Posts written by .Micael.

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    So già cosa vi state chiedendo: “cosa ci fa Tatsuya lì in piedi, di fianco ad un secchio e con uno spazzolone in mano?”, mentire non serve ve l’ho letto nella mente. È una storia lunga ma non troppo, se volete ve la racconto. È la vicenda di un tradimento che si è consumato questa mattina, quando ero ancora in classe, e come in ogni tradimento abbiamo il potere, la voglia di mettersi in mostra, un’amicizia messa a rischio da una ragazza.
    Come sapete, prendersi cura degli ambienti scolastici è compito di noi studenti, è un qualcosa che ha a che fare con una responsabilizzazione verso gli ambienti comuni, o qualcosa del genere. Secondo me si tratta di risparmiare qualche ora di straordinario. Oltre agli ambienti ci sono le strutture, tra queste quella che è forse la più temuta… è la piscina. Vi piace nuotare? E allora dovrebbe anche piacervi pulire la piscina. Non è così, vero?
    Non so cosa porta gli altri a trovarsi in questa situazione, forse un gioco della sorte, casualità incontrollabili, inspiegabile senso del dovere o scelte fatte in un momento di poca lucidità. Io sono stato condotto qui dalla promessa di ragazze in costume.
    Una ragazza del primo anno si è rivolta al mio compagno di classe, Akune, segretario del consiglio studentesco, perché riuscisse a trovare qualcuno che occupasse il turno di pulizia periodica della piscina. È una di quelle richieste da mettere nel Medaka box, perché presentarsi di persona? Fatto sta che Akune, finito di parlare con la ragazza, mi ha rivolto la parola, ha spiegato il problema come se fosse un semplice argomento di conversazione, gli ho confidato di non aver mai avuto il turno di pulizia in questa scuola. “Cosa ti sei perso! Ragazze in costume che lavano, si bagnano, si schizzano e giocano con l’acqua, trasformando un duro lavoro in un divertimento”. Non proprio con queste parole, ma il senso si è capito.
    Mi sono offerto volontario.
    Arrivato il momento ho preso la via della piscina, Cheria mi ha domandato dove andassi, l’ho detto, “non ci sono ragazze in costume” mi ha risposto.
    Ed eccomi qua, sotto il sole battente, in piedi di fianco ad un secchio, con uno spazzolone in mano, davanti alla piscina olimpionica vuota del club di nuoto. Non uno straccio di costume.
    Sotto il peso della fatica mentale, mi accascio con la faccia verso la terra, se solo gli avessi letto la mente ora non sarei qui. Vi chiederei di annegarmi, se solo ci fosse acqua.
  2. .
    La condizione di Alice aveva attratto tutta l’attenzione, ancora più del chiosco tutto particolare davanti al quale si trovavano, Tatsuya avrebbe tanto voluto fare qualcosa per farla stare un po’ meglio ed aveva anche le abilità giuste per farlo, solo che quel suo metodo prevedeva una fiamma calda e gentile che la avrebbe fatta sentire immediatamente non solo in piene forze, le avrebbe anche risolto qualsiasi altro acciacco o indolenzimento muscolare, di sicuro si sarebbe resa conto che era successo qualcosa di strano, per non parlare… del fuoco e del calore. Fortunatamente ci pensò Goro che, con un gesto rapido, sfruttando un giusto tempismo la disattenzione dettata dalla stanchezza di Alice, le nebulizzò davanti una vera e propria medicina contro la stanchezza. Dovesse riuscire a condensarlo in una compressa effervescente manderebbe in fallimento quelli del Supradyn.
    L’effetto dell’intervento di Goro fu progressivo, Alice ebbe l’impressione di star riprendere gradualmente fiato senza aiuto esterno, il massimo della stranezza stava nel sorprendersi di stare fisicamente meglio di quanto credesse – era convinta di non essere in grado di ristabilirsi da quella scarpinata senza una notte di riposo e una mattinata di rilassamento al pc. Tatsuya trasmise mentalmente un ringraziamento all’amico, per aver aiutato anche Alice gli era ancora più grato di quanto già non fosse. Ed ovviamente avrebbe offerto la merenda a tutti.
    «Particolare come posto, di sicuro l'odore non mi ricorda niente che io abbia mai sentito. »
    «Vero, che tipo di cibo fanno qui?»

    Il chioschetto aveva già avuto successo nel compito di sorprendere Goro e Kuron, sia esteticamente che, soprattutto, per gli odori che vi provenivano.
    Prima che Tatsuya potesse rispondere, Bianca annusò l’aria come se avesse trovato una traccia insperata.
    «Ma questo è gnocco fritto!»
    «Proprio così. La signorina ha un buon naso. »
    Dalla piccola costruzione emerse il proprietario dell’attività: Paolo Rosetti, un uomo sui 35 anni originario di Rimini, di media statura e dall’aria simpatica, una traccia di farina sulla guancia sinistra, pochi centimetri sotto gli occhiali dalla montatura nera che si confondeva tra l’identico colore dei capelli, testimoniava che aveva finito da poco di impastare.
    «Sono Paolo, niente formalismi e niente cognomi, chiamatemi solo così. Per assaggiare qualcosa della cucina romagnola non potevate scegliere posto migliore. Lo gnocco fritto lo facciamo ma soprattutto siamo una piadineria. Abbiamo una buona scelta di piadine e di cascione. Questo non c’è nessuno in città che lo fa buono quanto noi. »
    «Ecco che fa lo sburon »
    «Lei è Dalila, mia moglie e schiavista »
    «Ma valà»

    Dalila Montesano, di anni 36, si era presentata sulla scena con un piccolo vassoio su cui teneva degli gnocchi fritti omaggio, dopo aver sentito l’esclamazione di Bianca non aveva potuto fare a meno di portare un assaggio per far provare quei sapori ai ragazzi, portando anche del salame appena affettato. Originaria di Roma, con madre dell’alta Campania, Riminese di adozione, Dalila era una donna sicuramente particolare per i canoni giapponesi, con i suoi capelli biondi tagliati molto corti, dei grandi occhi azzurri e quel suo immenso sorriso che ti faceva sentire subito in famiglia tanto da sembrare, mentre offriva gli assaggi ai ragazzi, più una zia che una commerciante. Sophie la chiamò proprio così ringraziandola, “zia”, in italiano.
    « Se volete approfondire abbiamo anche un ristorante. » - con una strizzata d’occhio la zia li invitò ad accostarsi al chiosco mentre il marito avvicinava due tavoli e preparava le sedie.
    Davanti al bancone per le ordinazioni c’era una lavagna con su scritta la possibilità di avere l’impasto integrale. Dietro, alle spalle di Dalila, che aveva preso posto per servirli, in alto un menù fotografico con le piadine, il cascione e lo gnocco fritto, in basso il banco frigo straripante di alimenti. C’erano i salumi, il prosciutto crudo e cotto, il salame, lo speck, la spianata, ed i formaggi, lo squacquerone, il gorgonzola, la mozzarella, il grana, e la maionese ed altre salse, e la rucola, l’insalata, peperoni zucchine e melanzane ed ancora altra roba che se la nominassi tutta vi darei troppi motivi per avere fame.
    «Allora ragazzi, cosa vi do? »
    Mentre tutti cercavano di schiarirsi le idee, Bianca urlò un “gnocco fritto!” che fece ridere la bionda ristoratrice.
    «Arriva subito » e tuffò lo gnocco nella friggitrice.
  3. .
    Tatsuya prese posto al tavolino, di fronte ad Haiiro, rendendosi conto in quello stesso momento che forse avrebbe dovuto prendere due pezzi di torta per avere anche qualcosa da assaggiare, magari quella nuova torta che stavano pensando di aggiungere al menù: pan di Spagna imbevuto di caffè, strato di crema alla nocciola, sottile sfoglia di cioccolato al latte per dare croccantezza, crema al caffè, topping di granella di nocciola, pera cotta con cannella, colata di cioccolato fondente fuso. Ricetta di Mimì, la regina del caffè.
    Un giorno o l’altro dovranno decidersi a pubblicare il ricettario del Maid Caffè, con buona probabilità guadagnerebbero abbastanza da comprarsi tutta la scuola. Ed una temperatrice.
    In queste brevi fantasie sulla torta che avrebbero potuto mangiare Tatsuya, con gesto automatico, bevve un sorso del suo caffè. Aveva dimenticato di non aver messo lo zucchero ma ormai era tardi per tornare indietro, poteva solo sperare di non incontrare lo sguardo di Sakura, non era ben certo di che espressione stesse facendo e, qualunque fosse, sperava che non la notasse per non correre il rischio di darle un’arma con cui tormentarlo per qualche giorno. Ma continuava a distrarsi, doveva cercare di concentrarsi sulla questione più importante, ossia quelle percezioni che aveva avuto. Prima, però, preferiva avere un po’ di tempo per godersi il momento con un caro amico, in quello che era, per ragioni diverse, uno dei luoghi fondamentali del loro mondo, con un buon caffè tra le mani.
    Prese un altro sorso…
    «A proposito di parlare, ho sentito dire che ti sei trovato una fidanzata. »
    … che per miracolo non gli andò di traverso, soffocandolo sul momento.
    «È vero? Mi aspettavo di vedere metà delle studentesse vestite a lutto a questa notizia, ma per ora non ne ho vista nessuna… Anche se ora che mi viene in mente il tono usato da alcune di loro era piuttosto… com’è quell’aggettivo? Inserpito?»
    Tatsuya prese tempo sfoggiando un gran sorriso che accompagnava una occhiata lanciata nella sala per assicurarsi che non una Mimì di passaggio non avesse sentito nulla, l’ultima aveva perso il vassoio dalle mane, questa temeva potesse avere reazioni un po’ peggiori. Oltre a lei anche altre avevano dato segni di insofferenza ma non credeva che potessero essere tante. Le aspettative sulle conseguenze degli sviluppi della sua vita sentimentale che aveva Haiiro parevano essere superiore a quelle che aveva lo stesso Tatsuya, la cosa lo lusingava e preoccupava allo stesso tempo: forse poteva aver fatto un errore nel valutare il pericolo a cui poteva esporsi. Pace, sapevano benissimo che prima o poi sarebbe successo e che di certo non avrebbe mai potuto rendersi disponibile per tutte. Che fosse rammarico per quel che poteva essere ciò che gli è balenato nella mente?
    «Si, è vero… Si chiama Nora» Tatsuya poggiò la tazza sul tavolo, il sorriso che sfoggiava era assolutamente genuino, il tratto di forzatura che aveva quello precedente era svanito, gli bastava pensare alla sua Nora per dimenticarsi ogni preoccupazione « Non l’hai mai vista perché va in un’altra scuola, altrimenti l’avresti notata di sicuro visto che è europea come me… ed è la sorella di Jan »
    Riferendosi a questo non potrò fare a meno di ridacchiare, sia perché, per come l’aveva detto, sembrava quasi che si fosse messo con sua sorella per dargli un dispiacere, sia perché gli faceva ancora strano pensare a come fosse cambiato il mondo rispetto a quando lo aveva incontrato per la prima volta. Da nemico rischiava di trovarselo come cognato.
    « Qualche volta potremmo organizzare una uscita in quattro, magari alle ragazze potrebbe fare piacere avere qualcuno con lui lamentarsi di noi. A proposto, come va con Kasumi? Immagino sempre meglio, con tutto l’allenamento a cui ti sta sottoponendo Nabeshima non mi sorprenderei se inviasse alla senpai un bel regalo di ringraziamento per il fisico che ti sta costruendo. »
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    Buonasera e benvenuta!
    È una gioia averti con noi, se hai dubbi, domande, curiosità, bisogno di comparse per un video musicale, non esitare a contattarci, siamo qui a disposizione
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    « Yuuna Mishima... »
    « E chi è? La conosci? »
    « Non ne ho idea… »
    Rendendosi conto della voce differente, Tatsuya sobbalzò: da sopra la sua spalla si era affacciata Sophie che, curiosa, stava scrutando i biglietti che il fratello teneva in mano.
    « E quando sei arrivata? »
    « Proprio ora insieme alle sorellone. »
    « Ma loro non ci sono. »
    « Si. Più o meno insieme. Insomma, quelle due sono troppo lente! E quando si mettono lì che passeggiano, e si guardano intorno, e rallentano, e si fermano per parlare, e mi stavano facendo impazzire!Ma che vi fermate a fare? Se camminiamo vuol dire che si cammina ed anche veloce che non ho tempo da perdere! Così sono andata avanti, tanto ho le mie chiavi ed eccomi qui! »
    In un attimo Sophie era già riuscita a fargli venire il mal di testa con tutte quelle parole e per l’aver scoperto così che anche lei aveva una copia personale delle chiavi della stanza. Se non avesse avuto dei coinquilini avrebbe già cambiato la serratura della porta anche se forse sarebbe stato più dannoso che altro: Sophie non era qualcuno che poteva essere fermato da una semplice porta chiusa.
    Domandò a Foxy se per caso l’aveva sentita entrare ma anche lei non si era accorta di niente. Era come avere a che fare con un ninja.
    Non passò molto e arrivarono Cheria e Bianca ed anche la loro attenzione, dopo i soliti discorsi a Sophie, destinati a perdersi nel vuoto, su come non dovesse lasciarle lì in quel modo, fu attratta da quei biglietti che Tatsuya teneva in mano.
    « Non mi hai ancora detto chi è questa Yuuna Mishima » gli fece Foxy con un finto disinteresse, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita e guardandosi i piedi. Che fosse un po’ gelosa? Di certo la rendeva adorabile. Quel nome ebbe però un effetto differente su Bianca e Chieria, con questa che sembrò un po’ irrigidirsi e la prima che sollevò un sopracciglio: era un nome di donna.
    « Se è un’altra a cui vai dietro ti spezzo le gambine » anche se detto con un sorriso, la minaccia di Cheria era oltremodo credibile e preoccupante.
    « Ti assicuro che non è niente del genere. »
    « Allora è una che ti viene dietro »
    « Non le vado dietro e non mi viene dietro e per favore Bianca, non stringere i pugni. Non vorrai certo menare una idol »
    « Ora che so che è una idol non voglio, devo! »
    « Ma insomma mi fate spiegare? »
    Fermando la frustrazione crescente, Tatsuya riuscì a parlare di questa idol, ex studentessa della loro scuola, che aveva organizzato un concerto per raccogliere fondi da destinare alla ricostruzione del liceo. Ci furono tre sospiri di sollievo, quattro contando quello di Tatsuya che era riuscito a placare quelle matte prima che degenerassero – Sophie alla parola “idol” aveva preso a ballare e cantare un motivetto improvvisato sulle parole, e relativo ritmo, delle minacce delle sorelle.
    « Così ho preso i biglietti. Ci andiamo? »
    Le ragazze non ebbero nulla da ridire, non era il loro genere musicale ma sarebbe stato interessante assistere ad un evento del genere qualche volta. Cheria cercò rapidamente il nome della idol sul cellulare, guardò qualche sua foto notando quanto fosse ben messa sul davanti, segno che se fosse stato organizzato in qualunque altro contesto in un simile concerto si sarebbero trovati circondati da una folla di otaku con l’ormone a mille e vecchi pervertiti maleodoranti d’un fetore di sigarette misto a alcol scadente con un po’ di tanfo corporeo dovuto al sudore causato dai battiti accelerati dei loro cuori da pervertiti che si affannano dietro a delle ragazzine...ma quella non era una ragazzina visto che era già diplomata, in più tutti quelli non ci sarebbero stati con Unzen ad occuparsi del servizio d’ordine. Riprodusse da Youtube qualche brano della cantante e forse non era nemmeno tanto male. Certo per Bianca furono pugnalate multiple tanto da costringerla a mettere un po’ di Iron Maiden per riuscire a riequilibrare le sue onde celebrali evitandole così un malessere fisico. Che esagerate che erano.
    In mezzo a quel quotidiano caos fatto di idol, metal e Vocaloid – perché Sophie non voleva essere da meno – Tatsuya notò che Foxy era piuttosto giù di corda.
    « Che c’è? Sei triste? » Tatsuya le accarezzò dolcemente la guancia. Foxy appoggiò la testa sulla mano, beccandosi un’occhiataccia di Bianca, con un mezzo sorriso forzato.
    « Non sono mai andata ad un concerto. Per una volta vorrei venire con voi ma so che la mia condizione non me lo permette. Dovrei già esserci abituata ma vedervi così entusiasti mi fa… »
    Mi fa stare male. Non finì di dirlo e nemmeno di pensarlo.
    Tatsuya le mise in mano i biglietti.
    « Contali »
    « Sono… cinque? Voi siete in quattro, chi altro ti porti? »
    « Ma mi porto te, sciocca. È un concerto idol, nessuno avrà da ridire se qualcuno ci va in cosplay, no? »


    La sera era giunta, il concerto per la raccolta fondi stava per cominciare ed i Claradei erano quasi arrivati allo stadio. Per tutta la strada Foxy, raggiante, era stata stretta al braccio di Tatsuya. Per tutta la strada Foxy aveva raccolto gli sguardi ammirati di coloro che incrociavano e la curiosità per come si muoveva la sua coda da volpe da tanto da sembrare vera. Il mondo del cosplay aveva fatto dei balzi avanti incredibili, qualcuno aveva pensato pure di procurarsi il set coda più orecchie per regalarlo alla propria ragazza. Quel tipo doveva essere fortunato, avevano pensato. Troppo fortunato, erano in quattro attorno a lui! E lo avevano anche riconosciuto.
    Per tutta la strada Tatsuya aveva raccolto sguardi d’odio ancora più intensi del solito – segno che Foxy aveva fatto colpo – ed era stato tirato per la mano da Sophie perché rischiavano di fare tardi.
    Raggiunsero i loro posti appena in tempo per vedere accendersi i riflettori su Yuuna Mishima ed il suo spettacolo.
  6. .
    Quella dei Claradei è una famiglia molto ampia, sia come numero che come diffusione. Se consideriamo solo genitori e zii di Bianca e Tatsuya, possiamo trovarli tra Italia, Francia, Russia, Giappone e Stati Uniti. Data la sua posizione rispetto agli altri, non stupisce che la famiglia dei nostri gemelli sia quella più isolata e con meno rapporti con gli altri parenti. Se poi aggiungiamo al conto gli impegni di lavoro dei genitori e l’età dei ragazzi si spiega perché non abbiano mai conosciuto Alice nemmeno nel periodo in cui lei aveva vissuto in Giappone prima di trasferirsi, prima in Italia e poi in Russia. Si spiega anche perché per loro, che erano in buoni rapporti solo con quelli che riuscivano ad andare in Giappone, conoscere una nuova cugina era una festa.
    Nel mezzo di tali celebrazioni il telefono di Tatsuya squillò.
    « Mica risponderai? » - gli fece Bianca in segno di rimprovero per quella che sarebbe stata una grave scortesia verso la festeggiata.
    « È Cheria… »
    « Allora sbrigati a rispondere che quella ci mena! »
    Alice non capiva perché sembrassero tanto agitati dalla chiamata: aveva riconosciuto il nome, stando a ciò che suo padre le aveva detto doveva trattarsi di una delle loro sorelle minori, quella reazione sembrava eccessiva. Nella famiglia dei suoi cugini c’erano delle dinamiche che non avrebbe potuto capire fintanto che non li avesse conosciuti tutti.
    Tatsuya si allontanò di qualche passo per rispondere.
    « Cheriaaa! Che bello sent… si… si, stiamo bene… si, colazione, pranzo e cena più merenda senza mai saltare un pasto proprio come vuoi tu… lo so, è già con me e Bianca, l’abbiamo incontrata durante la solita passeggiata… è carinissima, è come una Bianca in miniatura quindi puoi immaginare quanto è bella… cosa intendi con quanto sono distante?… Si, mi può sentire… ma no… Alice, sono stato scortese?… Che significa che è scortese chiedere se sono stato scortese?… Va bene… »
    Con ancora il telefono poggiato all'orecchio, guardò nella direzione di Alice, sembrava preoccupato per qualcosa. Con un sospiro di rassegnazione, le si avvicinò e le porse il telefono.
    « Vuole… parlare con te… »
    « Io risponderei… »
    La strana concitazione che sentiva nella voce di Bianca mise Alice in allarme più di quanto già non fosse. “Vuole parlare con me?”, era praticamente nel panico, sia perché non aveva idea di che cosa mai potesse volere da lei, sia, soprattutto, perché per lei era molto difficile prendere il telefono per parlare con qualcuno, in special modo con qualcuno che non conosceva e che non aveva mai visto prima. Sul momento non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva fatto con successo una chiamata ad uno sconosciuto – quelle dove aveva effettivamente chiamato senza riuscire poi a parlare non contavano – erano anni che non succedeva e poco cambiava che in quel momento lei dovesse solo parlare con qualcuno che le stavano passando.
    « Basterà solo ascoltare, dirà tutto lei. » – Accompagnò quelle parole con un occhiolino per incoraggiarla e per la seconda volta Alice ebbe una strana sensazione: era come se Tatsuya avesse parlato non a lei ma alla sua mente, intercettando i suoi pensieri e provando quasi a rassicurarli.
    “Perché mi capisce così bene? Come fa a sapere sempre cosa dirmi?”
    Persa in queste considerazioni, prese il cellulare e lo portò all'orecchio temendo, per quelli che erano stati i toni degli scambi tra i gemelli, quel che avrebbe sentito, ma…
    « Ciao Alice! Io sono Cheria, è una gioia conoscerti. Scusa se non sono lì di persona e per averti lasciata con quei due screanzati, quando tornerò mi farò perdonare. »
    … era la voce più dolce che avesse mai udito. Una voce calma, rasserenante, le faceva sentire un calore come se la stesse abbracciando. Era come essere avvolti da peluche per quanto era morbida e ad ogni parola si faceva sempre più soffice. Come incantata, Alice non riusciva a pensare ad altro, la mente completamente dedicata a quella voce ed incapace di formulare una frase da dirle. Si limitò ad ascoltare, come le era stato suggerito, e Cheria continuò a parlare, a darle le indicazioni basilari sulla città, sulla scuola, a farle tutte le raccomandazioni che farebbe una madre al proprio figlio prima di lasciarlo uscire per la prima volta da solo.
    Poi una domanda: « Hai fatto colazione? »
    « N-no… »
    « Così è questa la tua voce. Bene, ripassami Tatsuya che gli do due istruzioni. »
    Dopo i saluti, restituì il telefono al ragazzo che continuò la chiamata per pochi altri secondi prima di riagganciare e lasciarsi scappare un altro sospiro, questa volta di sollievo: le cose erano andate meglio di quanto potesse sperare, non c’erano state reprimende, lamentele, particolari domande scomode e, soprattutto, nulla che potesse portarlo a parlare di Nora, se Cheria lo avesse saputo in quel modo gli effetti sarebbero potuti essere molto pericolosi. Se Alice avesse saputo cosa stava passando per la testa sia sua che di Bianca, il suo sguardo sfuggente sarebbe stato meno confuso, dopotutto ai suoi occhi Cheria non poteva che sembrare la più angelica delle ragazze e le loro reazioni quantomeno esagerate. Il pensiero che le potessero sembrare un po’ stupidi lo rallegrò.
    « Volevo portarti un po’ in giro per la città, ma visto che me l’ha chiesto Cheria, prima di tutto dobbiamo mangiare qualcosa e conosco il posticino ideale. Quindi… »
    Piegando leggermente la testa di lato, le tese una mano con un sorriso docile e rassicurante.
    «… andiamo. »
    Con delicatezza, alzandosi poi con eleganza, la mano gliela prese Bianca, lasciando il fratello nello sconcerto, disorientato per quel gesto. Negli sguardi che si scambiarono era condensato un breve dialogo muto, “la mano era per Alice”, “non davanti a me”, “quindi alle tue spalle va bene?”, “non so cos'altro stai pensando, io non leggo la mente”, “almeno dalle te la mano”, “questo lo posso intuire”, dialogo che portò all'impeto con cui Bianca prese la mano di Alice per poi tirarla su di forza vincendo ogni tentativo di resistenza della ragazza, quasi facendole volare via il cappello da poco riconquistato.
    « Troppo brusca! Così la rompi! »
    « Abbiamo troppa fame per perderci nelle formalità, dico bene? »
    Alice avrebbe voluto protestare che per poco non le staccava un braccio ma non poteva riuscirci, non dopo il sorriso che le aveva fatto tenendole la mano, non dopo essersi smarrita nei suoi occhi.
    Così non poté far altro che seguirli in quella imbarazzante formazione che vedeva Tatsuya fare strada, Bianca aggrappata al suo braccio ed Alice tenuta per mano da questa.
    Si sarebbe potuta distaccare da loro in qualsiasi istante ma in quel momento semplicemente non voleva: per come l’avevano accolta, per quel che le comunicavano, per quanto sembravano divertirsi, si sentiva felice.
  7. .
    Nella gestione di un locale, come per ogni altra attività commerciale, la pubblicità ha una grande importanza: possiamo dire che serve a farsi conoscere, promuovere le proprie caratteristiche peculiari che ti differenziano dalla concorrenza ed attirare nuovi clienti, per limitarci agli aspetti più semplici. Oltre a questo, è fondamentale ricordarsi della propria attuale clientela attuando un’opera di fidelizzazione che deve spingere il cliente a tornare più e più volte, rendendolo un abitué. Nei limiti dei mezzi a disposizione, un cliente deve essere coccolato, vezzeggiato, fatto sentire importante. Era in tal senso che andava una iniziativa improvvisata all’ultimo momento nel Maid Caffè: vista l’importanza che aveva il cliente/padrone a quanto tenessero a lui, era naturale che le cameriere conoscessero tutti i loro gusti. Il capo cameriere avrebbe indovinato l’ordine dei clienti più affezionati senza che loro aprissero bocca: se avesse indovinato sarebbe stata la dimostrazione dell’amore per loro delle Maid, in caso contrario per farsi perdonare avrebbero acconsentito ad una richiesta, ma niente cose strane.
    Una iniziativa piuttosto contorta e che si basava fin troppo sull’onestà dell’avventore, una roba che prendeva un trucco di magia e lo calava in uno scenario di fiducia in un’umanità che si sarebbe dovuta lasciare scappare una occasione piuttosto “interessante”. In questa assurdità entrava in gioco la figura del capo cameriere.
    Quando un cliente era pronto per ordinare, lui si avvicinava al tavolo accompagnato da una cameriera, gli rivolgeva uno sguardo rasserenante, quindi enunciava con fiducia l’ordinazione che avrebbe voluto fare. In tutta la mattinata non ne aveva sbagliata una.
    Oltre all’infallibilità di quel trucco di magia, quel che lasciava di stucco erano i dettagli che ci metteva: se il “padrone” aveva pensato qualcosa di particolare in merito al prodotto, un dubbio, una domanda che non aveva avuto modo di fare, lui, il “maggiordomo perfetto”, rispondeva alle domande, riportava le parole pensate, scioglieva i dubbi; ad uno aveva commentato il ricordo d’infanzia che era emerso leggendo il menù. Con le espressioni di puro stupore che si lasciavano scappare, era impossibile barare fingendo che avesse sbagliato per approfittare della disponibilità del personale. Una dimostrazione di abilità apprezzabile, in certi casi anche impressionante, per non voler dire spaventosa, assolutamente di grande impatto, in quelle circostanze la presenza di una troupe televisiva inglese non sarebbe sembrata molto fuori luogo.
    Forse non era il modo più etico per usare le proprie abilità, ma anche a Tatsuya di tanto in tanto piaceva divertirsi usando il potere della One Heart.
    Poi d’improvviso un brivido innaturale. Per un attimo ebbe una sensazione strana, che non era riuscito bene ad identificare. Agli occhi del cliente che stava servendo parve avere un’esitazione, poteva sembrare in difficoltà nell'ordinazione. Tatsuya portò a termine con successo il suo “trucco di magia” e quindi, per il disappunto della sala, si prese una pausa.
    Forse aver indagato la mente di tutte quelle persone lo aveva stancato, quel brivido poteva essere semplicemente il suo potere che gli chiedeva un po’ di riposo, nulla di preoccupante quindi, pochi minuti e tutto sarebbe tornato a posto. Invece il fenomeno si ripresentò e con una intensità di gran lunga maggiore, lo colse un disagio anomalo, i suoi sensi dettero l’allarme e questo risuonò nelle sue anormalità. Se si volesse cercare di rendere con un esempio visivo quello che percepì, bisognerebbe pensare all'immagine di una tela ben tesa in una cornice che viene lacerata da una lama e quindi attraversata da qualcosa che era dall’altra parte.
    « Non è possibile » Farfugliò con un inudibile filo di voce. La trama delle catene dell’Origine era stata alterata, nel “tessuto” che formavano c’era stato un innesto estraneo che si era ripercosso sulla realtà. Non poteva essere accaduto davvero, non così all’improvviso. Tatsuya aveva percepito il momento in cui qualcuno cercava di sovrascrivere il mondo, non aveva mai incontrato altri capaci di fare qualcosa di simile all’infuori del gruppo di Jan e Break, e dei possessori. Spinse oltre la One Heart, doveva scoprire chi era stato a farlo, da chi proveniva quell’aggiunta che aveva alterato il presente senza causare un decadimento della coerenza.
    Con la mente attraversò le strada seguendo quella scia residua che come un filo si ricollegava all'origine del fenomeno. Emerse l’immagine di Haiiro Kugatsu.
    « Questo non me l’aspettavo. »
    Tatsuya dovette sedersi, era stato colto completamente di sorpresa, non credeva che Haiiro potesse tirar fuori qualcosa di tanto unico, un’abilità tanto grande da essere scambiata per qualcos’altro, in grado di metterlo in allarme ed essere percepita anche a distanza come un grave pericolo.
    Era uno sviluppo molto rassicurante, non rappresentava l’inizio di una nuova saga contro un nemico superiore, ed anche estremamente interessante, Haiiro aveva manifestato un potere che gli consentiva di “cambiare di piano”.
    « Sakura, sii gentile e preparami due belle tazze di caffè bollente senza latte e senza zucchero. »
    Tatsuya prese poso al bancone fronteggiando l’ingresso e Sakura gli portò le due tazze di caffè proprio quando la porta si spalancò sulla figura di Haiiro Kugatsu.
    « Buongiorno. Caffè forte senza latte e senza zucchero, mi sono permesso di ordinartelo per fartelo trovare già pronto. Dai, beviamo assieme. »
  8. .
    Stava dormendo beatamente sognando il suo amore lontano, a separarli un intero universo, ad unirli la forza di quel sentimento. La guardava con sguardo languido, il cuore le batteva forte mentre lo vedeva avvicinarsi, farsi sempre più vicino. Lo sentiva sul suo corpo, sfiorato teneramente dalle sue dita, scendevano sempre più e poi risalivano lungo il suo ventre. Desiderava di più, voleva sentirlo di più, che i loro copri si unissero come era unito il loro spirito, che il cuore pulsante nei loro petti raccontasse il ritmo di chi si oppone ad un destino che non può riuscire a tenere separati chi si ama oltre il tempo ed oltre lo spazio.
    Un annuncio venne trasmesso nella stanza: erano giunti a destinazione.
    Dopo aver lottato con tutte le sue forze per poter tornare in quella meravigliosa fantasia che stava finalmente per arrivare al momento clou, Bianca dovette arrendersi e, suo malgrado, schiudere le palpebre rivelando le sue meravigliose iridi d’oro. La sua stanza era quasi al buio, la luce che entrava da fuori bastava solo a disegnare le ombre degli arredi e dei mobili.
    « Per quanto ho dormito? »
    Si domandò tirandosi su e sedendosi sul letto. Si rese conto di essersi addormentata senza togliersi l’armatura di dosso, temeva di guardare come avesse ridotto quella già scomoda branda. Se tra la scomodità e l’armatura non le faceva male la schiena, non poteva che essere un bel colpo di fortuna.
    Sistemando i capelli come meglio poteva – per la prima volta si ritrovò a sentire la mancanza di una spazzola – si diresse sul ponte per riunirsi con i suoi compagni di avventura, sperava di non avere un aspetto troppo sciatto, o, al limite, che gli altri fossero messi peggio di lei.
    Sorvolarono la meravigliosa distesa verde della foresta, all’aspetto un luogo quasi incantato da quanto era magnifico, fino a quando non si parò davanti ai loro occhi l’immagine delle morte che aveva preso una parte della boscaglia, un deserto grande come una città che aveva divorato gli alberi e la natura tutta. Era lì che dovevano dirigersi per affrontare le forze della regina.
    Non potendo avvicinarsi, scesero a terra a due giorni di cammino dal deserto.
    Osservando l’aeronave che si allontanava Bianca le faceva ciao con la manina sottolineando quanto le dispiacesse essere scesa da lì senza aver avuto occasione di guidarla almeno una volta.
    Metatron spiegò la situazione e, bisognava ammetterlo, Bianca non apprezzava poi troppo camminare di notte in un bosco sconosciuto: anche se era praticamente cresciuta in una casa immersa in un bosco, ed un tale scenario notturno non solo non la spaventava ma le era anche molto familiare, sicuramente il “suo” bosco non nascondeva le insidie che poteva celare quello.
    Notando il cenno di Ayane, si avvicinò a lei e notò una volta di più che i capelli della ragazza erano perfetti, per nulla arruffati o sciatti, doveva trattarsi di una qualche caratteristica peculiare della maga, un incantesimo che conosceva proprio per far fronte a quelle urgenze, una spazzola da viaggio, in ogni caso qualcosa che le avrebbe fatto molto comodo.
    Stavano iniziando a programmare il da farsi, confrontando le proposte per trovare il modo più giusto per approcciare la situazione. Anche Bianca disse la sua.
    « Questa volta sto con la bionda: addentrarci nel bosco durante la notte potrebbe essere rischioso: come diceva, non conosciamo questa foresta e rischieremmo di perderci, anche con Metatron con noi perché non credo che una principessa conosca così a fondo questa zona da orientarcisi senza vedere. Avremmo bisogno di luce per spostarci cercando anche di evitare possibili trappole e questo ci trasformerebbe in un bersaglio mobile luminoso dando al nemico il vantaggio di conoscere la nostra posizione ed organizzare un’imboscata contro la quale potremmo non riuscire a trovare le giuste contromisure. Forse ho visto troppe volte Rambo e Walker Texas Renger, ma già mi immagino le trappole coi tronchi ed un loro emulo di Chuck Norris che ci elimina uno per uno iniziando dal fondo. Suggerisco di trovare un posto giusto per allestire il campo base, preparare le nostre misure di sicurezza, trappole magiche, rilevatori di movimento, mine antiuomo chessò. Essendo piuttosto freschi potremmo anche approfittarne per ideare una strategia e sfruttare i turni di guardia per del bonding time. »
  9. .
    Nell'incessante trascorrere delle ore anche la sera era giunta portando con sé l’atmosfera giusta per un agguato. Una preoccupazione molto strana che poteva in quel momento provare solo chi si trovava in una situazione già di per sé rischiosa, magari per qualche ruolo particolare che ricopriva, o qualche evento in cui stava prendendo parte.
    Un ragazzo dai lunghi capelli biondi sollevava la testa verso il cielo e la scuoteva lentamente per la delusione.
    « Ci sarà anche più luce, ma per averla abbiamo barattato i lumi che ci guidavano dal cielo. »
    « Secondo te perché preferisco casa mia? Da lì ho nel cielo tutte le sole luci che mi servono. »
    A rispondergli era stato un altro ragazzo, questo dai capelli neri e lo sconcerto sul volto perché il suo servant gli stava diventando tutto d’un tratto sentimentale.
    « Se avessi voluto guardare le stelle sarei rimasto lì e di certo non l’avrei fatto con te, non ti pare? »
    « Quindi tu il cielo lo guardi. »
    « Ogni sera, anche quando non si vede niente. »
    « Mi addolora pensare alla moltitudine che trascorre la propria vita guardandosi i piedi. »
    « Nell’oblivione dell’infinito che la sovrasta. »
    Sorpresi per le parole che avevano iniziato a fluire, i due si guardarono e scoppiarono a ridere attirando l’attenzione dei passanti.
    « Forza Master, ricordati perché siamo qui. »
    « E secondo te lo dimentico? Questa è la serata del nostro debutto. »
    « Diciamo anche notte, vista l’ora. »
    « Un’altra battuta così e come ti ho dato l’orologio così te lo tolgo. »
    I due, in completo sprezzo del pericolo, della cautela che ogni fibra del loro essere avrebbe dovuto consigliare, del buonsenso che avrebbero dovuto già aver sviluppato alla loro età, si trovavano in città per dedicarsi ad una attività ricreativa di grande nobiltà: andare per locali ad abbordare ragazze.
    « Ma Master, hai l’età per entrarci? »
    « Ho l’età di Schrödinger »
    « Finché non la dici puoi sia averla che non averla? »
    « A voi servant vi fanno intelligenti, vedo. »
    Entrambi ben agghindati e vestiti, facendo sfoggio anche eccessivo, al limite dell’esibizionismo, e non limite inferiore, della loro eleganza, erano ben più che disposti a cercare di attirare il giusto tipo di attenzione e far si che la serata – notte, per evitare al biondo di correggerci – potesse prendere la giusta piega, ossia quella che li avrebbe portati a guadagnarsi la compagnia femminile che cercavano e magari ottenere anche quel qualcosa di più, obiettivo che in un ipotetico sondaggio di preferenze su ciò che si desidererebbe ottenere dopo il primo incontro raggiungerebbe con grande semplicità la prima posizione e la consoliderebbe con un distacco enorme sul secondo posto.
    E che questo sproloqui sia sufficiente a rendere l’idea di che razza di caos stesse affollando la loro testa, un misto di anticipazione, desiderio, idealizzazione, fancazzismo e scarsa lucidità semi poetica ed artistica, uno stato raggiungibile o essendo loro oppure ricorrendo allo stratagemma della chiave. Se solo qualcuno avesse avuto l’intuizione di piazzarli davanti ad una tela.
    Camminando senza fretta per le strade, cercando di decidere la propria meta in base all'ispirazione del momento, ebbero modo di sentire fin troppe cose strane.
    « Servant. »
    « Non siamo stati gli unici ad uscire questa sera. »
    « Sono in gruppo e non ci sono campi magici, questo li rende più facili da individuare. »
    « E noi andremo per un’altra strada. »
    Un incontro tra servant, prima dell’inizio della guerra, senza che nessuno avesse ancora dato il via alle ostilità. Quindi quello era un incontro pacifico che mirava a restare pacifico, fare la prima mossa dopotutto poteva essere un rischio che in pochi volevano correre: in caso di vicinanza di altri servant, o peggio presenza dei famigli di altri master, i servant che combattevano per primi erano anche quelli che avrebbero fornito maggiori informazioni su di sé, sulle proprie caratteristiche e, nel caso avessero usato il proprio Noble Phantasm, anche indizi sulla propria identità e quindi una base sulla quale un master esperto avrebbe potuto formulare una strategia adeguata alla neutralizzazione del servant. E se avessero fatto alleanze? Avrebbero significato che avevano fatto tardi e si sarebbero dovuti nascondere fino alla fine dei tempi.
    Entrambi fecero spallucce e continuarono per la loro strada, facendo tanta strada, anche un po’ casualmente, fino a percepire altre presenze nei pressi di un bar. Altro momento di riflessione sul da farsi. Si erano imbattuti in troppa gente “interessante”, dovevano mantenere un basso profilo, magari il servant sarebbe dovuto passare in forma spirituale per cercare di nascondersi meglio. La cosa certa era che non si sarebbero avvicinati a nessuno per il momento, ma sarebbero rimasti abbastanza vicini a quel locale dove si stava tenendo la seconda riunione, così per scrupolo, per assicurarsi di riuscire ad avere le spalle coperte nel caso la situazione fosse degenerata. Queste motivazioni ebbero un forte ruolo di giustificazione per quel che stavano per fare: approcciare due ragazze che li stavano guardando con grande insistenza.
    Forse avrebbero avuto un gran bisogno di rivedere le loro priorità.
  10. .

    Tatsuya's Bizarre Adventure
    Per un pugno di fiches


    Mancavano pochi minuti alla pausa pranzo, presto un'orda di studenti affamati si sarebbe riversata negli eleganti ed accoglienti ambienti del Maid Caffè. Nel locale era ormai tutto pronto, il personale era preparato ad iniziare il servizio anche in quello stesso momento, le loro capacità organizzative erano davvero di alto livello. Allontanandosi dalla sala, un cameriere cercava un po' di tranquillità, per potersi concentrare meglio, entrando nel proprio ufficio.
    Tatsuya aprì la porta e capì che a quei pochi minuti di serenità era meglio rinunciare: seduta alla scrivania, sua sorella Sophie stava presiedendo una riunione operativa con due sue amiche, o, come preferiva dire, due membri del suo club segreto illegale.
    Il ragazzo sospirò per la rassegnazione; almeno quelle due avevano avuto il buon senso di spaventarsi quando era entrato, mentre Sophie aveva continuato come se niente fosse, troppo presa da un documento che stava leggendo.
    « Riunione straordinaria? » - le chiese avvicinandosi.
    Sophie alzò finalmente la testa e sobbalzò sulla sedia.
    « Tsu-kun! Che ci fai qua? »
    « Che ci fai tu. Questo è il mio ufficio e lo sai. »
    « Questa è la sede del club! »
    Sarebbero potuti andare avanti e bisticciare per ore, come avevano effettivamente già fatto più volte – il record era di tre ore consecutive – su una regolamentazione dell'occupazione abusiva della stanza da parte di Sophie, ma le loro posizioni, che vedevano il ragazzo voler vietare l'accesso alla stanza senza suo accompagnamento e la ragazza pretendere di poterne disporre a suo piacimento, erano inconciliabili, tanto valeva evitare del tutto di affrontare la discussione e fare finta di aver appena fatto pace.
    « Allora, a cos'è che lavorate questa volta? Una mappa del tesoro? »
    Tatsuya indicò quel foglio su cui Sophie poggiava le braccia. La ragazzina, dopo un attimo di confusione, capì a cosa si stava riferendo e si apprestò a coprirlo del tutto.
    « Se lo vuoi sapere, devi entrare nel club. »
    Con un vispo sorriso non aveva esitato a mettere le proprie condizioni, più precisamente per provare, ancora una volta, a farlo entrare nel club. Tuttavia la reazione di Tatsuya fu quanto di più lontano da quel che si poteva aspettare: mise su una faccia triste, un po' risentita ed un po' ferita.
    « Ma come? Pensavo di... essere già uno... del club. »
    Ricorrendo a delle insospettabili abilità recitative, fingendosi addirittura umiliato, costringendosi quasi a piangere per poter trattenere delle finte lacrime, fece per uscire dalla stanza.
    « Aspetta! Aspettami! »
    Sophie si lanciò al suo inseguimento e lo fermò prima che aprisse la porta, non rendendosi conto che lui aveva di proposito rallentano per farsi raggiungere. Dato che era di spalle, Sophie non ebbe modo di vedere la soddisfazione nei suoi occhi mentre lei gli dava ragione, era già un membro onorario e gli avrebbe detto tutto. Ancora una volta l'aveva manipolata.
    Dopo il racconto dettagliato di come era entrata in possesso del documento, che in un certo senso era una mappa, un racconto tanto strano da sembrare copiato di sana pianta da una spy-story, Tatsuya dovette chiedere conferma per ciò che gli sembrava di aver capito.
    « Una bisca clandestina? »
    « Si, una bisca. Cos'è una bisca? »
    « Quindi facevi tanto la preziosa pur non sapendo cosa fosse? »
    « Ehi! Il significato è parte del mistero! »
    La spiegazione che le dette, dopo aver un po' rimproverato le altre due ragazze per non averle spiegato nulla e per essere state lì tutto il tempo senza pronunciare una parola, atteggiamento che poteva quasi essere visto come un reato per uno tanto confusionario e che amava esibirsi in soliloqui infiniti, fu quanto più basilare ed oscuro possibile, tanto da lasciare sua sorella in uno stato di ancora maggior confusione, ma che non avrebbe mai riconosciuto perché non voleva sembrare stupida. Alla fine c'era solo una cosa che passava per la testa di Tatsuya ed aveva assolutamente bisogno di una copia della mappa.
    « Che ci vuoi fare? » - gli domandò la ragazza.
    « Naturalmente approfittarmene e conosco anche la persona giusta. »
  11. .
    « Ed eccoci qua! »
    L’allegria che caratterizzava l’esclamazione non avrebbe mai permesso di immaginare di che tenore fossero potuti essere gli avvenimenti che avevano caratterizzato la giornata fino a quel momento. Tutto era cambiato dopo aver lasciato il dormitorio per dirigersi verso la loro nuova destinazione; Sharon aveva proposto di usare di nuovo il suo potere per portare tutti immediatamente alla meta, subito distolta dal proposito di aprire il varco perché sarebbe se qualcuno avesse assistito alla comparsa dall’aria di un gruppo di ragazzi, ed avesse poi raccontato ad altri la scena, con ogni probabilità questo qualcuno sarebbe stato accompagnato in una clinica psichiatrica con possibili fastidi anche per loro. In altre parole, era impraticabile e, come chiarì con enfasi Bianca, “da cretina”. Dovettero fare coma fanno tutti, ricorrere a dei mezzi molto normali per spostarsi. Le possibilità a quel punto erano due: prendere l’autobus, oppure andare a piedi. L’autobus lo persero per una manciata di secondi. Si ritrovarono ancora una volta con due opzioni, una delle quali nuova: aspettare il successivo, oppure andare a piedi. Temendo che la sfortuna potesse abbattersi ancora, magari attirata dall’unione di tanta anormalità, facendo saltare i successivi tre autobus, scelsero di fare i giovani e camminare. Fino in città.
    Marcare questo punto, per quanto possa rappresentare una scelta quasi stilistica, non è molto sensato dato che loro, fin dei conti, non si trovavano certo nell’estrema periferia e muoversi a piedi era molto più semplice di quanto si sia cercato di far apparire. Almeno questo si potrebbe pensare se non si guarda silenziosamente il fatto da un certo punto di vista.
    Dopo aver camminato per qualcosa più di una decina di minuti, con Tatsuya che si era più volte raccomandato di dire, ad ogni sguardo strano, che Kuron era con Goro e non aveva con lui alcun legame che eccedesse l’amicizia, il tutto per attenuare un po’ l’istinto omicida di chi invidiava la sua skill Harem Protagonist EX, si ritrovarono in una via del centro cittadino, nel punto da dove abbiamo iniziato, davanti ad un chiosco che Tatsuya indicava con eccessivo trionfalismo.
    Se avesse caratteristiche particolari? Non esattamente: era un chiosco, una piccola struttura rotonda in cemento armato con le pareti esterne rivestite di piastrelle anticate per dare l’effetto di trovarsi davanti ad una struttura storica nonostante l’edificazione piuttosto recente, un’ampia tettoia in legno che correva tutt’attorno, sorretta da varie colonnine rivestite come la costruzione principale, che copriva sei tavolini ognuno con tre sedie; sul tetto, ben leggibile dalla parte frontale, svettava l’insegna riportante il nome: “La Capannina”.
    « Allora? Che ve ne pare? » l’entusiasmo esagerato di Tatsuya, fin troppo ostentato per non far pensare che stesse cercando di nasconde qualcosa, non era contagioso.
    « Tsu-kun? Mi sa che lei non è abbastanza allenata. » Sophie cercò di derubargli l’attenzione attraverso una genuina preoccupazione per le condizioni di Alice.
    Infatti, prima di lasciare i dormitori, il loro gruppo si arricchito con un nuovo elemento che, suo malgrado, era stato trascinato fuori dalla sua stanza. Alice Claradei. La loro cugina, trascinata fuori, come tutti quanti vi starete già aspettando, dalla solita Sophie, sebbene il fratello abbia fatto ben poco per fermarla o farla desistere mentre Alice si mostrava molto in difficoltà ed incapace di esprimere un rifiuto, forse perché Tatsuya aveva inteso che in realtà lei aveva tutta l’intenzione di seguirli.
    « S-s-sto b-bene. Devo… ri-riprendere….fia..to… »
    Ma Alice stava avendo un po’ di problemi, non era affatto allenata ed il passo che avevano tenuto era davvero troppo veloce per lei, nonostante non avessero propriamente camminato velocemente. Il suo stato fisico non era ottimale, non era affatto in forma ed in quel momento, suo malgrado, le difficoltà si erano palesate tutte insieme. Non si capiva se era più rossa per la vergogna della figura che stava facendo o per la fatica che aveva fatto; la prospettiva di potersi sedere, però, la rincuorava un bel po’, e lo star per mangiare qualche sapore conosciuto e per il quale sentiva una certa nostalgia, riusciva a darle la forza per non collassare sul posto.
    La domanda di Tatsuya, il cui entusiasmo aveva cercato di far passare inosservate le condizioni precarie di fiato di Alice, restava valida per tutti gli altri.
  12. .
    Nonostante tutti i poteri che possedeva, nonostante tutte le abilità sulle quali poteva fare affidamento e la semplicità con cui ne poteva imparare di nuove, con ogni probabilità la capacità più grande di cui era dotata Sophie era quella di riuscire, anche nelle situazioni più difficili, negli eventi più tragici, a trasformare l’atmosfera rendendola piacevole e leggera. Se fosse stata una anormalità, di sicuro avrebbe riguardato il migliorare la vita di chi gli sta attorno. E se nemmeno tanta sfortuna come quella che l’aveva colpita era riuscita a fermarla, allora non sarebbe stato troppo azzardato dire che lei non è una che può essere bloccata. Dispensando baci a tutti i presenti aveva raccolto i loro sorrisi, lasciando parlare la propria pancia aveva spostato in pensieri verso un nuovo argomento che sembravano condividere un po’ tutti, partendo da Kuron che apprezzava l’idea, passando per la conferma quasi disinteressata di Goro e le altre ragazze che condividevano quanto Kuron l’interesse per andare a sfogare sul cibo la tensione che avevano sopportato, per arrivare in fine a Tatsuya che voleva soltanto lasciarsi alle spalle quel che era successo e cercare di non pensarci più, per quanto fosse consapevole che il ricordo di Sophie distesa sul tavolo sarebbe tornato a tormentarlo, insieme alla immagini dell’incidente che si sarebbero formate nella sua immaginazione perché le sue sere nel letto prima di addormentarsi fossero tormentate.
    « Splendido! » iniziò il maggiore dei Kamishiro « Anche se avrei già sgranocchiato qualcosa, mangiare di nuovo non mi dispiacerebbe. »
    A quel punto restava da trovare risposta ad una delle domande più terribili che si possano porre, fonte di dubbi esistenziali ben capaci di condizionare gravemente frammenti della vita di ognuno di noi: dove andare. Innumerevoli serate si sono impantanate, terminando ancor prima di iniziare, di fronte all’impossibilità di individuare una meta condivisa verso la quale peregrinare alla ricerca della possibilità di impegnare in modo divertente e ricreativo un po’ di tempo.
    « Tsu-kun, se andassimo in quel posto che mi hai detto? »
    Con queste semplici parole, Sophie riuscì ad evitare il peggio.
    « Ma certo! Ho scoperto un bel chiosco gestito da italiani che fa bella roba italiana, come ovvio. Possiamo andare lì. »
    Offrire a dei “ricercatori” giapponesi la possibilità di assaggiare qualche cibo italiano nuovo, una tale prospettiva non poteva che destare interesse anche in chi non era esattamente un amante del cibo.
    Fissata una meta, c’erano tutte le condizioni per andare avanti verso l’inizio di un nuovo capitolo, lasciandosi alle spalle gli eventi spiacevoli della giornata, ma c’erano alcune cose che non potevano e non dovevano essere dimenticate: tutte le rivelazioni sull’Origine di Tatsuya e l’incontro con la sua sorella maggiore, Sophitia, la ragazza dal cuore intrappolato in una grande solitudine ma sempre pronta ad intervenire per far si che anche da una sfortuna anormale possa scaturire una speranza.

    Continua



    Edited by .Micael. - 12/8/2019, 23:00
  13. .
    "Spero che non ti facciano paura le punture"
    Sophie gonfiò le guance un po’ risentita.
    « Non sono una bambina. »
    In realtà ne era terrorizzata ma non voleva passare per la bambina piccola spaventata dagli aghi. Essenzialmente non voleva essere proprio considerata come una bambina piccola o iniziare a sembrarlo agli occhi di chi non la aveva mai trattata in quel modo.
    « Fratellone, sorrellona, tenetemi la mano. La tettona può coprirmi gli occhi. »
    « Guarda che ho un nome. »
    « Ma non tutte hanno quei monumenti! Dammene un po’! »
    Prima che la ragazzina potesse fare ulteriori commenti le coprì gli occhi con le mani.
    « Come sono morbide… che crema usi? »
    « Non faccio la verticale nei corridoi. »
    « Oh… »
    Sharon e Bianca si sentirono accomunate dal desiderio che qualcuno la facesse stare zitta. Ci riuscì Goro, consigliando a Sophie di iniziare ad assorbire energie da lui e dicendole di prepararsi: non sarebbe stato piacevole. Tatsuya non poté fare a meno di sentirsi in colpa: le sue abilità di cura era completamente prive di controindicazioni per chi le riceveva, lo stress si scaricava tutto su di lui ma le proprie capacità gli permettevano di superarlo senza grossi sforzi, la forza d’animo che aveva maturato era bastata ad attribuirgli una grande capacità di resistere anche al dolore più intenso, come aveva avuto modo di sperimentare per la prima volta quando la sua attuale gemella dilaniò il suo corpo senza che il dolore riuscisse a farlo svenire. In quel caso con Sophie non poteva intervenire, le parti che Goro aveva creato per salvarla non avrebbero reagito bene alla fiamma sacra, c’era il rischio che un suo intervento finisse per aggravare enormemente le sue condizioni.
    Mentre Goro operava, Tatsuya non smise un momento di parlare direttamente alla mente di Sophie per distrarla. Le parlava di tutto ciò che gli passava per la testa, della passeggiata che aveva fatto per il centro e delle persone che aveva incontrato, dei gusti di Sharon tanto sofisticati da aver messo in crisi tutto il personale di una boutique che mai aveva avuto a che fare con una ricercatezza che definirono subito oltremodo regale; di quanto fosse buona la piadina con il crudo e lo squacquerone assaggiata in un chioschetto che aveva scoperto e che era gestito da una coppia di Ravenna, ci sarebbe tornato e l’avrebbe portata per assaggiare la piadina fritta.
    Con il pensiero così distratto, Sophie gli rispondeva e gli chiedeva dettagli; con la testa stava attraversando un vialetto costeggiato da ciliegi in fiore insieme al suo fratellone che la portava in spalla. Gli unici stimoli esterni che le giungevano erano solo le parole di Goro.
    « Va bene. Resterò… ferma. » - gli rispondeva mentre si vedeva correre sull'erba umida.
    « Penserò che sei un dottore. » - gli faceva mentre la sua coscienza saltava allegramente la corda.
    Non vedere quel che le stava accadendo le evitò ogni possibile ripercussione, ogni qualsivoglia shock che avrebbe potuto comportare una rigenerazione tanto anormale; quella grossa cicatrice che le deturpava il ventre, il modo in cui Evolution si manifestò sul suo corpo e che spinse le ragazze a chiudere gli occhi e girare la testa. Tatsuya osservò con attenzione assoluta come agiva una anormalità biologica su un soggetto differente dal portatore nel tentativo di cogliere ogni possibile particolare, ogni peculiarità della rigenerazione, di quel riassorbimento quasi magico di punti organici che restituiva un corpo inconsutile.
    "Ok, tutto a posto, ora puoi alzarti, ma fai comunque attenzione"
    Le parole di Goro misero fine al sogno che il fratello le stava mostrando. Sophie si alzò e si guardò la pancia cercando di capire cosa fosse quella sensazione che aveva comunque avvertito mentre era in quello stato di coscienza alterata: non trovò niente di strano.
    « Come ti senti? » - le chiese apprensiva Bianca, tastando con le dita la parte dove poco prima aveva visto quell'orribile cicatrice.
    « Come? Mi sento… mi sento bene. E... adesso smettila… basta che mi fai il solletico. »
    Si guardò di nuovo intorno, conosceva quella stanza molto bene, dopotutto una volta ci avevano trovato Goro che faceva esperimenti tirandosi via la testa, Cheria aveva avuto gli incubi per tre giorni per quel che avevano visto.
    Aveva assorbito un bel po’ di energia, doveva cercare in qualche modo di sfogarla ma il suo nuovo medico di fiducia le aveva consigliato di fare attenzione, quindi di andarci piano, in più lo spazio non era adeguato per fare qualche acrobazia.
    « Prendimi! »
    Senza preavviso balzò verso Tatsuya, incapace di leggere in anticipo quell'intenzione, costringendolo per evitare di farla cadere a prenderla riproducendo un elegante passo di danza che esaltò le capacità di improvvisazione dovute ai mai abbastanza apprezzati riflessi della figaggine improvvisa, come li avrebbe senz'altro definiti quella pestifera ragazzina.
    « Bene. Direi che è tutto a posto. Non ci ho capito molto. Grazie Goro. »
    Con un movimento improvviso, uno scatto fulmineo, gli schioccò un bacetto sulla guancia.
    « Ed anche a te Kuron. »
    Quindi scattò per un bacetto anche a lei. E pure a Tatsuya che si prende tanta cura di lei, ed a Bianca che si era tanto preoccupata.
    « E due alla pocciona »
    « E-ehi! Dove tocchi!?! »
    Ma ormai Sophie era di nuovo ripartita nel viaggio nel suo magico mondo dove può tutto e nessuno la può fermare.
    « A proposito. Ho fame. Ci mangiamo qualcosa? »


    Edited by .Micael. - 9/8/2019, 23:07
  14. .
    Sul poco espressivo volto di Goro, oltre che su quello molto più toccato dalle emozioni di Kuron, il disorientamento per le spiegazioni appena avute era ben visibile, oltre che ben espresso dalla domanda di ulteriori delucidazioni sulla benedizione alla quale Bianca aveva accennato, argomento forse ancora più delicato ed incline a confondere dato che riguardava, nei tratti generali, una sorella che si mette a fare il tifo perché suo fratello e sorella maggiori, tra loro gemelli, si mettano insieme, e le particolari circostanze dei due in questione non avrebbero cambiato più di tanto il modo in cui altri avrebbero guardato una simile situazione. Alla domanda di Goro non rispose né positivamente né negativamente, si limitò ad una risatina che copriva a stento l’imbarazzo che gli provocava ripensare a quelle parole.
    Kuron ringraziò Sophitia con un po’ di incertezza, ma quest’ultima rispose con un ampio sorriso.
    « Tornate a trovarmi se vi va. So che raggiungermi è un po’ complicato ed arrivare ad un passo dalla morte non è esattamente la cosa più bella. Però se dovesse capitare, io sarò lì per voi. »
    Sophitia si alzò in piedi mentre parlava, stirando le pieghe del vestito, ed accompagnò le ultime parole con un elegante inchino.
    Mentre Goro e Kuron si defilavano leggermente, lasciando intendere che erano pronti a svegliarsi, Sophitia salutò i suoi altri ospiti abbracciando calorosamente una titubante Sharon, ben poco convinta per una vicinanza che sentiva di non meritare con lei, una ancora diffidente Bianca che tentò anche di fare resistenza per un primo momento, arrendendosi quando si accorse con grande meraviglia dell’enorme disparità di forza che c’era tre loro due, completamente in favore di Sophitia. Alla fine fu il turno di Tatsuya, con cui si prese la libertà di scompigliargli affettuosamente i capelli perché ogni tanto era giusto che anche lui avesse qualcosa fuori posto.
    Spostando lo sguardo tra lui e Sharon domandò se per caso loro due fossero stati interrotti nel mezzo di un appuntamento, prendendo l’improvvisa colorazione sulle guance della rossa come un sì.
    « Dopo tutto questo tempo c’è ancora tanta tenerezza tra voi » - commentò con vispa ammirazione tentando ancora di metterli in imbarazzo.
    Un piccolo gemito di Sophie interruppe l’insolita scena dei gemelli alle prese con una sorella maggiore e segnalò che era il momento di andare.
    « Non preoccupatevi, quando vi risveglierete ricorderete tutto »
    Con queste parole Tatsuya lasciò libere le coscienze di tutti. La grande magione che si stagliava davanti a loro, il giardino in sui si trovavano, circondato dalle siepi, dal grande roseto in fiore, iniziarono a sbiadire, a farsi sempre meno distinti, si confondevano perdendosi le forme in un grande quadro astratto che si ritrovò a ritrarre il volto di Sophitia, ora più malinconico mentre tornando nella solitudine salutava i suoi ospiti che riaprivano gli occhi reali.
    Il gruppo si ritrovò di nuovo nella stanza di Goro, lì da dove erano partiti e da dove in realtà non si erano mai allontanati.

    ***


    Il sonno le si era fatto più leggero, stava riprendendo coscienza del suo corpo ma ancora non voleva abbandonare il sogno che stava facendo e che sentiva di avere interrotto. Non aveva ancora finito la sua esibizione, doveva ancora far vedere molti movimenti e posizioni a quella ragazza tanto gentile. Le aveva preparato il tè e tanti bei dolci, doveva assolutamente finirli prima di svegliarsi. Stare lì con lei le dava un senso di pace, di grande tranquillità, le faceva sentire un grande calore, più o meno come quello che sentiva nella mano sinistra e che non riusciva a muovere.
    Sophie schiuse lentamente le palpebre incontrando l’oro di occhi gentili che la guardavano con tenerezza.
    « Tsu-kun? »
    Quegli occhi si velarono di commozione. Una piccola lacrima gli rigò la guancia portando via la tensione e la sofferenza che lui aveva trattenuto. La sua sorellina era di nuovo con lui.
    « Ciao dormigliona »
    « Ho già visto questa scena. Però l’altra volta eri tu nel letto ed io dove sei tu. Basta che la sorellona non faccia cadere le brioche. »
    Sophie iniziò ad indagare con lo sguardo scorgendo tutte le persone che le stavano attorno.
    « Bianca, tu non c’eri. E nemmeno la rossa tettona. E Goro! Kuron! A voi nemmeno vi conoscevamo. Ma dove sono? Cos’è successo? E che ore sono? Mi aspettano per la riunione che non c’è ma la voglio fare e come unica presente non voglio fare tardi. Ma che vestiti…? Ma sono quelli di Kuron! Guarda Tsu-kun, ora siamo delle gemelline! Ma non avevo questi vestiti. Qualcuno mi ha cambiato e non può che essere stata Kuron! Che sorpresa che mi hai fatto. E Bianca che dice? Tu sei mezza invaghita di lei, che effetto fa essere messa da parte per me? Non capita mai, per una volta lasciami la vittoria e non fare quella faccia da “se dice un’altra parola la strozzo”, ho già la gola secca almeno dammi un bicchiere d’acqua e limone con una scorza d’arancia e venti minuti di vantaggio. Ehi! Non ti avvicinare! Il fratellone e Goro sono qui a proteggermi! Attaccate che questa mi mena! »
    Ma Bianca non aveva alcuna intenzione bellicosa, sentirla parlare così tanto significava solo che tutto si stava sistemando e che era già tornata se stessa. Se non avesse recuperato subito la parlantina sarebbe forse stato meglio, ma sapere che era lì dove doveva essere era una gioia.
    La prese con dolcezza e la strinse al petto, ignorando anche il suo “sento le costole”, era troppo felice per farsi turbare certe piccolezze. La baciò sulla fronte e la lasciò andare.
    « Fai piano, Goro non ha ancora finito di sistemarti. »
    Sophie guardò confusa Bianca, quindi Tatsuya interrogativa.
    « Non preoccuparti, c’era qualcosa che non andava così ha dato una controllatina per rimetterti in sesto. » - la rassicurò il fratello, facendosi da parte perché l’amico potesse finire ciò che aveva iniziato.
  15. .
    Che quell’accidentale rivelazione di Bianca avrebbe finito per attirare l’interesse di Goro e Kuron era più che prevedibile. Per quelle che erano le dinamiche della loro famiglia, che tra loro potessero arrivare a scontrarsi non era improbabile, una intera famiglia di anormali con personalità particolari poteva facilmente far degenerare un piccolo battibecco in uno scontro altamente distruttivo; ma erano quelle stesse, ben conosciute, dinamiche che caricavano di significato uno scontro da Tatsuya e Cheria, il cui rapporto aveva rappresentato le fondamenta su cui la loro famiglia aveva iniziato la nuova vita.
    « Non era qualcosa che volevo, ma non mi ha dato scelta. »
    Tatsuya non ne avrebbe parlato con molto piacere, quella con sua sorella non era stata una scaramuccia ma un vero e proprio scontro che lo aveva portato oltre il suo limite e sapere che aveva rappresentato l’unica possibilità per Cheria di entrare in contatto con un fratello che si era fatto sempre più distante, gli dava ancora grande dolore.
    « Ha avuto la sensazione che mi fossi allontanato, parlare con me e capirmi era più difficile per le di quanto non fosse per i miei vecchi nemici, così ha deciso di diventare mia nemica per costringermi a parlare. Odio ammetterlo, ma ha funzionato. Tu Goro ricorderai benissimo quanto è instabile il potere di Cheria, completamente dipendente dalle sue emozioni. E quanto è potente. Sono sempre stato convinto che con un po’ più di velocità sarebbe stata più forte di me. Questa velocità in più gliel’ha data Sophie creandole dei bracciali capaci di accelerare la sua anormalità. Inutile dire che quello che le ho raccontato ha causato uno stress emotivo troppo forte ed ha perso il controllo della sua anormalità accelerata e… era effettivamente più forte di me. Se sono qui è grazie ad un immenso colpo di fortuna: mentre combattevamo la mia anormalità è evoluta e mi ha restituito alcuni dei miei vecchi poteri. »
    Manipolando il mondo in cui si trovavano come se fosse un sogno, materializzò nelle proprie mani due spade corte, una bianca che sembrava quasi emettere luce, l’altra tinta di un nero che rifiuta la luce.
    « In queste spade c’è un frammento della mia Origine. In questo c’è il prototipo del Protos Heis di Sophie, riaverlo ha reso le mie energie praticamente senza limiti. Con questa sono riuscito a tenerle testa finché anche l’anormalità di Cheria non ha iniziato ad evolvere e non potevo permetterlo. Lo stadio superiore del suo potere… è qualcosa che non si può misurare. Con il processo di mutazione non ancora completo è stata capace di superarmi di nuovo. La collisione tra le nostre anormalità ha risvegliato questa. »
    Tatsuya, sotto lo sguardo serio e teso di Sharon e Bianca, mostrò la spada dalla lama nera.
    « Vulpes Interitus. Il suo risveglio manifesta il potere che più temo. Ha posto fine allo scontro istantaneamente annullando l’esistenza dell’attacco di Cheria. E, per un momento, anche alla nostra. I colpi di fortuna che ho avuto sono stati due: uno è l’evoluzione del mio potere, l’altro che Sophitia mi abbia ascoltato. Si, Bianca, quella sera era lei la ragazza che hai visto. Ed è anche la ragazza che ha rimesso tutto a posto. »
    Chiamata in causa, la ragazza dai capelli di porpora rivolse un ampio sorriso a Bianca.
    Le spiegazioni erano state forse troppe, Tatsuya aveva parlato per tutto il tempo riuscendo a toccare quasi tutti gli argomenti che riguardavano quello scontro, tranne quelli più intimi e dolorosi, e non stava pensando solo alla morte che lo aveva privato del dolore per la rottura con Misaka. Ciò che quella notte Cheria voleva davvero sapere erano solo due cose: che significassero i ricordi che aveva di un mondo dove non era sua sorella, e l’altro…
    « Il motivo per cui avete avuto il battibecco. Non lo hai detto. »
    Sophitia stava incalzando Tatsuya perché raccontasse un ultimo fatto, ma questo non avrebbe mai raccontato di quell’altro, ennesimo mondo. Sophitia quindi continuò.
    « La vera identità di Bianca. In qualche modo ricordava tutto e voleva sapere chi fosse realmente. Scoprire che era la sua amica scomparsa l'ha riempita di gioia»
    « Ci ha dato la sua benedizione… »
    Intervenne Bianca, solo per poi pentirsene immediatamente, imbarazzatissima per quel particolare che si era fatta sfuggire senza davvero sapere perché.
    « Ehm ehm! » - Tatsuya intervenne con un finto colpo di tosse - « Comunque più o meno è questo che è successo. Direi un normale litigio tra fratello e sorella, non fosse per la parte della scampata apocalisse. Comunque… sto iniziando a percepire i pensieri di Sophie, credo sia prossima al risveglio… »
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