci spostiamo da qualche parte dove attireremo meno l'attenzione?
    Sperava in una discussione dalla quale avrebbe potuto ricavare qualche informazione, combattere fin da subito sarebbe potuto risultare in un inutile spreco di energie, uno sprint iniziale che porta via risorse senza arrecare troppi benefici, ma non poteva nemmeno passare per remissivo. Nel caso in cui avessero accettato li avrebbe fatti condurre in un luogo un po' più isolato per discutere ed eventualmente attirare altri avversari, in caso contrario avrebbe ascoltato le loro eventuali contro proposte.

    Approccio SasoRi e il suo Servant.

    Edited by Darkdesire.em - 16/7/2019, 12:33
  11. .
    CITAZIONE
    Ok, forse non sono proprio adatto al combattimento contro queste creature giganti, ma dopotutto è meglio scoprirlo il prima possibile, no?
    In effetti dato cosa poteva fare con la sua classe era più adatto a fare da catalizzatore dei danni contro un gruppo di nemici più piccoli, ciò non di meno era a conoscenza di una tecnica che avrebbe potuto aiutare i suoi compagni anche contro bestie simili.
    Se faccio così, e poi così, e poi così... sì, in effetti è qualcosa che si può fare!
    Tornò nelle retrovie, abbandonando il progetto iniziale e dedicandosi a recitare una formula dal libro, a seguito della quale una grande stella incastonata in un cerchio si disegnò alle sue spalle, e da quel simbolo fuoriuscirono quattro enormi tentacoli orrendi a descriversi che andarono ad avvolgere il drago per tenerlo buono (carta attaco; ), nella speranza che poi qualcun altro dei suoi compagni lo avrebbe colpito mentre era così bloccato.
    Non vi preoccupate se per attaccare il drago dovete colpire anche quei...cosi, io li tengo fermo e voi colpitelo con tutto ciò che avete!

    CITAZIONE
    Scheda: https://medakaboxgdr.forumcommunity.net/?t=60824143

    Statistiche:
    Salute: 174/200
    -Devotion Points: 26
    -Mana: 380-165= 215/380
    -Forza: 3
    -Resistenza: 2
    -Riflessi: 7
    -Intelligenza: 7
    -Magia: 23
    -Rigenerazione del mana a turno: 15

    Tentacoli Spettrali/Eldritch Tentacles (A): Il cultista richiama a sé gli orrori al di là del Tempo e dello Spazio, che si materializzano nella forma di un tentacolo verdognolo proveniente da un cerchio magico alle sue spalle. Sono molto robusti e lunghi, ma sensibili ai danni da taglio e fuoco. – Cooldown: 2 – Danno: 4

    Inventario:
    x 10 Pozione (Ripristina 20 salute a 1 bersaglio)
    x 5 Megapozione (Ripristina 20 salute a tutti)
    x 5 Granpozione (Ripristina 100 salute a 1 bersaglio)
    x 2 Extrapozione (Ripristina completamente la salute di 1 bersaglio)
    x 10 Etere (Ripristina 20 mana a 1 bersaglio)
    x 5 Turboetere (Ripristina 20 mana a tutti)
    x 2 Megaetere (ripristina completamente il mana di 1 bersaglio)
    x 5 Coda di Fenice (resuscita 1 alleato morto con 20 salute)
    x 1 Elisir (ripristina completamente la salute e il mana di 1 bersaglio)
  12. .
    CITAZIONE
    Poté riconoscerla solo quando la figura avvolta dalle ombre gli si avvicinò, a passo lento e incerto, come se non camminasse da secoli, o forse millenni. Sapeva che non poteva basarsi sul suo aspetto fisico per tentare di avere qualche informazione per capire chi avesse davanti, molto spesso accadeva che le figure evocate dal Santo Graal venissero distorte e adattate ad un particolare aspetto della loro leggenda, sicché si astenne dal trarre conclusioni affrettate.
    A dire il vero anche volendo tentare di indovinare la sua identità ad una prima occhiata non ci sarebbe riuscito, nulla di lei avrebbe potuto rivelarla. Né dal lungo abito di seta bianca adornato da graziosi merletti, né dal corpetto che le stringeva la vita con cinghie dorate, né dai lunghissimi capelli biondi che le cadevano disordinatamente sul volto coprendole parzialmente gli occhi avrebbe potuto individuare uno Spirito Eroico a cui ricondurre quel corpo.
    Ciò che più lo faceva rabbrividire però era il suo sguardo: per quanto fosse nascosta dai lunghi filamenti aurei che le crollavano disordinatamente dalla testa la sua espressione riusciva a penetrare nel suo animo, insinuandovi il germe dell'inquietudine che a poco a poco cresceva e lo scuoteva dal profondo.
    Aveva lo sguardo di chi era pronto a balzare fuori da quell'antica magione per partire subito alla ricerca del Graal. Naturalmente anche lui fremeva per buttarsi nella mischia, era il motivo per cui aveva deciso di rispondere alla chiamata dei tre segni che portava sulla mano, ma in lei c'era qualcosa di animalesco e famelico. Era quel tipo di sguardo, ma Enma non aveva paura.
    Benvenuta. Io sono Enma, della nobile famiglia – ormai decaduta – dei rinomati maghi Koumori, e sono colui che ti ha evocata. Sono il tuo Master. Chi ho il piacere di aver evocato?”. La sua domanda riecheggiò sul marmo della stanza e subito piombò il silenzio. Un silenzio profondo che durò pochissimi istanti eppure era carico di una forza opprimente, durante il quale la creatura davanti a lui scrutò i suoi dintorni, mentre l'unico suono che si poteva udire era quello dei loro respiri affannati, quello di Enma per le energie spese per evocarla, e quello di lei che senza apparente motivo era pesante e trafelato.
    Io... io sono XXX. Ti sono grata... per avermi evocata”. Dopo aver proferito queste parole, la ragazza si accasciò a terra appoggiata sulle ginocchia. Il mago ora cominciava a preoccuparsi, naturalmente non aveva mai compiuto un incantesimo simile, né tanto meno ci aveva mai provato ad evocare un'entità tanto complessa e potente come un Servant, era un'impresa che risultava semplicemente impossibile a chi non fosse aiutato dal Santo Graal. Era sicuro però che ci fosse qualcosa che non andava e accorse in suo aiuto tendendole un braccio per aiutarla a rialzarsi, ma sentì il suo affanno farsi singhiozzo e si accorse presto che sul suo volto colava una lacrima.
    Non disse nulla, attese una mossa da parte del Servant prima di commentare, e la reazione non si fece attendere: una volta riaperti gli occhi infatti la fanciulla smise di singhiozzare, si osservò con stupore le mani, poi passò a studiare le braccia, infine con lo sguardo colmo di meraviglia constatò che poteva rialzarsi in piedi, e dopo aver passato un eterno minuto a scrutare minuziosamente ogni parte delle sue gambe si voltò verso Enma e urlò: “Uno specchio! Dammi uno specchio!”.
    Il suo Master rimase in piedi, interdetto. Non capiva il perché di quella strana pretesa espressa in modo così accorato, ma non era il tipo che avrebbe lasciato incompiuta una richiesta da parte di una giovane ragazza, men che meno se si trattava della compagna con cui avrebbe dovuto andare in guerra. “Ce ne è uno proprio lì”, le rispose, indicando uno specchio da muro appeso di fianco alla scrivania dov'era appoggiato il grimorio.
    Ancora una volta una reazione da parte della bionda fanciulla non si fece attendere, la quale con un balzo si portò di fronte alla superficie riflettente gustandosi il riflesso con bramosa veemenza. “Sì... sì! Oh, per tutti gli dei, sono bellissima!”. La giovane continuò ad tessere lodi sperticate guardando la propria immagine riflessa dallo specchio, toccandosi in ogni parte del corpo che riusciva a vedere. “La mia pelle è così morbida, e rosa... i miei capelli sono solidi e fermi, e che occhi grandi!”. Enma la osservava confuso dall'altro capo della stanza mentre lei si accovacciava per massaggiarsi le gambe, la vide tornare eretta per pizzicarsi le guance, poi abbracciarsi e girare su sé stessa ammirando le proprie fattezze.
    Quando prese a toccarsi in posti più intimi lui si voltò, occhi serrati e coperti dalla mano, cercando di lasciarle l'intimità con sé stessa di cui evidentemente aveva bisogno. “Mhm... è così piacevole quando le massaggio così... oh, e com'era qui sotto invece...?”. Al gemito di piacere che emise al raggiungere posti proibiti decise che era ora di fermarla e chiedere spiegazioni.
    Ah, scusami, Master... sono secoli che non ho un corpo così giovane e avvenente, mi ero dimenticata di che aspetto avessi...”. Nonostante le mortificate scuse, non poteva nascondere il malizioso ghigno che le illuminava il volto. “Non credevo potessi avere problemi del genere. Pensavo che sul Trono degli Eroi aveste tutta la conoscenza del tempo, non immaginavo che poteste dimenticare quale fosse il vostro aspetto”, rispose lui incuriosito.
    È così, ma se conosci il mio mito saprai a che sciagurato destino sono andata incontro... dunque comprenderai la mia gioia nel rivedere il mio amato corpo ancora intero e così bello!”. La fanciulla non riusciva proprio a contenere il proprio entusiasmo, tanto che appena finito di rispondere alla domanda del suo Master si voltò ancora una volta a specchiarsi e abbracciarsi.
    Enma, sbigottito, non poteva far altro che guardare quella stranissima scena e sentire quanto il suo Servant si fosse mancato.
    Veniamo alle cose importanti”, la interruppe ancora, mostrando il simbolo rosso che portava impresso sul dorso della mano destra: la V, simbolo del numero cinque, tagliata a metà da una falce di luna, ogni linea rappresentava un sigillo. “Ti ho convocata perché mi aspetto che tu combatta con me, ma anche al costo di sembrarti inopportuno devo dirtelo: non mi sembri molto potente. Quali sono le tue qualità?”. Il suo scetticismo era comprensibile: l'aveva evocata da poco più di mezz'ora e tutto ciò che aveva fatto era rimirarsi allo specchio e palparsi.
    Qual è il problema, Master? Non ti fidi delle mie capacità?”. “È ben diverso: non ho proprio idea di quali esse siano, e sono molto curioso di sentire cosa hai da offrire”. Il tono con cui rispose alla sua domanda colse l'attenzione del suo Servant, tanto che lei cessò di adorarsi e rivolse a lui la mente e procedette a fare l'elenco delle sue abilità e, orgogliosa, decise che gli avrebbe mostrato immediatamente il suo Noble Phantasm.
    L'orribile rumore di carne strappata dalle ossa che si stavano rompendo riecheggiò per tutta la magione, mentre la cartilagine sfregava con i nervi e i fasci di muscoli si squarciavano lei provvedeva a mostrargli le abilità di cui andava più fiera. Alla fine di quel macabro spettacolo, fatto di rumori osceni e sensazioni terrificanti, la fanciulla stava lì in piedi davanti a lui, una falce di luna scomposta formava un ghigno terribilmente perverso su quel volto già deformato.
    Come vedi... qualcosa la so fare anche io. Anche se... ciò in cui eccello è...”. Il suo respiro tornò a farsi affaticato e i suoi respiri stavano tornando piano piano più profondi. Ma come disse lei stessa non era per via del dispendio di energie derivante dall'uso della sua arma segreta, che a suo dire invece non era abbastanza per sfinirla, era piuttosto dovuto al fatto che era rimasta troppo tempo senza ammirare la bellezza di un corpo femminile ben delineato.
    Era come una droga per lei, ne aveva bisogno per stare tranquilla, probabilmente col tempo la sua mancanza si era trasformata in ossessione, e forse era su questo punto che il Santo Graal aveva deciso di costruire il Servant che ora stava davanti ad Enma.
    Un sorriso estatico si fece largo questa volta tra le gote del Master. “Le tue abilità sono decisamente fuori dal comune, penso che mi sarai di grande aiuto. Fai pure quello che devi fare, ma prima dimmi, qual è il tuo desiderio? Per cosa sei tornata in vita?”.
    Voglio riprendermi ciò che mi è stato tolto... vendicarmi di chi me l'ha sottratto... dimostrare al mondo che non è stata colpa mia come invece i miti tramandano, e godere una volte e per sempre di tutto questo... questo voglio: una vera reincarnazione che riscriva la mia storia e dimostri a tutti come è andata realmente!”.
    Enma sorrise, si sentiva soddisfatto e in sintonia con l'entità che aveva evocato. “Comincio a capire perché il Santo Graal ci ha accoppiati”, disse sospirando per il sollievo.
    E tu, invece? Per quale miraggio saresti disposto a dare la tua vita in questa guerra maledetta, Master?”.
    Si potrebbe dire che condividiamo gli obbiettivi: anche io miro a ristabilire un ordine passato ora scomparso. Il mio sogno è far tornare in auge il nome della mia famiglia nel mondo dei maghi, dove ormai sono famosi solo per il fallimento di uno e non per i successi di molti. Inutile dire che non ci sto a far continuare questa ingiustizia, mia madre mi ha insegnato a nascondermi per evitare lo sguardo inquisitore degli altri maghi, o peggio; mio padre mi ha insegnato a tacere il nostro cognome e a praticare in silenzio; io voglio insegnare ai miei figli a camminare a testa alta in mezzo a tutti gli altri e a portare avanti fieri la magia con cui sono nati e cresciuti”.
    Si prospetta una guerra interessante...”, fu il commento della fanciulla, che tornò ad ammirare il proprio riflesso quasi considerandolo un partner migliore del proprio Master, soprattutto in certe situazioni. Intanto, Enma di fianco a lei era troppo occupato a osservare il tatuaggio che portava sul dorso della mano destra per accorgersene. Era finalmente iniziata, era giunto il momento della sua rinascita.

    * * *


    La congiunzione astrale doveva essermi favorevole se sono riuscito ad evocare un Servant come te, con la tua classe e le tue capacità”. Il commento di Enma destò l'attenzione della diretta interessata, che prese forma fisica – da spirito che era diventato – dietro di lui, intenta ad osservare il lavoro che stava compiendo sulla scrivania.
    Tutto ciò mi lusinga, Master. Ma dimmi, quando hai intenzione di uscire da questo posto per andare a cacciare qualche anima eroica venuta dal passato? Qui è umido e non mi piace”.
    Il Master lasciò le scartoffie a cui stava lavorando sul tavolo in legno e si concentrò interamente sul risponderle. “Presto, molto presto. Vorrei cominciare già questa notte, ma naturalmente sarebbe più sicuro se io me ne stessi qui lontano almeno per i primi scontri, dove il tuo obiettivo non sarà di vincere ma di carpire più informazioni che puoi, dalle quali poi partiremo per costruire un piano d'azione”.
    Lei annuì, da questo aveva capito che non le era capitato l'ultimo mago fra i più inesperti. Certo, per vedere quanto valeva realmente non bastava una frase del genere, ma la rincuorava sapere di avere al proprio fianco un Master che ragiona prima di buttarsi a capofitto sulle cose, quello sarebbe stato il compito di qualcun altro.
    Interessante, aspetterò tue istruzioni, ma non aspettarti che mi contenga se mi lanci in città senza guinzaglio. Non potrai ritenermi responsabile delle mie azioni”. Lui la fissò intensamente prima di risponderle con tono perentorio. “Il mio desiderio è far tornare forti e potenti i Koumori, non di farli bandire dalla comunità dei maghi per i secoli a venire solo per la condotta impulsiva della stessa persona che dovrebbe essermi alleata nel raggiungimento di questo scopo. Tu ti conterrai, ed io da parte mia ti posso assicurare la massima collaborazione, ma non dovrai rendere pubblico a nessuno questo mondo né mettere in pericolo i civili, intesi?”.
    La giovane sembrò rabbrividire per un istante, ma doveva essere un brivido d'estasi vista la risata compiaciuta con cui riempì le vuote pareti della stanza. “Ahahahahah bene! Sì, sì tu mi piaci, hai carattere, Master! Ora mandami da qualche parte, che ho voglia di una bella carneficina!”.
    Enma sospirò dimostrando il suo disappunto, ma non si arrese alle voglie incontenibili del suo Servant, rimarcando con insistenza che non avrebbe ceduto alle sue richieste. “Ci andrai questa sera, dalle 22, e sarà solo per un sopralluogo. Inoltre ti voglio in forma spirito, e al primo civile che coinvolgi o al primo segnale che lo scontro si fa serio ti rivoglio qui nel giro di un secondo. Altrimenti sai bene cosa ti aspetta” puntualizzò, mettendo in mostra il proprio tatuaggio in tre sezioni. “E tu sai bene quanto questi tre piccoli sigilli siano essenziali e non vadano sprecati, vero?”.
    La giovane replicò estatica e tornò nella sua forma spirituale per permettere a entrambi di risparmiare energie, aspettando con ansia la sera, momento nel quale il proprio Master le avrebbe concesso di abbattersi sulla città... seppure per fare solo da sentinella.
  13. .
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    Enma

    Come pensavo, il fatto che Anne si fosse presentata davanti a noi non voleva dire nulla di buono. Fu ancora più palese quando la vedemmo prendere i due gemelli, che ci fecero sudare tanto per sconfiggerli, e sgozzarli davanti ai nostri occhi, fiotti di sangue che sgorgarono dalle ferite in una pioggia di sangue.
    ma fu ciò che disse dopo a colpirmi veramente:
    Per fare in modo che vi fidiate di me vi rivelerò una cosa molto importante - il ragazzo doveva rimanere qui perché era necessario che fosse lontano dal mio obiettivo: Fuuta, la ragazza che lui conosce molto bene. E' stata facile catturarla, ma non è una mia iniziativa. C'è qualcun altro dietro tutto questo: si tratta di uno scienziato, o qualcosa di simile. Vive in una specie di orfanotrofio o laboratorio, è stato lui a commissionare questo rapimento.
    In un attimo sentii le forze abbandonarmi, ogni goccia di energia lasciava il mio corpo più pensavo alle sue parole. Fuuta.. rapita? Come? Come è potuto succedere? Quando? E perchè? No... mi stai mentendo! Orfanotrofio? Uno scienziato? Non ha alcun senso, cosa stai cercando di ottenere?
    Ero confuso, ma forse era proprio questo quello che stava cercando di ottenere? Confondermi con una notizia così impressionante per manipolarmi? La fissavo attonito, ma non potevo fare a meno di notare lo sguardo di Galatea, evidentemente nemmeno lei sapeva cosa stava succedendo né quale fosse la verità e chiederle consiglio sarebbe stato inutile.
    È la verità. Non avrei motivo di mentirvi, come vi ho detto i miei interessi sono cambiati e con essi i miei obiettivi. Ho fatto da intermediaria tra questo uomo e Akane in passato, non ha voluto rivelarmi il suo piano ma ha chiesto che gli portassimo questa ragazza, Fuuta, e in cambio avrebbe aumentato le schiere di Eater di Akane amplificandone i poteri.
    Ma se tutto questo è vero... perchè proprio Fuuta? - chiesi con il cuore in gola. La storia si stava riempiendo di dettagli, non era credibile che se la fosse inventata, ma d'altro canto stiamo pur sempre parlando di Anne Redfox, la donna dalla quale Galatea mi ha sempre messo in guardia proprio per la sua capacità di ingannare e manipolare le persone.
    Non lo so il perchè, ragazzo. Io ti riferisco solo ciò che so, questo perchè non voglio essere un burattino nella mani di Akane, e come ho detto non sono stato al gioco, l'ho rapita io stessa, sì, ma non per portarla da lui. Volevo solo che entrambi credessero che stavo seguendo gli ordini, e se fra loro scoppierà una guerra non sarà affar mio. Intendo invece condurvi pacificamente da lei, anche in segno di tregua.
    Ci pensai a lungo: in fondo non pretendeva se non di portarmi da lei, e se tutto ciò che mi aveva detto fino a quel momento fosse stato vero sarebbe stato stupido lasciarla lì da sola. La preoccupazione che in realtà si trattasse di una trappola, visto il soggetto con cui avevamo a che fare, era molto alta, ma l'incolumità di Fuuta vince su tutto per cui non avrei sentito ragione: l'avremmo seguita, e nel caso in cui si fosse trattato di una trappola me ne sarei assunto la responsabilità, e fu ciò che dissi a Galatea.
    Va bene, portami da lei. - fu la mia risposta, decisa, con un cenno a Galatea di seguirmi e stare all'erta. Non ne aveva bisogno, ma volevo farle capire che non ero del tutto ignaro del fatto che potesse trattarsi di un inganno e che anche io tenevo la guardia alta.
    Anne rispose con un cenno preoccupato, forse per l'austerità e la diffidenza con cui la stavamo considerando, ma continuava a comportarsi con il suo solito atteggiamento disinvolto e ci fece da guida lungo un cammino che doveva portarci ad una radura, molto lontana dalla Babele Fantasma e dalla scuola in generale.
    Passarono molti minuti e la tensione che provavo non accennava a diminuire.
    Ero ancora in contrasto con me stesso: da una parte continuavo a pensare al fatto che potesse essere stata tutta una farsa e che ci stesse conducendo ad un'imboscata, dall'altra invece l'immagine di Fuuta tenuta prigioniera da uno sconosciuto per motivi non meglio specificati mi faceva ribollire di rabbia e vergogna, perchè avrei dovuto tenerla al sicuro, era il motivo per cui chiesi a Galatea di prendermi con sé e fortificarmi.
    Ancora: perchè mai qualcuno avrebbe voluto prenderla? Cominciai a pensare a tutti i nemici che mi ero fatto fino a quel momento, ma... non ce n'erano, o almeno nessuno che potesse presentare davvero un pericolo per me o per lei... anche se in realtà pensarci mi faceva provare una strana sensazione in fondo alla mente, come se non riuscissi a ricordare qualcosa di importante.
    Siamo quasi arrivati, è in fondo a questo sentiero.
    Sarà meglio per te che sia come dici tu, altrimenti non esiterò a colpire. - l'ammonii preparandomi ad attivare qualsiasi variante dei miei poteri per ogni evenienza. Ma ciò a cui non ero preparato era il grido scioccato che si levò di lì a poco.
    Non è possibile, doveva essere qui, l'avevo lasciata qui con le mie nubi a proteggerla...!
    Dal suo atteggiamento e dal fatto che non vi era traccia di alcun Eater nei dintorni pronto ad assalirci compresi che Fuuta era davvero lì, o meglio vi era stata, doveva essere lì eppure non vi era traccia nemmeno di lei. Colmo di rabbia mi avvicinai a lei, un'ombra nera aleggiava sopra di me con una pressione indicibile. Anne Redfox, ti avevo avvertita... dimmi dov'è-
    Ti sto dicendo la verità! Era qui e l'avevo messa al sicuro con i miei poteri, nessuno avrebbe dovuto essere in grado nemmeno di avvicinarsi da quanto intensa era la barriera.
    A fermarmi dal saltarle addosso con una spada pregna di energia negativa fu una risata divertita proveniente da dietro di lei. Ci voltammo tutti a capire quale ne fosse l'origine: un ragazzo alto e snello, vestito elegantemente di bianco e dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda ci scherniva da lontano, avvicinandosi lentamente e sorridendo.

    E così infine ci rivediamo, fratellone. Mi dispiace, ma la tua principessa è in un altro castello.
    In un attimo scomparve dalla nostra vista per ricomparire davanti a me, assestarmi un calcio in pieno stomaco e riapparire dov'era un attimo fa. Io crollai sulle indebolito ginocchia, tenendomi il ventre con un braccio.
    Caspita, quindi è questa la distanza che ci separa? Me l'avevano detto che un colpo fortunato sarebbe stato il tuo punto debole, ma non pensavo che saresti stato così inerme!
    Anne lo guardò sconvolta, mentre Galatea si domandava come avesse fatto quel ragazzo a sfuggire al suo radar e ad essere più veloce dei suoi riflessi.
    Mi dispiace, ma malgrado tutto non sono nato proprio ieri: non rivelerò così facilmente le mie carte. Diciamo solo che ho avuto fortuna, ecco tutto. Si fermò un po' a osservare il cielo con aria pensosa, poi sembrò avere un'illuminazione. Oh, che sbadato! Non mi sono ancora presentato, almeno il mio nome posso dirvelo: sono Ryuji. Caro Enma, io e te ci siamo già incontrati se ben ricordi, anche se non credo vista la tua faccia.
    Sembrava che si stesse divertendo a schernirci, mentre parlava sorrideva e assumeva espressioni assolutamente innocenti.
    Che... cosa diavolo stai facendo? - chiesi una volta ripresomi dal colpo. Chi sei? Perchè sei qui e cosa vuoi da me?!
    Lui si fermò e sfoggiò un sorriso tanto gentile quanto irritante. Ma come? Te l'ho appena detto: sono Ryuji! Oh, ma forse sei più interessato a cosa ci faccio qui? Beh, è semplice: sono stato incaricato dal mio caro pa-... capo a consegnargli una certa fanciulla che una certa signorina qui presente non ha voluto portargli lei stessa.
    Fece un cenno ad Anne, la quale attonita ancora cercava di capire come qualcuno fosse riuscito ad eludere il suo potere di infatuazione.
    Non ti preoccupare, cara Anne. Il tuo potere funziona, e anche molto bene, forse è stato un caso che con me non abbia funzionato.
    Non era credibile, ci doveva essere qualcosa sotto che non voleva dirci. A me in ogni caso non importava di cosa avesse fatto per eludere un potere, le mie priorità erano altre in quel momento e il mio odio verso di lui andava intensificandosi ad ogni battuta che quel ragazzo pronunciava con quel tono noncurante.
    Dov'è? Dove l'hai portata?
    Su su, calmati. Non è successo niente ancora, non a lei almeno. In quanto a "dove l'ho portata", diciamo che la vostra amica lì di fianco può essersi fatta un'idea. Chiedete a lei se avete dei dubbi, io ora ho da fare... ma ci rivedremo, venitemi a trovare quando avete del tempo libero! - con un sorriso e un'esplosione di luce il ragazzo abbandonò la radura e ci lasciò soli.
    A me non importava più di nulla, volevo solo ritrovare la mia sorellina. Probabilmente Galatea era preoccupata per me, ma non ci feci per nulla caso poichè rimasi assorti nei miei pensieri per quella che sembrò un'eternità, dalla quale mi destò Anne con parole gonfie di rammarico.
    Mi dispiace, era proprio quello che volevo evitare... penso che l'abbia portata dallo scienziato di cui vi parlavo prima, ma se è questo il caso non c'è da stare tranquilli. Lui voleva i corpi di alcuni Eater da usare come cavie per i suoi esperimenti in cambio dell'aiuto che avrebbe concesso ad Akane, e con tutta probabilità vorrà fare le stesse cose alla vostra amica.
    Seguì una breve pausa, non saprei dire quanto lunga, in cui nessuno osò alzare la voce finchè la volpe non riprese a parlare. Ora vi dirò come raggiungerlo. Il posto non dista molto da qui, si trova ad ovest della vostra scuola e si chiama... scusate ma non ricordo bene il nome, era scritto si cancelli ma penso che molte siano cadute per il tempo, dopotutto è un orfanotrofio ormai abbandonato, o almeno così dovrebbe essere. Credo che il nome fosse "Kawatori Orphanage", o qualcosa di simile.
    Un brivido mi percorse la schiena e un senso di vuoto mi azzannò allo stomaco. C-come hai detto scusa?
    Sì, deve essere proprio il "Kawatori Orphanage".
    Sentii il sangue congelarsi nelle mie vene, portandosi con sè ogni residuo di energia accumulata con la rabbia di cui fino a poco prima ero colmo, e di cui ora l'unica traccia erano i sudori freddi. Era come se una doccia gelata si fosse improvvisamente riversata su di me,.
    Strinsi i denti e serrai i pugni, ruotai e con balzo scattai verso ovest, dove sapevo trovarsi il luogo indicatomi da Anne. Il Kawatori Orphanage... era il luogo dove ho vissuto la mia infanzia!


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico


    Edited by Darkdesire.em - 3/8/2019, 13:40
  14. .
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    Enma

    Defenestrato e precipitato su una ragazzina del liceo, non era esattamente come mi aspettavo un allenamento con Galatea, per lo meno non per l'ultima parte - capitava spesso, anzi, che venissi catapultato da qualche parte, e data la forza della mia compagna di allenamenti non è una cosa che augurerei a nessuno.
    La ragazza che mi fece da cuscino era un misto di imbarazzo e stupore, parlava a raffica e a malapena potevo distinguere le sue parole, ma da quel poco che riuscii a capire sembrava sconcertata dalla mia caduta.
    Ah, quella? No, tranquilla, è una cosa normale, mi succede spesso. Più o meno ogni venerdì, soprattutto alcuni... - dissi abbassando sconfortato lo sguardo. Sfruttai l'occasione per darle un'occhiata: sembrava piuttosto carina, magra e non troppo alta, il colore dei suoi capelli mi ricordava il mio, ma sicuramente i suoi erano naturali. Non che i miei siano artificiali, ma quando è la tua anormalità a renderli così bianchi non puoi nemmeno considerarli del tutto "normali".
    In ogni caso sembrava una ragazza mingherlina e all'apparenza gracile, non aveva quasi petto - effettivamente me ne accorsi anche poco fa -, insomma tutto il contrario di Gal-
    Mi spiace molto Temo sia stata colpa mia, i miei poteri sono ancora piuttosto difficili da controllare! Spero che tu non ti sia fatta male!
    Non mi sfuggì l'occhiata con cui mi linciò, sapevo anche il motivo e la densità dell'aria che ora era più simile a sciroppo di caramella non aiutava a regolarizzare il battito e a calmarmi, anzi. In ogni caso notai qualcosa che riuscì a distogliermi da quella sensazione di soffocamento - sapevo che poi io e lei avremmo fatto i conti su questa storia, ma è stato solo un incidente!
    U-uhm... shishou... - cercavo di attirare la sua attenzione indicandomi dietro le spalle, facendole capire che aveva ancora le ali e tutto l'aspetto di un angelo decaduto. Una persona normale non vede certe cose tutti i giorni, in più lei si era messa immediatamente a parlare di poteri. A quel punto non ero più sicuro di cosa fare, quindi inventai.
    Hai dimenticato le ali attaccate, sai, non vorrei che tutto il nostro lavoro andasse rovinato perchè ti metti a saltare dai balconi. C'è voluto tanto tempo per attaccare quelle piume al cartone, se fai movimenti troppo bruschi potrebbero staccarsi o peggio, il cartone si spezza...

    - Koumori Enma: providing quality excuses since 2015 ©
    Dalla tensione che mostravo in volto avrebbe sicuramente capito cosa intendevo dire, e speravo che avrebbe agito di conseguenza. Intanto, per non dare alla sconosciuta il tempo di realizzare che cosa stava succedendo, le feci un lieve inchino introducendomi.
    Comunque io sono Enma, è un piacere fare la tua conoscenza. Lei è la mia ins- ehm, no, sì, è giusto, la mia insegnante di teatro. - sorrisi imbarazzato, ma cercai di distrarla dalla mia preoccupazione tornando a parlare. Galatea, questa ragazza stava cercando l'edificio principale. Evidentemente deve essersi allontanata troppo dal sentiero ed è finita qui. Dici che possiamo accompagnarla?


    Legenda:
    Narrato, Parlato, Pensato, Parlato altrui, Parlato Fuuta

    Status Mentale: Sano
    Equipaggiamento: //
    6 :Action Point
    Sano :Status Fisico
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    CITAZIONE
    PREMESSA: Ho deciso che in questa role Enma assumerà le fattezze di un normale ragazzo con famiglia, pertanto se qualcosa non torna col personaggio sono modifiche volute per adattarlo a questa role. D'altro canto qualcuno il Mystic Code deve pur averglielo dato.

    CITAZIONE
    La luce lunare bagnava solo una parte del grande edificio, poiché gli alberi che la incorniciavano nella radura ne schermavano i raggi. Quelli che la colpivano però entravano anche dalle finestre, facendo brillare di scintillii d'argento le vetrate e regalando all'interno qualche zona franca dal nero che la riempiva.
    La casa era grande e spaziosa, ma anche molto antica e apparentemente abbandonata da qualche decennio, se non un secolo. Il legno marcio scricchiolava ad ogni minima pressione e persino il minimo flusso di vento poteva tra gli infissi generare un forte rumore e far gelare i corridoi. Nonostante questo però sembrava ancora in buono stato: nessun vetro rotto, nessun mobile semi distrutto, solo un forte odore di legno, tanta polvere e ragnatele, ma se ciò non dava fastidio allora l'enorme villa poteva diventare un ottimo rifugio per un magus: infatti nessuno vi si avvicinava, non per qualche assurda leggenda su streghe o demoni, né per paura di trovarvi dentro animali randagi che vi avevano posto il nido o l'avevano presa a territorio; niente di tutto questo.
    L'immobile era semplicemente troppo lontano dalla città, in una piccola radura all'interno di una foresta, e i pochi che vi entravano non si addentravano così in fondo da trovarla.
    Naturalmente la possibilità c'era comunque, e per questo Enma vi aveva imposto un incantesimo: aveva eretto dei confini illusori, sicché all'esterno la radura sembrava addirittura non esserci, al suo posto solo altri alberi. Lui solo conosceva quel posto, e lui solo poteva accedervi.
    Il nascondiglio perfetto per un aspirante incantatore come lui, che aveva bisogno di un luogo assolutamente appartato dove fare pratica nelle sue arti, e ciò per ben due motivi: il primo è che l'Associazione dei Maghi vietava che la magia divenisse conoscenza pubblica, ma questo era il motivo minore per cui aveva scelto di allontanarsi così tanto dalla civiltà; ciò che veramente a lui importava era di poter praticare indisturbato, adottando lo stile di vita del "se loro lasciano stare me, allora io lascerò stare loro".
    Non era un tipo aggressivo, né troppo riservato: alla civiltà appariva come un normale studente giapponese, frequentante una scuola ordinaria e un gruppo di amici come un altro. Non brillava particolarmente per capacità in nessuna materia, ma neppure risultava inferiore agli altri in nessuna disciplina; non era particolarmente propenso ai lavori di gruppo, eppure se c'era bisogno di lui si dimostrava paziente e disponibile.
    Insomma, un ragazzo per nulla sopra le righe e neppure un incompetente, era assolutamente neutrale e questo gli garantiva un'esistenza pacifica e serena.
    Ciò che celava al mondo però non lo avrebbe immaginato nessuno: il suo "hobby" dopo le lezioni era esercitarsi in un'arte millenaria che gli venne tramandata da suo padre, il quale l'aveva ricevuta da suo padre ed egli da suo padre e questo dal padre prima di lui. Una catena ereditaria per tramandare i segreti di un'arte magica propria della famiglia Koumori, una Family Crest come viene definito nel mondo dei maghi: un segno impresso sul corpo dell'erede che contiene in sé il codice e la conoscenza di mille grimori, le ricerche condotte dagli antenati su quel tipo di magia per aumentarne il potenziale e adattarla ai bisogni della famiglia, un processo continuo e segreto di cui i maghi andavano orgogliosi più di ogni altra cosa, e di cui più di ogni altra cosa erano gelosi.
    Ma Enma quella sera aveva deciso di dedicarsi ad altro. Giudicava di essersi esercitato abbastanza nelle arti ataviche consegnategli dal suo predecessore, ne aveva compreso l'essenza ed assorbito le potenzialità; era finalmente giunto il momento di metterle in pratica per riscattare il nome della sua gente. Voleva mettere le mani sul segreto che custodiva il mondo e dal quale il mondo era custodito, il congegno che se inserito fra gli ingranaggi del tempo avrebbe potuto far tornare a funzionare il meccanismo della storia come un tempo, con la sua famiglia a farne attivamente parte.
    Da anni infatti, dalla Seconda Guerra Mondiale per l'esattezza, la sua gente era stata spazzata via dallo scenario dei maghi di alto livello. Fu per un errore da parte loro, ne era consapevole, ma non riusciva più a sopportare di essere messo da parte in continuazione, di non poter frequentare l'Accademia di Magia più prestigiosa del mondo situata alla Torre dell'Orologio di Londra, sede anche dell'Associazione, tutto a causa di un suo predecessore che aveva condannato il clan dei Koumori ad una sotto-famiglia cadetta di terza mano.
    No, lui aspirava a far rivivere i tempi andati, a far risplendere di gloria il nome dei Koumori come un tempo, e per farlo aveva solo un modo: appellarsi allo strumento sul quale si erge la stessa magia. Per questo voleva il Graal, e lo bramava più di ogni altra cosa in quel momento. Ma richiamare un artefatto tanto mistico e potente non era cosa da tutti: bisognava infatti essere prima stati scelti dall'artefatto stesso, dunque solo una cerchia ristretta poteva accedervi. Solamente sette incantatori sarebbero stati scelti ogni settant'anni, senza possibilità di accedere alla Guerra in altro modo, sicché si può addirittura parlare di "predestinazione".
    Scese giù nel seminterrato, una grande stanza adornata da scaffali colmi di tomi di ogni tipo, libri di storia, atlanti geografici, riviste scientifiche e persino manoscritti dello stesso Enma. Illuminata solo da qualche torcia a muro, i rifulsi del fuoco si disperdevano sui muri di mattoni, riflettendo bagliori rossastri che creavano un piacevole contrasto con le ombre emesse dall'arredamento, le quali sembravano correre lungo le pareti e danzare intorno all'incantatore.
    Lui si trovava in mezzo alla stanza, davanti a un enorme cerchio rosso che stava finendo di completare col sangue di alcuni animali che aveva appena ucciso con un coltello rituale. Si apprestò poi, una volta lavatosi le mani dal liquido rosso, a prendere l'enorme libro rilegato in pelle che stava appoggiato sulla scrivania dall'altro capo della stanza, oltre il cerchio di linfa. Era il Libro delle Evocazioni, un compendio di tutti i rituali più antichi per evocare ogni sorta di creatura. Lo prese in mano e lo portò con sé dove si trovava prima, dove cominciò a sfogliarlo cercando le pagine contenenti il processo per richiamare i Servant.
    "35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calcio, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità... Heh, è compito degli Einzbern creare questo tipo di obbrobri. Bambole che credono di essere umane... disgustoso. No, a me interessa ben altro, voglio un corpo reale con un'anima vera, non un fantoccio. Un guerriero proveniente dal passato pronto a regalarmi la vittoria in questa guerra e la gloria che merito!"
    Dopo aver dato un'occhiata alle pagine seguenti lanciò il libro dietro di sé, alcune pagine si dispersero intorno al volume inerte ma lui no se ne curò. Alzò le mani e le diresse verso il cerchio, e con un sorriso nervoso e un'espressione impaziente cominciò a recitare la formula che ivi descritta.
    Un lampo rosso spezzò l'equilibrio del cielo e un forte vento si levò proprio dalla stanza interrata. Il fulmine cremisi attraversò interamente l'edificio raggiungendo il centro del complesso cerchio scarlatto composto sul pavimento. Enma non volle coprirsi gli occhi, intendeva assistere al momento in cui avrebbe fatto risorgere il proprio nome all'interno della comunità dei maghi e non se lo sarebbe perso neppure a costo di perdere la vista. Restò lì ad occhi spalancati, osservando con un sorriso compiaciuto la nascita del suo servo.
    "Mostramelo, il risultato di tante avversità sofferenze! Mostrami il mio futuro!"
    Una fortissima luce rossa avvolse lui e l'intera magione, ma nessuno ne sarebbe potuto essere testimone se non lui.
    Quando il vento si fu placato e la luce tornò quella normale per una cantina Enma si strofinò gli occhi per riabituarsi alla penombra sconfitta solo da poche flebili torce. E in quel momento lo vide: davanti a sé aveva l'arma che sarebbe stata lo strumento della sua vittoria. Era immersa nell'oscurità e riusciva a comprenderne appena le fattezze, ma poteva vedere come si muovesse in modo del tutto innaturale per rimettersi in sesto, sembrava ancora intorpidita dall'evocazione.

    "Servant, classe XXX. Ora io ti chiedo: sei tu il mio Master?"
    A quelle parole il cuore colmo di gioia di Enma si tuffò ancora più in fondo nel suo corpo, e lui rispose gridando per la felicità. "Sì. Sì, io lo sono!"


    Edited by Darkdesire.em - 6/6/2019, 15:58
274 replies since 13/8/2015
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